Visualizzazione post con etichetta febbraio2024. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta febbraio2024. Mostra tutti i post

martedì 5 marzo 2024

LE MIE VALUTAZIONI FEBBRAIO 2024

 





FEBBRAIO 2024


Il passo della gatta                 ⭐⭐⭐★

su fogli sparsi                         ⭐⭐⭐⭐

la vertigine del tutto               ⭐⭐⭐⭐

traduzioni violate                   ⭐⭐⭐⭐ 

mercoledì 28 febbraio 2024

I QUADERNI BOTANICI DI MADAME LUCIE

 




I quaderni botanici di Madame Lucie - Melissa Da Costa –

recensione a cura di Francesca Simoncelli


Sono talmente stravolta da questo romanzo, da avere difficoltà a mettere in parole il turbamento che ho dentro il cuore ed il groviglio che ho nella testa.

Il pensiero di Amande, che lotta con il destino che è stato tanto ingiusto, della piccola Manon, che non avrà la possibilità di crescere e conoscere il mondo, di Benjamin, strappato alla vita e all’amore dei suoi cari, di Anne e Richard, perché un genitore che perde un figlio ha un dolore incommensurabile: tutti questi pensieri mi hanno accompagnato in ogni momento, da quando ho iniziato a leggere questo libro.

Porto nella mia mente questo racconto ogni attimo della giornata, mi domando come reagirei io al posto di Amande o di Anne e Richard.

Sarà vero che la forza di reagire è dentro ognuno di noi e, quando non si ha alternativa, la tiriamo fuori e combattiamo per sopravvivere?

Oppure solo alcuni di noi nascono con questa misteriosa forza e agli altri non rimane che soccombere al destino, se messi duramente alla prova?

Il turbamento per la crudele sorte di Benjamin e Manon mi ha colpito fin dalle prime pagine; ho accompagnato Amande nei mesi che si sono susseguiti alla tragedia: la nuova casa; l’isolamento; le prime confidenze con i quaderni botanici di madame Lucie e con il suo giardino; sperimentare come farsi adottare da un gattino malandato e iniziare a prendersi cura dell’orto possa piano piano aprirci nuovamente alla vita; comprendere che il contatto con la natura porta alla scoperta di una spiritualità che è sopra ogni religione; capire che le persone che amiamo possono continuare a vivere nella natura, in un albero, in un fiore.

Ho preso parte alla rinascita di una donna distrutta da un dolore indicibile, che ha trovato la forza dentro di lei, nell'universo, nelle persone che il destino le ha messo accanto: vecchie conoscenze e nuove amicizie, perché quello che la vita toglie, la vita restituisce.

Spesso si sente dire “ti amo da morire”, Amande mi ha insegnato ad “amare da vivere”, perché la luce di chi ci ha lasciato, il nostro amore perduto, illumina il nostro cammino ogni istante ed il dolore straziante forse un giorno diventerà più mite e riusciremo a far affiorare un piccolo sorriso sulle nostre labbra, dolce e amaro, perché chi abbiamo amato vive sempre in noi.

Ho iniziato le prime righe di questo romanzo con le lacrime agli occhi e l'ho terminato in un pianto inconsolabile: dolore, amore, tristezza, voglia di rinascita, ricerca di serenità… troppe emozioni per il mio fragile cuore!

Coinvolgente, dolce e straziante, è uno dei romanzi più belli che io abbia mai letto.

“Non presterò attenzione al mio cuore a pezzi, non saremo tristi del tutto, perché non saremo soli, con noi ci sarà il nostro amore per te, un amore da morire, ma soprattutto un amore da vivere, ancora e per sempre, per fare onore alla luce che ci hai lasciato dietro di te”


 genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2021


lunedì 26 febbraio 2024

IL LABIRINTO DI GHIACCIO

 





Il labirinto di ghiaccio – Valerio Varesi

Recensione a cura di Dario Brunetti 


Il labirinto di ghiaccio è un romanzo di Valerio Varesi uscito nel 2003 e ripubblicato nel 2023 da Mondadori editore. Un testo dai contorni noir che racconta la storia di un uomo in fuga.

Famiglia, casa e lavoro appartengono a un mondo nel quale il protagonista non si riconosce più, si porta uno zaino con qualche indumento e pochi viveri per fuggire per sempre, senza dare alcun punto di riferimento e facendo perdere le tracce di sé.

In realtà è un uomo che non ne avrebbe bisogno perché conduce una vita, dal punto di vista economico, alquanto soddisfacente, ma il suo obbiettivo è di voler passare da una società virtuale a uno stato di primitività.

Una scelta che pone il protagonista nelle condizioni di ritrovare sé stesso, la sua autenticità, interrogandosi e rimettendosi in gioco. Lo fa trovando dimora sulle montagne che riscoprirà, ma non solo il freddo e il ghiaccio saranno suoi compagni; deciderà di costruire un labirinto di ghiaccio formato da cunicoli per difendersi dall’umanità.

Un romanzo che narra anche storie del passato che sono ben permeate nel vissuto dell’uomo, storie di crimini che non intendo svelare e che vorrei lasciare al lettore affinché possa assaporare il retrogusto di un noir che solo una penna pregevole e raffinata come Varesi sa offrire.

Interessante lo sviluppo di questo romanzo e del suo personaggio che lancia una sfida a sé stesso, costruendo un fortino in grado di proteggerlo e di tenerlo al riparo attraverso la fatica e il lavoro.

Il dialogo interiore sarà efficace per ritrovare la sua dimensione e il suo habitat naturale che forse cercava da tanto tempo, per poter finalmente fuggire da quello stato di malessere e disagio che la realtà di oggi poi provocava e il silenzio diventerà il suo miglior alleato.

Troveremo un’ambientazione mozzafiato e particolarmente suggestiva nonostante non venga menzionata dall’autore, ma potrebbe essere di facile intuizione dal momento in cui l’uomo troverà dei cadaveri appartenenti alla Prima Guerra Mondiale. Le Alpi orientali potrebbero essere vagamente la cornice giusta per collocare la storia, ma lasciamo anche al lettore la possibilità, grazie alla sua fantasia e immaginazione, di focalizzarne il luogo.

Ma ci saranno persone che si metteranno sulle tracce dell’uomo improvvisamente scomparso? Cosa restituirà il nuovo mondo allo stesso protagonista e cosa si vorrà riprendere la società che lui ha appena lasciato?

Un romanzo che si concentra sulla riscoperta dell’ambiente e di quei posti sperduti, poco esplorati dove le montagne diventano luogo di solitudine e soprattutto di ricerca, anche religiosa, perché l’uomo riscoprirà il significato della preghiera e della fede.

Varesi offre la possibilità al personaggio di prendersi la sua rivincita, il vero riscatto avverrà attraverso il sacrificio e la resistenza di un ambiente per certi versi ostile, inoltre dovrà fare i conti con il gelo dell’inverno che lo porterà a ritrovare la sua integrità e purezza, elementi che aveva smarrito nella vita precedente.

Il semiologo e scrittore Umberto Eco nel suo Pape Satàn Aleppe come del resto Zyngmunt Bauman in Modernità liquida avevano già messo in evidenza a quale società saremmo andati incontro; la definivano “società liquida” perché aveva smarrito quei valori del passato, una società senza ideali e ancor più priva di strumenti di riferimento.

