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martedì 29 ottobre 2024

COME VENTO CUCITO ALLA TERRA

 




Come vento cucito alla terra - Ilaria Tuti -
recensione a cura di Elisa Caccavale


📖La vicenda prende le mosse nell’Inghilterra del 1914, all’inizio della Grande Guerra, e procede narrando, su due linee convergenti, la storia del capitano Alexander Seymour e della dottoressa Cate Hill. Si può dire, in un certo senso, che entrambi siano in guerra: il giovane comandante in Francia in trincea, e Cate nelle corsie d’ospedale dove, come tutte le altre donne dottore, deve lottare quotidianamente contro il pregiudizio e l’ostilità di chi non crede che una donna possa essere un medico. Le strade di Alexander e Cate si incroceranno la prima volta in Francia e la seconda in Inghilterra, dove il comandante ritorna, ferito nel corpo ma soprattutto nello spirito. E qui dovrà trovare un motivo e un modo per continuare a vivere una nuova esistenza, anche laddove sembra impossibile farlo.

📚Questo libro non racconta solo le vicende di un uomo e di una donna, ma anche della loro generazione: una generazione in cui un uomo non può lasciarsi andare, non può dedicarsi ad attività non considerate virili e una donna non può essere una madre sola o rivestire un ruolo ritenuto a esclusivo appannaggio degli uomini; Come vento cucito alla terra è quindi anche un romanzo in difesa della libertà di genere, ma intesa e vista da entrambe le parti.

👩‍⚕️Come vento cucito alla terra è un romanzo che prende le mosse da due storie vere, quella Storia che resta ai margini, sconosciuta ai più, eppure potente e fondamentale per comprendere chi siamo e come siamo arrivati ad esserlo. Tuti ci racconta, in modo coinvolgente, la vicenda del gruppo di dottoresse guidate dalle due suffragette e pioniere Louisa Garrett Anderson e Flora Murray che aprirono in Francia la prima unità chirurgica interamente gestita da donne, per curare soldati feriti. Il WHC, Women’s Hospital Corps, nato con il supporto dell’Ufficio della Croce Rossa di Parigi, fu una vera rivoluzione e, come tale, a lungo fu osteggiato e guardato con sospetto, ma queste donne non si sono arrese e hanno aperto la via a tutte le donne venute dopo di loro.

🪡Il secondo episodio si innesta sul momento di massima tensione e difficoltà per le “Lady Doctors” quando, nell’ospedale londinese di Endell Street, per lenire le ferite psicologiche causate dalla guerra, le dottoresse propongono ai soldati l’attività del ricamo. Gli uomini in un primo momento rifiutano decisamente sentendosi offesi nella loro mascolinità, già messa in crisi dalla debolezza della malattia e della menomazione, ma pian piano qualcosa si modificherà, un lento cammino verso l’accettazione di un cambiamento non solo personale, ma anche e soprattutto sociale.

📜 Dopo Fiore di roccia Ilaria Tuti torna al romanzo storico e lo fa con un libro toccante, dallo stile forse meno aulico di quanto non faccia solitamente, ma senza perdere nulla in potenza evocativa e profondità del messaggio; questo libro è quindi anche   una testimonianza della caparbietà delle Lady Doctors e delle sfide che molte donne hanno affrontato lungo la strada dell’emancipazione femminile.


genere: narrativa

annoi di pubblicazione: 2022

 


lunedì 28 ottobre 2024

LA GRAMMATICA E' UNA CANZONE DOLCE

 




La grammatica è una canzone dolce - Erik Orsenna

Recensione a cura di Patrizia Zara

  

La lettura di questo delizioso, piccolo romanzo la dedico a mia sorella poiché il libro l'ho trovato nella sua libreria  stipato fra "Alice nel paese delle Meraviglie" e il "Don Chiscotte della Mancia".
Ricordo che mia sorella, molto prima di andare via, in un giorno come tanti, mi disse che tale libro conteneva una storiella simpatica sull'importanza delle parole.
Queste, spesso, vengono usate a casaccio, mortificate, ferite, stuprate dalla violenza dell'ignoranza.
Voleva proporla come lettura estiva ai suoi piccoli studenti appunto, sia per la semplicità del linguaggio, seppur  articolato di ricchi vocaboli, sia per l'originalità della storia alquanto fantastica. Questa sicuramente avrebbe aiutato i suoi piccoli ad avere un lessico più ricco e variegato, a saper utilizzare le parole giuste appropriandone in maniera corretta anche nella conversazione quotidiana fra amici e familiari. Sosteneva caparbiamente che un buon linguaggio favorisce la comprensione.
Lei ci teneva a utilizzare le parole giuste, a soppesarne il significato, a dare un tono all'esatta pronuncia. Era una donna che non utilizzava a vanvera le parole "amore", "amicizia", "correttezza", "coerenza", "dignità" e così via. Ne aveva rispetto, quasi soggezione per paura di ferirle nell'utilizzo improprio e in contesti fittizi e inflazionati (mica aveva torto, dico io).
Teneva in considerazione una buona frase con le parole al posto giusto e nelle forme corrette.
Si appassionava a studiare l'etimologia delle parole, la loro lunga intima storia che altro non è che la storia dei popoli.
"Bisogna essere autorevoli ma mai e poi mai autoritari con le parole, altrimenti queste si offendono diventano aridi segni,  stridenti suoni cacofonici" perorava convinta.
"Le parole hanno un loro carattere e una spiccata personalità;  hanno alle loro spalle una lunga e ricca storia e per tali ragioni bisogna rispettarle".
Potevo non apprezzare la storia di Giovanna e Tommaso, fratelli legati da odio/amore, piccoli naufraghi nell'isola abitata dalle parole? Potevo non innamorarmi di un'isola dove i nomi si sposano con gli articoli in municipio, un'isola dove i nomi possono comprare in un vasto mercato una miriade di aggettivi per abbellirsi e personalizzarsi, un'isola in cui esiste un ospedale ben organizzato per curate con devozione e missione le parole che hanno subito violenza?
Certo che si, e vi confesso che la lettura di alcune pagine mi ha provocato un gemito incontrollato di nostalgica emozione provocato indubbiamente dalla mia personale interpretazione. Chissà se mia sorella si trova in quest'isola sconosciuta, dalle spiagge vellutate, il cielo azzurro, il mare trasparente, i pesci e gli uccelli colorati, circondata dall'amore di tante parole immortali. In compagnia di Charles Lewis e la sua Alice, di Giacomo e il suo colle infinito, di Antoine e il suo piccolo principe. Chissà.
Non c'è una storia, di ogni genere e grado, in cui non vedo qualcosa che mi appartiene. E questo mi fa sentire meno sola. Ecco perché amo leggere!
Ritornando al libro in questione, lo consiglio come intermezzo rilassante per riordinare la memoria e le idee: una boccata di aria fresca dopo letture impegnative. Ritornare bambini non fa mai male. Anzi consiglio la lettura sia a fanciulli/e dai 8 anni in su, e agli adulti che non sono riusciti a colmare le lacune infantili non solo linguistiche, e a chi, come me, ha bisogno di alleggerire la pesantezza dell'esistenza.

