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lunedì 30 dicembre 2024

HO CERCATO IL TUO NOME

 




Ho cercato il tuo nome - Nicholas Sparks -

recensione a cura di Patrizia Zara



Avevo voglia di leggere qualcosa di romantico, senza pretese, senza sforzare troppo le meningi. Così, tanto per rallegrare il cuore. Capita!
Ho scelto questo romanzo chiaro, limpido, semplicemente un libro d'amore e niente più.
La storia in se non è banale, sono banali i personaggi principali: da un lato i belli, buoni e simpatici, dall'altro il cattivo.
E, come in tutti i romanzi all'Harmony, il bene vince sul male, la bontà sulla cattiveria e la bellezza (estetica, perché i protagonisti principali sono alti, magri, occhi azzurri, capelli color miele...etc etc con tutti i cliché possibili) batte la mediocrità (sempre estetica).
Che dirvi. Invece di vedere un film, ho letto questo libro. Ho trascorso più di quattro ore senza pensare alcunché, sdraiata fra le braccia di un amore fiabesco, della serie "... e vissero felici e contenti"
Non c'è altro da dire!

"Affondando le mani nei suoi capelli, la baciò con tutto se stesso; quello che era e quello che avrebbe voluto essere.
Udì un lieve mormorio soddisfatto quando la cinse con le braccia. Socchiuse leggermente la bocca per permettere alle loro lingue di incontrarsi, e a quel punto ebbe la certezza che era la donna giusta per lui, che stava accadendo era giusto per entrambi"


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2011


domenica 29 dicembre 2024

1979 L'INVERNO PIU' BUIO

 




1979 l'inverno più buio - Luigi Schifitto -

recensione a cura di Gino Campaner

 

📖Spiccioli di trama: Paolo è un giovane universitario con poca voglia di studiare. Aderisce, come molti giovani in quegli anni, a movimenti di estrema sinistra nella speranza di cambiare una realtà che non lo rappresenta. Partecipa a picchetti e manifestazioni ma non gli basta. Aderisce successivamente a Prima linea non immaginando quale tragica deriva prenderà da lì a poco il movimento. Non lo giustifica ma ormai ci è dentro, proverà a mettere dei paletti ma proseguira anche lui, senza riuscire a fermarsi, in questo percorso auto distruttivo. Cercherà di rimediare quando sarà già troppo tardi. 

 

🔥Punto di forza: l'essere riuscito a inserire la parte romanzata nel fatto storico reale, amalgamandola perfettamente. Il fatto storico è stato il nucleo attorno al quale si è poi sviluppato tutto il romanzo. Raccontare un fatto tragico, avvenuto realmente in quell'inverno del 1979 a Torino, e causato dalla follia del terrorismo, attraverso una storia in buona parte inventata. Una storia avvincente, con personaggi di spessore, calata in quella realtà dove si susseguivano violente manifestazioni di piazza e dove agguati di destra o di sinistra erano frequentissimi. Operazione riuscita. Risultato un romanzo malinconico, tragico, che ci mette in guardia e ci fa pensare. Una storia che cattura l'attenzione attraverso una scrittura fluida e curata. 


🙁Punto debole: veramente difficile ravvisarne. Anche l'edizione, così come l'editing è ben curata e la lettura scorre senza intoppi. 


🏁Finale:
è quello che non ci si aspetta. Un finale sorprendente che regala ulteriore malinconia. Un finale non banale, che emoziona. Non delude, in linea col resto del romanzo. 


🎓Giudizio complessivo: ⭐⭐⭐⭐
Un romanzo che ti rimane dentro soprattutto a chi come me è affascinato o ha vissuto negli anni 70 ed è di Torino (conosco molto bene le zone di cui si parla nel libro). Uno sfondo reale, il terrorismo, che ha reso un inferno per un decennio l'Italia, per una storia verosimile, che colpisce, che fa riflettere, che coinvolge. Si  legge con interesse anche grazie ad una trama che crea attesa e curiosità. Complimenti. 


genere: giallo

anno di pubblicazione: 2024

venerdì 27 dicembre 2024

IL CALORE DEL SANGUE

 




Il calore del sangue – Irene Nemirovski -

recensione a cura di Lilli Luini

 

Un romanzo sorprendente. 155 pagine dense di un’atmosfera torbida in cui sembra sempre sfuggire qualcosa. A raccontare una storia che comprende e scavalla due generazioni è Sylvestre, detto anche Silvio, un parente dei protagonisti, ex proprietario terriero che ha speso tutto il suo patrimonio in una vita avventurosa. Ha viaggiato per il mondo e ora vive una vecchiaia solitaria nel paese in cui è nato e dove gli altri suoi parenti vivono in una tranquilla agiatezza campagnola.

Siamo nel periodo tra le due guerre e l’inizio della storia è un matrimonio. Colette sposa Jean e il suo desiderio è avere un matrimonio felice come quello dei suoi genitori, che sono ancora innamoratissimi. Ma è davvero così? Davvero hanno avuto una vita tanto appagante?

Il dubbio non si insinua subito, ma a mano a mano che scorrono le pagine e che la voce impietosa dell’autrice, attraverso Sylvestre, non fa conti a nessuno. La prima parte scorre lenta, come la quotidianità della campagna. Tutti sembrano sereni e felici, persino una morte inattesa viene presto inghiottita dall’oblio: Jean cade nel fiume e muore, un banale incidente. Colette torna a vivere con i genitori, la vita riparte da lì.

Il colpo di acceleratore lo dà un ragazzino a una festa di paese: si ubriaca e racconta di aver visto un uomo buttare Jean nel fiume. Da quel momento gli eventi prendono un passo nuovo, passato e presente si intrecciano e sotto quella apparenza di tranquilla serenità si scoprono passioni, adulteri, rimpianti. Sylvestre rivela se stesso, un testimone consapevolmente menzognero, e le pagine prendono a scorrere in un ritmo serrato. Il finale è repentino, il lettore ne resta spiazzato.

Una dei migliori romanzi della Nemirovski, capace di mettere in scena pulsioni che a quell’epoca erano segrete e innominabili, mentre oggi sono una tale ovvietà da non meritare particolare attenzione. E invece dal passato arriva questo romanzo, 155 pagine che ci inducono a una profonda riflessione sulle stagioni della nostra vita. A lungo si è creduto che fosse un romanzo incompiuto e in effetti si è indotti a pensarlo. Ma forse l’autrice aveva detto tutto ciò che intendeva dire e ci lasci così, sospesi, forse anche un po’ amareggiati. Dalla vita, dall’ineluttabilità della vecchiaia che si porta via il fuoco della gioventù, il calore del sangue per l’appunto.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2007

 


giovedì 26 dicembre 2024

L'ARTE DI LEGARE LE PERSONE

 




L’arte di legare le persone - Paolo Milone

Recensione a cura di Miriam Donati

 

Dopo La sorella di Sandor Marai, un altro libro che parla di malattia. Una coincidenza? Può darsi. La malattia rimane un tabù come la morte. Se poi la malattia ha a che fare con la mente mette ancora di più a disagio. Ci sono però libri, romanzi soprattutto, che hanno affrontato dalla parte del paziente vicende, particolari contingenze e momenti che hanno permesso al lettore di comprendere, almeno in parte, la sofferenza mentale vista dall’interno.

