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mercoledì 21 giugno 2023

SPAZIO SELF PUBLISHING - ROBERTO GRANIGLIA -





 


Per il terzo appuntamento di Spazio self publishing ho il piacere di illustrare le opere di un autore, Roberto Graniglia, che quando lo lessi per la prima volta (Il cuore di Marta) mi aprii un mondo. Basta dire che le mie attuali scelte di lettura dipendono in buona parte da quel romanzo. Il libro che voglio consigliare oggi però si intitola La caratteristica del male ed è l’ultimo da lui pubblicato.

Tre motivi per leggerlo:

Questo romanzo va a completare una ideale trilogia iniziata con il romanzo Il lungo Semhain e proseguita con L’oscuro incantatore. Deve essere assolutamente letto per conoscere finalmente il destino che l’autore a riservato al capitano Crane, a Frank, al tenente Dillinger ed a Malanthan.

Percepire, leggendo La caratteristica del male, cosa vuol dire scrivere un “buon” romanzo. Al di là della trama e della storia in sé il romanzo è scritto proprio bene. La cura e l’attenzione ai dettagli e un editing scrupoloso fanno si che anche la lettura scorra rapida e piacevole. Non venendo distratti da nulla e potendosi immergere completamente nella vicenda raccontata.

Come nelle migliori tradizioni dell’autore, rispettate in pieno anche in questo romanzo, le pagine finali, di per sé adrenaliniche e piene di suspence, non chiudono nulla in maniera definitiva. Tutto o quasi rimane in discussione trasmettendo un senso di inquietudine, con la voglia di sapere quanto prima come finiranno le questioni sospese. Il finale poi non è certo rassicurante ma qui mi fermo, ho già detto troppo.

 

Intervista a Roberto Graniglia

Ciao Roberto come stai? Bentrovato innanzitutto. Anche con te vale lo stesso discorso fatto con Elena Carletti, avevo perso le speranze di leggere un tuo nuovo romanzo. Era passato qualche anno dalla seconda parte della trilogia (L’oscuro incantatore è del 2019) ed oramai temevo che il terzo e conclusivo volume non sarebbe mai uscito. Invece hai fatto una piacevolissima sorpresa ai tuoi lettori. Certo tu stavi alacremente lavorando nell’ombra per riuscire a pubblicarlo ma noi non lo potevamo sapere. Ci racconti la travagliata uscita di questo romanzo.

Ciao Gino! Ti ringrazio dell’invito e sono contento di sapere che aspettavi il mio ritorno. È un piacere risentirti e sono felice di rispondere alle tue domande. Be’, il percorso di pubblicazione dell’ultimo romanzo è stato abbastanza travagliato e il periodo di Covid non ha certo aiutato.

La caratteristica del male, come hai giustamente detto, è il seguito de L’oscuro incantatore e chiude una trilogia che parte da lontano, dal mio primo romanzo: Il lungo Samhain.

Il racconto era già praticamente pronto alla fine del 2020, ma non l’ho messo subito su Amazon anche perché, da illustre sconosciuto, avevo bisogno delle presentazioni nelle librerie per essere più visibile e per raggiungere un pubblico più vasto, ma nel periodo della pandemia le presentazioni dal vivo erano tutte bloccate, quindi nel frattempo ho deciso di rileggerlo, modificarlo, scombinarlo, rieditarlo e migliorarlo in alcuni punti. Ne ho approfittato anche per farlo partecipare a diversi concorsi letterari importanti (e quindi nel frattempo non avrei potuto pubblicarlo, pena l’esclusione dal concorso) e per inviarlo ad alcune case editrici. Mi hanno risposto in pochi, ma qualcuno ha risposto positivamente.

Ti confesso che con questo romanzo sono arrivato vicino alla pubblicazione con due grossi nomi dell’editoria, ma poi, non so bene perché (o meglio, credo di saperlo, ma spero che non sia davvero così), dopo una mia lunga fase di editing (richiesta da loro) sono scomparsi… Hanno semplicemente smesso di rispondere alle mail. Comunicazioni interrotte. Dileguati. Addio.