"C'era una volta. La frase magica che, ogni giorno, dall'infanzia alla morte, ci porta in viaggio. C'era una volta.
Le quattro parole che danno inizio alle nostre partenze più belle.
Ecco perché mormorare "c'era una volta" è come issare la vela. Pagina bianca, vela bianca. Ci imbarchiamo nelle parole o sul mare. Davanti a noi, gli orizzonti misteriosi"


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2002

 


domenica 27 ottobre 2024

LA VITA CONTRO

 




La vita contro - Rita Ragonese - 

recensione a cura di Gino Campaner

 

📖Spiccioli di trama: protagonisti assoluti del romanzo sono Umberto e Angela. Lui è un alcolizzato scorbutico, con l'anima crepata, irrimediabilmente rotta. Cerca di dimenticare il passato bevendo e cercando di restare il più possibile solo, nell'oblio che gli offre l'alcool. Lei uscita da poco dal carcere è ospite di una comunità. Ha un solo obbiettivo nella vita. Ricongiungersi con ciò che era suo è che gli è stato sottratto per aver fatto un errore...senza dolo. Non ha nulla da offrire ma la sua determinazione è già un ottimo punto di partenza. Umberto e Angela si incontrano.... 

 

🔥Punto di forza: tanti. Lo spessore dei personaggi. Angela, Umberto, Oreste, Grace non si dimenticano facilmente. Per un po' ci rimangono nella testa e nel cuore. La storia che la Ragonese ha costruito. Una vicenda dolorosa ma che dà spazio al riscatto. Alla volontà di tornare a vivere. La penna della Ragonese. Una piacevolissima sorpresa. Un romanzo che consiglio a gran voce. Intenso e coraggioso. Non cede a facili sentimentalismi. 


🙁Punto debole: il passaggio narrativo, a mio parere troppo frettoloso, che chiude la prima parte del romanzo e da inizio alla seconda. 


🏁Finale: giusto, coerente. Un finale sorprendente, malinconico ed emotivamente probante ma anche pieno di speranza e di positività. Un finale che mi ha soddisfatto in pieno. Non un finale banale ma ragionato e ben costruito. Un finale vero, forte che toglie il fiato e che non cede alla banalità del vissero tutti felici e contenti. 

 

🎓Giudizio complessivo: ⭐⭐⭐⭐💫
Un giudizio personale finale molto alto che raggiunge questo risultato grazie ad una chiusura di romanzo doloroso e malinconico ma anche di grandi prospettive e di speranza. In mezzo una piccola delusione personale. Dopo una prima parte strepitosa, che mi stava facendo gridare al prodigio, c'è un passaggio che secondo me segna in maniera inequivocabile il confine tra la prima parte e l'inizio della seconda. Ecco quel passaggio mi ha lasciato perplesso, così come buona parte del secondo segmento di romanzo ma il terzo invece è talmente bello che ha cancellato ogni perplessità. Anzi dona una nuova prospettiva a tutto il racconto. Conclusione che regala un colpo di scena importante, che spiazza e raggela. Complimenti al coraggio dell'autrice che mi ha regalato un finale che ho apprezzato tanto. 


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2024

 


venerdì 25 ottobre 2024

L'ULTIMO OSPITE

 




L’ultimo ospite – Paola barbato –

recensione a cura di Rosanna Mutinelli

 

L’ULTIMO OSPITE di Paola Barbato è un thriller psicologico che sa come catturare l’attenzione del lettore sin dalle prime pagine, grazie a un’atmosfera inquietante che si insinua lentamente e lascia presagire che nulla è come sembra. La trama ruota attorno a Letizia e Flavio, il suo datore di lavoro, che si ritrovano in una villa decadente, Olimpia d’Arsa, per eseguire l’inventario di una proprietà ereditata da lontani parenti dopo la morte di una donna novantenne senza eredi diretti né testamento.

Fin da subito, l’autrice gioca con la percezione del lettore, instillando piccoli dettagli sinistri che alimentano il dubbio e la suspense. Letizia, in particolare, si sente immediatamente a disagio nella villa, con un odore stantio, cuscini spostati e una luce azzurra che appare nelle notti buie. Questi elementi, apparentemente insignificanti, accendono la sua immaginazione, portandola a domandarsi se ci sia qualcosa di più oscuro nascosto tra le mura di Olimpia d’Arsa. Al contrario, Flavio, razionale e pragmatico, tenta di spiegare ogni cosa con la logica, ma anche lui non può ignorare del tutto l’ansia crescente.

Un altro personaggio degno di nota è Zora, il cane di Letizia, la cui avversione per entrare nella villa aggiunge un ulteriore strato di tensione. La sua riluttanza sembra quasi preannunciare un pericolo imminente, dando vita a una serie di dubbi sui reali motivi per cui la villa si sente "viva" e sinistra. Il capitolo 20 è dedicato interamente a Zora e alle sue reazioni, che fungono da catalizzatore per i successivi sviluppi della trama.

Barbato si muove abilmente tra il reale e il soprannaturale, mantenendo il lettore in costante tensione e giocando con le sue aspettative. Gli oggetti trovati da Letizia (ciocche di capelli biondi, trofei e muffole infantili…) contribuiscono a creare una sensazione di malessere crescente, facendo emergere domande inquietanti: perché una donna senza figli avrebbe conservato tali oggetti? E soprattutto, chi o cosa si nasconde realmente in quella villa?

Quello che rende L’ULTIMO OSPITE una lettura avvincente non è solo la trama in sé, ma il modo in cui Barbato riesce a tessere la suspense e il brivido. La narrazione scorre fluida e incalzante, trascinando il lettore in un vortice di mistero, dove ogni dettaglio sembra contare e la tensione è palpabile fino all’ultimo capitolo. Sebbene la storia possa sembrare, a tratti, un classico scenario da thriller (una villa isolata, personaggi intrappolati, strani avvenimenti), ciò che colpisce è come l’autrice riesca a rendere tutto personale e profondo, esplorando anche gli aspetti psicologici dei personaggi.

Letizia e Flavio non sono semplici protagonisti, ma persone reali, con paure, desideri e una complessità che si rivela mano a mano che la storia procede. La dualità dei personaggi minori, che svelano la loro vera natura solo nella parte finale del romanzo, aggiunge un tocco inaspettato che tiene viva l’attenzione fino all’epilogo.

Consiglio L’ULTIMO OSPITE a chi ama il genere thriller psicologico, con una trama ben costruita e un crescendo di tensione che non delude. Paola Barbato dimostra ancora una volta la sua maestria nel creare atmosfere dense di suspense, trasportando il lettore in un viaggio angosciante tra razionalità e immaginazione.


genere: thriller

anno di pubblicazione: 2022

 


giovedì 24 ottobre 2024

IL PASSEGGERO DEL POLARLYS

 




Il passeggero del Polarlys - Simenon Georges

Recensione di Miriam Donati

 

Siamo agli inizi del “roman dur”, infatti il libro è uscito a puntate sul quotidiano L’Œuvre a fine 1930 con il titolo Un delitto a bordo e firmato con uno pseudonimo: Georges Sim.

Eppure Simenon in nuce c’è già tutto. Lo si riconosce già dalla prime pagine, anzi dalle prime righe. Una certezza per il lettore che lo ama al di là e nonostante Maigret.

Qui siamo su un mercantile a metà tra il trasporto merci e la nave passeggeri che fa rotta da Amburgo per la Norvegia e il capitano Petersen non riesce a sfuggire al suo istinto che gli ha fatto percepire da subito che il viaggio sarà sfortunato, oggetto di un malocchio impalpabile quanto indubbio.  I segnali sono certi: un terzo ufficiale inesperto e timido, un passeggero fantasma, un carbonaio raccattato sul molo senza referenze e una passeggera più femme fatale che creatura raffinata.

