If we were villains - M. L. Rio -
recensione a cura di Elisa caccavale
M.L. Rio, con If We Were Villains, edito
da Mondadori nel 2022 e da Pickwick nel 2024 (354 pagine) ci propone un’opera
che si muove a cavallo tra la tragedia shakespeariana e il thriller
psicologico. Ambientato in un’accademia teatrale d’élite, il romanzo segue un
gruppo di giovani attori i quali vivono e respirano Shakespeare, finché un
tragico evento – l’omicidio di uno di loro – non trasforma le dinamiche del
gruppo in una lenta discesa verso il caos.
Nonostante l’indubbia originalità
dell’ambientazione e del tema, il libro lascia un’impressione mista, oscillando
tra momenti di brillantezza e scelte narrative che rischiano di alienare il
lettore.
Il fascino e i
limiti della teatralità
Uno degli elementi più distintivi del romanzo è
la sua celebrazione del teatro shakespeariano, che permea dialoghi,
caratterizzazioni e perfino la struttura narrativa. Rio dimostra una notevole
padronanza del materiale shakespeariano, intrecciando citazioni e parallelismi
con le opere del Bardo. Tuttavia, questa teatralità esasperata rischia di
risultare artificiosa e autoreferenziale, dando l’impressione che il romanzo
sia più un esercizio di stile che una storia profondamente ancorata alla
realtà.
I personaggi stessi sembrano più figure
archetipiche che individui realistici: tormentati, intensi e costantemente
immersi in elucubrazioni mentali, spesso si comportano come se fossero in scena
anche al di fuori del palcoscenico. Questo potrebbe affascinare chi ama i
drammi carichi di tensione, ma può risultare poco credibile e faticoso per chi
cerca personaggi autentici con motivazioni coerenti.
Un conflitto
artificioso
Il cuore del
romanzo – la morte del carismatico e aggressivo Richard – è il catalizzatore
del dramma, ma il conflitto che ne deriva appare costruito più per servire il
tono tragico della storia che per svilupparsi in modo organico. La conclusione
è certamente suggestiva, ma manca di plausibilità; la scelta narrativa sembra
piegata alle esigenze di emulare una tragedia shakespeariana, ma risulta più
teatrale che emotivamente autentica.
Un finale
insoddisfacente
Il finale del romanzo è emblematico delle sue
ambiguità: sospeso, aperto a interpretazioni, e volutamente incompiuto. Sebbene
molti lettori apprezzino i finali aperti come un invito alla riflessione, qui
l’ambiguità rischia di sembrare un pretenzioso vezzo letterario.
L’incertezza sul destino di alcuni personaggi e
la mancanza di una vera risoluzione per altri lascia un senso di
insoddisfazione, aggravato dal fatto che tutto il conflitto centrale avrebbe
potuto essere evitato con una scelta razionale. Se l’intento era di riflettere
il caos e le incompiutezze della vita reale, il risultato rischia di infastidire
chi cerca una conclusione più definita e coerente.
Conclusioni
If We Were Villains è un romanzo ambizioso, che si distingue per la sua atmosfera e la
profondità dei temi trattati, ma che si perde nel tentativo di costruire una
tragedia che ricalca Shakespeare senza riuscire a radicarsi emotivamente o
narrativamente nella realtà. La teatralità e l’ossessione per
l’autocelebrazione del sapere shakespeariano possono risultare affascinanti per
alcuni, ma soffocanti per altri.
In definitiva,
il romanzo offre un’esperienza che può conquistare chi ama le storie intense,
tormentate e stilisticamente elaborate, ma che potrebbe deludere chi cerca
personaggi credibili e una trama ben risolta. Per chi apprezza il dramma
shakespeariano, questo libro potrebbe essere un intrigante esperimento; per
altri, potrebbe sembrare poco più di un esercizio di stile.
Giudizio: ambizioso ma poco convincente.
genere: thriller
anno di pubblicazione: 2017
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