Evidentemente nel frattempo le loro scelte editoriali devono essere cambiate. Mettiamola così. Forse non hanno sciolto del tutto i dubbi che avevano fin dall’inizio sull’ambientazione americana. Dicevano che un esordiente italiano (Sono ancora esordiente? Davvero?) che racconta di un’indagine in America avrebbe potuto far storcere il naso al pubblico; peccato che essendo la chiusura di una trilogia che partiva da New York (Il lungo Samhain è ambientato lì, durante una festa di Halloween) non avrei certo potuto ambientare La caratteristica del male a Firenze o a Roma…

Puoi immaginare come ci sia rimasto, dopo tutto il tempo che avevo impiegato nell’editing e nella modifica di alcuni capitoli. Allora ho deciso di non buttare via tutto il lavoro fatto e di pubblicarlo comunque su Amazon, come avevo fatto con gli altri romanzi.

Era troppo tempo che non pubblicavo e non volevo più aspettare. Lo dovevo ai miei personaggi (che erano intrappolati lì dentro da due anni) e lo dovevo anche ai miei lettori che reclamavano una mia nuova storia. Ti sembrerà strano, ma periodicamente qualcuno mi contattava sui social per chiedermi che fine avessi fatto e per avere novità sui miei progetti e questa cosa mi ha fatto estremo piacere e mi ha spinto ad andare avanti con la scrittura.

 

Anche questo romanzo quindi è stato pubblicato in proprio. Certo per te vederlo preso in carico da una casa editrice sarebbe stata una grande soddisfazione, sarebbe stato il chiaro riconoscimento del buon lavoro svolto fino a quel momento. Ma non credo che in questo caso (come nei romanzi precedenti d’altronde) tu ti possa rimproverare nulla. Ho ripetuto a più riprese come questo romanzo, al di là di tutto, appaia solido, ben costruito, curato e attento nella scrittura e nell’editing.  Tu come giudichi il risultato di tanta fatica?

Ti ringrazio per i complimenti. Dietro c’è tanto lavoro (mi fa piacere che tu l’abbia notato) visto che faccio praticamente tutto da solo. La cosa più complessa, a parte l’editing, è stata quella di far combaciare tutti i pezzi del puzzle che si trovavano sparsi anche nei precedenti romanzi.

Come ho già scritto – e come si può immaginare – mi avrebbe fatto piacere pubblicare con una grande casa editrice perché finalmente, dopo 9 romanzi e 13 anni di pubblicazioni, avrei potuto davvero vedere la risposta del grande pubblico di fronte a un libro presente sugli scaffali delle librerie. Amazon è una piattaforma che per gli autori ha tanti pregi, ma ha il difetto di non renderti “visibile” e reperibile in una libreria o tra gli scaffali di un grande supermercato, dove hai davvero la possibilità di vendere tanto e di essere quotidianamente alla portata di tutti. Da autore posso dirti che questo è il romanzo più lungo e quello per il quale ho speso più tempo. Complessivamente sono contento del risultato, ma soprattutto sono soddisfatto di aver portato a compimento un lungo lavoro che avevo iniziato nel 2010 con il primo romanzo e che mi ha portato via tante energie, ma mi ha anche dato tante soddisfazioni. Spero che anche i lettori notino e apprezzino il lavoro che c’è dietro e soprattutto spero che si appassionino alle vicende dei personaggi della mia ultima storia.

 

Iniziamo a parlare più nel dettaglio del romanzo. A che punto eravamo rimasti? Ci racconti a che punto eravamo quando è terminato L’oscuro incantatore e la trama di La caratteristica del male?

L’oscuro incantatore riprendeva la storia di Frank Williams, ormai diventato un professore universitario, che ha avuto un’adolescenza molto complessa (e raccontata nel Lungo Samhain), dalla quale tenta di scappare, trasferendosi con la sua compagna in Vermont, in una città chiamata Antonsville.