Mentre il mercantile va verso il buio della notte polare in un ambiente claustrofobico, eventi più o meno cruenti si susseguono e il capitano Petersen, pur dotato di spirito di osservazione e speculazione introspettiva, farà fatica a raccapezzarsi perché quasi tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio hanno qualcosa da nascondere.

Petersen non riesce a fare chiarezza né sull’uccisione di un ispettore salito a bordo durante il viaggio, né dentro di sé a causa del disagio procuratagli dalla presenza perturbante e sensuale della passeggera che Simenon veste di seta frusciante e dipinge in modo unico.  

Dopo una tempesta di neve e avversità meteorologiche che aggravano la situazione danneggiando la nave e ferendo un passeggero, finalmente si farà chiarezza. Il ponte della nave, dopo lo scarico delle merci e lo sbarco dei passeggeri, verrà lavato e le maschere indossate da tutti gettate via.

Simenon ci ha abituato a personaggi e atmosfere descritte con pochi tratti abilissimi e all’esplorazione della natura umana con fine perspicacia. In questo libro tali caratteristiche sono appena tratteggiate, ma già inconfondibili; l’atmosfera cupa, ghiacciata come le acque che attraversa il Polarlys la fa da padrona immergendo il lettore in uno stato di sospensione immobile e inquietante. Nonostante un finale in parte affrettato e non conclusivo, a chiusura del libro, il ritratto e le azioni della protagonista femminile non abbandonano il lettore.

 

Genere giallo

Anno di pubblicazione 1930


 


mercoledì 23 ottobre 2024

FRAGILE

 




Fragile - Simonetta Mannino -

recensione a cura di Gino Campaner 


In realtà non si tratta di una vera e propria recensione piuttosto parlerei di impressioni di lettura e di qualche breve (e personale) considerazione. Ho terminato da poco la lettura della raccolta di racconti (nove) dal titolo Fragile dell'autrice Simonetta Mannino faccio qualche breve (e personale) considerazione. Il libro è il quarto ed ultimo di una serie, chiamata Storie di donne. Ed è proprio questo il fattore principale di tutti i racconti: le donne, con i delicati e complicati momenti che possono vivere durante la vita con una costante: la solitudine. Vengono descritte le giornate ed i pensieri di donne sole o che seppur accompagnate si sentono tali. Tutti i racconti sono mediamente coinvolgenti ed emozionanti ma alcuni di essi mi hanno colpito in modo particolare. Cito su tutti Tacco 12 che era stato pubblicato originariamente nella rivista Carie letterarie e nel quale una donna per riuscire a recuperare i soldi necessari per acquistare la sua dose giornaliera di alcool e cibo sceglie di assecondare le esigenze sessuali di uomini come Mario. Tanto ricchi quanto insopportabili e volgari. Oppure Madre o anche Danza di ombre. Racconti diretti, intensi, spesso duri tutti però attraversati da una vena di ironia che rendono comunque la storia accattivante e spesso divertente. Una raccolta da leggere, lo si fa in breve perché non è molto corposa, e che ti lascia la curiosità per continuare ed approfondire la "conoscenza" dell'autrice attraverso le altre sue precedenti opere. 


valutazione: ⭐⭐⭐⭐

genere: racconti

anno di pubblicazione: 2024

martedì 22 ottobre 2024

IN UN MARE SENZA BLU

 




In un mare senza blu – Francesco Paolo Oreste -

recensione a cura di Lilli Luini


Mi sono imbattuta in questo libro seguendo una presentazione online. Fin dalle prime battute mi è scattato un interesse che mi ha spinto a comprare subito il libro. Non mi sono sbagliata: non è facile trovare voci nuove così potenti, così personali. La vicenda è dura e dolorosa. Siamo nella Napoli ai margini, nei bassi umidi e senza luce. Si chiama Vico Stella la strada dove incontriamo per la prima volta Michele, Ciro e Mario, bambini che vivono ai margini dei margini. Michele ha un padre violento, Mario una madre prigioniera in casa, Ciro subisce le molestie dei bulli. Ma poi si trovano, e in tre diventano uno. Insieme si sentono invincibili, fino a che la tragedia piomba sulle loro vite in modo crudele e inaspettato.

Vico Stella diventa allora Vico Nero e lì crescono senza riuscire a sottrarsi al loro destino.

Michele è troppo arrabbiato per riuscire a dire di no ai criminali che reclutano, Ciro è troppo fragile, troppo diverso per non finire in pasto al peggio della razza umana. Ma qualcosa sopravvive: la loro amicizia, come un faro nella notte, una notte dove incontrano il crimine, la pedofilia, la prostituzione, fino all’omicidio.

L’autore ci racconta tutto questo con una scrittura scarna, essenziale, priva di qualsiasi fronzolo eppure poetica, una scrittura che personalmente ho trovato splendida.

Ci sono immagini che restano impresse, come Michele che, nel carcere minorile di Nisida, trova la pace guardando il mare dalla finestra della cella. O Ciro che, mentre sua madre parrucchiera pettina le clienti, finge di avere ospiti immaginari a cui offrire il caffè. E il primo giorno di scuola di Mario, biondo e bellissimo, che riconosce la povertà sua e degli altri bambini dai vestiti che indossano.

Un quadro quanto mai contemporaneo, una realtà che ci viene messa sotto agli occhi così com’è, senza sentenze né moralismi inutili. Leggi e pensi a tutti coloro che quotidianamente lavorano per dare una possibilità a questi ragazzi, lottando contro la miseria che è terreno fertile per la criminalità organizzata.

Ho scoperto che tra loro c’è anche l’autore e questo rende il romanzo ancora più importante, perché la consapevolezza che questo romanzo nasce da storie, parole, esperienze vissute in prima persona ci impedisce di girare la faccia dall’altra parte, consolandoci con l’idea che sia solo, appunto, un romanzo.


genere: giallo

anno di pubblicazione: 2024

 


lunedì 21 ottobre 2024

GIRO DI VENTO

 




