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mercoledì 26 febbraio 2025

KINTSUGI

 




Kintsugi - Lorena Marcelli

recensione a cura di Maria Rosaria Vitalone

 

“E’ proprio questa la verità. Nella vita si deve cercare il modo di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, di valorizzarle, esibirle, e convincersi che sono proprio queste che rendono ogni persona unica, preziosa.” (cit. pag. 46)

Kintsugi, nuova bellezza è l’ultimo romanzo di Lorena Marcelli, scrittrice abruzzese di lungo corso, che ha pubblicato con diverse case editrici: da Sperling&Kupfer a Emma Books, passando per Rizzoli. Con Kintsugi la nostra scrittrice, che racconta spesso figure storiche femminili, esce dai suoi canoni; è il primo romanzo che verte su una storia di crescita e di formazione.

Kintsugi significa letteralmente "riparare con l'oro"; è una tecnica di restauro ideata da ceramisti giapponesi, in origine, per riparare tazze in ceramica per la cerimonia del tè e dopo è stata applicata anche per altri oggetti. Le linee di rottura sono lasciate visibili e vengono evidenziate con polvere d’oro. Si accentua così la loro bellezza, trasformando la fragilità in un punto di forza e perfezione. 

In questo suo romanzo Lorena Marcelli riesce a coniugare il senso materiale del kintsugi con quello spirituale. 

E’ la storia di quattro ragazzi che incontriamo nel 1983 a Roseto degli Abruzzi, durante un’estate di vacanza e spensieratezza. Sono Martina, Massimo, Maia e Maria, sono coetanei, ognuno di loro ha un carattere diverso, c’è chi proviene da una famiglia numerosa e chi è unico figlio. Sanno che presto il loro destino li porterà lontani dalla cittadina sul mare, andranno all'università in una città distante e dovranno affrontare la loro esperienza di vita altrove. Hanno un altro obiettivo i nostri protagonisti: non si divideranno, la loro amicizia è molto importante e molto forte. 

Ma la vita non segue sempre la direzione che vogliamo. La vita divide, allontana, mette alla prova. In queste pagine seguiamo le esperienze di Martina, Massimo, Maia e Maria, seguiamo le loro vicende, li vediamo affrontare le sfide che la vita pone loro davanti e, inevitabilmente, ci confrontiamo con quel che accade loro.

I temi trattati dall’autrice sono molti e riguardano sentimenti come l’amicizia e l’amore o come l’indifferenza e l’invidia, ma anche il senso di inadeguatezza, la depressione e i disturbi alimentari. Lorena Marcelli sviluppa questi temi in maniera interessante, in un crescendo che segue di pari passo le varie fasi di crescita dei quattro ragazzi. 

E’ inevitabile per il lettore fare un'analisi introspettiva, riflettere sulle azioni e sulle dinamiche della storia, arrivando a capire fino in fondo quel che si può definire “l’effetto kintsugi”. Una lettura piacevole, istruttiva e costruttiva ancora più avvalorata da una scrittura precisa e delicata.

Ogni parola è scelta con cura, dosata al punto giusto così da evocare belle immagini, senza mai risultare eccessiva. La Marcelli ha una prosa che scorre con naturalezza, sa giocare con i tempi e con i toni, tanto da arricchire la narrazione, consegnando al lettore una storia profonda e con un ritmo perfetto.  


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2024

 


giovedì 9 gennaio 2025

PAESE PERDUTO

 




Paese Perduto - Pierre Jourde -

recensione a cura di Maria Rosaria Vitalone


 E’ un paese perduto”, dicono, non v’è espressione più giusta. Non ci si arriva che smarrendosi. Nulla da fare qui, nulla da vedere. Perduto forse fin dall’inizio, talmente perduto prima di essere stato che questa perdita non è altro che la forma della sua esistenza. E io, stupidamente, fin dal principio, cerco di conservarlo. Vorrei che fosse se stesso, immobile nella sua perfezione, e che a ogni istante ce ne si possa riempire.” (cit. pag. 18)

Un romanzo autobiografico, tanto che è lo stesso autore a disegnare una piantina del paese che ben conosce che è all’interno del libro e che troviamo anche in copertina. Pierre Jourde traccia i luoghi e i nomi dei personaggi di cui racconterà, e lo fa così bene che qualcuno non ha gradito il racconto siffatto.