La domanda sorge spontanea: Quanto ciascun di noi ha bisogno di trovare il suo rifugio per cercare di interiorizzare il proprio io interrogando la coscienza per chiedersi per davvero cosa si può volere dalla società di oggi?  Se la stessa non ci piace possiamo intraprendere un nuovo viaggio andando alla ricerca di una realtà migliore.

Il labirinto di ghiaccio non è solo un romanzo con evidenti sfumature di noir, ma è un viaggio esistenziale che offre la possibilità di fuggire dal vivere quotidiano per concedersi una realtà a nostra immagine e somiglianza confacente con i propri bisogni. Le montagne, se le si sanno contemplare e ascoltare, le scopriremo in una dimensione sconosciuta, perché è proprio dal respiro delle pietre che si è interrotto un dialogo antico e forse vale la pena ricominciare da quel mondo, dimenticato forse troppo in fretta un po' da tutti.

genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2023


domenica 25 febbraio 2024

GRANDI SPERANZE

 







Grandi Speranze - Charles Dickens -

"Great Expectations" è uno dei tanti grandi romanzi di Charles Dickens, autore fra i più insigni creatori di mondi. Scritto nel 1861, anni dopo il successo di Pickwick, David Copperfield e Oliver Twist, "Grandi speranze" riconferma la capacità magica di Dickens nel ricreare un mondo realistico trasfigurato dalla sua penna talentuosa: ogni campo, ogni strada, ogni volto viene inserito in un universo singolare che pare appartenere alla realtà sebbene il lettore debba ammettere di non avere mai incontrato alcunché di simile.
È la storia di un ingenuo orfanello di nome Pip, tiranneggiato dalla sorella maggiore costretta a prendersene cura.
L'atmosfera è gotica, calliginosa, urta e sporca: in una palude buia e vischiosa si deciderà la sorte del ragazzo, da un incontro singolare e fortuito dipenderà lo svolgimento della sua crescita.
E in un gioco di malintesi, volti mascherati senza ipocrisia, si schiudono le porte delle grandi speranze e dell'amore che porteranno Pip a entrare in un circolo vizioso di contraddizioni, paure e sofferenze.
Il romanzo scritto con l'abilità di raccontare il reale si dipana in un regno fantastico dove volteggiano con Pip, figura principale, personaggi apparentemente secondari che segnano con le loro peculiarità tutta la storia.
Basti pensare a Mrs Havisham e la sua dimora bloccata in un tempo senza tempo avvinghiata in un passato nascosto nelle ramificazioni dell'edera.
Estella con la sua regalità e freddezza, giovane bellissima e dal cuore di ghiaccio, l'innocente Joe, la saggia maestrina Biddy, il millentatore Pumblechook, e tanti altri personaggi mai lasciati al caso ma resi immortali nella loro singolare caratterizzazione fisica o psicologica.
E con questi ritratti animati, a volte spettrali e surreali, il romanzo procede a piccoli tocchi, pezzi di un inimmaginabile puzzle, raccontando la crescita e la maturazione di Pip in un susseguirsi di composizioni apparentemente sconnesse sino a raggiungere una loro giusta collocazione nel continuo altalenarsi di ingenui quanto folli equivochi, di laceranti sensi di colpa e innocenti spavalderie, di spartano coraggio e tremula paura.
Cosi facendo Dickens ha l'abilità, tutta inglese, a mio avviso, di non cadere nel banale sentimentalismo piagnucolare cui tendenzialmente il romanzo sembra dirottarsi, salvandolo in extremis dalla leziosità  in virtù di quell' umorismo - aplomb britannico - sottile e intrinseco in tutti i personaggi, principali, secondari o anche solo di passaggio, creando, nell'atmosfera di una città, la sua adorata e conosciutissima Londra, dipanata nella nebbia, nell'attrattivo grigiore che la contraddistingue, nel suo famoso fumo inodore, situazioni paradossali e intrecci, a prima lettura, inverosimili.
A dire il vero alcune volte mi sono impantanata nel cercare di comprendere alcuni dialoghi o alcuni passaggi contorti tanto da essere  stata costretta a rileggere più volte retrocedendo nella storia al fine di individuare il famoso umorismo dickensiano celato spesso nell'ossessione, nella pazzia, nella bruma tristezza e sconsolazione o, viceversa, nello scavare in quell'umorismo per cercare l'occulta pietas umana.
Sebbene ciò, difficoltà che ritengo tutta italiana, la penna di Dickens è una di quelle penne che solcano indelebilmente la terra che incidono, riscattandola dalle ingiustizie con l' humor geniale di chi le ingiustizie le ha vissute.

"Da quel giorno, ormai abbastanza lontano, ho spesso pensato a come pochissimi si rendano conto dello stato di disperata solitudine in cui viene a trovarsi un ragazzo preso dal terrore "


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 1861

 


sabato 24 febbraio 2024

L'ARCHIVIO DEL DIAVOLO

 




L'Archivio del Diavolo - Pupi Avati -

recensione a cura di Alice Bassoli

 

Nel fitto intreccio di mistero e oscurità che avvolge "L'Archivio del Diavolo", Pupi Avati ci immerge in un viaggio che attraversa le nebbie oscure del Nordest italiano degli anni Cinquanta. Questo romanzo gotico, che fonde sapientemente thriller e horror, ci trascina in un vortice di tensione e suspense che si snoda tra i misteri della piccola comunità di Lio Piccolo.

 

🔍 La storia si apre con don Stefano Nascetti, trasferitosi in questa tranquilla parrocchia per sfuggire alle ombre del passato, solo per trovarsi coinvolto in un intricato intrigo di morte e segreti sepolti. Con una prosa che cattura l'essenza della campagna veneta e i suoi abitanti, Avati ci conduce attraverso un viaggio inquietante alla scoperta della verità nascosta dietro gli eventi apparentemente inspiegabili che affliggono la comunità.

 

💡 I personaggi sono dipinti con una precisione spietata, mostrando il loro lato più oscuro e vulnerabile. La giovane maestra Silvana incarna un fascino ambiguo, mentre il funzionario scomparso Furio Momentè e il questore vendicativo Carlo Saintjust aggiungono strati di complessità al già ricco panorama di personaggi.

 

🌑 Ma è l'atmosfera di terrore e sospetto che permea ogni pagina che rende questo romanzo così coinvolgente. Avati ci trascina in un mondo di mistero e superstizione, dove il Male si manifesta in forme inspiegabili e ancestrali. Le atmosfere cupe e inquietanti si fondono con un realismo crudele nel descrivere i vizi e la corruzione umana, creando un noir che affascina e spaventa in egual misura.

 

🔎  "L'Archivio del Diavolo" è un libro semplicemente sublime. Pupi Avati dimostra di essere un maestro nel dipingere con parole le tenebre dell'animo umano.


genere: thriller

anno di pubblicazione: 2020


giovedì 22 febbraio 2024

LA FERROVIA SOTTERRANEA

 





La ferrovia sotterrneaColson Whitehead -

Recensione a cura di Miriam Donati

 

Con la ratifica del XIII Emendamento del 18 dicembre 1865 firmato da Lincoln viene abolita la schiavitù in tutti gli Stati Uniti d’America. Ripercorrere tramite la lettura di questo romanzo una storia che affonda le radici in questo dramma aiuta a capire la discriminazione che a più di un secolo e mezzo attraversa ancora la società americana.