Giro di vento - Andrea De Carlo -

recensione a cura di Patrizia Zara



Volete passare qualche ora senza troppe riflessioni filosofiche ed esistenziale, collocarvi nel mondo contemporaneo senza troppe pretese e nel contempo assaggiare le innumerevoli contraddizioni? Bene.
Vi consiglio Andrea De Carlo.
Una scrittura energica e tutta d'un fiato dai periodi lunghi senza inciso senza troppe virgole, punti e virgole, trattini, parentesi, punti.
Dialoghi isterici e nevrotici incentrati più su false certezze (quello dice, quell'altro dice, quell'altro ancora dice) che da dubbi o domande: la solita incomunicabilità.
Chi conosce l'autore sicuramente non riterrà "Giro di vento" il suo capolavoro.
Così mi hanno detto con chi mi sono confrontata.
Ma essendo per me di prima lettura l'ho trovato esilarante, comico, sciolto, dalla scrittura dinamica calata nel nostro tempo.
Quattro professionisti milanesi figli del progresso e del consumismo decidono di acquistare delle case di campagna nella bella Umbria, terra del mitico Francesco d'Assisi, per identificarsi nella natura e disintossicarsi dalla frenesia della città.
Tuttavia per una serie di circostanze infelici si trovano a essere ospitati proprio dai loro antagonisti cioè da chi rifiuta ogni forma di civiltà e ha deciso di vivere in maniera estrema utilizzando soltanto ciò che ricava dalla natura selvaggia. Provate a immaginare una vita senza cellulari, tv, macchine, luce, gas, materassi ortopedici,  guanciali anti cervicali, medicine, abiti confezionati, scarpe dalle solette anti calli, cosmetici, shampoo e bagnoschiuma, cibi preconfezionati, acqua gassata, acqua calda, acqua tiepida, docce e vasche da bagno, frigoriferi e lavabiancheria, forno a microonde, a gas, elettrico, aspirapolvere, aspira acari, aspiratutto e ancora  macchine, motori, biciclette, pedalò,  barche, barchette, ago e filo, etc etc...
Lo scontro fra chi è abituato al cosiddetto benessere con chi vive del necessario è invitabile e metterà in dubbio, al momento perché dopo diventerà certezza, ogni convinzione non solo individuale ma anche collettiva. In altre parole la superficie del benessere si sfalda e ancora peggio finisce per la pseudo amicizia fra i quattro che si disgrega brutalmente e vomita la lava incandescente spazzando ogni forma di sublimazione.
I due estremi si urtano, non si amalgamano, danno vita a un vero e proprio tsunami di recriminazioni, rancori, gelosie, insicurezze, insoddisfazioni e tutto ciò che la nostra bella società produce di marcio.
Al di là della trama che per molti potrebbe risultare un pochino banale o ripetitiva, mi è piaciuto il modo con cui De Carlo fa impantanare i belli, ricchi e famosi professionisti che diventano il nulla senza la loro confort zone.
E di contro frantuma l'idealizzazione del ritorno al primitivo.
Per quanto mi riguarda non rinnego il progresso. Non si può a questo punto delle cose eliminare anni e anni di civilizzazione (sic!).
L'essere umano ha bisogno di andare avanti e il progresso, a mio avviso, è necessario. Purtroppo strada facendo si è perso il vero significato della parola che come sinonimi ha: avanzamento, evoluzione, miglioramento, perfezionamento, rafforzamento, sviluppo. L'essere civilizzato, per così dire, si è affossato nel proprio individuale torpore, schiavo delle cose materiali, surrogati di felicità, divenute necessarie per apparire agli occhi degli altrui capace di essersi conquistato il giusto e meritato benessere.
La parola benessere deriva da ben-essere cioè "stare bene" o "esistere bene". E non mi sembra che tutti, ma proprio tutti vivano bene nella storia di De Carlo.
Vabbè leggetelo e divertitevi. Io l'ho letto e mi sono divertita senza schierarmi né dall'una e né dall'altra parte. Troppo estremismo.
Ho bisogno delle mie comodità ma a differenza dei protagonisti mi so adattare magnificamente anche senza, almeno credo.
Equilibrio, signori e signore, manca sempre e costantemente l'equilibrio.
E ora mettete un like e applaudite altrimenti ci rimango male: della sublimazione e idealizzazione dell'amicizia e dell'amore ne ho le scatole piene.
Finale degno di figlia del suo tempo

"Che meraviglia - dice Enrico - Peccato che poi siate così schiavi della vostra rinuncia. Dell'isolamento. Delle faide assurde in cui vi cacciate. Forse un giorno scoprirete che non vale la pena di ammazzarsi per sostenere la parte di chi vive di semi e erbe, e che è meglio accettare di far parte del mondo contemporaneo"


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2004

 

 


domenica 20 ottobre 2024

L'ARGINE DELLE ERBARIE

 



L'argine delle erbarie - Silvia Cavalieri -

recensione a cura di Connie Bandini


L’argine delle erbarie segna l’esordio di  Silvia Cavalieri – autrice modenese, insegnante di lettere in una scuola media di Bologna – che dà vita a un romanzo selvatico e orgoglioso come la terra in cui la storia è ambientata.

La vicenda, che si apre con una scena estremamente evocativa in cui viene mostrata la piena del fiume Secchia, è incentrata sulla figura di Liuba, figlia di una violenza subita dalla madre Armida, erbaria come Zaira, madre di quest’ultima e nonna della giovane. Il dono è stato passato alle donne di casa dalla Strulghina, curatrice di campagna abile nell’aiutare molte persone con i suoi rimedi naturali. Un universo al femminile quindi, in cui quest’arte curativa passa di mano in mano, come un filo rosso che unisce una generazione all’altra.

Liuba cresce insieme a Solidea, figlia di Ettore e Nadina, che stanno alla Cà Granda, poco distante da dove vive lei. Il loro incontro è una sorta di magia, un’alleanza, un patto tra due ragazzine le cui vite si intrecciano in un momento storico particolarmente difficile: la guerra, le difficoltà, la fame, il fascismo e le sue atrocità, la Resistenza diventano elementi con cui Liuba e Solidea devono confrontarsi e a cui devono sopravvivere.

Mentre gli uomini sono impegnati al fronte e, spesso, non fanno rientro nelle loro case, le donne cercano di barcamenarsi e piantano i primi semi di un’emancipazione che si fa pian piano sempre più potente e racconta la forza e la grinta di chi, spesso confinata ai margini della società, è invece capace di modellare le avversità a proprio favore e di salvarsi.

Un libro intenso, in cui la natura si afferma prorompente e conquista un posto da protagonista; una voce interessante, capace di raccontare con semplicità ed efficacia insieme quel che l’animo umano è costretto a subire e quanto coraggio si nasconda nell’istinto di sopravvivenza di una donna.

Una lettura consigliata a chi desideri perdersi tra le pagine di un romanzo che parla di amore e di orgoglio, di dignità e di tempra.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2024

 


sabato 19 ottobre 2024

L'EDUCAZIONE DELLE FARFALLE

 






L'educazione delle farfalle - Donato Carrisi -

recensione a cura di Alice Bassoli


Un libro che mi ha profondamente toccata. Non è solo l’ennesimo thriller o capolavoro di Carrisi, è qualcosa di più intimo, che ti scava dentro. Serena non è il solito personaggio femminile forte e inarrestabile che vediamo nei romanzi. Lei è complessa, spezzata, vera. E questo la rende incredibilmente vicina a noi.

Per me è stata una lettura che mi ha preso al cuore. Mi sono sorpresa di quanto mi mancasse tornare tra le pagine, di sentire quel vuoto quando non stavo leggendo. Non mi succedeva da tanto di desiderare così tanto un libro. Ogni volta che lo chiudevo, non vedevo l’ora di riaprirlo.

 

✍️ UNO STILE NUOVO

Carrisi si spinge oltre. Lo stile è diverso, meno raffinato, meno oscuro di quanto mi aspettassi, ma proprio per questo profondamente incisivo. La storia non è mai scontata: ti fa pensare di aver capito tutto, ma poi ribalta ogni certezza. Ogni capitolo ti confonde, ti scuote, e alla fine, ti lascia senza parole. È raro trovare una trama così ben congegnata, dove ogni tassello sembra posizionarsi al suo posto solo alla fine.

 

💔 UN VIAGGIO DI EMOZIONI

Mi sono commossa in più momenti. Questo è un Carrisi che non avevo mai conosciuto. È riuscito a toccare corde che pensavo inaccessibili, per lui. Serena ti entra dentro, con la sua forza, ma anche con la sua vulnerabilità, il suo rifiuto di essere madre e il suo inevitabile abbandono a quell’istinto che ha sempre cercato di negare.