Joe Malanthan (il killer che ha tentato di uccidere Frank durante la notte di Halloween di tanti anni prima) lo segue fino in Vermont per terminare finalmente il suo folle piano ed è il leader occulto della setta coinvolta negli avvenimenti che iniziano a sconvolgere la piccola città; il capitano Crane – che conosce il modus operandi dell’assassino – andrà fin lì per dare una mano agli agenti di Antonsville, ma Joe pare essere inafferrabile e ha la capacità di scomparire nel nulla un attimo prima di essere acciuffato, lasciando terra bruciata dietro di sé. Non posso aggiungere altro per non svelare troppi particolari.

Da questi presupposti partono le vicende dell’ultimo libro, La caratteristica del male.

Anche qui ritroveremo il capitano Crane (che intanto si è preso una pausa dalla polizia ed è caduto in una profonda depressione), il fedele tenente Dillinger (che chiederà aiuto a suo fratello Luke e a Crane per risolvere il caso fin troppo ingarbugliato che sta seguendo) e il nostro “caro” Joe Malanthan, che non ha nessuna voglia di mollare l’osso, che tornerà a minacciare Frank Williams e sua figlia Vera e che ha ancora tutta l’intenzione di portare avanti i suoi folli e raccapriccianti progetti.

 

È un romanzo che non fa sconti. Non tutto va per il verso giusto anzi anche questa volta ci saranno momenti molto drammatici e impensabili all’inizio del romanzo. Dei fulmini improvvisi a ciel sereno che faranno perdere un battito. Ami spiazzare il lettore. Lo continuerai a fare? La caratteristica del male chiude idealmente la trilogia dell’oscuro incantatore. Ritroveremo ancora il capitano Crane e il tenente Dillinger o ci sono altri personaggi che chiedono di entrare in scena?

Sì, credo sia un romanzo bello tosto, con diversi momenti drammatici e scoperte inquietanti che svelano il vero volto di alcuni personaggi che comparivano nei precedenti romanzi.

Hai detto bene: mi piace spiazzare il lettore. Forse perché amo essere spiazzato, quando sono io a leggere un romanzo.

Non mi piacciono le storie lineari, senza imprevisti. Mi piace scombinare le carte in tavola e far credere qualcosa che poi alla fine si rileva completamente diversa da ciò che si pensava. Non amo i racconti o i film in cui tutto va magicamente al suo posto. Nei miei racconti c’è sempre una variabile che sfugge. Ecco, è di quella variabile che spesso i miei lettori si ricordano ed è grazie a questa che si appassionano al racconto.

Forse ritroveremo ancora Crane e Dillinger, ma ci sono altri personaggi che spingono per entrare in scena. Durante le presentazioni dico spesso che altri mostri graffiano sulla porta del mio scantinato, chiedendomi di raccontare le loro storie macabre e so che prima o poi troveranno il modo di uscire da lì sotto…Quello che è sicuro è che il male ritornerà: quello ritorna sempre.

 

Hai scritto tanti romanzi ed anche pregevoli racconti. Dei romanzi mi fa piacere citare (oltre al già richiamato Il cuore di Marta) Il pupazzo di Dylan con le sue atmosfere Chinghiane (neologismo?) o La casa diroccata e fra le raccolte di racconti Cinque passi nell’incubo. Ma sullo sfondo di tutto è sempre rimasto Malanthan, l’oscuro incantatore, il creatore della setta che con i suoi adepti ricopre di terrore intere cittadine. Corruzione, degrado morale, avidità, sadismo, ossessione, l’impossibilità di liberarsi dal male. Ci sarà sempre qualcuno disposto a prenderne l’eredità. C’è tutto in questa trilogia pubblicata in un lasso di tempo piuttosto lungo che racchiude fino ad ora tutte le tue opere. Cosa rappresenta per te Malanthan? Che riflessioni ci deve portare a fare?

Ti ringrazio per aver ricordato anche i miei precedenti romanzi. So che hai amato tantissimo Il cuore di Marta e devo dirti che anch’io ci sono molto affezionato. È con Il cuore di Marta e La casa diroccata che sono diventato “famoso”, perché è con quei due racconti che sono rimasto primo in classifica per diverso tempo tra i romanzi thriller-horror in Amazon Prime Reading. E poi da quei due racconti il pubblico si è avvicinato anche agli altri, spesso andando a ritroso nel tempo.