Colson Whitehead, con un lungo lavoro di ricerca sui memoirs degli schiavi americani, intreccia la ricostruzione della memoria storica a elementi letterari e narra la vita della schiava Cora, figlia e nipote di schiave, agganciando il racconto non solo alla storia, ma rifacendosi al mito e al fantastico.

La “ferrovia sotterranea”, una rete di abolizionisti della schiavitù, realmente esistita, è tramutata  dall’autore, con un colpo di genio, in realtà, dando forma e ritmo al romanzo, i cui capitoli alternano le “stazioni” ai personaggi che Cora incontra durante la sua fuga dalla piantagione in Georgia fino ai confini del grande West dove finisce il suo viaggio di schiava in cerca di libertà trasformandosi in un’inedita pioniera di colore rispolverando in una forma inconsueta i grandi miti fondativi americani quali la ferrovia che porta all’ovest, la scoperta e la conquista di nuovi territori.

Whitehead, pur mettendo l’accento sulla società repressiva del tempo che puniva sia gli schiavi fuggitivi, sia coloro che davano loro sostegno nella fuga, permettendo agli schiavisti di recuperare anche a distanze lunghissime o in stati abolizionisti i propri schiavi, non disegna in maniera manichea i propri personaggi: schiavi neri buoni e padroni bianchi cattivi, descrive piuttosto persone imperfette con vizi, debolezze, forza o coraggio indipendentemente dal colore della pelle e dal ceto sociale.

Cora è doppiamente vittima in quanto schiava e in quanto donna, preda, non solo dei padroni bianchi, ma anche degli schiavi neri, e, a causa del carattere ribelle, è confinata in un settore della piantagione riservata a chi è considerato pazzo o pericoloso. Vuole ritrovare la madre, spinta non tanto dall’affetto ma mossa dalla vendetta perché ritiene di essere stata abbandonata anche se i reali termini della vicenda saranno rivelati nel finale. Le tappe del suo viaggio di fuga dalla Georgia aumentano via via il suo grado di libertà facendola crescere ed acquisire sicurezza e consapevolezza di sé.

La narrazione è molto avvincente, ricca di colpi di scena e rivelazioni, con un taglio cinematografico, coinvolge il lettore anche se la storia di denuncia ha pagine feroci e crudeli quali quelle riguardanti gli esperimenti sugli schiavi.

Il linguaggio essenziale ed efficace oltre a contestualizzare le azioni dei personaggi in modo coerente propone anche pagine sul valore dei libri e dell’istruzione come strumento di riscatto che sono delle perle preziose.

Whitehead con questo libro ha vinto due premi molto prestigiosi: National Book Award e Pulitzer, meritatissimi secondo me.

 

 

Genere Narrativa

Anno di pubblicazione: 2016


mercoledì 21 febbraio 2024

GLI EVERSIVI

 




Gli eversivi - Alessandro Berselli -

recensione a cura di Edoardo Todaro


Se uno come Berselli affronta un argomento da usare con cura, come si direbbe nel famoso bugiardino delle medicine, come il mettere in evidenza un “ Laboratorio Hegel “, movimento politico con qualcosa di più dell’essere populista nonostante sfrutti  l’esistente disagio tra le masse perché la gente è stanca della “ democrazia “ e che  vuole linea dura e pugno di ferro , con tentazioni reazionarie, che ha un binomio da far convivere: borghesi arricchiti, signore benestanti annoiate con una chiara matrice sovranista ed euroscettica non può fare a meno che incentrare il tutto a Bologna, una città con un clima riottoso che non ha cessato di farsi sentire dal ‘ 77; un “ laboratorio “ che si pone come obiettivo il rovesciamento del sistema, avendo come cavallo di battaglia, tanto per cambiare, il blocco dell’immigrazione con atti di sabotaggio, intimidazioni, e visti i tempi, per non farsi mancare niente, pirateria informatica, versione ripulita dell’estremismo populista, una realtà che vive in un confine labile tra movimento politico e quello terroristico, tra quello dichiarato pubblicamente l’essere una sorta di loggia pidduista con annessi massoneria e servizi . Bologna, neofascisti ? Ecco che compare  l’agenzia investigativa obbligata ad avere tra le mani un caso politico, in questo caso la Marple. Tutto ambientato oggi, ma con richiami, tantissimi, alla stagione dello stragismo nero, con i suoi arnesi sempre in attività, anzi “bianco “ che hanno segnato Bologna, per un progetto politico ben definito,  e tutta Italia, non a caso ritorna la stazione di Bologna . Come scritto poco sopra, leggere queste pagine non può farci venire in mente la realtà che stiamo vivendo. No non è un brutto sogno: tolleranza zero, “ la pacchia è finita “. Per restare alle pagine del libro: abbiamo a che fare con l’avvocato Liam Bonaga che si rende conto che la propria figlia, Asia, con un’adolescenza difficile,  è divenuta organica con il “ Laboratorio Hegel “, anzi andando avanti con la lettura, ci rendiamo conto che Asia Bonaga è, in realtà, la “ first lady “ del capo e quindi il coinvolgere un’agenzia investigativa per venire a capo degli stravolgimenti  esistenziali viene di conseguenza. Un’indagine che va avanti seguendo il ritmo dettato dalle eliminazioni fisiche , con la Marple che i conti con ciò che resta dei suoi componenti. Interessante ed attualissimo, un libro che accompagnato dalle credenziali di Carlotto e De Giovanni  non può che essere posto all’attenzione di quanti ritengono il noir elemento per investigare la realtà sociale con cui ci misuriamo.

genere: giallo

anno di pubblicazione: 2023

lunedì 19 febbraio 2024

LA BARONESSA

 




La baronessa - Anne Jacobs -

recensione a cura di Ornella Donna


Anne Jacobs inaugura una nuova saga con il libro intitolato La baronessa, edito da Giunti editore; la quale va raccontando la saga dei Von Dranitz, nobili terrieri costretti a fuggire dalla Berlino dell’Es; dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il romanzo inizia, appunto, con la Baronessa Franziska che, finalmente , può tornare nella Berlino dell’Est, dopo il crollo del muro di Berlino, e riavere con sé tutti i possedimenti perduti. E’ un ritorno all’indietro, intessuto da ricordi dolorosi e da una realtà diversa, che non torna più. La tenuta che si ritrova, però, è diventata la sede di una cooperativa sociale, di proprietà dello Stato:

      “Franziska voleva entrare nell’atrio della casa padronale. Da lì a sinistra, si arrivava nella sala da pranzo. Dietro c’era la stanza di caccia del nonno. Sulla destra gli appartamenti della mamma, con una bella carta da parati e mobili Biedermeier. Le giovani donne la guardavano con curiosità e diffidenza”.

