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lunedì 19 maggio 2025

DIARIO DI SCUOLA

 




Diario di scuola - Daniel Pennac  

recensione a cura di Patrizia Zara



Un libro per tutti: grandi e piccini, intellettuali e non, geni e somari. 

Monsieur Pennac mi è straordinariamente simpatico. C’è qualcosa di magnetico nel suo spirito francese, in quello sguardo arguto dietro gli occhiali, nei suoi gesti misurati e nella sua capacità innata di trovare la parola giusta al momento giusto. 
Di solito non mi soffermo sulla fisionomia o sulla biografia degli scrittori: preferisco dedicarmi esclusivamente alla lettura delle loro opere, evitando ogni possibile forma di condizionamento. Eppure, Pennac mi ha incantata. Leggere "Diario di scuola" è stato un piacere assoluto, una conferma dell’ammirazione che nutro per questo scrittore-professore che ha trasformato il sapere in un’arte. 

C’è una trasparente onestà nel raccontare la propria storia di studente afflitto dalla sua “somaraggine” e il cammino che lo ha condotto al ruolo di docente. Ma non un professore qualsiasi: Pennac sembra quasi un missionario, impegnato a guidare coloro che percepiscono la scuola come una minaccia, un ostacolo da aggirare, ricordando il somaro che lui stesso fu. 

Le scene emergono con naturalezza, spesso scandite da un’ironia sottile, sospesa tra il serio e il faceto. Pennac ci racconta le sue difficoltà scolastiche, le convenzioni e i luoghi comuni, le paure e i sogni di un adolescente, le sue letture, i suoi giochi. E ci mostra come, grazie a quattro insegnanti fuori dagli schemi, sia riuscito a superare l’ostacolo dell’ignoranza che sembrava averlo intrappolato. 

Nel suo ruolo di professore, Pennac osserva i suoi studenti con lo sguardo di chi sa cosa significa essere un escluso, un incompreso. E in loro rivede se stesso. 
La paura di fallire rende la scuola, agli occhi di molti giovani, un’entità insormontabile, se non addirittura inutile—soprattutto oggi, dove il culto del consumo e della visibilità sembra prevalere su ogni altro valore, relegando lo studio al margine, troppo esigente nel suo "do ut des". 

Eppure, nonostante il progresso delle mode e il dominio del mercato, le inquietudini restano immutate, celate dietro le illusioni delle "marques" fashion, effimere corone di tanti piccoli re immaturi: 
"Vedo che egli esiste solo con la sua corona in testa, e che non era più nulla se non è re." 
Si sacrifica il pensiero individuale sull’altare dell’omologazione. "Mon Dieu!"

Ma—e qui risiede la grandezza di Pennac—la scuola è molto più di un percorso obbligato: "Per quanto strano vi possa sembrare, voi siete impastati delle materie insegnatevi a scuola."
Pennac celebra l’istruzione, ma senza rigidità. Ci parla di scuola, nel bene e nel male, ci racconta frammenti e riflessioni, e nel farlo esalta il sapere. Lo trasforma in passione, lo rende viva fiamma. La sua dedizione trascende le etichette: il suo insegnamento è un atto d’amore. 

Un grande professore, un irresistibile scrittore, che ha saputo giocare con le parole e con i suoni, creando un’atmosfera di leggerezza e serenità, sia tra i suoi studenti che tra i suoi lettori.  


genere: saggio

anno di pubbblicazione: 2013

lunedì 12 maggio 2025

IL PUNTO DEL PUNTO ZERO

 




Il punto del punto zero – Grazia Favata -

recensione a cura di Patrizia Zara

 

"Parto da me, dal punto più piccolo che possiedo."

Questo paradossale periodo rappresenta l'occasione ideale per intraprendere un viaggio, forse il più difficile, che spesso abbiamo rimandato: dentro e intorno a noi stessi.

Così come per una corretta respirazione dobbiamo imparare a inspirare ed espirare con equilibrio, allo stesso modo è necessario bilanciare l'Ego con l'AlterEgo, l'io con il noi. Per farlo, occorre un'attenta e disincantata introspezione che ci permetta di raggiungere una sincera e autentica estrinsecazione dei nostri pensieri, emozioni e sentimenti, liberati da maschere involontarie o, peggio, imposteci (ahi, ahi, caro Pirandello, quanto è difficile!).

E allora partiamo dal punto zero, o meglio dal "Punto del Punto Zero", perché è proprio il punto più piccolo che ci consente di esplorare dentro di noi. Un viaggio depurato da manipolazioni e condizioni esterne, alleggerito di bagagli inutili e superflui accessori.

Il "Punto del Punto Zero", perché da questo punto si decolla nudi, proprio come gabbiani posati su uno scoglio che guardano verso il mare, concentrati solo sui propri interni, sui tratti essenziali della nostra natura, prima di riprendere il volo verso nuove direzioni.

So che molti si chiedono come sia possibile esplorare se stessi quando si è oppressi dalle necessità primarie. Vi dico però che solo attraverso una conoscenza profonda di sé stessi si possono validamente perseguire le lotte sociali per il riconoscimento dei diritti propri e altrui.

"Sì, è vero... noi siamo un concentrato di bisogni mal soddisfatti e di desideri mai realizzati, costretti ad assecondarli ma..."

Buona lettura!


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2013


venerdì 9 maggio 2025

L'ARTE DELLA PACE

 




L’arte della pace – Morihei Ueshiba -

reensione a cura di Francesca tornabene

 

"La combattività non è nient'altro che la vitalità che sostiene la vita”.

Ho conosciuto la fama di questo vecchio libro grazie alla serie televisiva "the walking dead", tanto da ordinarne una copia.

Ho viaggiato attraverso le sue pagine in Giappone per incontrare il maestro Morihei Ueshiba, fondatore dell'Aikido.

Ho appreso i particolari della sua storia, della sua vita e di questa antica arte marziale spirituale.

Poi mi sono concentrata sulle differenze che contrappongono l'arte della guerra a quella della pace.

Infine, ho cercato di fare tesoro di tutti gli insegnamenti, le massime, i suggerimenti per trovare il sentiero dei guerrieri della pace.

Mi sono persa tra le pagine di questo manuale e in estasi, come in uno stato di profonda meditazione, ho cercato il significato di ogni singola parola.

L'arte della pace è una filosofia di vita difficile da realizzare, perché richiede saggezza, compassione, disciplina e tecnica.

È un metodo di risoluzione dei conflitti che assillano ogni ambito della nostra vita. 

La medicina per un mondo malato, devastato dalla violenza e dalla guerra, ammorbato dalle apparenze, dalla discordia e dall'avidità.

Questa antica arte insegna all'uomo a conformarsi con l'ordine cosmico, con la natura e con la parte più intima del suo essere.

Il messaggio del libro è chiaro: l'uomo deve persistere nel dialogo, nell'armonia, nell'amore, nell'unione anche quando da essi non ne trae appagamento.