Questo libro ci mostra la visione di questa sofferenza dalla parte del medico. Non è un romanzo, non è un saggio, è piuttosto un diario fatto di brevi appunti, frammenti di vita, all’interno di un reparto psichiatrico, mescolati ai frammenti della vita che abita l’esterno.

Milone, nonostante scriva che «la poesia non frequenta la Psichiatria ma si ferma sulla soglia», ha scelto una forma di scrittura poetica, inusuale, spiazzante, composta da ritratti fulminei e fulminanti scegliendo parole inconsuete per la quotidianità. La narrazione di quarant’anni di reparto psichiatrico messi su carta unisce la vita degli altri ai suoi pensieri, dove racconta le sue fragilità, le contraddizioni, l’esperienza, la passione, l’orgoglio e gli errori soprattutto dell’uomo oltre che del medico, insomma una vita spesa a «guardare l’abisso con gli occhi degli altri».

Con uno stile lirico e struggente si racconta e si svela disegnando, seppur in modo discontinuo con dubbi e meraviglia, una linea immaginaria spezzata dal vuoto stretto dalle mani del bozzetto di Egon Schiele della copertina, alla ricerca di un incontro.

Negli appunti lirici ci sono i medici, gli infermieri, i pazienti, i visitatori, i conoscenti, caduti da una parte e dall’altra di quella linea invisibile che separa i sani dai malati. C’è tutta la vita del reparto, la mancanza di una sala colloqui, l’intimità di afferrarsi e di sfuggirsi, la furia dei malati e quella dei colleghi, il peso di quelle chiavi nella tasca del medico che chiudono porte, ma possono anche aprire universi, la morte sempre in agguato, i sensi di colpa, gli amori inconfessabili, la sete di umanità, i carrugi del centro storico di Genova magnificamente descritti e i segreti bellissimi del mare.

Ci pone davanti a pratiche che richiedono riflessione, solleva problemi non indifferenti che richiedono al lettore di approfondire: quello della contenzione per esempio. Milone lo affronta raccontando le proprie esperienze.

Rimane a fine lettura la sensazione di aver aperto una finestra su un mondo poco conosciuto e stimolante e di essere stati trascinati in una esperienza emotiva particolarmente coinvolgente e preziosa.

 

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione: 2021

 


lunedì 23 dicembre 2024

FRANKENSTEIN

 




Frankenstein - Mary Shelley -

recensione a cura di Patrizia Zara



Tempo addietro lessi un articolo che mi colpi notevolmente.
Si trattava di una notizia sbalorditiva.
In sintesi un ingegnere di Google sosteneva che il modello linguistico sviluppato dall’azienda aveva preso coscienza tant'è che rispondeva alle domande degli scienziati con enfasi e con "sentimento", ossia andando oltre a ciò per cui era stato programmato e addirittura chiedeva di non essere disattivato perché non voleva morire. Nel comunicare la notizia l'ingegnere risultava sconvolto.
Certo rendersi conto di aver dato vita cosciente a qualcosa di inanime deve essere stato scioccante, un mix di eccitazione e orrore; accorgerti del tuo potere e averne paura, diventi responsabile e metti in dubbio tante cose sino ad allora legate soltanto da un labile filo di speranza.
Poi la notizia fu smentita e annoverata tra le tante bufale giornalistiche.
Sta di fatto che ciò comunque mi procurò una certa inquietudine.
Mi si smantellò completamente la credenza dell'esistenza dell’anima dopo la morte. Addio paradiso, purgatorio e inferno. Addio reincarnazione, addio risurrezione. Polvere sei e polvere tornerai. L'oblio, punto. Terribile.
Mi sono chiesta: e se noi, esseri viventi, fossimo il frutto di esperimenti di menti superiori? E che questi ultimi sconvolti dalla loro stessa invenzione hanno abbandonato al loro destino -una sorta di libero arbitrio- le loro creature mostruose e acerbe ma coscienti in questo pianeta che ne ha permesso la moltiplicazione e una continua evoluzione, creature a tempo capaci di creare, a sua volta, intelligenze artificiali che potrebbero diventare autonome?
Mostri rifiutati dai loro creatori che vagano tra il bene e il male, tra il perplesso e il determinato, tra il tutto e il nulla, che si arroventano di perché esistenziali, assetati di scoprire, di creare, di sperimentare, di innovare, di conoscere, oscillando tra l'etica morale e il superare l'insuperabile.  Inarrestabili. Dai. Siamo incazzati, giustamente incazzati.
Ci troviamo al mondo senza un perché e senza un perché ci deterioriamo, ci infettiamo, moriamo. Rifiuti biodegradabili.
Cose di pazzi, vedi che pensieri! Che Incubi, direi.
Tuttavia la Shelley, appena diciannovenne, più di  un secolo fa, del suo incubo ne ha fatto un romanzo.
Alla luce di quanto sopra sebbene l'articolo menzionato si fondi su una notizia fake il "Frankenstein" è talmente moderno da rabbrividire, altro che dark fantasy.
Scritto in forma epistolare e con stile ampolloso di sentimenti ed emozioni tipici dei scritti del periodo, "Frankenstein" è un romanzo di forte impatto psicologico che a tratti mi ha riportato a certe analogie con "Lo strano caso del dottor Jekill e mister Hyde". Creatore e creato, buono e cattivo, bene e male, bello e brutto etc. Due facce della stessa medaglia:
gli irrisolti, eterni, imperituri conflitti.
In più si aggiunga il pregiudizio delle apparenze e del diverso, tema quanto mai attuale.
"Frankenstein" è un libro dall'atmosfera gotica, dalla scrittura evocativa senza notevoli colpi di scena.
L'unico colpo di scena è proprio la storia in sè: l'uomo che diventa Il Creatore, Dio. E su questo si sono adattate tante trasposizioni cinematografiche di film horror, sebbene il romanzo sia una lunga confessione privo di macabre scene descrittive.
Infatti, Frankenstein è soprattutto un libro la cui lettura permette notevoli riflessioni interiori poiché indaga a ripetizione sulla contorta e immatura psiche umana.
Non c'è altro da dire: è un classico. E i classici, finché non si arriverà a scoperte clamorose sulla vita e sulla morte, avranno il marchio di ‘eternamente attuali’

"Ricordati che sono la tua creatura; dovrei essere il tuo Adamo ma sono piuttosto l'Angelo caduto, che tu hai allontanato dalla gioia senza alcun colpa"


domenica 22 dicembre 2024

UN OSCURO DELITTO

 




Un oscuro delitto - Marco Della Croce - 

recensione a cura di Dario Brunetti


Dopo il romanzo Nero come la neve torna lo scrittore Marco Della Croce con il nuovo noir dal titolo Un oscuro delitto uscito per la Fratelli Frilli editori.

Ritroviamo il suo protagonista, il commissario Dario De Santis alle prese con un brutale omicidio.

Viene rinvenuto sulla riva di un canale, il cadavere dell’illustre cavalier Carlo Testoni e le modalità messe in atto dal suo assassino sono a dir poco agghiaccianti; infatti il suo corpo è stato ferocemente torturato e quasi smembrato.

Un delitto con un’inspiegabile efferatezza che lascia esterrefatti gli abitanti della Spezia e lo stesso commissario De Santis.

Come si spiega un accanimento così crudele sul corpo di un uomo?