Della bellezza e del fascino passato non c’è più nulla:

      “Non riusciva a crederci. Era ancora in piedi, non era crollata né andata a fuoco. La casa padronale. Le sembrava più piccola di prima, più grigia, più semplice. Il portico con il colonnato non c’era più e la porta d’ingresso era stata sostituita, ma le finestre e la struttura del tetto erano rimaste intatte. Le due dèpendence usate come rimesse per carrozze ed automobili erano in rovina, ma la casa padronale aveva retto.”

Come fare? Ormai Franzisla è una donna sola, anziana e vedova, e il sindaco non è affatto intenzionato a restituirle la proprietà:

        “Ma il ritorno di Franziska dopo quarant’anni di assenza non interessava né alla polizia né alle autorità: erano gli abitanti del villaggio a darle del filo da torcere. Nel corso del tempo, nei loro cuori si era insinuato l’odio nei confronti dei presunti sfruttatori, i nobili proprietari terrieri che per secoli avevano vissuto alle spalle dei contadini. Un odio insensato, a suo avviso. Suo padre aveva lasciato morire di fame o di freddo i suoi dipendenti? Era sicura di no. Li aveva mai picchiati? Non ricordava, ma quando usciva a cavallo portava sempre con sé una frusta.”

Ma Franziska è una von Dranitz e non si arrende mai, per nessun motivo:

      “Ma Franziska era determinata a non lasciare Dranitz. Era responsabile della vecchia tenuta in quanto sua legittima proprietaria. (…) Non si aspettava di essere trattata con tanta ostilità.”

Che accadrà? Franziska, la baronessa, riuscirà nel suo intento? Ritornerà in possesso di ciò che ha perduto?

Anne Jacobs, ancora una volta, dipinge, con tatto e acume narrativo, la figura di una donna forte e determinata. Nonostante le indubbie difficoltà, che a prima vista paiono insormontabili, la protagonista di questa saga si racconta nel presente e nel passato, con intatto ed immutato fascino.

La baronessa è, dunque, il racconto di vita di una donna capace ed ostinata, lungo ben quarant’anni. Ne scaturisce, così,

          “Una saga familiare, ricca di emozioni e di colpi di scena”.

Una lettura accattivante, che scorre veloce, emozionando ed incuriosendo il lettore amante di questo genere letterario. Buona lettura!


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2024

 


domenica 18 febbraio 2024

RESTO QUI

 



Resto qui - Marco Balzano -

recensione a cura di Alice Bassoli


📚 "Resto qui" di Marco Balzano offre un quadro dettagliato e appassionato di un pezzo di storia. Attraverso una prosa viva e coinvolgente, si descrive l'ambientazione tragica del Sudtirolo durante il periodo del Fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, dove la lingua e l'identità stessa vengono messe in discussione.

 

💧 La protagonista, Trina, incarna il dolore e la speranza di una madre alla ricerca della figlia scomparsa, mentre il Fascismo, la guerra e il dopoguerra segnano profondamente la vita della sua famiglia. La costruzione dei personaggi è tratteggiata con maestria, senza cadere in eccessi o stereotipi, e dà vita a figure realistiche e sfaccettate che riescono a respirare attraverso le pagine del libro.

 

👩‍👧 La trama è piena di tensione e di momenti toccanti, mentre l'ambientazione è descritta con una ricchezza di dettagli che trasporta il lettore direttamente nell'atmosfera del tempo e del luogo, conferendo un ulteriore livello di profondità e autenticità alla narrazione.

 

⛰️ Va elogiata l'abilità di Balzano nel trattare temi complessi come il dolore, la perdita, la lotta per l'identità e la sopravvivenza, senza cadere nella retorica o nel melodramma, ma mantenendo un tono realistico e malinconico.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2020


giovedì 15 febbraio 2024

IL PRIMO APPUNTAMENTO

 





Il primo appuntamento - Sue Watson

recensione a cura di Eva Maria Franchi

 

Titolo recensione: un thriller psicologico venato di rosa.

 

Trama 

Hannah cerca l’amore romantico, vuole la favola, mettere su famiglia con l’uomo dei suoi sogni e avere un paio di bambini. L’orologio biologico continua a ripeterle “ora o mai più”. La favola sembra avverarsi quando, grazie a un sito di incontri, conosce Alex: bello, gentile, ama cucinare per lei e ha i suoi stessi gusti. È anche molto premuroso, forse un po’ troppo. Ma in fondo non esiste l’uomo perfetto e poi, chi non desidera un uomo che metta la propria donna al centro della sua vita?

Punto di forza 

L’autrice è abile nel creare situazioni ambigue che lasciano il lettore nel dubbio. Certi comportamenti di Alex vanno interpretati come segnali d’allarme o sono innocui modi di fare di un uomo che, come tutti gli esseri umani, ha i suoi limiti e non è esente da difetti? La protagonista fraintende le intenzioni di Alex o dovrebbe dare ascolto alla sua voce interiore che la mette in guardia? Sono domande che l’autrice spinge il lettore a porsi creando un’atmosfera psicologica di tensione, dubbio e ossessioni.

Punto debole

Non è un romanzo per gli amanti della bella scrittura. Ho riscontrato parecchi refusi e svarioni grammaticali durante la lettura. Non ho letto la versione originale in lingua inglese per cui non sono in grado di stabilire se tali difetti siano imputabili solo alla traduzione o se anche la versione originale del libro sia debole sotto il profilo linguistico. È un libro che si legge perché ci si lascia coinvolgere dalla storia, non certo per lo stile letterario.

Finale

Il finale mi ha sorpresa (in senso buono). È originale, e congruente con gli indizi sparsi nelle pagine precedenti dall’autrice. Un risultato non da poco. Spesso anche i migliori giallisti e sceneggiatori cadono sul finale proponendo conclusioni o troppo scontate, o, per stupire il lettore, imprevedibili ma prive di senso, il che è anche peggio. Sue Watson coglie nel segno. Il suo finale mi ha soddisfatta.


Giudizio complessivo

Definire un libro come questo mera narrativa di intrattenimento è riduttivo. Sebbene il comportamento della protagonista, in alcune situazioni, non mi ha convinta del tutto come lettrice (presumo uno stratagemma dell’autrice che impone alla protagonista determinate scelte per creare suspense nella storia), la lettura del libro mi ha indotta a riflettere sul tema della codipendenza e sul desiderio atavico di trovare una relazione che ci completi, desiderio che in questo romanzo è forte tanto nella protagonista femminile quanto nel protagonista maschile, oserei dire persino più forte in quest’ultimo. Mi sono chiesta: il desiderio, inculcato da una cultura millenaria, di avere un uomo (o una donna) accanto che ci assicuri sicurezza e protezione, con quanta intensità ci condiziona ancora all’alba del transumanesimo? Quanto siamo disposte a tapparci gli occhi, auto convincendoci di avere trovato l’uomo giusto, piuttosto che rinunciare al sogno?