Il concetto più affascinante è che il guerriero della pace promuove e protegge la vita, 

neutralizza ogni tipo di aggressione e lascia integro l'aggressore.

È un'idea che se coltivata diventa una foresta di immagini potenti in grado di prevenire la guerra attraverso la collaborazione e il dialogo.

In quest'ottica l'arte della pace può diventare la CHIAVE per trovare la pace nel caos e per ricordare a tutti gli esseri umani che (noi, tutti!) condividiamo la stessa origine e lo stesso destino.

È un libro che terrò sul comodino per approfondire ogni suo aspetto ed imparare a mantenere la mente luminosa, chiara, libera da tutti i pensieri limitati e limitanti.

E cercherò di ricordare che "Vincere significa sconfiggere la mente conflittuale che si annida dentro di noi”. 


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2004

 


martedì 6 maggio 2025

V 13

 




V13 - Emmanuel Carrère

 Recensione di Miriam Donati

 

Carrère è sempre stato affascinato dai meccanismi che muovono la mente umana. Tenace e puntiglioso osservatore di esistenze eccezionali da Limonov a L’avversario (in quest’ultimo indagava una vita di menzogne che portava allo sterminio della propria famiglia), fino a questo libro in cui si occupa degli attentati terroristici di venerdì 13 novembre 2015 (da qui il titolo) al Teatro Bataclan, allo Stade de France e a bistrot e ristoranti di Parigi che hanno causato la morte di centrotrenta vittime e il ferimento di altre trecentocinquanta.

Ogni mattina, a partire dall’8 settembre 2021, per dieci mesi, lo scrittore si è seduto nell’aula del processo intentato contro l’unico superstite dei terroristi e gli altri complici o fiancheggiatori e ha ascoltato il resoconto implacabile di quanto accaduto, interessato alle esperienze di morte e di vita e raccontandole sui principali quotidiani europei con una serie di articoli che sono diventati, ampliati, questo libro.

L’autore porta con sé il lettore in un percorso impietoso con rispetto, umanità e pudore dilatando i punti di vista senza dare giudizi e affrontando una realtà sfuggente e inspiegabile.

Il racconto tragico delle vittime domina la prima metà del libro con testimonianze che evocano immagini terribili e tanta disperazione per l’orrore fisico subito e il senso di colpa dei sopravvissuti per chi avrebbero potuto soccorrere o per essere stati costretti a una scelta. Una tragedia collettiva che Carrère trasforma in una unicità per ogni descrizione frammentaria e organica allo stesso tempo che fa. Una trafittura per il lettore. Carrère è soprattutto interessato alla reazione delle vittime, quasi nessuna di loro chiede vendetta, vogliono solo ascolto e un processo equo con pene commisurate per gli imputati.

Lo scrittore non cade nella retorica o nella morbosità, cerca nell’inferno della morte una speranza di vita individuandola in due testimoni: Nadia Mondeguer e Georges Salines, genitori di due giovani vittime, che non rinunciano alla propria umanità e non si lasciano sommergere dal pur comprensibile senso di vendetta rappresentato da un altro genitore Patrick Jardin. Carrère cerca un senso alla logica comportamentale degli imputati e lo cerca insieme a Nadia, nata a Il Cairo e che va spesso a trovare durante il processo, ma non lo trova e non lo troverà nemmeno alla fine. Cita Spinoza “Non deridere, non compiangere, non condannare, comprendere soltanto.”

Esemplare è il senso di impotenza delle vittime: la mancanza di reazione o la volontà di reagire alla violenza subita, in parte dovuta all’evento improvviso, ma per gran parte dovuta allo smarrimento generale, all’incapacità di leggere gli eventi e a una perdita di radicamento. Impotenza assimilabile a quella dell’intero Occidente incapace di controllare effettivamente il proprio territorio, in questo caso lasciando fuggire uno dei terroristi a Bruxelles. La paura degli attentati ridotta alla sola chiusura con muri senza fare veramente i conti con la propria identità persa quasi del tutto. Da un lato chi si sente martoriato e in guerra con gli occidentali, dall’altro chi spesso è inconsapevole delle conseguenze dell’intervento militare dei propri governi in Iraq o in Siria a cui gli imputati fanno spesso riferimento per giustificare i loro atti, ripetendo la propaganda dell’Isis.

Carrère racconta nella seconda parte del libro gli imputati, non geni del male, ma personaggi quasi banali e durante le udienze è analizzata la preparazione degli attentati con evidenti “buchi” fatti dalla polizia francese; i tre principali carnefici non ci sono perché si sono fatti saltare negli attentati. Degli altri due: Salah Abdeslam e Mohammad Abrini, due amici, uno fugge prima dell’attentato e l’altro si sfila la cintura esplosiva e fugge a sua volta. Il dilemma dei giudici è capire perché abbiano deciso di non sacrificarsi con gli altri assassini. Gli altri imputati sono solo personaggi di secondo piano. Durante il processo alternano silenzio o rivendicazione. Ed è attraverso altre testimonianze che emerge il loro pensiero. Quella della giudice istruttrice belga che tramite il racconto del quartiere Molenbeek di Bruxelles chiarisce come l’Islam radicale abbia attecchito in Belgio e quella dell’esperto di Islam, Hugo Micheron, che fa emergere come l’integrazione e la società multiculturale post colonialista che spesso ignora le differenze profonde sulle quali sarebbe necessario confrontarsi, abbia fallito. Inoltre Micheron vede negli imputati persone rifiutate, umiliate, emarginate da un sistema socio-economico spietato, senza altra scelta che il crimine o una fede deviata, ma loro non si vedono affatto come vittime o perdenti. Sono piuttosto dilettanti che hanno abbracciato il fondamentalismo per frustrazione verso una società in cui non sono nulla, utili idioti sacrificabili dall’Isis. Lo sguardo di Carrère sul processo fa emergere la complessità di questi problemi, cerca le risposte tra testimonianze e deposizioni, tra l’orrore del massacro e la pietà espressa anche tra genitori delle vittime e genitori dei carnefici. George Salines, padre di una vittima, scriverà un libro insieme al padre di uno dei terroristi che lo ha cercato per un confronto, destando ovviamente scalpore. Carrère rende palpabile il concetto che la politica gestisce purtroppo il problema con approssimazione, se non superficialità e arroganza.

Si passa quindi con la terza parte dalla teoria alla prassi giuridica che deve valutare i comportamenti, le giustificazioni, le colpe, arrivare al termine della notte. Con le arringhe degli avvocati dell’accusa e della difesa, la Corte, il verdetto, la giustizia stessa arriva a essere giudicata. Il processo è stato rigoroso, ma molti nodi restano aperti, per esempio: la condanna all’ergastolo ostativo senza possibilità né di sconti, né di licenze per Salah Abdeslam è una condanna esemplare, ma se fossero stati sotto processo i veri attentatori e non chi è fuggito senza commettere violenza, l’imputato avrebbe avuto una pena più lieve.