Il paese perduto di cui parla Jourde è lontano dalle città, tra le montagne francesi, raggiungibile attraverso strade impervie. Chi va in quel luogo ha un legame, un ricordo, qualcosa da ritrovare; non è certo un luogo di passaggio o meta di vacanze. Per Pierre e il fratello è un posto famigliare, il paese d’origine del padre, il luogo a cui sono legati da ricordi di vacanze in famiglia e di incontri con personaggi davvero molto particolari che in questo racconto ritroviamo. Vi si recano per una eredità, una fattoria alquanto malandata ricevuta dal fratello e quando arrivano ricevono la notizia della morte di una ragazza del paese. Recarsi a casa della defunta per gli ossequi e il successivo funerale, apre a Pierre una finestra sui ricordi e a noi una narrazione sulle caratteristiche delle persone incontrate, sugli usi, i costumi e il paesaggio che incuriosisce fino all’ultima pagina.

Pierre Jourde non lascia nulla all’immaginazione, racconta quel che vede e quel che ricorda dei tempi passati, scende nei particolari, utilizzando anche tratti goliardici e grotteschi: la solitudine, il cibo e l’alcol, l’inverno, l’igiene sono punti cardine attorno a cui ruotano le storie. Il funerale raccoglie attorno alla famiglia della defunta coloro che sono rimasti e, di quelli che non ci sono più, arriva il ricordo grazie all’impronta che hanno lasciato. E da qui le riflessioni sulla morte, sulla mancanza, sulla memoria.

Nonostante Jourde sembra essere nostalgico non scende mai nel patimento ma, al contrario, tende a sollevare il lettore utilizzando una forma molto diretta e colloquiale che non allontana dalla pagina. Le sue riflessioni sono intense, tanto che porta chi legge a farle proprie. E’ un viaggio questo libro, in sé stessi oltre che nel paese perduto. Ha questa dualità che non tutti gli autori riescono a proporre.

E’ molto probabile che chi legge questo libro possa trovare delle similitudini con altri luoghi ed altri paesi, perduti o no, della propria infanzia o della propria vita - così come è capitato alla sottoscritta - e di sorriderne. Di paesi piccoli, dove tutti si conoscono, dove i legami sono forti e dove la nostalgia la fa da padrona, ne abbiamo piena la memoria. E questo libro può essere un’ottima rappresentazione di quelle comunità.

Paese perduto è la prima opera pubblicata in Italia di Pierre Jourde, a cui sono seguite altre. È uno degli scrittori più autorevoli della letteratura francese contemporanea che spazia dal romanzo al racconto, dall’autobiografia alla poesia ed al saggio filosofico, passando per la critica letteraria. Anche lui ha un blog molto conosciuto, Confitures de Culture.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2019








venerdì 13 dicembre 2024

MARIA ROSARIA VITALONE



 é così che si muore

paese perduto

kintsugi

E' COSì CHE SI MUORE

 




E’ così che si muore - Giuliano Pasini – 

recensione a cura di Maria Rosaria Vitalone

 

Giuliano Pasini con questo romanzo torna a raccontare le vicende del commissario Roberto Serra, dopo qualche anno dalla precedente pubblicazione (Il fiume ti porta via - 2015).

Il commissario Roberto Serra, torna a Case Rosse, un paese di mille anime appena, arroccato sull’Appennino Emiliano. La sua intenzione è quella di trascorrere del tempo tranquillo in quella sede seppur la sua precedente esperienza in quel paesino lo aveva travolto con una indagine difficile e davvero particolare. Assegnata a Case Rosse c’è anche l’agente Rubinia Tonelli, per lei quella è una punizione e non una scelta. I due poliziotti dovrebbero essere sufficienti per quel commissariato dove le funzioni da svolgere sono, per lo più, ordinarie.