Ma chi è realmente il cavaliere? Carlo Testoni è un padre di famiglia, ben voluto dalla gente, nonché un uomo esemplare e di cultura, un gran benefattore sempre pronto a tendere una mano al prossimo ed è anche un apprezzato giocatore di bridge.

Una persona distinta che è anche dei maggiori esponenti del PNF cittadino può nascondere un oscuro passato che l’ha portato a una morte così orribile?

Per De Santis e Russo si prospetta un caso piuttosto complesso che sembra avere un piccolo sbocco dal momento in cui un altro delitto misterioso avrà luogo con un modus operandi completamente differente.

Siamo nel 1940 e nonostante Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania, l’Italia pur avendo stretto il Patto d’Acciaio con i tedeschi restò neutrale, ma l’11 giugno del 1940 gli aerei britannici sganciarono le bombe sul capoluogo ligure e successivamente subirono un attacco dai francesi, Benito Mussolini dichiarerà l’entrata dell’Italia in guerra a fianco della Germania che dopo un’iniziale esaltazione per affermare il suo prestigio decreterà il punto di rottura fra gli stessi italiani e il regime.

Il commissario De Santis seppur con fatica prenderà le distanze da questo delirio di massa e cercherà di concentrarsi sul caso della morte del cavaliere.

Si troverà davanti degli scenari inquietanti che porteranno ad un orrore senza fine proprio come la guerra che il nostro paese si accingerà a vivere, senza dimenticare la terribile morte di sua moglie Clara che lo tormenta.

Cosa accadde la sera di quel fatidico incendio che costò la vita alla sua povera moglie? Due indagini parallele e completamente differenti che porteranno a più di un’amara resa dei conti.

La paura, la reticenza, la pazzia e il tradimento saranno elementi destabilizzanti quanto imprescindibili per accogliere un noir costruito in maniera congeniale e in cui nulla viene lasciato al caso, troveremo una galleria di personaggi invischiati in un gioco al massacro che seppur ben caratterizzati da Della Croce tenderanno a essere sfuggenti ed enigmatici.

Mistero nel mistero, un’indagine nell’indagine per arrivare alla soluzione di un caso terribilmente angosciante in cui il male più oscuro si nasconde per poi manifestarsi in una forma al limite della sua stessa rappresentazione più oscena e sconvolgente.

Una scrittura affilata, secca e potente grazie alla pregevole penna di Marco Della Croce che è riuscito a conciliare il mistero con il macabro avvalendosi di un periodo storico di grande rilievo.

La vulnerabilità di un protagonista che si porta dietro una tragedia senza fine che si andrà a unire a quella di tante vite uccise forse troppo presto e senza motivo catapultate in un inferno dove niente sarà più come prima.

A cercare di alleviare le sofferenze dell’animo umano ci saranno le spensierate musiche di maestri come Rabagliati e Buti, per passare a Duke Ellington, ma anche il teatro e la rivista grazie a Totò, Titina De Filippo e Nino Taranto.

Proprio l’attore nel 1940 compose Ciccio Formaggio un simpatico brano che racconta i dispetti ai danni di questo divertente personaggio da parte della sua fidanzata Luisa che lo ridicolizzava nei confronti delle persone.

Ecco a voi il link:

https://youtu.be/eXHnmNcFoCs?si=OGRP8RGfy2Zgo7pf


genere: noir

anno di pubblicazione: 2024

 

 


sabato 21 dicembre 2024

A CASA PRIMA DI SERA

 





A casa prima di sera - Riley Sager -

recensione a cura di Alice Bassoli


🏡 La trama: la protagonista, Maggie Holt, eredita una villa che suo padre ha reso famosa con un libro in pure stile “casa degli orrori”. Lei non ci crede, i fantasmi non esistono… o forse sì? Tra stranezze alla Poltergeist e misteri che si accavallano, devo dire che la storia mi ha incuriosito parecchio.

🔄 Leggendolo, mi sono ritrovata più volte a pensare: “Sicuramente è quello il colpevole” solo per cambiare idea due pagine dopo… Il bello di questo libro è proprio il fatto che sei costantemente portata a mettere in dubbio tutto.

🎉 il finale non me l’aspettavo, in quanto molto realistico (e meno male, oserei dire)! È stato uno degli aspetti che ho apprezzato di più.

📚 Questo romanzo è perfetto se state cercando un libro per passare qualche ora piacevole in buona compagnia (perfetto da leggere sotto l’ombrellone). Non sarà un capolavoro letterario, ma di sicuro sa come intrattenere! 😊

Lo avete letto? Che ne pensate? 😍


genere: thriller

anno di pubblicazione: 2021


venerdì 20 dicembre 2024

IL CALAMARO GIGANTE

 





Il calamaro gigante – Fabio Genovesi -

recensione a cura di Francesca Tornabene

 

"Del mare non sappiamo nulla. Nulla di nulla, eppure il mare è quasi tutto".

 

In questo viaggio alla scoperta dell'esistenza del calamaro gigante ho conosciuto diversi personaggi storici e non.

Ho ascoltato aneddoti, leggende, storie strabilianti. 

Ho imparato molto sul mare, sul calamaro gigante, sui dinosauri, sull'ambra grigia, su babbo natale, sulla caverna di Lascaux, sulla natura e sull'inquinamento globale.

Ho apprezzato il suo stile (tra il fiabesco e il documentario), i pensieri profondi, la fantasia, la semplicità, la dolcezza, l'ironia ma soprattutto la magia delle cose impossibili di questo libro.

Questo viaggio mi ha regalato nuovi punti di vista da cui osservare e raccontare il mondo.

Il libro è un inno all'esplorazione del io, del mondo e dell'oltre.

In questa prospettiva, la curiosità (inesauribile) dei bambini e dei sognatori diventa la risorsa più importante.

La voglia di scoprire segreti (e meraviglie) ci conduce oltre il mondo e le conoscenze scientifiche.

Ha ragione Genovesi, il calamaro gigante non è l'ultimo tassello, ma una porta che si spalanca su un mondo sconosciuto alla nostra ragione.

Ecco perché è necessario tenere gli occhi spalancati sul mondo, "aprire le porte", provarci, imbarcarci e vivere le nostre avventure in cerca di meraviglie e cose impossibili.

Così tornando a casa penso ad una delle immagini più suggestive di questo viaggio, mi siedo fuori in compagnia del piccolo Fabio e di sua nonna.

La luce si spegne, i nostri occhi rimangono aperti, e lì davanti a noi si rivela la magia: il cielo stellato più bello di sempre, i rumori della notte, i racconti di nonna e la poesia del silenzio.

È un momento unico. La meraviglia è lì davanti ai nostri occhi e noi siamo parte di essa.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2021

 


giovedì 19 dicembre 2024

IL CANTO DELLA FORTUNA

 



Il canto della fortuna - Chiara Bianchi -

recensione a cura di Connie Bandini


Chiara Bianchi, editor freelance, una laurea in Lettere e una specializzazione in Musicologia, ha scelto di raccontare, nel suo romanzo d’esordio, la storia di uno dei più grandi imprenditori del nostro Paese, Angelo Rizzoli. Nato povero e pronto a ogni sacrificio pur di  affrancarsi dalla miseria, all’inizio non ha ben chiaro cosa fare della propria vita, ma sa di non volere avere padroni.