La sera della sentenza vede lo scrittore con gli altri giornalisti e gli altri presenti al processo, di cui qualcuno è diventato suo amico, nel solito bistrot frequentato anche nei mesi precedenti e tutti sentono un senso di vuoto; anche il lettore partecipa e ha la sensazione che il processo sia stato insensato e senza scopo. Se gli attentatori sono morti, restano solo le lacrime di chi è rimasto vivo come Nadia che conclude il libro. Nel 2018 torna a Il Cairo dove era stata con la figlia Lamia prima dell’attentato. Nello stesso luogo dove si erano fermate a guardare il tramonto, racconta in arabo a un poliziotto gli attentati e il processo. La solidarietà di quest’uomo per cui i veri martiri della vicenda non sono i terroristi che si attribuivano quel titolo, ma le vittime come la figlia di Nadia, è per Carrère un “raddrizzarsi del mondo”.

In un mondo, così pieno di immagini e di social, approfondire, conoscere e capire un fenomeno talmente complesso e devastante qual è il terrorismo dovrebbe essere facile e invece si fa molta fatica a comprendere e forse restano solo i libri come questo alla fine: una narrazione senza retorica per il lettore che si angoscia di fronte a eventi che lo allontanano sempre di più dalla propria umanità.

 

Genere: saggio/Narrativa

Anno di pubblicazione 2023


venerdì 21 marzo 2025

L'ARTE DI SAPER PARLARE

 




L’arte di saper parlare – Cicerone –

recensione a cura di Francesca Tornabene

 

Questo viaggio mi ha condotta in un'epoca lontana alla ricerca dei segreti dell'arte oratoria di Cicerone.

Un uomo saggio, grande filosofo, giurista, politico, statista ancora così tremendamente attuale.

Sono rimasta affascinata dall'opera e mi sono persa nella selva della sua eloquenza tra idee, parole feconde e tra pensieri filosofici.

Mi sono immersa totalmente in un bagno pieno di cultura filosofica, di doveri, di virtù, di costumi, di leggi e di storia. 

Ho avuto modo di riflettere sul modo in cui la letteratura possa migliorare l'uomo e i suoi rapporti sociali.

Ma soprattutto, mi sono lasciata ispirare da questa arte antica, posta al patrocinio dei giuristi e dei grandi oratori.

Così, ho approfondito i concetti di un linguaggio unico, diverso da quello dei filosofi, dei sofisti, degli storici e dei poeti.

Poiché, l'oratore deve studiare e far palestra di discussioni.

Deve essere convincente, moderato nel dilettare e tale da commuovere l'uditorio. 

Ma più di ogni altra cosa deve avere buon senso, metodo e disciplina nell'adoperare le parole e riconoscere quali sono le più convenienti in ogni occasione.

Un linguaggio che viene descritto come opera d'arte che affonda radici profonde nella dottrina e nell'esercizio, nell'eleganza e nel ritmo, nei fatti e nelle parole, nella verità e nel dubbio, nell'essenza stessa delle cose e nell'esteriore.

È stata un'esperienza che trascende ogni immagine fin qui conosciuta e che rafforza le mie conoscenze, le mie passioni, le curiosità e soprattutto i miei studi.


giovedì 2 gennaio 2025

IL POTERE NASCOSTO DELLE DONNE

 




Il potere nascosto delle donne – Nadia Mari -

recensione a cura di Gino Campaner

 

Per tener fede alla mia promessa, quella di leggere almeno un libro al mese che parli di femminismo o di violenza contro le donne, questo mese ho letto il bellissimo saggio di Nadia Mari Il potere nascosto delle donne. In questo momento per me leggere saggi o romanzi che trattano questi argomenti sono l'unico modo per condividere e sostenere la lotta contro la violenza sulle donne, ed anche per conoscere meglio la storia e le istanze delle associazioni femministe. Condivido ogni loro lotta ed ogni loro rivendicazione, le sostengo e le approvo ma non posso fare altro, dal momento che non posso aggregarmi o condividere la lotta di un partito o di un movimento femminista, che alzi la voce in maniera significativa mettendo all'angolo la classe politica, semplicemente perchè non esiste. Se esistesse sarei in prima fila. Quello di cui vi parlo ora, dunque, è un saggio curatissimo e molto approfondito che parla di femminismo ma non solo. Un libro che è stato scritto con grande passione, ed è il risultato di accurati studi e approfondimenti dell'autrice. Un libro che spiega perfettamente tutti gli argomenti che tratta. Inizia parlando di femminismo spiegando cosa si intende con questo termine. Il perché è stato scritto questo saggio. Quali sono i motivi personali dell'autrice all'origine dei quali questo libro è nato e poi con un susseguirsi logico di informazioni e di nozioni si passa a parlare delle persone che, battendosi per un trattamento più dignitoso della donna, hanno dato origine al femminismo. Viene raccontato quale fosse, nei vari periodi storici, la condizione femminile. Come è migliorata, grazie a quali provvedimenti e grazie a chi. Vengono citate e raccontate le figure (quasi esclusivamente donne) che hanno combattuto per ampliare l'orizzonte dei diritti che anticamente non avevano nessun riconoscimento. Si passa ad analizzare la condizione delle donne nel periodo fascista, il loro ruolo nella resistenza. Poi le lotte portate avanti negli anni del dopoguerra, le piccole conquiste ottenute sempre senza risparmiare impegno e sacrificio negli anni 60, i grandi traguardi nei fondamentali anni 70 e così via fino ai giorni nostri. Alternando il racconto della storia con l'illustrazione delle tante figure femminili che hanno lottato contro il patriarcato e il maschilismo imperante. Ci sono poi tanti, tantissimi altri argomenti che vengono trattati in questo saggio, veramente completo e ricco di informazioni. Il femminismo e la difesa dell'ambiente, il femminismo e la difesa del mondo animale. Il rapporto tra femminismo e le tecnologie del futuro ecc. ecc. Appassionato e appassionante, veramente una lettura fondamentale, che non può mancare per chi veramente auspica un mondo più rispettoso delle istanze e della libertà di tutti. Per dare la possibilità ad ogni donna, come avvenuto per l’autrice, e come recita il sottotitolo del saggio, di passare da crisalide a farfalla. Potrei andare avanti a parlarne ancora a lungo tanto mi ha coinvolto ed appassionato ma mi fermo qui, con due auspici fondamentali: il primo è che in tanti leggano il libro della Mari e ne sappiano trarre gli insegnamenti di cui è portatore, ed il secondo, ed ora parlo da admin del gruppo Un libro di emozioni, che lei stessa venga a raccontarcelo. Sarebbe un regalo bellissimo e una testimonianza forte per far diventare sempre più il nostro gruppo un baluardo femminista pronto a raccogliere ogni istanza venga promossa per vivere in un mondo sempre più rispettoso di ogni essere vivente. 