Una telefonata però avverte di un incendio in una abitazione nella frazione di Cà di sotto. Le fiamme hanno travolto l’intero casolare. I due agenti si precipitano sul posto, dove ci sono all’opera i vigili del fuoco che cercano di spegnere quell’inferno. Il forte e cattivo odore fa immaginare che in quel luogo vi fossero animali che purtroppo sono finiti vittime del rogo. Un urlo di uno dei vigili avvisa però che dentro le mura ormai bruciate della casa vi è il cadavere di un uomo: è quello del proprietario Eros Bagnaroli, detto Burdigòn (lo Scarafaggio). Quel che poteva sembrare un brutto incidente si rivela invece un omicidio; basta uno sguardo al cadavere e il commissario Serra si accorge di un taglio netto al collo che non lascia alcun dubbio. Burdigòn è come se fosse stato sgozzato.

Inizia così questo romanzo che è valso a Giuliano Pasini l’assegnazione del Premio Giallo e Nero di Puglia avvenuta a Brindisi il 30 novembre scorso. Ha superato di pochi voti Il taglio freddo della luna di Piera Carlomagno, e poi ancora La Star di Francesca Bertuzzi, L’ombra della solitudine di Roberto Roversi e Abbaiare alla luna di Valeria Corciolani.

Roberto Serra è un personaggio che fin dalla sua prima apparizione nel 2011 - ne Venti corpi nella neve, sempre ambientato a Case Rosse - ha molto colpito gli amanti del genere. E’ uomo pieno di fragilità, che deve fare i conti con i traumi del suo passato, farsi forza nell’affrontare il suo presente e ricoprire il suo ruolo da commissario di polizia nel migliore dei modi. Non un eroe insomma. In questa storia Pasini gli affianca Rubinia, una poliziotta che forse, in quanto a traumi e trascorsi personali non è da meno del suo commissario e cerca di trascorrere i due anni di “punizione” in modo asettico, seduta davanti ad un computer in cui la massima occupazione è giocare a campo minato. L’autore deve aver pensato, a ragione, che due personaggi di questo tipo avrebbero potuto reggere una indagine complessa, resa ancora più difficile dall’ambiente chiuso e anche un po’ omertoso del piccolo paese in cui si trovano, soprattutto con chi è “di fuori” (come lo sono Serra e Tonelli). E così, seppure le premesse sono queste, il romanzo prende da subito un ritmo più sostenuto, dato anche da dialoghi mai banali con l’inserimento di quell’intercalare tipico emiliano che rende il tutto molto più vero. Le scene, così come la costruzione delle vicende, si presentano davanti agli occhi di chi legge come fossero azioni di un film.

Pasini è preciso anche nell’inserire tecniche di indagine che possono essere state già viste e lette, ma che aiutano ancora di più a comprendere la dinamica di quanto accade e soprattutto ha staccato quel che accade in questo romanzo dai romanzi precedenti. Infatti anche se il commissario Roberto Serra è un personaggio seriale, “E’ così che si muore” può esser letto tranquillamente anche da chi non conosce le indagini precedenti, come la sottoscritta. Laddove ci sono accenni a qualcosa avvenuto nel passato non incidono in maniera “fastidiosa” nel prosieguo della lettura. Nota questa che trovo altamente importante per chi legge un romanzo e non ha intenzione di leggere una serie intera.

Aggiungo due note, in conclusione, nel proporre la lettura di “E’ così che si muore”: Giuliano Pasini conosce bene il territorio in cui ha ambientato questo suo romanzo essendo nato e cresciuto proprio in Emilia (è di Zocca) e poi trasferito a Treviso e quindi le vicende sono ben inserite nel contesto. I personaggi sono tanti e di ognuno di loro la caratterizzazione è perfetta, i particolari vengono descritti in modo tale che le figure sono ben delineate. Quella che ho preferito è Nives, una signora più adulta, che vive nella parte alta del paesino e che riesce ad addolcire e ad accudire il nostro commissario in modo materno, così da mostrare quel lato più umano in una storia che racconta invece vicende brutali.


genere: giallo

anno di pubblicazione: 2023