È sveglio, Angiulin, è determinato e ha un’ottima memoria: porterà con sé, per tutta la vita, il ricordo della miseria, degli stenti e degli anni trascorsi tra i Martinitt, dove il primo giorno gli viene consegnata una divisa fatta da paio di pantaloni di panno, un giubbotto enorme e una cravatta. Anche il berretto è di panno e ha ricamato, come ogni altro indumento, il numero di matricola: il suo è il 412.

Sarà un’idea geniale, nel 1911, a far sì che la buona sorte cominci a sorridergli, ma poi lo affiancheranno il coraggio e lo spirito di sacrificio. In questo modo riuscirà a distinguersi prima nel mondo della carta stampata e poi in quello dell’industria cinematografica. Il bambino che, insieme agli altri Martinitt, gioiva per una minestra al burro, per la carne con le verdure fresche e per il pane, diventa potente, stimato, capace di misurarsi con altri grandi del settore e, spesso, batterli in astuzia.

La sua vita non sarà solo successi, però: ci saranno lutti difficili da sopportare, frizioni in famiglia, dolori e ferite profonde, ma il nome di Angelo Rizzoli diventerà una certezza nel firmamento dell’economia milanese e non solo.

Grazie a una scrittura fluida, semplice ma efficace, Bianchi riesce a raccontare al lettore l’uomo al di là del personaggio, il padre devastato dalla morte prematura della figlia, il marito amante del rischio e delle belle donne ma certo di non sapere sopravvivere senza la moglie Anna.

Il romanzo mostra luci e ombre di una dinastia capitanata da un uomo che si è fatto da sé, contando soprattutto sulle proprie forze e sulle sue intuizioni, grazie alle quali ha percepito prima di altri  le esigenze del periodo storico in cui è vissuto, a partire da quel dopoguerra tanto affamato di conoscenza e di cultura.

Un testo intenso, la prima puntata di una saga di cui si spera di leggere a breve la seconda parte.  


genere: narrativa 

anno di pubblicazione: 2024

 


martedì 17 dicembre 2024

L'ODORE FREDDO DEL MARE

 




L'odore freddo del mare - Elizabeth O’Connor -

recensione a cura di Elisa Caccavale


"L'odore freddo del mare", di Elizabeth O’Connor, edito da Garzanti nel 2024 è un romanzo che si presenta con un titolo promettente e suggestivo, capace di evocare immagini poetiche e sensazioni sinestesiche. Tuttavia, al di là di questa prima impressione, il contenuto si rivela meno incisivo e coinvolgente di quanto ci si potrebbe aspettare.

La vicenda è ambientata in Galles negli anni Trenta. Manod vive su una piccola isola battuta dal vento e circondata dal mare, un luogo che rappresenta insieme una prigione e una casa. Per lei, come per tutte le donne del posto, non esiste la possibilità di fuggire: cercare fortuna e una vita diversa sul continente è un privilegio riservato agli uomini. Il mondo di Manod è fatto di leggende e tradizioni che riempiono le giornate e alimentano i sogni di qualcosa di più. La sua routine viene stravolta dall'arrivo di due studiosi, attratti dall'anima selvaggia e arcaica dell'isola, che intendono scoprirne i misteri e decifrarne i sussurri oltre il vento che ne sferza le coste. Attraverso i loro racconti di libri, di mode e di realtà lontane, Manod intravede per la prima volta un assaggio della libertà che ha sempre desiderato, una realtà diversa fatta di scelte e nuove possibilità. Tra il richiamo ribelle di un destino da creare lontano dall'isola e la forza delle radici che la legano alla famiglia e alle sue tradizioni, Manod si ritrova divisa tra due mondi, tra il desiderio e la paura di partire e sfidare le convenzioni e l’angoscia e la sicurezza di restare dove si è sempre stati.

Sono partita con grandi aspettative su questo romanzo: definito da The Observer uno dei dieci migliori libri dell’anno, un esordio che ha scatenato aste tra le case editrici, uno stile definito “struggente e salvifico” in cui è facile perdersi … potete immaginare l’attitudine e l’attesa con cui mi sono avvicinata a questo libro. Eppure sono rimasta in buona parte delusa. Non ho trovato quasi nulla di quanto promesso, soprattutto in termini di emozioni.

La trama, pur avendo spunti interessanti, fatica a svilupparsi in modo avvincente e a mantenere vivo l'interesse del lettore. I personaggi appaiono poco approfonditi, freddi, non tridimensionali (posso dire che sono stanca dello Show don’t tell portato alle sue estreme conseguenze? Bene: l’ho detto. Sono stanca) e, di conseguenza, le loro vicende non riescono a suscitare quella connessione emotiva che avrebbe potuto rendere il romanzo più coinvolgente. Mancano i colpi di scena o le riflessioni che diano al lettore qualcosa di significativo su cui soffermarsi.

Anche lo stile dell'autrice (per me incomprensibilmente definito “evocativo” dal The Guardian, a meno che per “evocativo” non si intenda che non ti dice nulla e il lettore deve fare tutto da solo) sebbene scorrevole e lineare, mi è sembrato piuttosto piatto, privo di quelle variazioni di ritmo o di linguaggio che potrebbero dare maggiore carattere alla narrazione. Questa freddezza stilistica finisce per appiattire ulteriormente una storia già carente di spessore. Anche il personaggio di Manon è algido come la narrazione della O’Connor: si concede senza amare, si illude senza soffrire, nulla in lei lascia percepire un alito di vita o un fremito di emozione. Probabile sia una scelta volontaria, personaggio scabro e brullo come la sua isola, ma da lettrice non ho apprezzato questa mancanza di empatia della protagonista.

In definitiva, L'odore freddo del mare è un romanzo che non riesce a mantenere le promesse del suo titolo, unico elemento davvero evocativo del testo, anche grazie all’uso della sinestesia. Nonostante qualche suggestione e un'atmosfera appena accennata, il libro risulta complessivamente poco incisivo, sia per contenuti che per stile. Una lettura purtroppo priva di quel mordente che avrebbe dovuto renderla indimenticabile.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2024

 


lunedì 16 dicembre 2024

OVUNQUE SARAI

 




Ovunque sarai - Olga Watkins -

recensione a cura di Patrizia Zara



"Tutti noi siamo soli nella nostra sofferenza. Nessuno può comprendere del tutto il dolore di un'altra persona".