Una lettura che mi ha coinvolta e mi ha fatto riflettere. Peccato che la traduzione sia poco curata.


genere: narrativa


anno di pubblicazione: 2023

 


martedì 13 febbraio 2024

ABBIAMO SEMPRE VISSUTO NEL CASTELLO

 




Abbiamo sempre vissuto nel castello - Shirley Jackson -

recensione a cura di Elisa Caccavale


🏰Il romanzo narra la vicenda di una famiglia, i Blackwood, o perlomeno di ciò che ne rimane dal momento che durante una cena sono stati tutti avvelenati e passati quindi a miglior vita; della numerosa famiglia, composta da padre, madre, tre figli, il fratello del padre e la moglie, sono sopravvissuti solo due delle figlie, la diciottenne Mary Katherine (Merricat) e la sorella maggiore Constance e Julian, loro zio, rimasto invalido per le conseguenze dell’avvelenamento al quale è però scampato.

📖La voce narrante è quella di Merricat, l’unica che esce di casa due volte alla settimana per provvedere ai bisogni della famiglia, mentre Constance e Julian vivono murati nella grande villa di famiglia dalla quale non escono dal giorno della strage, sei anni prima. Julian vive scrivendo ossessivamente le sue memorie e rivivendo, in un cortocircuito senza uscita, l’ultimo giorno della sua famiglia, mentre Constance veglia su tutto e tutti come un angelo del focolare, gestendo la casa e i bisogni di Merricat e Julian in modo amorevole e con totale dedizione. Intorno a loro la palese ostilità dei paesani che non hanno dimenticato il crimine per il quale, a loro giudizio, chi ha colpe non ha pagato…

📚Romanzo piuttosto breve (189 pagine) non si tratta, però, di una lettura scorrevole: l’impianto del testo è teatrale, nel senso che, fatta eccezione per il primo capitolo in cui si segue Mary Katherine nelle sue commissioni in paese, è interamente ambientato nella villa e il testo, privo di azione vera e propria, è costruito quasi interamente su dialoghi, il che rende la narrazione piuttosto lenta e a tratti noiosa. Questi dialoghi, poi, molto spesso risultano claustrofobici, un vortice di discesa nella follia, non quella urlata, evidente, ma quella più subdola, strisciante, e arrivano al punto di essere irritanti nel loro essere a tratti stucchevoli, a tratti surreali (ho perso il conto delle volte in cui l’autrice ha fatto pronunciare a Constance l’espressione “Merricat, sciocchina”).

👤L’autrice è riuscita nella notevole impresa di rendere odiosi tutti i personaggi, ognuno a suo modo: Merricat, persa nel suo mondo e nel suo folle egocentrismo, Constance che nasconde ciò che non si può nascondere e costruisce un’esistenza basata sulla menzogna, mansueta come un agnello destinato al patibolo, Julian, petulante e ossessivo, il cugino Charles, parassita approfittatore che un giorno piomba nella villa a scombinare la quotidianità. Eppure, nonostante tutto, si riesce persino ad empatizzare ed essere solidali con la famiglia Blackwood quando viene travolta dalla cattiveria più bieca, rappresentata dalla gente del paese, la quale incarna tutte le brutture e bassezze umane. Il personaggio corale della “gente del paese” balza così in testa alla classifica degli elementi in grado di logorare i nervi del lettore di questo libro, che vorrebbe entrare nelle pagine e prendere tutti per il collo, o per strozzarli o per scuoterli e farli rinsavire.

Il libro ha un sapore di incompletezza: la conclusione è volutamente surreale, con una regressione delle protagoniste ad un’esistenza quasi selvaggia e animale (il come e perché lo scoprirete solo leggendo), ma quello che più esalta questa sensazione è che nulla viene spiegato; “Abbiamo sempre vissuto nel castello” si chiude con un grande punto interrogativo. E non parlo di un finale aperto, intendo proprio che non vi è spiegazione su nessun aspetto: su quanto è successo sei anni prima, sul comportamento dei personaggi, sulle vicende pregresse e future, sui rapporti umani e sulle pulsioni e motivazioni che li governano. Il lettore resta lì, come un voyeur sbigottito e confuso, aspettando un’altra pagina che dia un senso a tutto ciò che ha visto dalle finestre della villa dei Blackwood.

Questo libro mi è piaciuto? No. Tuttavia se ho scritto una recensione di una pagina significa che è un libro che lascia delle sensazioni, magari non per tutti piacevoli, ma di certo non lascia indifferenti. Ed è l’indifferenza il peccato mortale per un libro.

genere:horror

anno di pubblicazione: 1962, prima ed. italiana: 1990


lunedì 12 febbraio 2024

REQUIEM DI PROVINCA

 



Requiem di provincia - Davide Longo -

recensione a cura di Ornella Donna


Davide Longo , nel libro intitolato Requiem di provincia, torna indietro nel tempo. Infatti il romanzo è ambientato a Torino nel lontano 1987 e vede protagonisti indiscussi il commissario Corso Bramard e il suo vice Vincenzo Arcadipane. Quest’ultimo è anche la voce narrante dell’intero romanzo.
Sono le tre di notte, e Arcadipane sta vagando per la città in cerca del suo superiore, a zonzo e in giro per bar e osterie, ad ubriacarsi, tentando, così, di lenire un dolore mai superato. Torino,

      “La domenica sera, da quando mamma FIAT la calza e la veste, è di compagnia quanto una prostatite”.
Arcadipane guida lentamente, con la sola compagnia della sua auto:

        “Alfa 33 Quadrifoglio verde, comprata un anno fa per quindici milioni e 940mila lire, scontanti del 20% in quanto in forza alla Polizia di Stato”,
quando, finalmente, trova Bramard sul ponte della Gran Madre, a guardare giù le acque scure del Po.

    “Con la sua aria rilassata da giocatore di golf, i capelli che asciugati nella loro confusione sono persino belli. Prende un sucai dalla tasca e lo colloca in bocca. Bramard mastica e non parla, che a suo modo è un buon segno.”
Quando vengono avvisati di recarsi a Casalforte,

           “un paese a venti chilometri da Torino. Dove ci sono l’uscita del casello, la stazione dei treni, i peperoni, un sacco di campi nomadi e una fonderia.”
Qualcuno ha sparato in testa a Eric Delarue, alto dirigente di una fonderia poco lontana.
Chi ha voluto la sua morte? Inizia una indagine discreta, sul modello piemontese, per cui:

        “la discrezione è tutto per un piemontese”,
sulla figura di uomo e di dirigente del ferito. Cosa si scopre? Poco o niente. Eric Delarue era un cinquantenne benestante, con una moglie molto ricca al seguito, piaceva a tutti, volto sempre abbronzato, di viso, dicono tutti, assomigliasse a Julio Iglesias, sempre pronto a scherzare con tutti, ed aiutare i suoi operai in difficoltà. Allora perché qualcuno gli ha sparato e lui ora giace in coma? Chi dimostrava di avere una certa dose di acredine, celata ma ben presente? E perché?

Inizia una indagine ricca di colpi di scena, che diventa immediatamente una indagine sull’alta società e sulla borghesia che spesso cela, non ricorda, o non vuole affrontare vizi e mali che la caratterizzano dall’interno. Sarà una indagine complessa, molto omertosa, molto intuitiva, dove i nostri investigatori daranno il meglio di sé e delle loro capacità.