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2024

 


domenica 15 dicembre 2024

FARE FEMMINISMO

 




Fare femminismo – Giulia Siviero -

recensione a cura di Gino Campaner

 

Vi assicuro che ci ho pensato molto a cosa fare per mantenere la mia promessa fatta il 25 novembre. Che era quella di leggere ogni mese un libro (saggio o romanzo) che parlasse di violenza sulle donne o di femminicidi o ancora dei movimenti femministi nel mondo per poi discuterne qui con voi.    Le possibilità erano molte. Faccio un video? Una recensione del saggio letto? Un post, con qualche mia breve considerazione?  Ma poi le notizie di attualità che si sono susseguite negli ultimi giorni (ancora violenza, ancora femminicidi) mi hanno fatto pensare che continuare a dire parole anche sentite su questa piaga servisse a poco. Sono sconfortato. Mentre ora scrivo di sicuro c'è un uomo (se così si può definire) che sta pensando come eliminare una donna unicamente colpevole di voler continuare a vivere senza di lui. Non si può, non è possibile. A nulla valgono i braccialetti elettronici, i decreti di allontanamento o gli arresti domiciliari. Provvedimenti inutili, che spesso non funzionano o sono troppo facilmente raggirabili. Serve di più. A chi ci governa questo abominio non sembra interessare, troppo impegnato a distruggere la sanità pubblica ed a sovvenzionare banche e imprenditori. Dovremmo essere noi a fargli capire quali sono le vere priorità. Il libro che ho appena terminato di leggere, Fare femminismo, scritto da Giulia Siviero racconta delle coraggiose lotte femministe dal secolo scorso fino ai giorni nostri. Del loro (le donne) sapersi organizzare in associazioni o movimenti, bellicosi e pronti a dare battaglia per vedere riconosciuti diritti che oggi ci sembrano scontati ma che 50/60 anni fa senza il loro sacrificio non si sarebbero potuti ottenere. Dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dal Messico alla Francia, o alla Germania o in Italia sono nate organizzazioni di donne che hanno combattuto per istanze fondamentali. Un saggio illuminante è molto ben documentato. Per me un punto di partenza basilare per la scoperta di chi per i diritti delle donne ha lottato veramente, mettendoci tutta se stessa. Vorrei che quella stessa determinazione ci fosse ancora ma oltre alle parole, alle manifestazioni ed ai numeri verdi nelle associazioni femministe di ora non vedo molto altro. Ci vorrebbe la stessa volonta di allora per incidere veramente sulla politica e sulla società civile. Peccato, io sarei stato un partecipe entusiasta di queste lotte. Ma credo mi debba rassegnare e continuare a vedere ancora, per i prossimi anni, femminicidi, violenze assortite sulle donne e diritti calpestati. Fino a quando, finalmente, la storia invece di andare avanti tornerà indietro. Ai controversi ed illusori, ma fondamentali, anni 70. 


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2024

 


domenica 24 novembre 2024

NON E' NORMALE

 



Non è normale - Cathy La Torre -

recensione a cura di Monica Manino


Non solo nella giornata internazionale che invita a riflettere sulla violenza di genere ma SEMPRE andrebbero lette pagine come quelle proposte da Kathy La Torre.

In momenti storici come il nostro che quotidianamente propongono casi di cronaca dove le vittime sono ragazze, a volte giovanissime, donne, madri, sorelle, figlie, il lavoro della brava avvocata risulta quanto mai prezioso.

Il libro ribadisce come non  sia mai normale, lecito, accettabile essere limitate nella libertà di espressione, violentate verbalmente oltre che fisicamente. Non deve essere la normalità ricevere avances sessuali, anche e soprattutto tramite strumenti digitali.

Non si deve mai e per nessun motivo subire pressioni su scelte di vita, anche semplici.

Le sfaccettature della violenza di genere sono tante, molte più di quante pensiamo.

Alcune ci sfiorano quotidianamente e neppure le notiamo, non gli diamo importanza talmente ci siamo abituate. E ciò a cui non diamo importanza può aumentare di volume, diventare pericoloso, avere conseguenze a volte irrimediabili.

Insieme all'autrice impareremo a riconoscere la violenza di genere, anche quella più subdola, e come affrontarla con gli strumenti messi a disposizione dalla Legge: a chi rivolgerci, a chi chiedere aiuto, come agire se assistiamo ad un abuso o se riteniamo di esserne vittime.

Queste pagine sono uno strumento indispensabile per capire che amare qualcuno è prima di tutto amare se stesse. Non amiamo compiacendo ma condividendo. Non siamo amati con il possesso ma con il rispetto. Amare non è annullarsi per l'altro. Amare ed essere amati è prima di tutto rispetto reciproco, libertà di essere se stessi condividendo alcune cose in coppia ma vivendo le proprie idee e passioni.

Se diventa violento allora non è amore. E' reato e come tale va condannato.

Leggete e fate leggere questo breve saggio alle vostre figlie, madri, sorelle perché sappiano distinguere un amore vero da uno tossico. Perché imparino ad amarsi per prime. Ma soprattutto fatelo leggere agli uomini perché capiscano che amare una donna è qualcosa di meraviglioso purchè avvenga in modo reciproco, condiviso, libero.

Perché l'amore aggiunge qualità, non toglie libertà.

Buona lettura!


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2024


venerdì 4 ottobre 2024

IL MONDO DEI DESIDERI: 101 PROGETTI DI LIBERTA'

 




Il mondo dei desideri – Igor Sibaldi -

recensione a cura di Francesca Tornabene

 

Questo ennesimo viaggio a bordo di una delle navi di Igor Sibaldi, mi lascia un nuovo punto di osservazione del mondo dei desideri.

Benché sia stata cresciuta a pane, amore e desideri (mia mamma, la più grande sostenitrice di questo mondo onirico) ho messo da parte le mie certezze per fare un tuffo nel vuoto.

Se avessi espresso a mia madre la volontà di andare sulla Luna, mi avrebbe detto: "Beh, facciamo un programma e vediamo come andarci".

Forse questa è la ragione per cui ho comprato il libro...

Di certo, non cercavo una formula magica per esaudire tutti i miei desideri, anche perché facendo mie le parole di Sibaldi "non è una questione di magia, ma di filosofia".

Leggendo mi sono ritrovata a riflettere in un mondo pieno di incertezze, dove ogni parola ha il suo peso, ogni frase è determinante, ogni desiderio è un progetto.

Per desiderare bisogna imparare a pensare da uomini liberi. 

Liberi dalla paura, dall'ignoranza, dai sensi di colpa e da qualsiasi meccanismo di difesa. Liberi dalle continue "pressioni selettive del mondo" che mirano a trasformare le persone in gregge!

In questa prospettiva di viaggio, ho imparato che i desideri sono un mezzo magnifico per scoprire chi siamo. 

Come una mappa il libro mi ha indicato delle strade. A me, la libertà di acquisire quelle capacità necessarie per imparare a desiderare.

Ho letto frasi potenti, ma anche semplici. Tutte convergono verso un'unica direzione: senza desiderio non si può vivere!