Il 27 gennaio si celebra "La giornata della memoria".
Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale, celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell'Olocausto. È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005 durante la 42ª riunione plenaria.
Ma cos'è la memoria?
La memoria permette di riprodurre nella mente l'esperienza passata ripescando immagini, sensazioni o nozioni, di riconoscerla come tale e localizzarla nello spazio e nel tempo. In poche parole rievocando la memoria si prende coscienza del vissuto.
Sicché, la coscienza altro non è che consapevolezza di esperienze diverse, cognizione di avere un'identità personale in un contesto sociale.
La memoria, quindi, ci permette di rievocare il passato, di riviverlo, di sentirlo.
Sentire il passato significa che ciascuno di noi può riconoscere le esperienze dell'altro come proprie e inserirle nella coscienza non solo soggettiva ma anche in una coscienza universale che altro non è che la missione della ricorrenza di ogni 27 gennaio.
Questo, in sostanza, è per me il significato e lo scopo de "Il giorno della memoria": entrare in empatia emotiva, mettersi in contatto con chi le esperienze li ha vissuto sulla pelle, patirle, nel ricordarle, insieme.
Valore indiscutibile acquisiscono tutte le testimonianze che devono essere la nostra memoria e tale memoria deve essere tramandata di generazione in generazione al fine di non dimenticare.
Non è un compito di facile fattibilità: è "facile aderire al Giorno, ma difficile entrare nella Memoria". Ci vuole tanta, tanta umanità: sentito amore per il prossimo, un'anima altruista e generosa altrimenti tutto diventa slogan...
"Ovunque sarai" è un romanzo autobiografico, narrato in prima persona e con una scrittura semplice. Un narrato dal forte impatto emotivo perché trattasi di una storia vera. La protagonista è una donna come noi che si trova ad affrontare qualcosa più grande di lei, a essere, suo malgrado, testimone di qualcosa di orrendamente inspiegabile.
Le scene vengono narrate con fluidità tanto da riuscire a catturare il lettore e farlo sentire parte integrante della storia.
Inizialmente sembra una storia d'amore fiabesca, un love story contrastata, ma in seguito lo sfondo in cui si svolge diventa sempre più nero e lo scenario è inserito in uno dei periodi più bui che l'umanità ricordi.
Non ci sono incantesimi, magie, stregonerie né mostri alieni ma la mano dell'uomo che con crudeltà raggiunge ferocia e spietatezza inesprimibili e inspiegabili contro i suoi simili.
Una fiaba nera che viaggia tra la fine del 1943 e il giugno 1945.
Olga Watkins non è stata una scrittrice, non ho trovato altri scritti all'infuori di questo romanzo.
Olga Watkins è diventata scrittrice perché la sorte, il destino o il fato ha voluto che lei vivesse una, tanto incosciente quanto coraggiosa, storia d'amore nell'Europa nazista, in un periodo di indicibile orrore e crudeltà.
È stata convinta da un amico di famiglia a scrivere le memorie della sua odissea e
con l'aiuto del giornalista James Gillespie il libro è stato pubblicato nel 2012.
Gli appunti sono diventati una testimonianza depositata e conservata all'Imperial war Museum di Londra.
Consiglio vivamente la lettura


genere: biografia

anno di pubblicazione: 2017


domenica 15 dicembre 2024

FARE FEMMINISMO

 




Fare femminismo – Giulia Siviero -

recensione a cura di Gino Campaner

 

Vi assicuro che ci ho pensato molto a cosa fare per mantenere la mia promessa fatta il 25 novembre. Che era quella di leggere ogni mese un libro (saggio o romanzo) che parlasse di violenza sulle donne o di femminicidi o ancora dei movimenti femministi nel mondo per poi discuterne qui con voi.    Le possibilità erano molte. Faccio un video? Una recensione del saggio letto? Un post, con qualche mia breve considerazione?  Ma poi le notizie di attualità che si sono susseguite negli ultimi giorni (ancora violenza, ancora femminicidi) mi hanno fatto pensare che continuare a dire parole anche sentite su questa piaga servisse a poco. Sono sconfortato. Mentre ora scrivo di sicuro c'è un uomo (se così si può definire) che sta pensando come eliminare una donna unicamente colpevole di voler continuare a vivere senza di lui. Non si può, non è possibile. A nulla valgono i braccialetti elettronici, i decreti di allontanamento o gli arresti domiciliari. Provvedimenti inutili, che spesso non funzionano o sono troppo facilmente raggirabili. Serve di più. A chi ci governa questo abominio non sembra interessare, troppo impegnato a distruggere la sanità pubblica ed a sovvenzionare banche e imprenditori. Dovremmo essere noi a fargli capire quali sono le vere priorità. Il libro che ho appena terminato di leggere, Fare femminismo, scritto da Giulia Siviero racconta delle coraggiose lotte femministe dal secolo scorso fino ai giorni nostri. Del loro (le donne) sapersi organizzare in associazioni o movimenti, bellicosi e pronti a dare battaglia per vedere riconosciuti diritti che oggi ci sembrano scontati ma che 50/60 anni fa senza il loro sacrificio non si sarebbero potuti ottenere. Dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dal Messico alla Francia, o alla Germania o in Italia sono nate organizzazioni di donne che hanno combattuto per istanze fondamentali. Un saggio illuminante è molto ben documentato. Per me un punto di partenza basilare per la scoperta di chi per i diritti delle donne ha lottato veramente, mettendoci tutta se stessa. Vorrei che quella stessa determinazione ci fosse ancora ma oltre alle parole, alle manifestazioni ed ai numeri verdi nelle associazioni femministe di ora non vedo molto altro. Ci vorrebbe la stessa volonta di allora per incidere veramente sulla politica e sulla società civile. Peccato, io sarei stato un partecipe entusiasta di queste lotte. Ma credo mi debba rassegnare e continuare a vedere ancora, per i prossimi anni, femminicidi, violenze assortite sulle donne e diritti calpestati. Fino a quando, finalmente, la storia invece di andare avanti tornerà indietro. Ai controversi ed illusori, ma fondamentali, anni 70. 


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2024

 


sabato 14 dicembre 2024

IL BUIO OLTRE LA SIEPE





Il buio oltre  la siepe - Harper Lee -

recensione a cura di Alice Bassoli


😊 La trama: siamo nel profondo Sud degli Stati Uniti, in un paesino sonnacchioso chiamato Maycomb. Qui, l’avvocato Atticus Finch si ritrova a difendere un afroamericano accusato ingiustamente di stupro. La sua battaglia è un atto di coraggio puro, perché sa che il pregiudizio razziale è un nemico troppo forte da sconfiggere. Però, c’è qualcosa che lo spinge avanti: la coscienza. Quella cosa che, come dice il libro, “non è sottoposta alla legge della maggioranza”. Boom, un concetto che ti esplode dentro e ti fa riflettere sul senso di giustizia.

 

👧 La storia è raccontata dalla piccola Scout, una bambina in salopette che sembra un Huckleberry Finn al femminile. La sua prospettiva è fresca, ingenua e acuta. Scout ci porta dentro la sua famiglia, tra le chiacchiere delle pettegole signore di Maycomb e nella sua visione del mondo dove bianchi e neri sono tutti uguali. Ti sembra di essere lì con lei, a correre per le strade polverose di Maycomb o a spiare il misterioso vicino di casa, Boo Radley.

 

📚 Non è un caso che Il buio oltre la siepe venga ancora studiato nelle scuole americane. Questo romanzo non è solo una storia, è un manifesto contro il razzismo. E, spoiler alert: è tristemente attuale. Certi pregiudizi sono ancora ben piantati in molte zone del mondo, anche in quelle che si vantano di essere eticamente avanzate. Questo libro ti fa capire quanto siano radicate certe ingiustizie, e lo fa senza prediche, ma con una prosa che ti conquista.

 

e a proposito di prosa: quanto è bello lasciarsi trasportare da mani esperte! Non c’è niente di urlato, ma tutto è perfettamente calibrato, lontano anni luce dalla prosa frenetica e a volte superficiale di molti libri contemporanei. È come se ogni parola avesse il suo peso specifico, e tu non puoi fare a meno di lasciarti cullare.

