Diario di scuola - Daniel Pennac
recensione a cura di Patrizia Zara
Un libro per tutti: grandi e piccini, intellettuali e non, geni e somari.
Monsieur Pennac mi è straordinariamente simpatico. C’è qualcosa di magnetico nel suo spirito francese, in quello sguardo arguto dietro gli occhiali, nei suoi gesti misurati e nella sua capacità innata di trovare la parola giusta al momento giusto.
Di solito non mi soffermo sulla fisionomia o sulla biografia degli scrittori: preferisco dedicarmi esclusivamente alla lettura delle loro opere, evitando ogni possibile forma di condizionamento. Eppure, Pennac mi ha incantata. Leggere "Diario di scuola" è stato un piacere assoluto, una conferma dell’ammirazione che nutro per questo scrittore-professore che ha trasformato il sapere in un’arte.
C’è una trasparente onestà nel raccontare la propria storia di studente afflitto dalla sua “somaraggine” e il cammino che lo ha condotto al ruolo di docente. Ma non un professore qualsiasi: Pennac sembra quasi un missionario, impegnato a guidare coloro che percepiscono la scuola come una minaccia, un ostacolo da aggirare, ricordando il somaro che lui stesso fu.
Le scene emergono con naturalezza, spesso scandite da un’ironia sottile, sospesa tra il serio e il faceto. Pennac ci racconta le sue difficoltà scolastiche, le convenzioni e i luoghi comuni, le paure e i sogni di un adolescente, le sue letture, i suoi giochi. E ci mostra come, grazie a quattro insegnanti fuori dagli schemi, sia riuscito a superare l’ostacolo dell’ignoranza che sembrava averlo intrappolato.
Nel suo ruolo di professore, Pennac osserva i suoi studenti con lo sguardo di chi sa cosa significa essere un escluso, un incompreso. E in loro rivede se stesso.
La paura di fallire rende la scuola, agli occhi di molti giovani, un’entità insormontabile, se non addirittura inutile—soprattutto oggi, dove il culto del consumo e della visibilità sembra prevalere su ogni altro valore, relegando lo studio al margine, troppo esigente nel suo "do ut des".
Eppure, nonostante il progresso delle mode e il dominio del mercato, le inquietudini restano immutate, celate dietro le illusioni delle "marques" fashion, effimere corone di tanti piccoli re immaturi:
"Vedo che egli esiste solo con la sua corona in testa, e che non era più nulla se non è re."
Si sacrifica il pensiero individuale sull’altare dell’omologazione. "Mon Dieu!"
Ma—e qui risiede la grandezza di Pennac—la scuola è molto più di un percorso obbligato: "Per quanto strano vi possa sembrare, voi siete impastati delle materie insegnatevi a scuola."
Pennac celebra l’istruzione, ma senza rigidità. Ci parla di scuola, nel bene e nel male, ci racconta frammenti e riflessioni, e nel farlo esalta il sapere. Lo trasforma in passione, lo rende viva fiamma. La sua dedizione trascende le etichette: il suo insegnamento è un atto d’amore.
Un grande professore, un irresistibile scrittore, che ha saputo giocare con le parole e con i suoni, creando un’atmosfera di leggerezza e serenità, sia tra i suoi studenti che tra i suoi lettori.
genere: saggio
anno di pubbblicazione: 2013
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