Tra le righe c'è un chiaro messaggio che esorta a non accontentarsi, ad "andare oltre" desiderando solo cose che ci meravigliano perché infondo non vale la pena desiderare nient'altro.

Il libro si legge velocemente, naviga tra filosofia, religione, miti e persino fiabe che spiegano con semplicità e ironia, come arrivare, o meglio come partire alla ricerca di noi stessi formulando almeno "101 progetti di libertà".

Ispirata da questa "filosofia dei desideri", ho persino riaperto il mio quaderno e ho aggiornato la mia lunga lista alla ricerca di nuove abilità e talenti.


genere: saggio

annodi pubblicazione: 2020

 


martedì 3 settembre 2024

I MARSIGLIESI

 



I Marsigliesi - Gabriele crociata -

recensione a cura di Edoardo Todaro


Abbiamo presente “Romanzo criminale “di Giancarlo De Cataldo, facciamo un passo indietro, anche due. Metà anni ’60: un convegno a Roma, anzi il convegno che passerà nelle aule giudiziarie e non solo, il convegno che si tiene all’Hotel Parco dei Principi. Tanti i temi trattati dalle faccende internazionali a questioni riconducibili alla geopolitica, ma soprattutto “guerra interna“ e “controffensiva “. Tutti argomenti che terranno a battesimo la “strategia della tensione “prossima futura per contrastare qualsiasi forma di avanzata del comunismo, per riscrivere la storia del paese. Ruolo di primo piano, fin da subito, i servizi segreti, come il SIFAR, che si attengono alla filosofia “quando sei in guerra non è sufficiente lavorare bene, è necessario avere anche ottimi alleati “. E’ necessario dire che la centralità è svolta da Roma e tutto ruota attorno ad essa. Gabriele Cruciata usufruisce, per la sua ricostruzione, di una vera e propria gola profonda, di qualcuno che ne sa in quanto protagonista degli accadimenti. Quanto ci viene descritto in queste pagine è l’anticipo delle vicende che porteranno all’attenzione della cronaca, la Banda della Magliana, con l’arrivo nella capitale dei marsigliesi, cresciuti in un contesto criminale florido che riempiono, a modo loro, un vuoto di potere, una Roma che non vuole capi in particolare gente che viene da fuori, dove sono i barracci di borgata, i luoghi per definire i piani delle “imprese“ programmate, sono ritrovo di perdigiorno ed avanzi di galera. Un arrivo che cambia completamente la vita, i rapporti, i metodi della delinquenza capitolina, l’idea di crimine, di banda. Periferie dove si passa dalle baracche alle case popolari, periferie nelle quali il punto d’arrivo è il far soldi perché si è poveri e la prostituzione è fonte di reddito non lo spaccio di droga, invece con i marsigliesi eroina e sequestri. Gli abitanti di queste periferie che vivono in contrapposizione con tutto ciò che rappresenta lo stato, una Roma dove è all’ordine del giorno la guerra tra poveri, dove i servizi pubblici sono carenti, e gli interessi che sono garantiti e salvaguardati sono quelli dei palazzinari. I tempi in cui l’essere a contatto con chi è obbligato a fare il coatto, le “batterie“ che nascono da queste periferie, in cui  i conti si regolavano con il coltello volgono al tramonto. Qualcuno si potrà domandare, giustamente, perchè  abbiamo fatto riferimento al convegno tenutosi all’Hotel Parco dei Principi. Il motivo c’è, ed è nei rapporti che si stabiliscono tra la destra eversiva e reazionaria presente in Italia ed i marsigliesi che non disdegnano affatto le proprie simpatie verso ideologie di “destra“ anzi, per dirla tutta, filonaziste. Da De Lorenzo a Concutelli e Junio Valerio Borghese. Eversione da una parte; droga e sequestri, un vero e proprio sequistrificio dall’altra: questo il micidiale connubio.  Sviluppare e rafforzare la funzione anticomunista porta all’operazione “Blue moon“: riempire le strade di Roma di eroina per annientare le velleità di protesta presenti in particolare nelle generazioni più giovani. Sullo sfondo, e nemmeno poi tanto, il massacro del Circeo e l’omicidio di Pier Paolo Pasolini, Licio Gelli, il giudice Occorsio ed il suo omicidio. Grazie a questo libro abbiamo a che fare con una pagina di storia di questo paese, contrassegnata da quella strategia della tensione che metteva in campo atti terroristici per creare un clima di paura e far crescere la richiesta di ordine che una svolta autoritaria può assecondare. Gabriele Cruciata con “I MARSIGLIESI“  ci riconcilia con ciò che dovrebbe essere l’inchiesta giornalistica, ormai verso la sua scomparsa.


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2024


mercoledì 10 luglio 2024

UNA STANZA TUTTA PER SE'

 




Una stanza tutta per sé - Virginia Woolf 

recensione a cura di Francesca Simoncelli

 

Virginia Woolf, scrittrice e saggista inglese, che è vissuta tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900, è stata un’attivista per i diritti delle donne e il saggio "Una stanza tutta per sé" ne è il manifesto. 

Il libro nasce dal discorso che Virginia Woolf fu invitata a tenere per le ragazze universitarie di Cambridge su "le donne e il romanzo". 

Erano passati pochi anni dal diritto al voto delle donne in Gran Bretagna, ma la strada per la parità era ancora lunga ed ardua. 

Il discorso inizia con l'affermazione che una donna, per diventare scrittrice, ha bisogno di una rendita di 500 sterline l'anno e di una stanza tutta per sé. 

Nelle prime pagine descrive un episodio molto eloquente sulla condizione della donna in quel periodo storico: mentre lei sta attraversando il prato dell'università, viene rimproverata dal custode, perché quel posto è vietato alle donne; loro possono camminare soltanto sul sentiero. 

Da qui inizia una sconfinata riflessione sulla differenza tra uomini e donne nella vita, ma soprattutto nella letteratura. 

Si interroga sui lavori delle prime scrittrici donne, notando, in molte di loro, una rabbia ed una frustrazione causate dalla loro condizione svantaggiata, che entrano di prepotenza nel carattere delle protagoniste dei loro racconti, come ad esempio Jane Eyre di Charlotte Bronte. 

 Le uniche, secondo i suoi studi e il suo parere, che non sono state corrotte da questi sentimenti negativi, sono Emily Bronte e Jane Austen, che infatti sono riuscite a far nascere dalla loro penna, anche secondo la mia opinione, i due più grandi capolavori della letteratura inglese dell’Ottocento. 

 Poi si domanda: se i grandi autori, come ad esempio Shakespeare, avessero avuto le stesse limitazioni delle donne, avrebbero scritto ugualmente opere eccelse? O sarebbero stati influenzati da condizioni svantaggiose e precarie, non riuscendo a portare alla luce i loro scritti? 

 L’inferiorità della donna, quindi, si ripercuote non solo nella quotidianità, ma si denota anche nell’arte ed in particolare nella letteratura. 