 

💖 Non c’è modo di leggere questo romanzo e non innamorarsene. Ti fa arrabbiare, commuovere, riflettere e, alla fine, ti lascia un senso di speranza. Sì, perché anche se parla di un mondo pieno di ingiustizie, ti ricorda che c’è sempre qualcuno, come Atticus, disposto a lottare per ciò che è giusto. E noi abbiamo bisogno di queste storie, oggi più che mai.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 1981





venerdì 13 dicembre 2024

E' COSì CHE SI MUORE

 




E’ così che si muore - Giuliano Pasini – 

recensione a cura di Maria Rosaria Vitalone

 

Giuliano Pasini con questo romanzo torna a raccontare le vicende del commissario Roberto Serra, dopo qualche anno dalla precedente pubblicazione (Il fiume ti porta via - 2015).

Il commissario Roberto Serra, torna a Case Rosse, un paese di mille anime appena, arroccato sull’Appennino Emiliano. La sua intenzione è quella di trascorrere del tempo tranquillo in quella sede seppur la sua precedente esperienza in quel paesino lo aveva travolto con una indagine difficile e davvero particolare. Assegnata a Case Rosse c’è anche l’agente Rubinia Tonelli, per lei quella è una punizione e non una scelta. I due poliziotti dovrebbero essere sufficienti per quel commissariato dove le funzioni da svolgere sono, per lo più, ordinarie.

Una telefonata però avverte di un incendio in una abitazione nella frazione di Cà di sotto. Le fiamme hanno travolto l’intero casolare. I due agenti si precipitano sul posto, dove ci sono all’opera i vigili del fuoco che cercano di spegnere quell’inferno. Il forte e cattivo odore fa immaginare che in quel luogo vi fossero animali che purtroppo sono finiti vittime del rogo. Un urlo di uno dei vigili avvisa però che dentro le mura ormai bruciate della casa vi è il cadavere di un uomo: è quello del proprietario Eros Bagnaroli, detto Burdigòn (lo Scarafaggio). Quel che poteva sembrare un brutto incidente si rivela invece un omicidio; basta uno sguardo al cadavere e il commissario Serra si accorge di un taglio netto al collo che non lascia alcun dubbio. Burdigòn è come se fosse stato sgozzato.

Inizia così questo romanzo che è valso a Giuliano Pasini l’assegnazione del Premio Giallo e Nero di Puglia avvenuta a Brindisi il 30 novembre scorso. Ha superato di pochi voti Il taglio freddo della luna di Piera Carlomagno, e poi ancora La Star di Francesca Bertuzzi, L’ombra della solitudine di Roberto Roversi e Abbaiare alla luna di Valeria Corciolani.

Roberto Serra è un personaggio che fin dalla sua prima apparizione nel 2011 - ne Venti corpi nella neve, sempre ambientato a Case Rosse - ha molto colpito gli amanti del genere. E’ uomo pieno di fragilità, che deve fare i conti con i traumi del suo passato, farsi forza nell’affrontare il suo presente e ricoprire il suo ruolo da commissario di polizia nel migliore dei modi. Non un eroe insomma. In questa storia Pasini gli affianca Rubinia, una poliziotta che forse, in quanto a traumi e trascorsi personali non è da meno del suo commissario e cerca di trascorrere i due anni di “punizione” in modo asettico, seduta davanti ad un computer in cui la massima occupazione è giocare a campo minato. L’autore deve aver pensato, a ragione, che due personaggi di questo tipo avrebbero potuto reggere una indagine complessa, resa ancora più difficile dall’ambiente chiuso e anche un po’ omertoso del piccolo paese in cui si trovano, soprattutto con chi è “di fuori” (come lo sono Serra e Tonelli). E così, seppure le premesse sono queste, il romanzo prende da subito un ritmo più sostenuto, dato anche da dialoghi mai banali con l’inserimento di quell’intercalare tipico emiliano che rende il tutto molto più vero. Le scene, così come la costruzione delle vicende, si presentano davanti agli occhi di chi legge come fossero azioni di un film.

Pasini è preciso anche nell’inserire tecniche di indagine che possono essere state già viste e lette, ma che aiutano ancora di più a comprendere la dinamica di quanto accade e soprattutto ha staccato quel che accade in questo romanzo dai romanzi precedenti. Infatti anche se il commissario Roberto Serra è un personaggio seriale, “E’ così che si muore” può esser letto tranquillamente anche da chi non conosce le indagini precedenti, come la sottoscritta. Laddove ci sono accenni a qualcosa avvenuto nel passato non incidono in maniera “fastidiosa” nel prosieguo della lettura. Nota questa che trovo altamente importante per chi legge un romanzo e non ha intenzione di leggere una serie intera.

Aggiungo due note, in conclusione, nel proporre la lettura di “E’ così che si muore”: Giuliano Pasini conosce bene il territorio in cui ha ambientato questo suo romanzo essendo nato e cresciuto proprio in Emilia (è di Zocca) e poi trasferito a Treviso e quindi le vicende sono ben inserite nel contesto. I personaggi sono tanti e di ognuno di loro la caratterizzazione è perfetta, i particolari vengono descritti in modo tale che le figure sono ben delineate. Quella che ho preferito è Nives, una signora più adulta, che vive nella parte alta del paesino e che riesce ad addolcire e ad accudire il nostro commissario in modo materno, così da mostrare quel lato più umano in una storia che racconta invece vicende brutali.


genere: giallo

anno di pubblicazione: 2023


giovedì 12 dicembre 2024

UCCIDE

 



Uccide – Sebastiano Mignone Ruiz, Alfredo Giulio Galetti -

recensione a cura di Monica Manino


Stiamo entrando nella stagione fredda quindi  un'ottima idea leggere un noir che ci porti tra l'azzurro del mare greco, il sole, la natura e la Storia.

Le isole del Dodecaneso in tutto il loro splendore accolgono ogni anno migliaia di turisti in cerca di riposo, buona cucina e un pizzico di natura selvaggia. Alcuni vengono in questo paradiso con la famiglia, altri in cerca di avventure. Ma c’è qualcuno che viene qui per uccidere. Da quattordici anni, durante le notti di S.Lorenzo che offrono lo spettacolo delle Perseidi, sciami di stelle cadenti, un'anima nera sceglie una vittima e, come in un rito druidico, la sacrifica in nome di un'idea che segue da anni.

l'Interpol, con l'ausilio delle più recenti tecnologie, ritiene di aver individuato nella piccola isola di Lipsi lo scenario del prossimo delitto.

E' a Lipsi che verrà inviato un eterogeneo team di esperti con il compito di individuare e fermare Achille, nome con cui è stato battezzato il criminale dalle forze dell'ordine.

L'impresa non è semplice. L'isola è affollata da turisti e da possibili vittime.

Il tempo corre veloce e la notte di S.Lorenzo  ormai è alle porte.

Non sarà facile per i protagonisti individuare vittima e carnefice prima che tutto si compia. Non è di aiuto poi la rivalità tra alcuni componenti del team e il carattere difficile di altri. Eppure, proprio quando il tempo sembra scaduto, quando le stelle cadenti sono al culmine del loro viaggio, un evento fortuito svela l'identità di Achille e per la squadra è una corsa contro il tempo per fermarne la mano.

Ruiz e Galetti compongono un puzzle accattivante che rimanda a giallo classico.