A Frank Williams, Joe Malanthan e Robert Crane sono chiaramente molto legato perché è grazie a loro se ho iniziato a scrivere Il lungo Samhain e da lì è partito il mio lungo e tortuoso viaggio nel mondo del thriller, del mistero e dell’horror.

Devi sapere che dopo Il lungo Samhain per anni diverse persone mi hanno contattato per chiedermi di scriverne un seguito perché nel suo piccolo – e nonostante fosse un breve racconto d’esordio – la storia di Frank era piaciuta tanto e volevano conoscere qualcosa di più su Joe Malanthan, che nel primo romanzo restava quasi nascosto, in disparte. È così che nel 2019 è nato L’oscuro incantatore ed è per questo che ho sentito anche la necessità di chiudere questa trilogia con La caratteristica del male. Dovevo in qualche modo presentare meglio il vecchio Joe: voleva anche lui un posto di rilievo e finalmente l’ha avuto.

Se mi chiedi chi è davvero Malanthan e cosa rappresenta per me, la risposta è semplice: Malanthan è il male che c’è in tutti noi. In tutti, nessuno escluso.

Qualcuno riesce a resistere ai propri istinti primordiali, a tenerli sopiti e nascosti, mentre altri ne vengono sopraffatti. Quando vince il male, ecco che arriva Joe. Lo dichiara apertamente lui stesso nell’ultimo libro. Malanthan è la morte, è una specie di pestilenza che dilaga, è il degrado morale, è l’aberrazione mentale e la cosa ancora più brutta è che, come sa bene anche il capitano Crane, di pazzi come Malanthan è pieno il mondo! Basta accendere la TV per rendersene conto. E purtroppo il male ha una caratteristica molto fastidiosa: genera sempre altro male, passando di persona in persona. Non c’è speranza. Se cresci con cattivi esempi, non potrai che fare peggio di quello che hai visto. Se vivi esperienze traumatiche, queste saranno per sempre parte di te e la cosa tremenda è che non sai mai come o quando verranno a presentarti il conto, né tantomeno sai cosa sarai capace di fare e come ti lasceranno quando il male che è in te prenderà il sopravvento.

 

Abbiamo detto molto sui tuoi libri e su La caratteristica del male. Ci sarebbe ancora molto da aggiungere, lascio a te questa facoltà. Siamo al termine della nostra breve chiacchierata. Aggiungi tu qualche particolare, qualche cosa che non abbiamo detto ma che ritieni importante far sapere ai lettori.

Be’, per me da autore è difficile parlare dei miei romanzi, preferirei far parlare i commenti dei miei lettori. In questi anni ne ho ricevuti tanti e spesso sono anche troppo lusinghieri.

Certamente posso dirti che ognuna delle mie storie mi ha lasciato qualcosa, che dopo la loro stesura mi sono ritrovato diverso e in ognuna ho riversato e tentato di esorcizzare le mie stesse paure; in ogni storia ho messo qualcosa di mio, qualcosa di segreto, qualcosa che mi appartiene.

In questi anni ho avuto tante soddisfazioni grazie a quello che scrivo, nonostante nessuna “grande” casa editrice si sia mai interessata a un mio romanzo. Come ho detto, ci sono andato vicino, ma poi è sfumato tutto e per questo, spesso, mi sono abbattuto.

Nel bilancio complessivo comunque non posso che ricordare tante cose belle: sono arrivato in finale in diversi concorsi letterari, con il mio libro d’esordio sono riuscito a scrivere un treatment cinematografico (depositato presso la SIAE) con il mitico Giovanni Lombardo Radice (uomo generoso e cordiale, che in una delle nostre chiacchierate dal vivo mi disse che avevo talento e che sarebbe stato un peccato sprecarlo, smettendo di scrivere), durante le presentazioni dei miei libri ho conosciuto tanta gente fantastica, ma soprattutto ho ricevuto l’affetto di molti lettori sconosciuti che mi hanno spinto ad andare avanti, anche quando il tempo (sempre troppo poco) e la sorte sembravano essere contro di me. Tra questi lettori ci sei anche tu, Gino, e ti ringrazio per le belle parole che hai sempre speso nei miei confronti.