 L'essere sprovviste di mezzi economici e di uno spazio privato le penalizzava; l'ostilità con cui gli uomini guardavano le scrittrici le scoraggiava a seguire le proprie vocazioni letterarie. 

 Dal giorno in cui Virginia Woolf tenne questo discorso, ne è passato di tempo, eppure ancora oggi ci sono ingenti disparità tra i sessi e molti uomini continuano a considerare la donna come un essere di loro proprietà, senza il diritto di avere idee e vita proprie. 

Ammiro questa scrittrice perché è pioniera della difesa della libertà intellettuale delle donne. 

Ho molto apprezzato questo libro perché, con una mente brillante e innovativa, lei riesce a fare un excursus del suo tempo, con riflessioni audaci e all'avanguardia, che portano noi lettori ad interrogarci sull'evoluzione della condizione della donna, sulle ristrettezze mentali della società, sulla prevaricazione maschile, sulle conquiste fatte nel tempo ed infine sui traguardi ancora da raggiungere. 


genere: saggio

anno di pubblicazione in Italia: 1963

 


venerdì 31 maggio 2024

DISCORSO SULLA SERVITù VOLONTARIA

 



Discorso sulla servitù volontaria - Étienne de La Boétie

recensione a cura di Francesca Tornabene

 

Breve Saggio di un filosofo, giurista, umanista innamorato ardentemente della libertà tanto da farne Manifesto e vero e proprio mantra dei disobbedienti.

Un discorso semplice con un messaggio utopistico e fortemente provocatorio: "Decidedevi a non servire più ed eccovi liberi".

Un libro breve, scorrevole nonostante i temi filosofici trattati.

Pieno di spunti riflessivi e tremendamente attuali, nonostante sia un testo del 1500.

Inoltre, il suo discorso è arricchito dagli interventi di altri filosofi: Enrico Donaggio, Miguel Benasayag e Miguel Abensour.

 

Piccole curiosità:

DE LA BOÈTIE fu grande amico di Michel de Montaigne.

Per molti, egli fu precursore dell'anarchismo.

Il suo testo iniziò a circolare clandestinamente sotto il nome di "Contr'uno".

Nel 2010 l'artista Arno Fabre realizzò un'opera politica incredibile "tatuando" l'intero discorso sulle pareti della stanza in cui visse l'autore.

 

Il Conflitto esposto in questo saggio è quello tra due desideri dell'uomo: quello di libertà contrapposto a quello dell'obbedienza.

La tirannia che ci racconta assume diverse forme, ma ciò che cattura la mia attenzione sono i meccanismi segreti della servitù volontaria per la quale il popolo baratta la propria libertà: l'abitudine, gli slogan e la propaganda pubblicitaria e politica, "gli spettacoli", la convenienza, e infine il mistero del potere.

A suo dire, dai libri e dal sapere, gli uomini ricevono il sentimento e l'intelligenza per riconoscersi e per odiare la tirannia.

Bisogna aprire gli occhi perché "Nessuna autentica felicità ha mai premiato una vita assoggettata".

La libertà che ci descrive, non esclude le regole, non anela caos e disordine, non si conquista con la forza. 

Nella sua prospettiva di felicità diventano necessari: il riconoscimento delle virtù altrui, l'amicizia, l'emancipazione socio-politica e persino il buon uso della libertà.

È uno testo rivoluzionario che non vuole sovvertire il potere o la politica ma al contrario si propone, partendo dalla natura dell'uomo, come una formula "magica" in grado di scuotere le coscienze dormienti al fine di restituire la responsabilità politica e il potere al popolo.


genere: saggio

anno di pubblicazione Chiarelettere: 2011

 


lunedì 6 maggio 2024

TESSITURE DI SOGNO

 




Tessiture di sogno - W.G. Sebald -

recensione a cura di Patrizia Zara


Tessitura: serie di operazioni che hanno sostanzialmente lo scopo di produrre la formazione dell'intreccio di fili paralleli con un filo continuo.

Quattro prose dedicate alla Corsica e 13 saggi, già pubblicati in riviste letterarie, costituiscono il libro” Tessiture di sogno" di W G. Sebald pubblicato dopo anni dalla prematura morte dell'autore avvenuta per un incidente automobilistico il 14 dicembre 2001.
Al di là delle operazioni editoriali, i diciassette capitoli, che apparentemente si presentano indipendenti fra loro, sono intessuti dal quel particolare e unico filo conduttore che altro non è che l'ammaliante quasi ipnotica scrittura del geniale autore –ahimè troppo presto scomparso- poco adatta a trame tradizionali.
Un grande spessore culturale, un magma narrativo neobarocco rigoglioso e suggestivo, un calarsi nella realtà passando dalla dimensione onirica e surreale, un attraversare porte, a volte volutamente sbarrate, della memoria e del passato, evocare luoghi lontani e renderli vividi, far rivivere personaggi ormai fantasma e dotarli di un personale spessore letterario.
Ed è proprio lo stile unico di una scrittura che con abilità sorprendente intreccia parole, frasi ed episodi, personaggi del presente e del passato, che rende i temi elegiaci  -  il fardello di un passato doloroso a cui non si può obliare poiché racchiude tutti gli orrori che un essere umano può infliggere al suo simile, la guerra e tutte le inesprimibili sofferenze della tortura;  la morte come "la parte di vita che da noi distoglie lo sguardo";  l'arte della fotografia la sola che legittima la verità dei fatti e che può fermare il tempo - di una profondità arguta poiché va oltre la mediocrità di un pensiero che si limita a esaminare soltanto una dimensione apocrifa di una realtà sociale affetta da cecità  (leggi "Lutto impossibile, assenze nella letteratura del dopoguerra).
Ricordiamo che quando leggiamo Sabald i suoi scritti non sono soltanto saggi, cioè l'autore tedesco non si limita soltanto ad analizzare criticamente un determinato argomento storico, biografico o critico, egli è anche uno scrittore e in quanto scrittore denuncia, con le lame affilate delle parole, le assurdità di un'umanità che tende a smarrirsi in se stessa, avviata, malgrado moniti e richiami, verso l'autodistruzione.

"Nel corso di questa evoluzione anche la sofferenza personale si trasforma a poco a poco nella consapevolezza che le distorsioni grottesche della nostra vita interiore hanno uno sfondo e per fondamento la storia della collettività sociale".