Una lettura precisa, che riporta indietro nel tempo, scritta con precisione millimetrica e sapienza di linguaggio. Si nota una certa dose di amarezza, che permea l’intera narrazione e che stupisce il lettore, che non si aspetta quanto narrato. La trama è ben congegnata, i personaggi sono ben delineati anche nel loro sentire intimo e intimistico, e il linguaggio è fluido. Si respira aria torinese, di qualità e non solo. L’autore dimostra di conoscere molto bene i meccanismi che regolano la suddetta società e i loro membri, quel certo non so che , difficile da esprimere, ma che si intuisce bene. Ne risulta una lettura particolarmente intrigante, che aggiunge un altro tassello al lettore che segue fedele le vicende dei due investigatori. Una lettura di genere particolarmente ben presentata e ben scritta, con un linguaggio preciso e molto colto. Molto bello e divertente. Alla prossima avventura!

genere: giallo

anno di pubblicazione: 2023


domenica 11 febbraio 2024

TRADUZIONI VIOLATE

 





Traduzioni violate - Marisa Tumia


📖Spiccioli di trama: il romanzo racconta le varie tappe della vita della protagonista. Dall'infanzia all'età adulta. Percorre anni di storia personale raccontando aneddoti persone e fatti. Momenti drammatici e momenti di serinita. 


🔥Punto di forza: senz'altro la scrittura. La capacità di rendere vivi e presenti ricordi anche molto lontani nel tempo. Lo fa attraverso una scrittura vivace, propositiva anche quando gli aneddoti si fanno dolorosi o vengono ricordati momenti cruciali della sua vita. 


🙁Punto debole: per chi come me ama le storie più estreme manca forse un po' di pathos ma è un giudizio basato su gusti strettamente personali. 


🏁Finale: finale un pochino amaro ma di finali ne avrebbe potuti avere tanti. L'autrice ha deciso di fermare in quel punto il racconto. 


🎓Giudizio complessivo: ⭐⭐⭐⭐ Un romanzo sicuramente molto interessante, divertente e coinvolgente che permette di scoprire le vicissitudini di una bambina, che si fa adolescente e poi donna, con marito e figli alla fine degli anni 80, in un piccolo paese del sud Italia. 

genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2023

valutazione: buono

sabato 10 febbraio 2024

L'AMORE MOLESTO

 





L'amore molesto - Elena Ferrante

recensione a cura di Alice Bassoli

 

💔🌊 "Mia madre annegò la notte del 23 maggio, giorno del mio compleanno, nel tratto di mare di fronte alla località che chiamano Spaccavento..." - Questo incipit afferra immediatamente il cuore e l'immaginazione del lettore, introducendolo in un mondo intriso di mistero e di dolorosa verità.

 

🔍🕵️‍♀️ La trama si dipana attorno al rapporto contorto e passionale tra Delia e la madre Amalia. Delia si trova ad affrontare il compito angosciante di indagare sulla morte di sua madre, cercando di svelare i segreti celati dietro la sua figura enigmatica. Chi era davvero Amalia? Cosa è accaduto quella fatidica notte? Queste sono le domande che guidano l'indagine di Delia.

 

🏙️🌫️ Il contesto è una Napoli grigia e opprimente, che funge da sfondo cupo e suggestivo per le vicende familiari che si dipanano. La città stessa sembra essere un personaggio nella storia, con le sue strade strette e tortuose che riflettono l'oscillazione dei rapporti familiari.

 

👩‍👧‍👧 Il romanzo esplora in profondità il legame tra madre e figlia, esaminandolo con una brutalità e una passione sorprendenti. La rivelazione finale, sconvolgente e inaspettata, incastra tutti i tasselli del puzzle, portando alla luce verità nascoste e scioccanti.

 

💔🔍 "L'amore molesto" è un libro duro, amaro, che scava nelle profondità dell'animo umano. Elena Ferrante, con la sua prosa intensa e incisiva, cattura l'essenza stessa delle relazioni familiari, esponendo le loro sfaccettature più oscure e dolorose.

 

💬 Conclusione: Un romanzo avvincente e toccante, "L'amore molesto" affronta temi universali con una sensibilità straordinaria. È un libro che lascia un'impronta indelebile nella mente del lettore, rivelando la complessità e la fragilità dei legami familiari. Un'opera imprescindibile per chiunque ami le storie che parlano al cuore.

genere: narrativa

anno di pubblicazione: 1992


giovedì 8 febbraio 2024

UN DIVORZIO TARDIVO

 




Un divorzio tardivo - Abraham B. Yehoshua

Recensione a cura di Miriam Donati

 

Nove capitoli che si svolgono nell’arco di nove giorni per raccontare la storia di una famiglia al ritorno in patria dall’America del capostipite Yehudà Kaminka per divorziare dalla moglie ammalata Na’omi.

La narrazione è fatta a più voci che si differenziano tra loro sia per il modo di raccontare attraverso monologhi, dialoghi o flusso di coscienza, sia utilizzando la maniera di esprimersi diversa per ognuno di loro. Una sperimentazione da parte dell’autore che affascina e nello stesso tempo coinvolge nei punti di vista dei vari membri della famiglia. Essi affrontano nei giorni che precedono la Pasqua ebraica, a causa della presenza del padre, il peculiare personale “passaggio che li porti oltre”  incrociando la relazione e il confronto con l’altro attraverso il proprio vissuto e la propria psicologia.
Questo crea contemporaneamente amore e odio, apprezzamento e biasimo nei rapporti aumentando conflitti e incomprensioni.  
Ogni personaggio appartiene a un ceto sociale diverso ed esprime una varietà di convinzioni differenti, ma il legame che li vincola è talmente stretto da accrescere a dismisura i dissidi.

Non esiste una vera e propria trama perché l’autore privilegia il modo di raccontare e ciascun personaggio in ogni capitolo aggiunge la propria realtà soggettiva che accresce quindi di nuovi particolari e nuovi spunti la storia complessiva.

Via via conosciamo la realtà di Gadi, bambino tenero e introverso, allevatore di bachi da seta, quella nobile e irrequieta di Dina, il sarcasmo allo stesso tempo sprezzante e attento di Kedmi, la dolcezza e la devozione di Yael, il razzismo e il maschilismo del marito, l’insicurezza di Assa e la disinvoltura di Zwi.
Un capitolo è dedicato alla moglie Na’omi e sorprende la sua coerenza rispetto a quanto di lei hanno raccontato in precedenza gli altri personaggi. Nasce così il dubbio su chi sia il vero malato. "Spesso la follia di una persona serve ai suoi parenti per sentirsi normali.”  E, in effetti, i ruoli a poco a poco si invertono rivelando sia l’inquietudine segreta che affligge ciascuno dei personaggi, sia la profonda nevrosi del padre, che, deciso a divorziare per poter sposare la donna che lo aspetta in America, insieme al figlio che deve nascere, è pian piano fagocitato dall’ambiente familiare, dall’angoscia di dover tagliare tutti i legami con Israele, la vecchia casa, figli e parenti e persino con la vecchia moglie e giunge così a comporre un finale inatteso.