 

🔮 UN LIBRO INDIMENTICABILE

Questo libro mi resterà nel cuore. Perfetto? Molti dei seguaci di Carrisi dicono di no, e forse non lo è, se paragonato agli altri suoi lavori, ma ha quel qualcosa che lo rende speciale, diverso. È uno di quei libri che, anche dopo averlo finito, continuano a far riflettere, a tormentarti in modo sottile, a farti rivedere alcuni aspetti della tua vita e di te stesso. Credo che lo porterò con me per molto tempo, perché ha saputo lasciarmi dentro una scia di emozioni che non si spegnerà facilmente.


genere: thriller

anno di pubblicazione: 2023

 


venerdì 18 ottobre 2024

CHIODO DELLA TERRA

 




Chiodo della terra – Roberto Zito -

Recensione a cura  di Francesca Tornabene

 

Nel mio ultimo viaggio sono stata trascinata in una realtà distopica, all'interno di uno scenario apocalittico.

Ho vissuto attraverso il racconto immaginario di Roberto Zito una delle paure più grandi di chi come me, abita in Sicilia accanto a "mamma Etna".

Un'eruzione devastante e fuori controllo che solo chi vive questo Gigante può realmente capire, perché sente ogni suo sussulto, tremore, risveglio, quasi fosse legato irrimediabilmente alle sue viscere.

Il libro è molto più di una storia apocalittica, è un viaggio rovente nelle fragilità umane.

Un caleidoscopio di passioni musicali, letterarie, televisive e persino cinematografiche che hanno reso questo lavoro un romanzo avvincente, crudo, elegante, viscerale.

 Ho conosciuto intimamente Luca, Agata e Giuseppe, Carmine, Matteo e Lisa e i loro dilemmi.

Ho vissuto attraverso i loro occhi le loro vite, le loro paure, i loro rimpianti, i tormenti per i sensi di colpa, i loro segreti e la loro spiritualità.

 Travolta dalle emozioni di questi personaggi, dalle loro fragilità (così reali!), dai loro pensieri, dalla descrizione dei luoghi più suggestivi dell'Etna e persino dalla musica, ho divorato le pagine di questo libro in poco tempo.

Grazie ad una scrittura fortemente evocativa ogni scena si è insinuata nella mia mente, tanto da essere percepita, vista, sentita, come in un film.

 Alla fine di questo incredibile viaggio, prima di abbandonare il mondo creato dallo scrittore, ho persino riascoltato "Born to run", a tutto volume, ancora una volta, come se fosse la colonna sonora del film che ho vissuto ogni giorno per un paio di settimane sfogliando quelle 260 pagine infuocate.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2022

 


mercoledì 16 ottobre 2024

INNOCENZA. GALASSIE PERDUTE

 




Innocenza. Galassie perdute – Vittorio Piccirillo -

recensione a cura di Rosanna Mutinelli

 

INNOCENZA. GALASSIE PERDUTE (VOL. 1) di Vittorio Piccirillo è il primo capitolo di una saga di fantascienza che ci proietta in un futuro remoto, su una luna agricola dove la vita scorre in apparente tranquillità. La protagonista, Kendra, vive una vita semplice insieme alla sua famiglia, lontana dalle complessità dell’universo esterno. Ma questa tranquillità viene presto turbata da incubi ricorrenti che la tormentano, segno di qualcosa di molto più grande e oscuro in arrivo.

Il romanzo parte con una descrizione pacifica della vita rurale, scandita dai ritmi della campagna, ma ben presto questa serenità si sgretola quando forze oscure si materializzano, rivoluzionando la realtà di Kendra e della sua famiglia. Kendra scopre di essere al centro di una contesa colossale, il cui esito potrebbe determinare il destino dell’intera umanità. Da quel momento, la sua vita diventa una fuga disperata, in cui è costretta a lottare per la propria sopravvivenza, scontrandosi con nuove e sempre più complesse verità che si rivelano gradualmente.

La narrazione si sviluppa con uno stile essenziale ma allo stesso tempo incalzante, mantenendo alta la tensione e spingendo il lettore a continuare la lettura. Il mondo costruito da Piccirillo è vivido e dettagliato, con immagini potenti che sembrano saltare fuori dalle pagine. Questi dettagli non solo arricchiscono l’ambientazione, ma contribuiscono a rendere ancora più immersiva l’esperienza del lettore.

Ciò che emerge particolarmente è la capacità dell’autore di mescolare elementi di mistero, suspense e azione in un contesto fantascientifico che richiama le grandi epopee del genere, ma con un tocco personale. La trama non si limita a una semplice lotta tra il bene e il male, ma esplora temi più profondi, come la disperazione, la ricerca della verità e la lotta contro un destino apparentemente ineluttabile.

Kendra è una protagonista forte, ma allo stesso tempo vulnerabile, costretta a confrontarsi con un mondo che si fa via via più complesso e pericoloso. Ogni volta che trova una risposta ai suoi interrogativi, essa porta con sé nuove domande, alimentando una spirale di tensione che non lascia tregua. Il lettore si ritrova a viaggiare con lei, condividendo la sua paura, la sua confusione e la sua determinazione.

INNOCENZA. GALASSIE PERDUTE è una storia che sa catturare l’attenzione e affascinare con la sua capacità di coniugare grandi avventure spaziali con una trama ricca di mistero e colpi di scena. Il romanzo lascia aperti molti interrogativi, gettando solide basi per i successivi volumi della saga. È un’opera che gli amanti della fantascienza e delle grandi epopee apprezzeranno sicuramente, per la sua capacità di farci sognare e di trasportarci in un universo lontano e pericoloso.

Se amate i viaggi intergalattici, le trame avvincenti e i personaggi ben caratterizzati, INNOCENZA. GALASSIE PERDUTE vi terrà incollati alle pagine fino alla fine. Un romanzo che promette grandi sviluppi e che lascia una forte impressione già dal primo capitolo della saga.

genere: fantascienza

anno di pubblicazione: 2017

 


martedì 15 ottobre 2024

RUBRICA: CACCIA ALLE STORIE - GIUDITTA E L'ORECCHIO DEL DIAVOLO

 




RUBRICA: CACCIA ALLE STORIE – AVVENTURE TRA LE PAGINE PER RAGAZZI CURIOSI
romanzi segnalati e recensiti da Elisa Caccavale


Giuditta e l'orecchio del diavolo - Francesco D'Adamo -

Il libro di cui parlo oggi è Giuditta e l’orecchio del diavolo, di Francesco D’Adamo, vincitore dell’edizione 2022 del Premio Strega Ragazze e Ragazzi nella categoria 11+ (Giunti, collana Biblioteca Junior, pag.160).

📖La vicenda racconta la storia di Giuditta che, nell’autunno del 1944, viene portata in un paese di montagna e affidata a Caterina, la moglie di Sandokan, il capo della banda partigiana che opera su in montagna. Giuditta è cieca, ma sembra riuscire a vedere meglio di molti altri: sa passeggiare per i sentieri, conosce tutte le erbe e i rimedi come le streghe e sembra saper parlare con gli animali. Ed è ebrea. È l’unica superstite della sua famiglia che è stata catturata dai soldati tedeschi e deportata. Un giorno, durante le sue peregrinazioni, Giuditta scopre l’Orecchio del Diavolo, un posto misterioso e, secondo le credenze paesane, maledetto; qui si trova un muro alto e tondeggiante, con al centro un sedile. Seduta lì, Giuditta sente le voci che arrivano dal fondovalle e ne resta ammaliata: continua a tornare all’Orecchio del Diavolo perché sembra sapere che quel luogo misterioso ha qualcosa da rivelarle …

📑D’Adamo usa, nell’incipit, un espediente narrativo noto e consueto, ma sempre efficace: immagina che uno scrittore (lo stesso D’Adamo? Lecito supporlo dal momento che la prima parte è scritta in prima persona) si trovi, quasi per caso, in un paesino di montagna, Acquadolce, e che qui faccia la conoscenza di Tonino, un uomo anziano che gli racconta una storia incredibile.