Vorrei segnalare tra i tredici interessantissimi saggi dove rivivono, attraverso la mitica penna di Sebald, le allucinazioni delle sofferenze di Jean Amery, gli interessi dell'esiliato Kafka (cinema) e i fantasmi di Nabokov, il saggio dedicato a Peter Weiss dal titolo "La mortificazione del cuore".
Il testo di Sebald ruota attorno il capolavoro di Weiss "Estetica della resistenza", mai tradotto in Italia (una mancanza colossale, a mio avviso).
Tale romanzo è la testimonianza di come un uomo perda per mano di un altro uomo l'essenza, la sua essenza umana. Dove la sofferenza fisica, la carne, annienta e mortifica l'anima e il pensiero (il nostro Primo Levi insegna).
È la furia contro l'arte letteraria del dopoguerra copiosa e inutile, cieca e falsata, il desiderio di penetrare nell'angoscia della storia e la sua crudeltà, setacciare la causa e i suoi perché, scandagliare il fallimento del secolo e legittimare quello che resta della propria vita da sopravvissuto.
Mi sa, però, che l'umanità non ha ancora capito che i monumenti alla memoria non riscattano e sbarazzano la coscienza dai sensi di colpa e non ripuliscono le strade dal sangue che si continua a versare.
Gli esseri umani non sono pedine di una scacchiera di economia globale. Inorridisco quando nelle guerre si parla con tanta superficialità di perdite umane: numeri imbrattati del sangue in quel gioco perverso tra vittima e carnefice.

"La nostra specie è incapace di imparare dai propri errori".

Aggiungo in onore a Sebald un pensiero del grande filosofo francese contemporaneo Gilles Deleuze, Pourparler

"Siamo pervasi di parole inutili, di una quantità folle di parole e di immagini. La stupidità non è mai muta né cieca. Il problema non è più quello di fare in modo che la gente si esprima, ma di procurare loro degli interstizi di solitudine e di silenzio a partire dai quali avranno finalmente qualcosa da dire. Le forze della repressione non impediscono alla gente di esprimersi, al contrario la costringono ad esprimersi. Dolcezza di non aver nulla da dire, diritto di non aver nulla da dire: è questa la condizione perché si formi qualcosa di raro o di rarefatto che meriti, per poco che sia, d’esser detto.
Gilles Deleuze, Pourparler"


genere: saggio

anno di pubblicazione: 2022


lunedì 11 marzo 2024

AL DI LA' DEL BENE E DEL MALE

 





Al di là del bene e del male - Friedrich Nietzsche

recensione a cura di Francesca Zara



"Esseri liberi non significa precipitosamente esseri forti e schiacciare i deboli, ma implica l'essere coscienti di questi rapporti, il vivere al di là delle illusioni (al di là del bene e del male), e costruire il proprio spazio di libertà, e la propria morale, nel cuore di questa consapevolezza".

Un libro da leggere a sorsi, assaporando ogni parola tra la lingua e il palato; sentirne la consistenza, l'essenza per creare, insieme al proprio DNA salivare, un nuovo e personalissimo gusto.
Nietzsche è straordinariamente e inequivocabilmente attuale poiché ha superato il concetto di tempo, di morale, di libertà, di religiosità.
È uno dei filosofi che adoro perché è riuscito a superare anche lo stesso concetto di filosofia.
"Al di là del bene e del male" è un libro che bisogna tenere sul comodino, nella borsa, in valigia per averlo a portata di mano e poterlo aprire e lasciarsi attrarre dalla scrittura fascinosa e ammaliante del grande Nietzsche al fine di poter respirare aria di libertà e positività in questo mondo ingabbiato in preconcetti, concetti, pregiudizi e giudizi sia morali, sia etici che religiosi.
Si legge Nietzsche non certo per conoscere Nietzsche. Lo leggiamo per conoscere noi stessi, il nostro mondo, la nostra natura. Nietzsche, infatti, ce li dispone davanti agli occhi con tanta grazia e insieme con tanta brutale franchezza che non possiamo rimanere indifferenti al meccanismo che si sbocca e si aziona nel nostro cervello. Ci fa pensare e bene anche.
E non bisogna avere "paura" di Nietzsche per chi crede di non avere l'attrezzatura intellettuale giusta: Nietzsche è un autore semplice ma non facile, è un autore complesso ma non complicato. Richiede un po’ di impegno, è vero, ma basta pensare e il gioco è fatto.
Bisogna approcciarsi alla lettura di Nietzsche con animo sereno e molto naturale onde evitare di perdersi nelle sue parole e di non saper cogliere la sfida del suo pensiero estremante al di sopra delle contraddizioni che altro non sono che parole con la stessa origine e di conseguenza contenenti gli opposti di cui uno predominante e l'altro latente.
Mi spiego meglio: non c'è bene senza male, non c'è male senza bene, non c' è vita senza morte, non c'è il bello senza il brutto, non c'è moralità senza immoralità. Da ciò è chiaro che qualsiasi sia lo schieramento scelto include, inevitabilmente, anche l'opposto. Se critichi uno oggetto e/o una persona sei inequivocabilmente parte della critica, fai parte dell'oggetto e/o della persona che critichi. In poche parole sei parte della massa squallida e mediocre.
Bisogna andare oltre, e più che schierarsi con questo o quello, direi che bisogna trovare la propria dimensione al di là di ogni "cosa".
Difatti quando si illumina il proprio pensiero state certi che l'anima denudata dai logori cenci e rinvigorita dalla ritrovata verginità acquisisce un'inquietante e vigorosa tranquillità del tutto appagante poiché senti che la vita ti appartiene nella tua unicità.
In questa società che ci tiene in ostaggio di una moralità bolsa e decadente Nietzsche è stato l’iniziatore di una filosofia che getta lo sguardo al di là dei contrasti, del discordante, dell’antitetico. Non mirando a un regno di indifferenza etica e morale, ma raccogliendo la sfida -dolorosa e fatalmente isolante- di conquistare mediante il pensiero uno spazio di libertà per il pensiero stesso, una nuova inquieta dimora in cui l'uomo possa affrancarsi da filisteismi e moralismi per condurre un'esistenza la cui natura morale si realizzi e si esprima massimamente nel suo essere libero pensatore e libero legislatore.
Che pensare? La mente se posta nelle condizioni di pensare, attività eccelsa, è una grande potenza (Superuomo).
In conclusione: siamo in un mondo che si definisce libero e ognuno legge quello che vuole, nel modo che vuole e con la chiave di interpretazione che vuole ma vi consiglio di leggere Nietzsche con tutti gli strumenti che sono a vostra disposizione adeguandoli all'oggetto che è in certi punti delicatissimo e in certi altri esplosivo e soprattutto con la mente totalmente aperta e pronta per ricostruire una vostro esclusivo pensiero.
Leggete Nietzsche con attenzione, quella attenzione nel cercare nella propria attrezzatura culturale, filosofica e letteraria tutti i riferimenti utili alla sua comprensione, nell’ uscire da ogni brano da ogni frammento, da ogni sezione del libro con qualcosa in mano che prima non si aveva o con qualche certezza in meno. Non vi ancorate in Verità Assolute. Uscite dalla massa. Siate numeri primi "un numero Primo non si può dividere (pensiero)  in due o più parti uguali (opposti) cioè non si può mettere in relazione con nessun altro numero (massa)"


genere: saggio

anno di pubblicazione: 1886

 


domenica 14 gennaio 2024

LA CADUTA, CRONACHE DELLA FINE DEL FASCISMO

 




La caduta, cronache della fine del fascismo - Ezio Mauro -

recensione a cura di Daria Lucca


Per quanto riguarda i saggi, di solito scelgo gli argomenti e non gli autori. E quando mi sono imbattuta ne “La caduta” di Ezio Mauro l’ho preso al volo perché mi sono resa conto che dei fatti accaduti in questo paese il 25 luglio 1943 non sapevo quasi nulla, nonostante la storia sia una delle mie passioni. Però lì, in effetti, mi riconoscevo un buco. Certo, so che è il giorno in cui Mussolini viene scaricato dal Gran Consiglio del partito fascista, ma poco altro. Oltretutto, mi son detta, Ezio Mauro, ex direttore di Repubblica, ex corrispondente della Stampa a Mosca, sa scrivere. Cioè, sa comunicare bene (confermo, dopo la lettura).