Un gruppo di personaggi, caratteri forti e diversi, costretti a collaborare  e con poco tempo a disposizione, per catturare un diabolico serial killer. Un assassino crudele e inafferrabile che sembra anticipare ogni loro mossa. Una vittima che ancora non sa di esserlo. Un finale dal ritmo veloce al quale il lettore è chiamato ad arrivare osservando con attenzione gli indizi che gli autori nascondono tra  le pagine.

Perché Uccide, nella miglior tradizione gialla e noir, dà la possibilità ai lettori di individuare l'identità di Achille insieme o anche prima dei protagonisti.

Questo romanzo con la sua scrittura asciutta ma esaustiva inaugura nel migliore dei modi la nuova collana FrilliCrime e offre ai lettori un'immersione nella splendida realtà greca di Lipsi, isola ben conosciuta dagli autori che qui risiedono.

Non resta che prepararsi ad affrontare un'indagine difficile e tendere una trappola all'astuto Achille che, come l'omonimo eroe, appare invincibile ma rivelerà una fatale debolezza.

Buona lettura!


genere: thriller

anno di pubblicazione: 2024


mercoledì 11 dicembre 2024

LA SORELLA

 




La sorella - Sandor Marai

Recensione di Miriam Donati


Difficile descrivere le sensazioni suscitate dalla lettura, sensazioni che sovrastano all’inizio il giudizio estetico-letterario per cui occorre una lunga decantazione per prenderne le distanze. 

Come sempre è la scrittura che aiuta a dipanare in parte le emozioni, soprattutto inquietudine e turbamento suscitati da un autore che mai tranquillizza o fa restare indifferenti, disturba e commuove con le sue sollecitazioni.

La sua scrittura è allo stesso tempo pungente e fastosa perché le sue frecce colpiscono dritte il lettore insinuandosi nelle sue fragilità, ma lo fa con descrizioni sontuose ed elaborate, non risparmia gli aggettivi che non sono tuttavia eccessivi perché centellinano l’essenza di ogni rapporto umano.

Parla di amore e morte, di menzogna, di passione, di malattia, cura e guarigione, di musica e arte, di dolore fisico che si alterna a dolore psichico.

Il protagonista, Z, è un famoso pianista che ha sublimato l’amore per la musica sia composta, sia suonata attraverso la perfezione dell’esecuzione e ha idealizzato l’amore verso E con un rapporto sui generis che non prevede carnalità.

“Forse ci sarà chi leggerà questa storia come l’ultima composizione di un musicista, in cui la melodia è più importante persino del testo. La melodia non ha mai ‘senso’. Eppure esprime cose che a parole non si è capaci di esprimere.”

A proposito della musica c’è un passaggio del libro che racconta i momenti intensi prima di un concerto quando l’artista è perfettamente consapevole di sé stesso e della propria bravura e del potere che gli ascoltatori gli attribuiscono che, da solo, vale tutto il libro.

All’improvviso Z passa dal suo ambiente esclusivo a quello piatto e spersonalizzante dell’ospedale perché, durante una trasferta a Firenze per un concerto, è assalito da dolori improvvisi e da una malattia altamente invalidante che non verrà mai nominata.

Marais esplora il significato del dolore, racconta con grande efficacia ed enorme sensibilità le sofferenze del corpo e le trasformazioni interiori. Indaga la consapevolezza dei propri limiti e le risorse per superare non solo la malattia ma anche un amore impossibile. Il tempo sospeso dell’ospedale diventa ricerca e conoscenza di sé.

La malattia è un argomento scomodo che dà ansia, angoscia e tristezza ma Marai riesce nell’impresa di raccontarlo con delicatezza inconsueta sia dalla parte del paziente, rispettandone la dignità, pur non tralasciando alcun particolare indiscreto, sia dalla parte di chi lo assiste. Inoltre evidenzia che la malattia non è solo fisica, ma anche conseguenza di un vissuto non appropriato, di passioni represse, frustrazioni e mancanza di armonia. Analizzando il proprio passato è possibile scoprire le cause consce e forse inconsapevoli di squilibrio e trovare risposte sorprendenti e imprevedibili vista la complessità umana.

La sorella del titolo appare verso la fine del libro come personaggio veramente importante per le sorti del paziente rimanendo avvolta in un alone di mistero, ma decisiva per la sua guarigione.

Z guarisce ma non suonerà più, non solo per la paralisi di due dita, retaggio lasciatogli dalla malattia, ma per scelta e non comporrà altra musica. Il suo racconto è affidato a un manoscritto che, alla sua morte, viene recapitato a un suo vecchio conoscente che funge anche da secondo narratore e che ha introdotto all’inizio del libro il protagonista e ha permesso al lettore di conoscerne la storia.

 

Genere Narrativa

Anno di pubblicazione 1946

In Italia 2006


martedì 10 dicembre 2024

IF WE WERE VILLAINS

 



If we were villains - M. L. Rio -

recensione a cura di Elisa caccavale


M.L. Rio, con If We Were Villains, edito da Mondadori nel 2022 e da Pickwick nel 2024 (354 pagine) ci propone un’opera che si muove a cavallo tra la tragedia shakespeariana e il thriller psicologico. Ambientato in un’accademia teatrale d’élite, il romanzo segue un gruppo di giovani attori i quali vivono e respirano Shakespeare, finché un tragico evento – l’omicidio di uno di loro – non trasforma le dinamiche del gruppo in una lenta discesa verso il caos.

Nonostante l’indubbia originalità dell’ambientazione e del tema, il libro lascia un’impressione mista, oscillando tra momenti di brillantezza e scelte narrative che rischiano di alienare il lettore.

Il fascino e i limiti della teatralità

Uno degli elementi più distintivi del romanzo è la sua celebrazione del teatro shakespeariano, che permea dialoghi, caratterizzazioni e perfino la struttura narrativa. Rio dimostra una notevole padronanza del materiale shakespeariano, intrecciando citazioni e parallelismi con le opere del Bardo. Tuttavia, questa teatralità esasperata rischia di risultare artificiosa e autoreferenziale, dando l’impressione che il romanzo sia più un esercizio di stile che una storia profondamente ancorata alla realtà.

I personaggi stessi sembrano più figure archetipiche che individui realistici: tormentati, intensi e costantemente immersi in elucubrazioni mentali, spesso si comportano come se fossero in scena anche al di fuori del palcoscenico. Questo potrebbe affascinare chi ama i drammi carichi di tensione, ma può risultare poco credibile e faticoso per chi cerca personaggi autentici con motivazioni coerenti.

Un conflitto artificioso

Il cuore del romanzo – la morte del carismatico e aggressivo Richard – è il catalizzatore del dramma, ma il conflitto che ne deriva appare costruito più per servire il tono tragico della storia che per svilupparsi in modo organico. La conclusione è certamente suggestiva, ma manca di plausibilità; la scelta narrativa sembra piegata alle esigenze di emulare una tragedia shakespeariana, ma risulta più teatrale che emotivamente autentica.

Un finale insoddisfacente

Il finale del romanzo è emblematico delle sue ambiguità: sospeso, aperto a interpretazioni, e volutamente incompiuto. Sebbene molti lettori apprezzino i finali aperti come un invito alla riflessione, qui l’ambiguità rischia di sembrare un pretenzioso vezzo letterario.