A questo punto la narrazione torna nel 1944 e conosciamo Tonino da piccolo, suo fratello Giulio e sua madre Caterina e con loro seguiamo non solo le loro vicende, ma anche uno spaccato dell’Italia tutta in quegli anni bui e difficili.

 👨‍🌾L’autore ci porta a vedere come le famiglie vivevano, la semplice dignità, il lavoro dei campi, i racconti partigiani, la paura e, nonostante tutto, la lotta. La lotta che porta con sé dolore, sacrificio, perdita e sconfitta, ma che comunque va combattuta per un bene e un ideale superiore.


 Giuditta e l’orecchio del diavolo è una storia partigiana: una storia corale che esprime tutto il suo coraggio. Il coraggio di Giuditta, che non arretra davanti a nulla e nessuno. Quello di Caterina che decide di prendere con sé una bambina sola, cieca ed ebrea. Quello di Tonino e Giulio che devono proteggere questa nuova e strana “cugina”, arrivata in una notte di fine autunno.

Giuditta e l’orecchio del diavolo è un romanzo per ragazzi, ma non è una storia semplice; è un libro che si fa portavoce di messaggi forti e profondi. Francesco D’Adamo, con uno stile facile e di immediata comprensione, trasmette il messaggio che fare la cosa giusta non è compito esclusivo degli eroi.

Romanzo fortemente consigliato per immergere i ragazzi nella Storia, quella vissuta dal basso, quella fatta da uomini e donne qualunque e per immaginare ciò che hanno vissuto e passato.


genere: narrativa per ragazzi

anno di pubblicazione: 2022


lunedì 14 ottobre 2024

LA VECCHIA DELL'ACETO

 



La vecchia dell'aceto - Luigi Natoli -

recensione a cura di Patrizia Zara


Volete leggere un romanzo che vi coinvolga a tal punto da dimenticare ora, giorno e tutto il quotidiano che vi circonda? Bene.
 Vi consiglio di immergervi nella lettura de "La vecchia dell'aceto" di Luigi Natoli: 
Un romanzo intrigante dall'inizio sino alla fine.
Siamo nel 1786 a Palermo, città ricca di miserie e di sfarzi, mirabilmente ritratta in un vivido contrasto di luci e ombre nei riverberi di lame dei sudici vicoli, fra megere e luridi cenci, nei torbidi intrighi di sfarzosi palazzi di dame e cavalieri, fra carrozze e livree. Qui cominciano una serie di delitti che celano colpe e depravazioni, avviluppati nel mistero, orditi dall'intrigo, alimentati dalle torbide passioni, dall'invidia, dalla gelosia sino a toccare il fondo delle inimmaginabili nefandezze.
Il romanzo di Natoli è un gioiello della lettereratura palermitana scritto con l'abilità di chi conosce la sua terra, i vizi e le virtù della sua gente, ricco di dovizia di particolari senza cadere nel ripetitivo e nel prolisso, e dai dialoghi popolari diretti.
Il grande Natoli ha saputo raccontare con la sua fervida immaginazione, con l'abilità strabiliante delle parole, una realtà intrigante, oscura e vergognosa, creando con estro le tante storie romanzate calate abilmente nella storia principale, reale e documentata (nel libro vengono riportate alcune fasi del processo), quale quella dell'avvelenatrice Giovanna Bonanno, ribattezzata la vecchia dell'aceto
Storie di passioni e tradimenti guidate da un filo conduttore che inizia tra i vincoli di una città dal forte senso dell'onore e della giustizia, popolata da uomini rispettosi e intoccabili, da donne pettegole e traditrici -tutti personaggi avvolti in un loro credo religioso contorno e personale dove la Provvidenza e Santa Rosalia vengono invocate per giustificare i delitti e legittimare i torti "lavati con il sangue" - fino a dipanarsi fra i grandi palazzi di una nobiltà lussuriosa e peccaminosa, corrotta e corruttibile, incline al silenzio per celare scandali inconfessabili.
E tra figli illegittimi, creature del peccato e della colpa, amori lussuriosi e travolgenti, mariti e amanti scomodi, si aggira Giovanna Bonanno, la vecchia dell'aceto, pronta con il suo veleno a purificare le colpe, a risolvere gli intrighi, ad alleggerire gli animi, ergendosi, anche lei, a paladina di una sua personale giustizia divina.
E, quindi, bellissime risultano le storie che si intrecciano nel vorticoso giro di parole costruite da chi conosce la terra del sole che brucia la carne e gli animi.
Rilevanti le figure di Giovanni e Rosalia, figli del peccato e della colpa che si mescolano nei giochi di rivalsa e di riscatto creando situazioni che vanno al di là dell'ovvio.
Incredibili i passaggi descrittivi lungo le "Porte della città" tra regolamenti di conti e duelli a lame di coltello, tristi rituali perpetuati nel tempo, in virtù della legge del Taglione.
Nel romanzo "La vecchia dell'aceto, comunque, si avverte un turbinio di sentimanti di rivalsa; tutti i personaggi sembrano voler riscattare un torto subito, vittime di un destino malevolo che li ha condannati a un'esistenza ingiusta in una terra bella e dannata.
E in tutto questo mondo sotterraneo e particolare il nostro Luigi Natoli si configura come un Charles Dickens mediterraneo.
Come il grande romanziere londinese, Natoli è un creatore di mondi che nascono tra il saper narrare la realtà con l'abilità della fantasia.
E se Charles Dickens conosceva i segreti della sua nebulosa Londra svelandoli tra il fumo e la nebbia con i suoi giochi chimerici e umoristici, cosi Natoli ha saputo denudare quelli della sua egnimatica Sicilia con i suoi giochi di passione e di folklore, ed entrambi hanno dissugellato con le loro opere le ipocrisie e le falsità, denunciando una società incline alla corruzione e alle ingiustizie.
Ambedue grandi romanzieri che ci hanno regalato capolavori incontestabili di grande conoscenza popolare, e non solo...
Peccato che la bravura di Luigi Natoli non abbia superato i confini! Mi chiedo perché.

"...e lei, Rosalia? Era stata una povera donna raccolta per carità, mantenuta per carità; cui nulla spettava di quella ricchezza. Né suo padre, né sua madre avevano pensato a provvedere all'avvenire della creatura cui avevano dato la vita: avevano anzi tentato di sopprimerla per la società cui appartenevano. Che cosa poteva sperare? Se anche avesse trovato ora un cavaliere disposto a sposarla, essa non aveva una tal dote da poter pretendere un marito ricco: non aveva anzi nessuna dote, né poteva pretenderla da sua sorella. Era dunque condannata alla povertà e alla solitudine. Tantalo novello, aveva dinnanzi a sé la visione della ricchezza e dell'amore e non poteva stendere le mani su quella, né pascere il suo cuore di quello! ..."

genere: narrativa
anno di pubblicazione: 1927

domenica 13 ottobre 2024

L'INQUIETO VIVERE

 




L’inquieto vivere – Giuliano Fontanella

Recensione a cura di Dario Brunetti


Il quieto vivere di oggi diventa l’inquieto vivere di domani. È un po' quel che accade all’investigatore privato Diego Spada, protagonista della serie dell’autore veneziano Giuliano Fontanella.

