lunedì 28 ottobre 2024

LA GRAMMATICA E' UNA CANZONE DOLCE

 




La grammatica è una canzone dolce - Erik Orsenna

Recensione a cura di Patrizia Zara

  

La lettura di questo delizioso, piccolo romanzo la dedico a mia sorella poiché il libro l'ho trovato nella sua libreria  stipato fra "Alice nel paese delle Meraviglie" e il "Don Chiscotte della Mancia".
Ricordo che mia sorella, molto prima di andare via, in un giorno come tanti, mi disse che tale libro conteneva una storiella simpatica sull'importanza delle parole.
Queste, spesso, vengono usate a casaccio, mortificate, ferite, stuprate dalla violenza dell'ignoranza.
Voleva proporla come lettura estiva ai suoi piccoli studenti appunto, sia per la semplicità del linguaggio, seppur  articolato di ricchi vocaboli, sia per l'originalità della storia alquanto fantastica. Questa sicuramente avrebbe aiutato i suoi piccoli ad avere un lessico più ricco e variegato, a saper utilizzare le parole giuste appropriandone in maniera corretta anche nella conversazione quotidiana fra amici e familiari. Sosteneva caparbiamente che un buon linguaggio favorisce la comprensione.
Lei ci teneva a utilizzare le parole giuste, a soppesarne il significato, a dare un tono all'esatta pronuncia. Era una donna che non utilizzava a vanvera le parole "amore", "amicizia", "correttezza", "coerenza", "dignità" e così via. Ne aveva rispetto, quasi soggezione per paura di ferirle nell'utilizzo improprio e in contesti fittizi e inflazionati (mica aveva torto, dico io).
Teneva in considerazione una buona frase con le parole al posto giusto e nelle forme corrette.
Si appassionava a studiare l'etimologia delle parole, la loro lunga intima storia che altro non è che la storia dei popoli.
"Bisogna essere autorevoli ma mai e poi mai autoritari con le parole, altrimenti queste si offendono diventano aridi segni,  stridenti suoni cacofonici" perorava convinta.
"Le parole hanno un loro carattere e una spiccata personalità;  hanno alle loro spalle una lunga e ricca storia e per tali ragioni bisogna rispettarle".
Potevo non apprezzare la storia di Giovanna e Tommaso, fratelli legati da odio/amore, piccoli naufraghi nell'isola abitata dalle parole? Potevo non innamorarmi di un'isola dove i nomi si sposano con gli articoli in municipio, un'isola dove i nomi possono comprare in un vasto mercato una miriade di aggettivi per abbellirsi e personalizzarsi, un'isola in cui esiste un ospedale ben organizzato per curate con devozione e missione le parole che hanno subito violenza?
Certo che si, e vi confesso che la lettura di alcune pagine mi ha provocato un gemito incontrollato di nostalgica emozione provocato indubbiamente dalla mia personale interpretazione. Chissà se mia sorella si trova in quest'isola sconosciuta, dalle spiagge vellutate, il cielo azzurro, il mare trasparente, i pesci e gli uccelli colorati, circondata dall'amore di tante parole immortali. In compagnia di Charles Lewis e la sua Alice, di Giacomo e il suo colle infinito, di Antoine e il suo piccolo principe. Chissà.
Non c'è una storia, di ogni genere e grado, in cui non vedo qualcosa che mi appartiene. E questo mi fa sentire meno sola. Ecco perché amo leggere!
Ritornando al libro in questione, lo consiglio come intermezzo rilassante per riordinare la memoria e le idee: una boccata di aria fresca dopo letture impegnative. Ritornare bambini non fa mai male. Anzi consiglio la lettura sia a fanciulli/e dai 8 anni in su, e agli adulti che non sono riusciti a colmare le lacune infantili non solo linguistiche, e a chi, come me, ha bisogno di alleggerire la pesantezza dell'esistenza.

"C'era una volta. La frase magica che, ogni giorno, dall'infanzia alla morte, ci porta in viaggio. C'era una volta.
Le quattro parole che danno inizio alle nostre partenze più belle.
Ecco perché mormorare "c'era una volta" è come issare la vela. Pagina bianca, vela bianca. Ci imbarchiamo nelle parole o sul mare. Davanti a noi, gli orizzonti misteriosi"


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2002

 


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