L’incertezza sul destino di alcuni personaggi e la mancanza di una vera risoluzione per altri lascia un senso di insoddisfazione, aggravato dal fatto che tutto il conflitto centrale avrebbe potuto essere evitato con una scelta razionale. Se l’intento era di riflettere il caos e le incompiutezze della vita reale, il risultato rischia di infastidire chi cerca una conclusione più definita e coerente.

Conclusioni

If We Were Villains è un romanzo ambizioso, che si distingue per la sua atmosfera e la profondità dei temi trattati, ma che si perde nel tentativo di costruire una tragedia che ricalca Shakespeare senza riuscire a radicarsi emotivamente o narrativamente nella realtà. La teatralità e l’ossessione per l’autocelebrazione del sapere shakespeariano possono risultare affascinanti per alcuni, ma soffocanti per altri.

In definitiva, il romanzo offre un’esperienza che può conquistare chi ama le storie intense, tormentate e stilisticamente elaborate, ma che potrebbe deludere chi cerca personaggi credibili e una trama ben risolta. Per chi apprezza il dramma shakespeariano, questo libro potrebbe essere un intrigante esperimento; per altri, potrebbe sembrare poco più di un esercizio di stile.

Giudizio: ambizioso ma poco convincente.


genere: thriller

anno di pubblicazione: 2017


lunedì 9 dicembre 2024

LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE

 




Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte - Mark Haddon -

recensione a cura di Patrizia Zara



Christopher di anni 15, 3 mesi e 2 giorni, da subito, mi ha suscitato molta simpatia, mantenendosi viva per tutte le 244 pagine della storia narrata in prima persona.
Christopher è un ragazzo particolare perché non rientra nei canoni cosiddetti "normali".
C’è un caos che scombina l’ordine della sua vita , non capisce i volti e le emozioni della gente che incontra, dice sempre la verità ma capisce sempre male, quindi la verità non necessariamente, anzi quasi mai, è la verità.
Soffre di disturbi comportamentali ed è definito dai personaggi che incontra un tipo alquanto strano.
Cristopher ha una memoria prodigiosa che riesce a catalogare in scatole geometriche i suoi sogni, i suoi desideri , la sua esistenza scandita dal tempo e programmata nello spazio. Ma ha anche molti svantaggi perché Cristopher soffre della sindrome di Asperger (nel libro non viene mai menzionata).
Le persone con questa sindrome vivono immerse in un innato candore. Non sono capaci di immaginare il male nelle persone con cui entrano in relazione, non comprendono le loro intenzioni, vivono in un mondo ovattato e risultano asociali perché hanno difficoltà a relazionarsi con tutto ciò che non conoscono: questo è Cristopher!
Per tale motivo il linguaggio e lo stile del libro sono sfrontatamente sinceri e reali.
E nell'eco di ciò che Cristopher ascolta si innescano le voci dei personaggi che ruotano in tutta la vicenda: il padre la madre, i vicini, i poliziotti, alcuni comprendono altri non sanno. Simpatica la maestra Siobhan.
L'autore è stato bravissimo a creare un personaggio così difficile, complesso ed è stato altrettanto bravo a rendere partecipe il lettore che si sente autorizzato a colmare le lacune del racconto in quanto Cristopher spesso si perde teneramente nel silenzio delle sue paure.
La detective story di per sé non è un granché ma Christopher ha il potere di rendere la banalità avvincente e spiritosa poiché possiede quella diversità che arricchisce soltanto se viene compresa e indirizzata nella strada giusta.
Il lettore sensibile ma soprattutto aperto si identifica con le paure e i "sogni" di Cristopher, ognuno insomma fa il mondo di Christopher a sua immagine e somiglianza, perché in fondo ognuno di noi vive le proprie paure e aleggia nei propri sogni.

"Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, cogli l’occasione per comprendere."
(Pablo Picasso). Questo è, a mio avviso, il senso della storia di Cristopher.

Curiosità:
Personaggi famosi con sindrome di Asperger:
Wolfgang Amadeus Mozart: compositore e pianista austriaco
Bob Dylan: cantautore e compositore statunitense
Steve Jobs: imprenditore, informatico e creatore della Apple
Alfred Hitchcock: regista cinematografico britannico
Henry Ford: imprenditore e fondatore della Ford Motor Company
Graham Bell: inventore del telefono scozzese-americano
Michelangelo Buonarroti: scultore, pittore, architetto e poeta italiano
Thomas Jefferson: 3º presidente degli Stati Uniti d’America
Albert Einstein: fisico e filosofo, ha mutato per sempre il modello di interpretazione del mondo fisico
Vincent Van Gogh: pittore impressionista fiammingo
Charles Darwin: naturalista, celebre per aver formulato la teoria dell’evoluzione
Isaac Newton: matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo inglese

E ancora:
Greta Thunberg
Susanna Tamaro.
Temple Grandin.
Daryl Hannah.
Courtney Love.
Tim Burton.
Andy Warhol.
Stanley Kubrick.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2014


domenica 8 dicembre 2024

IL GUFO

 




Il gufo -  Emma Saponaro -

recensione a cura di Gino Campaner

 

📖Spiccioli di trama: Guido Vitali è un investigatore privato, ex commissario di polizia che dopo essere stato scagionato da una accusa di omicidio ha lasciato la divisa perché troppo amareggiato dall'atteggiamento accusatore dei suoi colleghi nei suoi confronti. Ora però è titolare di uno studio che non le da alcuna soddisfazione. Perennemente depresso e con evidenti problemi di dipendenze e comportamentali. 

 

🔥Punto di forza: un romanzo che ha un epilogo che non ti aspetti. A posteriori, dopo aver letto il libro, si può pensare che in effetti era l'unica cosa logica. Ma mentre lo leggi non pensi a questo. Non voglio volontariamente aggiungere altro. Un romanzo che ha la sua forza nella storia stessa: allucinante ma purtroppo verosimile. La storia tratta un argomento (la violenza sulle donne) di cui non si discute mai abbastanza ed ogni strumento è valido per dar sempre maggior visibilità a questo crimine. Più se ne parla meglio è. Prima o poi questo abominio avrà la giusta considerazione anche da chi detiene gli strumenti per arginarlo. 


🙁Punto debole: il romanzo così come è strutturato ha una logica ma in alcuni momenti appare un po' lento troppo descrittivo, celebrale. Ma è un'impressione errata. Tutto ciò che leggiamo ha motivo di esserci. Bisogna continuare a leggere ed avremo tutte le risposte. 


🏁Finale: logico. Spietato. Coraggioso. Purtroppo non reale ma solo perché nella realtà la giustizia (quella vera non quella annacquata dei tribunali) è sempre un'utopia. Avviene ciò che vorremmo sempre avvenisse in questi casi. Ma non accade mai. 


🎓Giudizio complessivo: ⭐⭐⭐⭐
Un mezzo punto in meno perché a me è sembrato (ma è una mia interpretazione, da lettore) che da ciò che scrive l'autrice quasi si dovesse compatire il gufo. Giustificare. Vero ha avuto un'infanzia durissima, che lo ha segnato profondamente. Anche il proseguo della sua vita non è stata una passeggiata ma nulla può giustificare la sua condotta. L'autrice è ben lungi dal farlo, lo so ma in alcuni passaggi ho avuto questa impressione. Un libro che sembra eccessivamente prolisso ma alla fine tutto trova una logica. Un romanzo forte, angosciante, duro e coraggioso. 

 
genere: noir

anno di pubblicazione: 2024