Il libro è una sorta di diario degli eventi che vanno dai giorni immediatamente precedenti quel 25 luglio (di cui nel ’23 ricorreva l’ottantennale) all’8 settembre. Raccontato in modo brillante, con largo uso dei documenti storici, ma non solo quelli che ti aspetti, tipo lo stringato annuncio regale delle dimissioni del duce. Ci sono tantissimi agganci alla cronaca dell’epoca, che qualcuno dei lettori più anziani ricorderà dalle memorie dei genitori e dei nonni.   Ma quelli che mi hanno colpito di più sono, ad esempio, le trascrizioni delle telefonate intercettate dagli spioni di stato che tutte le mattine venivano consegnate, sulla mega scrivania nello studio di palazzo Venezia (sì, quello con il balcone), al comandante supremo delle forze armate italiane.

Anzi, no. Quella carica lui non l’ha mai ottenuta. Vittorio Emanuele ha sempre fatto resistenza (l’unica resistenza, perché non ha resistito quando ha firmato le leggi razziali, quando ha taciuto sul delitto Matteotti) a consegnargliela.

A me è sembrato che il saggio racconti appunto due persone: il capo del fascismo e il monarca, la coppia al comando del paese per vent’anni. L’uno che rifiuta di prendere atto che la guerra è persa, gli alpini sono stati decimati in Russia, i fanti sono prigionieri in Africa (proprio ieri, passeggiando, un signore con cucciolo ci raccontava del padre rimasto due anni nel campo di prigionia inglese in Kenya) , gli americani sono sbarcati in Sicilia, e insiste provocando la sfiducia del suo stesso partito; l’altro che non trova di meglio che incaricare un generale già discusso dopo Caporetto, Pietro Badoglio, che non si decide a firmare l’armistizio lasciando le forze armate senza ordini precisi, concedendo tempo ai tedeschi per occupare l’Italia, perdendo la faccia e il futuro della monarchia di fronte ai suoi concittadini.

E’ il racconto di una disfatta, reso vivido da una scrittura battente e ricca. Il cui punto di drammaticità massima, per me torinese e repubblicana, è la scena in cui il corteo reale ormai avviato verso Brindisi (vergogna nazionale) si ferma per una pausa, il principe ereditario Umberto si avvicina all’auto del padre e gli dice “Io torno indietro“, ultimo sussulto d’orgoglio di una dinastia al tramonto e il re gli risponde. In dialetto: «S’at piju, at masu». Serve la traduzione? Se fossi un professore di storia delle superiori, lo darei da portare all’esame di maturità.

genere: saggio

anno di pubblicazione: 2023

 


lunedì 8 gennaio 2024

MIO FRATELLO

 




Mio fratello - Daniel Pennac -

recensione a cura di Patrizia Zara


Ho indossato il tuo vestito, calzato le tue scarpe quelle adatte per la pioggia, una specie di galosce eleganti di cui eri gelosa: non me le hai mai prestate, dicevi che le avrei deformate con il mio passo pesante.
È vero. Sebbene avessimo la stessa taglia e la stessa misura di piede, tu, sorellina mia, indossavi ogni cosa con grazia mentre io, non so come, la deformavo con una facilità da far paura.
Sai, sorella, non è più cosi. Ora ci sto attenta. Mi sono accorta che quando mi spoglio non getto più gli abiti sul letto ma li ripongo con cura nelle apposite grucce dentro l'armadio come se una mano mi guidasse.
E' la tua presenza eterea, invisibile, impalpabile che mi indirizza verso l'eleganza della vita. Lo sento.
E' cosi, tesoro. Sei accanto a me. Sempre.
Maestra del silenzio e del decoro, Tu così ligia alle forme.
E ho deciso - proprio come Daniel Pennac ha allestito una lettura scenica dell'opera "Bartleby" di Melville in ricordo del fratello - di dedicare ogni mio gesto e, in particolare, ogni mia lettura seguita dalle mie recensioni che amavi tanto.
La sento la tua voce flautata ogni volta che rileggo ad alta voce ciò che ho scritto : "Sei bravissima, sorellona".
Non lo so se sono brava, ma se lo sono per te il resto non conta. Tesoro mio.
Ascolta. Ho finito di leggere "Mio fratello" di Daniel Pennac in un pomeriggio di pioggia. Sai quanto mi piace lo stile di questo simpatico scrittore francese. Ma questo piccolo libro in ricordo del fratello prematuramente scomparso l'ho sentito in maniera più profonda.
Tu sei con Bernard lassù. Io sono rimasta qua giù con Daniel.
Ci diamo da fare sai. Daniel ha recitato in un monologo "Bartley lo scrivano", dedicandola, come ho ti ho già detto, al fratello e io scrivo recensioni pensando a te e indosso ciò che è stato tuo tanto da sentirti in  me.
Ognuno ha il suo modo di sdrammatizzare, di esorcizzare il dolore.
Certo mi manchi fisicamente mia piccola insostitubile compagna di vita, come Bernard manca a Pennac. Nondimeno non c'è  nulla da fare, è la vita che gioca questi brutti scherzi, e non rimare altro che andare avanti con il dolce sapore dei ricordi.
No. Tesoro. Non piango più. Tranquilla. Ti penso con saggia e serena disposizione d'animo.
Le lacrime rimangono cristallizzate nel cuore, non ha senso sciupare fazzoletti seppure di carta.
Lo sa bene anche Daniel Pennac. Bisogna dare forma alle idee affinché la persona amata riviva nei gesti, nelle opere e non solo nei ricordi passivi.
Consiglio la lettura di "Mio fratello" e di "Bartleby lo scrivano" di Merville, un'opera quest'ultima tanto assurda tanto reale cosi come spesso incontestabilmente si presenta la vita.
" Non c'è nessuno al mondo che mi manchi come mi manca lui...Ho perso la gratuità del suo affetto, il piacere della sua compagnia, la profondità del suo silenzio, la delicatezza della sua attenzione, la sua intelligenza nelle situazioni. Ho perso quel po' di dolcezza che restava nel mondo..."

genere: saggio

anno di pubblicazione: 2018