Il romanzo è ambientato a Roma e nella frazione di Colle dei Pini il nostro protagonista è riuscito a sfuggire a un pericoloso attentato ai suoi danni. Intanto la sua giovane segretaria Dalia lo chiama in causa perché è stata presa di mira da uno stalker e come se non bastasse gli arrivano dei misteriosi messaggi che hanno attinenza con i delitti dell’icepick killer.

Una mano omicida che agisce nell’ombra e miete vittime usando scalpelli da ghiaccio. Nel frattempo Diego Spada viene rapito dal fascino di Gloria Maffei che nelle sue visioni riesce a prevedere questi efferati delitti.

Personaggi da scoprire e altri del passato in questo prezioso volume tutto da gustare per gli amanti dell’hard boyled, un genere letterario che il buon Giuliano Fontanella maneggia con cura e destrezza in una Roma che così ben descritta dall’autore.

“Roma appare incredibilmente contorta, ergendosi su dei colli e offrendo a ogni recesso sempre diverse scenografie teatrali.”

Il romanzo si avvale di numerose citazioni letterarie tratti da romanzieri del calibro di Steinbeck, Hemingway, Cain e Chase.

Ma vorrei soffermarmi su quest’ultimo, il britannico James Hadley Chase che diventa un prezioso punto di riferimento proprio per l’autore veneziano Giuliano Fontanella che attraverso i suoi romanzi ci fa rivivere nello stile il grande scrittore.

Le opere di Chase sono diventate trasposizioni cinematografiche e Fontanella gli rende omaggio proprio in uno dei capitoli del romanzo.

Ma a noi interessa ritornare all’assassino che colpisce a morte con quel rampone da ghiaccio, proprio l’arma del delitto usata nei colpevoli hanno paura opera del 1957 di James Hadley Chase e a quei messaggi enigmatici che porteranno a una resa dei conti del tutto spiazzante come nei migliori gialli a cui siamo particolarmente legati.

A Spada invece non gli resta che fare i conti con il suo inquieto vivere e nonostante sia alle prese con l’alcool, deve cercare di ammansirlo, ma al tempo stesso dovrà fronteggiare personaggi vecchi e nuovi in un gioco di specchi che lo porta dal presente ad un passato piuttosto dolente che ritorna.

Per Santelli editore, Giuliano Fontanella sigla a mio avviso la sua opera migliore grazie a uno stile lineare ed efficace, ci fa riscoprire la struggente bellezza di un genere letterario intramontabile nel ricordo di scrittori del passato che l’han reso celebre sia da punto di vista letterario che cinematografico.

Imperdibile!


genere: giallo

anno di pubblicazione: 2024


sabato 12 ottobre 2024

L'AMORE ASSAJE

 




L'amore assaje - Francesca Maria Benvenuto -

recensione a cura di Alice Bassoli


😊 Trama toccante e cruda

"L'amore assaje" di Francesca Maria Benvenuto è la storia di Zeno, un ragazzino di quindici anni, costretto a crescere troppo in fretta a causa delle tragiche circostanze familiari. Quando il padre finisce in carcere e la madre si prostituisce per mantenere lui e la sorella, Zeno si ritrova a doversi guadagnare da vivere, immergendosi nella criminalità locale tra scippi, rapine e spaccio. La sua vita prende una svolta drammatica quando uccide un ragazzo di un'altra banda, finendo così nel carcere minorile di Nisida. Qui, la sua quotidianità si divide tra la durezza della reclusione e la scuola, dove instaura un rapporto speciale con la sua professoressa di italiano. In un patto di speranza, promette di scrivere i suoi pensieri, con la speranza di ottenere un permesso per trascorrere il Natale con la madre.

 

💔 Una storia che spezza il cuore

Attraverso le lettere di Zeno alla sua insegnante, il lettore viene trasportato nella cruda realtà della sua vita, fatta di lotte, ingiustizie e la costante lotta per sopravvivere. Eppure, nonostante il dolore e le difficoltà, Zeno conserva una dolcezza disarmante, specialmente nei ricordi della sua infanzia e nel suo amore per Natalina, una ragazza che sembra rappresentare l'unica fonte di luce in una vita segnata dalla violenza. Ogni pagina racchiude una combinazione di forza e vulnerabilità che commuove e fa riflettere.

 

🎧 Un ascolto che aggiunge profondità

Ho avuto l'occasione di ascoltare "L'amore assaje" su Audible, e devo dire che l'interpretazione dell'attore napoletano ha dato vita a questa storia in un modo che probabilmente non avrei colto leggendo il libro fisicamente. L'uso del dialetto napoletano, combinato con l'italiano, arricchisce l'atmosfera del racconto, conferendo autenticità e un tocco personale che sembra far emergere ancor di più l'anima di Zeno. L'emozione nella voce dell'attore mi ha permesso di sentire le sfumature di ogni parola e di vivere ancora più intensamente la sua storia.

 

😢 Un viaggio emozionale intenso

Mi sono commossa in più momenti durante l'ascolto, poiché la narrazione ci fa respirare l'innocenza di un ragazzino e il contrasto con la realtà brutale della strada. Zeno è un ragazzo dal cuore grande, ma immerso in un mondo crudele, dove la violenza e la criminalità sono la norma. Il suo modo di affrontare la vita, con la speranza che un giorno possa cambiare, è sia commovente che straziante.

 

🥊 Un libro potente e sincero

"L'amore assaje" non è solo una storia di criminalità giovanile, ma una finestra sulla fragilità e l'umanità di un adolescente che cerca di difendersi in una giungla impazzita. È una lettura che arriva come un pugno allo stomaco, colpendo il lettore in profondità con la sua onestà e semplicità. Lo consiglio vivamente a chi cerca una storia intima, informale ma capace di lasciare un segno indelebile nel cuore.

Meraviglioso.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2024


venerdì 11 ottobre 2024

LA DONNA CHE ODIAVA I CORSETTI

 




La donna che odiava i corsetti – Eleonora D'Errico - 

recensione a cura di Lilli Luini 


Più che come un romanzo, definirei questo libro un documento estremamente interessante su una figura non abbastanza nota al grande pubblico.

L’autrice si è imbattuta per caso nella storia di Rosa Genoni e ha iniziato una ricerca approfondita per arrivare a scriverne questa biografia romanzata.

Rosa viene da una famiglia poverissima, prima di 18 figli, in quel di Tirano, provincia di Sondrio. A dieci anni, nel 1877, lascia le montagne e va a Milano, a fare la piscinina nella sartoria di una zia. Le piscinine erano le bambine che recapitavano gli abiti in giro per la città.

Dotata di una grande tenacia e di un vero talento per il cucito, Rosa comincia da lì la sua carriera, tra mille difficoltà, e comincia anche la sua vita di donna indipendente, ben decisa a farsi rispettare e a non sottostare a tradizioni che non condivide. Rosa sa leggere e scrivere, ma intuisce che un miglioramento della propria condizione di donna passa attraverso lo studio e la conoscenza. La sua grande determinazione la spinge dapprima a lasciare il piccolo atelier della zia per una sartoria in centro Milano e poi a cogliere un’occasione per andare a Parigi. Il viaggio dovrebbe durare pochi giorni, ma al momento di ripartire Rosa cambia idea e rimane, senza casa e senza lavoro ma con la ferma convinzione che quello, in quel momento, è il posto in cui deve stare. A Milano si copia, dice, a Parigi si crea, e lei vuole imparare a creare. 