Scrivendo possono esserci dei periodi in cui non trovi l’ispirazione o in cui vorresti mollare tutto, magari perché non hai tempo o perché ti accorgi che le case editrici non ti considerano, mentre noti che sempre più spesso pubblicano (e pubblicizzano) romanzi che mi lasciano abbastanza perplesso, ma poi la passione riprende il sopravvento e ti ritrovi proiettato in una nuova storia che vuoi fare conoscere a tutti e che senti di dover scrivere a ogni costo.

Insomma, il riassunto è che, nonostante le diverse delusioni e nonostante io resti sempre un eterno emergente semi-sconosciuto, in questi anni mi sono preso anche tante soddisfazioni e spero di tornare al più presto a parlare dei miei mostri con un nuovo racconto, perché il mio scantinato si sta riempiendo di personaggi malefici e loro reclamano sempre più spesso la mia attenzione.

 

Ti ringrazio per la disponibilità, a presto.

Grazie a te per la fiducia che hai sempre mostrato nei miei confronti e per la bella intervista. A presto!

 

 

venerdì 24 aprile 2020

INTERVISTA A ROBERTO GRANIGLIA








INTERVISTA A ROBERTO GRANIGLIA

Oggi nello spazio interviste abbiamo il piacere di ospitare l’autore Roberto Graniglia. Grazie per averci dedicato un po’ del tuo tempo.
Prima se posso ti faccio volentieri qualche domanda di carattere generale per conoscerti un po’ meglio…no, non ti preoccupare nulla di personale. Solo domande riguardanti il nostro amato mondo dei libri.  Allora Roberto raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Ciao a tutti e grazie per l’invito ricevuto dal tuo blog di lettura!
Sono nato a Taranto, ma vivo a Firenze da più di vent’anni. Sono un ingegnere, con un dottorato in chimica ambientale e insegno matematica e fisica nelle scuole superiori. La passione per la scrittura nasce un po’ per caso, vista la mia formazione prettamente scientifica. Probabilmente deriva tutto da mia madre: mi ha passato lei l’amore per la letteratura e la lettura in generale. Mi sono ritrovato a scrivere il mio primo racconto (Il lungo Samhain) circa undici anni fa, quasi per gioco, come una specie di passatempo. Poi è stato pubblicato e – nel suo piccolo – ha riscosso e riscuote ancora oggi un discreto successo. Proprio grazie al mio primo romanzo mi è capitato di conoscere dal vivo il grande Giovanni Lombardo Radice (attore - di cinema e teatro - e sceneggiatore di grande talento) al quale il libro è piaciuto tanto e che mi ha proposto di creare con lui un treatment cinematografico basato sul mio racconto. La cosa mi ha spinto a continuare a scrivere e, come sai, adesso sono arrivato al settimo libro.

Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo? Consigliaci un libro di un tuo/a “collega”.
Sì, sono anche un lettore. Credo che per poter scrivere bene ci sia bisogno anche di leggere tanto. A dire il vero non ho una preferenza fra cartaceo ed ebook, anche se il cartaceo ha sempre il suo fascino. Ultimamente leggo molti libri in formato digitale anche per comodità (li ho sempre con me sul cellulare o sul tablet), ma in casa - e in cantina - ho anche tantissimi libri in formato cartaceo. Ho un genere preferito: amo leggere thriller/horror fin da quando sono piccolo. Ultimamente ho letto Barbara Baraldi: L’ultima notte di Aurora. Barbara è molto brava e scrive anche alcune storie per Dylan Dog. Consigliatissima!

Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o sono esclusivamente di fantasia?
Le storie nascono tutte dalla mia fantasia. Quando arriva l’ispirazione, per me è come vedere scorrere un film. Io sono lì con i personaggi e descrivo semplicemente quello che accade e tento di passare al lettore le sensazioni che provo mentre scrivo. In realtà, però, non è tutto così banale: dietro un libro c’è anche una lunga fase di studio, un momento nel quale – oltre a caratterizzare ogni personaggio e renderlo riconoscibile anche nei dialoghi – mi documento sui luoghi, ma anche su tanti altri particolari che rendono il libro più credibile e quindi più interessante da leggere.

 La tua scrittura si colloca in un genere preciso o ritieni non si possa classificare con precisione?
I miei libri sono stati classificati in diversi generi. I primi racconti erano prettamente horror di ambientazione quotidiana, poi ho virato più sul thriller psicologico e sui racconti del mistero e del sovrannaturale, mentre gli ultimi sono anche stati definiti come dei gialli polizieschi. In realtà io direi che i miei racconti possono tutti essere classificati nel genere thriller/horror, senza scomodare tante altre sottocategorie.

Sei un autore che auto pubblica i suoi libri. La tua è una scelta voluta oppure ambisci prima o poi a scrivere per una casa editrice ma ancora non ne hai avuto l’opportunità? Non deve essere facile dover occuparsi di tutti gli aspetti di “contorno”: copertina, editing, impaginazione, stampa…Parlaci della tua esperienza.
Bella domanda... La risposta sarebbe molto complessa, ma proverò a riassumere. Mi piacerebbe tanto scrivere per una grande casa editrice: credo sia la massima aspirazione per ogni scrittore. Ma sono anni che invio in giro le mie opere per una valutazione e nessuna di queste ha mai risposto. Intendo dire che moltissime non hanno proprio risposto nulla! Nell’editoria vige il silenzio diniego. Una piccola percentuale invece ha semplicemente risposto che non gli interessava il mio lavoro perché avevano già troppe proposte e/o troppi libri già pubblicati per l’anno in corso. Insomma, non so se sono mai stato davvero “valutato” e poi eventualmente scartato da una delle case editrici, oppure se mi sono fermato direttamente alla porta d’ingresso, diciamo alla prima maglia del filtro. Resterò con il dubbio. Sulle piccole case editrici ho qualche remora, perché so di colleghi che sono rimasti “scottati” a causa di una scarsa attenzione nei loro confronti e di problemi più o meno grossi nel pagamento dei diritti d’autore. Chiaramente non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma diciamo che molti di quelli che ho sentito non sono assolutamente rimasti soddisfatti delle loro esperienze. Quindi attualmente il self-publishing è la mia unica opportunità per essere visibile, per poter essere letto da qualcuno ed evitare che i miei libri restino solo nel mio computer. Certo – come giustamente hai fatto notare – non è assolutamente facile gestire da soli tutti gli aspetti di contorno. L’editing di un libro non è semplicissimo, è un lavoro lungo e certosino che dovrebbe essere fatto da qualcuno che fa solo quello di mestiere. Anche banalmente organizzare l’impaginazione, rileggere la storia in cerca di refusi, oppure capire se e come invertire dei capitoli, non sono assolutamente compiti semplici da fare da soli. Per fortuna per le copertine mi aiuta un amico, l’arch Lorenzo Breschi. E poi c’è anche qualche amico o collega che legge la prima versione del racconto in cerca di errori. Insomma, non faccio proprio tutto da solo. Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che mi hanno sempre dato una mano in questi anni.  Purtroppo - e di questo mi scuso con i miei lettori - qualche refuso resta sempre anche nelle versioni finali e per me è come trovare un graffio sulla fiancata dell’auto... Per fortuna succede anche ai “grandi” e ai graffi sulla carrozzeria col passare del tempo ci si abitua, anche se l’occhio cade sempre lì. Ma alla fin fine l’importante è che l’auto viaggi!