 Genere: narrativa

 Anno di pubblicazione: 1982

 


mercoledì 7 febbraio 2024

TESTIMONE INCONSAPEVOLE

 




Testimone inconsapevole - Gianrico Carofiglio -

recensione a cura di Edoardo Todaro


Un magistrato prestato alla scrittura. Scrittura che Sellerio ha colto, giustamente visto quanto di buono esce dalle pagine scritte da Carofiglio. Dobbiamo, nel suo caso, andare a ritroso ed evidenziare “Testimone inconsapevole “, certamente datato, ma di sicuro importante per far comprendere il perché Carofiglio è riuscito ad inserirsi tra gli scrittori più letti arrivando all’ultimo, “Rancore“. Carofiglio ha dato vita oltre alla figura dell’avvocato Guerrieri, anche a quello che ormai si può considerare un genere: il romanzo giudiziario, anzi il “legal thriller“. Detto questo non ci rimane che mettere le mani sulle 324 pagine di “testimone inconsapevole”. Abbiamo a che fare con l’avvocato Guerrieri un penalista in crisi con la propria attività, oltre ad altre crisi personali/affettive, che addirittura gli produce ansia. Una vita, la sua, senza regole, con gli attacchi di panico che portano un po’ di novità a giornate sempre uguali e con notti caratterizzate dall’insonnia. Un Guerrieri che è ben consapevole del fatto che le sorti di molte persone dipendono dal suo lavoro, anzi sono nelle mani di un irresponsabile psichicamente disturbato che piange senza un motivo reale. In sostanza disturbi di adattamento la cui cura è rintracciabile nel connubio whisky/nicotina, oltre ad una bella dose di pugilato che aiuta non a star bene, ma un po’ meglio sì. Pugilato che tornerà utile quando dovrà fare i con dei “teppisti di periferia“. Ma all’interno dei casi che deve seguire e portarli ad una soddisfacente conclusione, ha a che fare con Abdou Thiam,  senegalese, in patria maestro, in Italia ambulante, indiziato di un crimine efferato, sottoposto a custodia cautelare in carcere. Il capro espiatorio giusto che va incontro alle fobie diffuse, il colpevole e/o un colpevole. Guerrieri che tenta di riprendersi, superando anche le remore nel prendere un ascensore, ne assume la difesa, nonostante giochi a suo favore, tenendo in considerazione, tra l’altro, che Thiam dopo aver subìto i pestaggi di routine dalle forze dell’ordine, secondini compresi, ed essere stato gettato nella sezione speciale riservata a stupratori, pedofili e pentiti, non è per niente collaborativo, con il suo avvocato. Carofiglio/Guerrieri ci mette al corrente, senza assolutamente stancarci, delle dinamiche che caratterizzano le norme giudiziarie, di nozioni basilari che ci permettono di conoscere il sistema penale; ad esempio: cos’è il giudizio abbreviato, quando questo può essere richiesto e perché in casi di soggetti come Thiam può essere l’ideale, quindi se da un punto di vista economico può essere utile all’inquisito, lo è anche per lo stato. ”Testimone inconsapevole“ ci porta a confrontarci con la misera esistenza degli immigrati che vivacchiano in vecchi palazzi popolari in 6/7 per stanza e con il mondo dei combattimenti tra cani e le scommesse clandestine che vengono fatte su di loro; ed il mondo del carcere, oltre a quanto già scritto con quanto deve fare i conti Thiam, i corridoi squallidi e l’autolesionismo. Un avvocato che dal pugilato impara non solo a stare più tranquillo, a difendersi ma anche come strategia professionale: provocare per trovare un punto debole, trovare uno spiraglio, attaccare e piazzare un bel colpo. Tirando una conclusione, si potrebbe dire che ci troviamo di fronte ad uno scrittore prestato alla magistratura, prestito che ci auguriamo vada avanti anche in futuro.

genere: giallo (legal thriller)

anno di pubblicazione: 2011


lunedì 5 febbraio 2024

LA REGINA DEI COLORI

 




La Regina dei colori - Valeria Corciolani

recensione a cura di Patrizia Zara



"Perché perfetti lo siamo tutti senza esserlo nessuno e qui sta la meraviglia nelle impagabili e splendide differenze"

"La regina dei colori" di Valeria Corciolani è uno dei libri che mi è stato regalato il 9 novembre 2023 giorno del mio 59mo compleanno.
Chi me lo ha regalato è una persona molto speciale, per me.
Da questa personale premessa è facile dedurre che, al di là della trama, dello stile, della scrittura e del genere, al di là del romano nel suo insieme, il libro in questione ha un valore non solo aggiunto ma inestimabile.
L'ho letto in giorni felicemente frenetici, diciamo vivaci, in cui la famiglia mi ha assorbito con il suo gioioso e laborioso tran tran.
E allora che dire. In definitiva il romanzo della Corciolani, pur non essendo il genere che preferisco in quanto prediligo storie più profonde che scavano dentro gli abissi dell'animo umano, storie psicologiche ed esistenziali, l'ho gradito per la leggerezza con cui l'autrice ha affrontato tematiche importanti giocando con sincerità e ingenuità con la sua eclettica cultura: sfoggio di citazioni cinematografiche e letterarie, l'appropriarsi di tecniche strutturali utilizzate da grandi della letteratura (ogni nuovo capitolo inizia con l'ultima frase del capitolo precedente) e via dicendo.
È un romanzo che si legge con piacere, con semplicità poiché nulla è celato o lasciato in balia all'immaginazione o alla personale interpretazione e per questi motivi non richiede alcun sforzo celebrale.
Scorre così, come scorre la vita nei suoi traumi quotidiani.
La quotidianità, spesso, può essere talmente banale nella sua tragicità tanto da perdere la sua inestimabile profondità esistenziale.
Clotilde, la protagonista, la regina dei colori, è stata un'indiscussa interior design, star internazionale per la capacità di fare suoi i colori del mondo e saperli accoppiare con occhio infallibile.
Ma un incidente mette fine, dopo sessant'anni di brillante carriera, alla sua parabola lasciandola in vita con il crudele contrappasso di una cecità selettiva ai colori.
Da quel tragico momento il suo mondo diventa bianco e nero: acromatopsia da trauma, la chiamano i medici.
Con il grigio negli occhi ritorna nella terra natia, la Liguria, dalle sue sorelle.
Da qui si snodano storie su storie che hanno tutto un sapore femminile.
Il finale, sorprendente, ripaga dalla superficialità baldanzosa con cui il/la lettore/lettrice si scontra, l’innocenza nell’affrontare temi scottanti e nel candore della loro risoluzione.
E si perdona anche all'autrice di aver costruito la storia su storie già scritte (il personaggio giapponese, Hotaka, sa tanto di "L'eleganza del riccio") e delle citazioni a iosa dal film "kung Fu Panda".
Sembra un romanzo scontato e di frasi fatte, cliché da effetto, per poi scoprire che tutto sommato di scontato non c'è nulla e che i cliché è bene sottolinearli ogni tanto per non dimenticarli perché, a quanto pare, fanno bene all'anima.