E quando finalmente ha imparato, quando – dopo varie esperienze in altre città europee – torna a Milano, si trova a dover infrangere un muro: le signore milanesi vogliono vestire alla parigina. Ma Rosa vuole di più, vuole una moda italiana e vuole liberare le donne da stecche e corsetti.

Con una forza pazzesca, vivendo in prima persona anche le prime battaglie femministe con le pioniere Anna Kuliscioff e Anna Maria Bozzoni, Rosa riuscirà a inventare il Made in Italy.

Oltre a raccontarci l’epopea di una donna, l’autrice ci racconta un’epoca: vediamo Milano mentre diventa metropoli, camminiamo in mezzo ai fermenti, alle novità come la luce elettrica, entriamo nei caffè e alla Scala. Anche Parigi, dove l’intraprendente Rosa vive per sei anni, resta impressa a chi legge, in quest’epoca di grandi sartorie e di Esposizioni Universali.

Davvero un libro interessante, con una scrittura scorrevole, personaggi vivaci che rendono piacevole la lettura.


genere: biografia

anno di pubblicazione: 2024


giovedì 10 ottobre 2024

MARINAI PERDUTI

 




Marinai perduti - Jean-Claude Izzo

Recensione a cura di Miriam Donati


“Le domande che contano ce le facciamo sempre troppo tardi. Quando abbiamo già sbagliato tutto. Quando non si può più tornare indietro.”

È un peccato che quest’autore ci abbia lasciato così presto e non abbia potuto scrivere ancora per noi.

Dalle prime pagine di “Marinai perduti” si è catturati dalle atmosfere che Izzo riesce a creare e se si leggono tristezza, dolore e disperazione nei vari personaggi descritti magistralmente, questi sembrano scivolare via leggeri perché il sentimento che entra sottopelle e accompagna per tutto il libro è la malinconia. Fino alla fine, dopo che ci si è appassionati alle loro disavventure, si spera che il comandante libanese Abdul Aziz ce la faccia a disincagliare la sua nave, l’Aldebaran, dalle pastoie burocratiche, che il suo secondo, il greco Diamantis, marinaio e poeta, ritrovi un suo perduto amore, che il turco Nedim la smetta di sorridere sempre nelle avversità e affronti il ritorno in patria, che Marsiglia, universo mondo di colori, profumi, sapori e incontri, faccia il suo dovere e permetta che la malinconia se ne vada.

Il Mediterraneo con la sua storia, le sue leggende e le sue luci è raccontato in molti modi, talora sorprendenti, diventando personaggio che intreccia i destini di tutti i personaggi ed è fucina di culture eterogenee.

Le donne, molteplici, perché ci sono quelle lasciate a terra e quelle incontrate per caso, quelle che si nascondono e quelle che cercano, sono speculari ai marinai: la stessa perdizione, la stessa solitudine di fondo, la stessa disperazione e, ovviamente, malinconia. 

Il passato dei protagonisti è irrisolto, il presente propone solo un’immobilità forzata dovuta al pignoramento per debiti del cargo per colpa dell’armatore e il futuro è pieno di incertezze in questo noir romantico in cui il dramma diventa tragedia. Il forzato fermo della nave induce i protagonisti abituati da sempre al viaggio per mare a un viaggio introspettivo che non è meno infido. 

 Con uno stile scarno e fluente Izzo non nasconde nulla, non ammorbidisce nemmeno, non attenua, anzi, pone il lettore di fronte alla realtà spiacevole, disturbante della vita. Di quella vita di chi deve aspettare in attese interminabili senza poter incidere per una soluzione, ma, nello stesso tempo, caparbiamente resiste.

Nel libro c’è la solitudine, l’ingiustizia, la disperazione, l’emarginazione e la perdizione del titolo con la descrizione degli stati d’animo dei personaggi che sono duri e dolci allo stesso tempo.

Il finale non rassicura e non consola anche se la luce del mare di Marsiglia innesca una possibilità o un’illusione.

Izzo alla fine del racconto ci segnala i motivi per cui l’ha scritto: “Il dramma sempre più frequente vissuto da tanti marinai in tanti porti francesi. Da Marsiglia a Rouen, numerosi cargo sono ancora oggi bloccati. Gli equipaggi, spesso stranieri, vivono a bordo in condizioni difficilissime, nonostante un’immancabile solidarietà. Ci tenevo a rendere omaggio al loro coraggio e alla loro pazienza”.

 

Genere Narrativa

Anno di pubblicazione 1997



mercoledì 9 ottobre 2024

LA SONATA A KREUTZER

 




La sonata a Kreutzer – Lev Tolstoj -

recensione a cura di Francesca Simoncelli

 

La sonata a Kreutzer è un libro ambientato nella Russia di fine 800 e si sviluppa durante un lungo viaggio in treno, nel quale un uomo racconta ad uno sconosciuto appena incontrato un oscuro segreto: ha a$$assinat0 sua moglie. 

L’ uomo, inizialmente schivo, rimane in disparte nel vagone del treno, ma, dopo un po’, prende coraggio e si sfoga con il forestiero con cui condivide la carrozza. 

Così inizia il racconto della sua vita: l’incontro con la moglie, il matrimonio, la vita coniugale; poi l’entrata in scena di un musicista: un violinista che invade la loro vita familiare e che lui sospetta sia l’amante di sua moglie. 

Ed è proprio sulle note de “La sonata a Kreutzer” di Beethoven che si insinua in lui il dubbio che lo porterà alle sue efferate, folli azioni. 

Solo in seguito si accorgerà di aver preso un abbaglio, dettato dalla gelosia. 

Tolstoj in questo libro scava nel profondo dell’animo umano, mostrando le fragilità di un uomo che si rende conto dell’assurdità dei suoi pensieri: il rancore nei confronti della moglie, la bellezza di lei intesa come un’offesa contro di lui, l’infondata gelosia; tramite la sua voce conosceremo le oscure motivazioni di un atto così disumano. 

Perché racconta ad uno sconosciuto la sua storia? Cerca compassione? O vuole tentare di giustificare le sue azioni? 

Lontano dalla parità tra uomo e donna, nella società di quel tempo, un marito poteva tranquillamente avere un’amante, mentre una donna fedifraga doveva essere punita. 

Il tema del romanzo è purtroppo molto attuale: più che scritto nella Russia ottocentesca, sembra un fatto di cronaca odierno; questo ci fa capire quanto poco si sia evoluta la condizione della donna negli anni, quanto troppi mariti si sentano in diritto di ritenere la propria moglie una loro proprietà. 

Pur amando i classici, per lungo tempo ho guardato i romanzi degli autori russi con diffidenza: forse li ritenevo troppo impegnativi.  

Poi mi sono imbattuta in questo libro, sicuramente non il più famoso di Tolstoj, ma che mi ha incuriosito ed ho deciso di iniziarne la lettura.  

Fin dalle prime pagine mi ha catturato talmente tanto da terminarlo in pochi giorni.  

E mi sono dovuta ricredere: " La suonata a Kreutzer" è coinvolgente, scorrevole e ben scritto; con magistrale arguzia, Tolstoj analizza tematiche profonde, riuscendo a tenere sempre alta l'attenzione del lettore. 

“SU DI ME QUEL PEZZO (LA SONATA A KREUTZER) FU TERRIBILE: FU COME SE MI SI SCOPRISSERO SENTIMENTI NUOVI” 


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 1891