"Strano come a volte passino anni in cui ti muovi a tentoni, poi basta una manata sull'interruttore giusto che tutto si accende, facendoti trovare cose che avevi perso e altre che non avevi riconosciuto"

genere; narrativa

anno di pubblicazione: 2023

 


domenica 4 febbraio 2024

SOTTO IL CIELO DI ROMA

 






Sotto il cielo di Roma – Sira Fonzi -

recensione a cura di Gino Campaner

 

Per me è sempre difficile rendere “giustizia” ai racconti. Non lo so perché, forse non esiste una spiegazione logica o magari è semplicissima ma sono io che non riesco a definirla. fatto sta che io ho difficoltà a recensire un racconto, figuriamoci una raccolta, come questa, che ne prevede sette. Mi dispiace non riuscire a farlo soprattutto quando, come in questo caso, i racconti (tutti) mi sono piaciuti molto. Trovo frustrante non riuscire a far passare la mia ammirazione ed il mio coinvolgimento. Ci provo nuovamente, perché i racconti che ho da poco terminato di leggere, raccolti sotto il titolo Sotto il cielo di Roma, meritano questo sforzo. L’autrice si chiama Sira Fonzi ed ha scritto questi racconti dedicati a Roma ed ai suoi abitanti. Sono storie che ci parlano di persone semplici e molto comuni che potremmo ritrovare nel nostro vicino o nel commerciante sotto casa. Sono storie che parlano di maltrattamenti (sulle donne) di tentativi di emergere da un ambiente ostile, di tradimenti, di fughe e lo fanno appunto attraverso protagonisti che nel tentativo di tenersi a galla vanno sempre più, a fondo. Sono tutti ambientati a Roma ed i protagonisti sono tutti fortemente romani. Ma potrebbero essere facilmente collocati in qualsiasi altra periferia di una città italiana. Sono scritti con semplicità ma soprattutto con  grande efficacia riuscendo a far rendere perfettamente la drammaticità delle vicende narrate senza dover ricorrere a descrizioni "estreme". Per me meritano senz’altro il massimo dei voti. Con complimenti sentitissimi per la Fonzi.

valutazione: buono

genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2023


sabato 3 febbraio 2024

LE OSSA DELLA PRINCIPESSA

 




Le Ossa della Principessa - Alessia Gazzola -

recensione a cura di Alice Bassoli

 

📚 La trama: Ambra Negri Della Valle, la collega perfida, è scomparsa, portando con sé il suo eterno sguardo critico su Alice Allevi. Insieme a Claudio Conforti, ex di Ambra e legato ad Alice da un complicato rapporto, i due si trovano ad affrontare l'incubo quando chiamati dalla procura per esaminare un cadavere ritrovato in un campo. Fortunatamente, non si tratta di Ambra, bensì di una giovane archeologa scomparsa anni prima nei territori palestinesi. Il mistero si infittisce: chi l'ha uccisa e sepolta come in un rituale con accanto una coroncina di plastica?

 

📖🔍 La trama si snoda tra l'Italia e i territori Palestinesi, e già questo di per sé mi ha coinvolta parecchio. La scrittrice, ormai nota per i suoi successi letterari, ha uno stile unico che cattura l'attenzione del lettore, inducendolo a divorare il libro in pochi giorni.

 

🎭💖 Oltre al mistero da risolvere, ciò che rende questo libro ancora più apprezzabile è il realismo dei personaggi. La Gazzola riesce a conferire vita ai suoi protagonisti, capaci di respirare sulla pagina. Alla fine della lettura, si ha quasi la sensazione di averli conosciuti personalmente, una delle migliori qualità che un autore possa desiderare, a mio modesto parere.

 

Alessia Gazzola continua a dimostrarsi maestra nel creare storie davvero appassionanti, leggere ma mai superficiali, anzi profonde, da un punto di vista emotivo. Leggere i suoi libri, per me, è una vera goduria📚✨

genere: giallo 

anno di pubblicazione: 2021


venerdì 2 febbraio 2024

UN0, NESSUNO E CENTOMILA

 




Uno, nessuno e centomila – Luigi Pirandello -

recensione a cura di Francesca Simoncelli

 

“Uno nessuno e centomila” è l’ultimo romanzo di Luigi Pirandello, pubblicato nel 1926, dallo stile divertente e dal lessico molto ricercato, tipico dello scrittore. 

Il libro narra le vicende di Vitangelo Moscarda, detto Gengè, uomo comune, dalla vita agiata, al quale il padre ha lasciato la gestione di una banca. 

Un giorno sua moglie gli fa notare che il suo naso pende verso destra e, non solo, anche altri piccoli difetti fisici, dei quali lui, fino ad allora, ignorava l'esistenza. 

Da questo, all’apparenza banale, episodio scaturisce in lui una profonda crisi esistenziale, che lo porterà a gesti folli ed inspiegabili agli occhi della famiglia, soprattutto della moglie, che, alla fine, deciderà di lasciarlo. 

Gengè inizia a porsi domande sulle molteplici identità di un individuo: lui, che aveva sempre pensato di essere UNO soltanto, si accorge che ognuna delle persone con cui interagisce lo considera un alter ego di sè stesso e non lo percepisce come lui è in realtà e che quindi esistono altri CENTOMILA Vitangelo Moscarda. 

La sensazione di solitudine, quando si accorge che nessuno, tranne lui, lo vede per quello che è realmente, lo porterà ad annientare le proprie certezze ed a intense riflessioni sul continuo mutamento dell’essere e sulla disgregazione del se. 

Arriva quindi alla conclusione che, l'unico modo per trovare la serenità è annullare la sua esistenza distruggendo i CENTOMILA alter ego, costruiti dai vari punti di vista della gente, rinunciando a tutto, ai suoi beni e persino al suo nome, diventando così NESSUNO. 

 Troverà allora la pace, donando tutti i suoi averi per la costruzione di un ospizio per poveri, dove lui stesso andrà a vivere, trovando serenità nella spiritualità e la libertà solo quando si sarà disfatto di tutte le maschere che la società gli aveva affibbiato. 

 Pirandello, influenzato dalla filosofia di Schopenhauer (che considera l’esistenza umana un’illusione e illustra la sua teoria attraverso il “Velo di Maya”, nel suo celebre scritto “Il mondo come volontà e rappresentazione”) crede che il disagio dell'uomo sia dovuto dall'impossibilità di trovare un'unica verità e dal dualismo dell'esistenza: meglio essere sè stessi ed essere ritenuti folli oppure indossare una maschera e rinunciare al proprio io per essere accettati dalla società? 

 Ho amato questo romanzo, denso di riflessioni sull’esistenza umana, le stesse sulle quali ogni giorno mi pongo interrogativi anche io. 

 Mi sono impersonificata con il protagonista, avendo vissuto in prima persona un avvenimento simile al suo: da ragazzina, una mia compagna di scuola mi fece notare che la mia bocca era più piccola dei normali parametri; io, che fino a quel momento non ci avevo mai fatto caso, cominciai a vedere il mio viso sproporzionato; devo dire, in tutta onestà, che da quell'episodio di molti anni fa, iniziai a guardarmi allo specchio con occhio molto critico e a domandarmi se l'immagine che io vedevo riflessa allo specchio era la stessa immagine che avevano gli altri di me. 

Ai tempi ero ignara che Pirandello, prima di me, si era posto un quesito identico al mio! 

“Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso” 

genere: narrativa

anno di pubblicazione: 1926