Ma eventualmente ti contattasse una piccola casa editrice la prenderesti in considerazione o miri proprio al grande salto?
Come ho già detto, attendo (e spero) di fare direttamente il grande salto. Anche pubblicando con le piccole case editrici non credo che qualcuno riuscirebbe a essere sugli scaffali di tutte le librerie nel periodo di Natale. Non so se lo sapete, ma è anche così che si arriva tra i primi dieci in classifica: con molta pubblicità, un bel cartellone a grandezza naturale e una distribuzione capillare, anche se scrivi cento pagine senza alcun contenuto vero. Non credo ci sia bisogno di ricordare alcuni dei libri più venduti l’anno scorso... Tu di certo sai di cosa sto parlando e credo che la pensi come me.

Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare della giornata?
Dipende molto dallo stato d’animo che ho durante la scrittura. A volte ho bisogno di stare in silenzio assoluto, altre volte invece mi faccio dare una mano da una buona colonna sonora rock. Di solito scrivo quando ho tempo e quindi spesso la sera, oppure nei week-end o nei periodi di vacanza. Mi è capitato di scrivere anche di notte: per La casa diroccata (un racconto che parla di incubi e paralisi del sonno) spesso sognavo tutte le scene e mi svegliavo di soprassalto per andare a scrivere qualche capitolo. Quando arriva l’ispirazione bisogna sempre sfruttarla, anche nel bel mezzo della notte.

Ti è capitato di presentare un tuoi libri in pubblico? Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciare far fare le domande direttamente al pubblico?
Sì, mi capita spesso di presentare i miei racconti nelle librerie. Ormai ho delle librerie “di fiducia” che mi chiamano immediatamente dopo l’uscita dell’ultimo racconto. Con qualcuna di queste si è creato anche un bel rapporto di stima reciproca. La presentazione del libro, a mio parere, è fondamentale per un autore.  È una parte fantastica del lavoro di uno scrittore, inoltre permette alla gente di avere un autografo sul suo libro e fa sì che il pubblico possa davvero chiederti quello che vuole. È imbarazzante a volte, ma allo stesso tempo molto emozionante. Quando presento i miei libri c’è sempre almeno un moderatore che mi pone le domande. Ritengo sia difficile presentarsi da soli e mettersi a fare una specie di monologo, senza che qualcuno ti indirizzi con i suoi quesiti. Presentando senza un moderatore mi sembrerebbe di essere in piazza a vendere il mio libro, fermando chi passa davanti al mio banchino. Non è decisamente nelle mie corde... Preferisco qualcuno che sia lì con me, che mi ponga delle domande (a volte anche scomode) e che possa stuzzicare l’interesse e la curiosità del pubblico.

Di norma preferisci scrivere libri autoconclusivi che non danno origine a serie o il personaggio principale da te creato in una storia lo ritroviamo in tanti tuoi romanzi?
Ultimamente sto lavorando al seguito del mio ultimo racconto (L’oscuro incantatore). Anche questo sarà ambientato in America e anche qui ci saranno alcuni dei miei personaggi ricorrenti (come il capitano Crane) che hanno dato ormai origine a una serie che parte dal mio primo racconto. Non tutti gli altri miei libri fanno però parte di questa “saga”. Alcuni romanzi infatti sono ambientati in Italia e sono autoconclusivi. E in mezzo a questi c’è anche un libro di cinque racconti brevi che traggono spunto da fatti misteriosi e macabri relamente accaduti. Anche questi racconti sono tutti autoconclusivi.

Libri ne hai scritti molti. Tutti molto belli, se posso esprimere un parere personale, quello che preferisco, tu lo sai bene, è Il cuore di Marta. Parlaci brevemente di quelli che più ti rappresentano, quelli a cui sei più legato.
Ti ringrazio per i complimenti. Wow... è difficile rispondere. Me lo chiedono spesso nelle presentazioni, ma ti assicuro che non è così semplice sceglierne uno, perché sono davvero legato a tutti in qualche modo. Il lungo Samhain – ad esempio – è un racconto semplice e “acerbo” e quando mi capita di rileggerlo mi fa quasi tenerezza, ma è stato il primo, mi ha permesso di farmi conoscere e da lì poi è andata avanti la mia passione. Certamente anche il tuo preferito, Il cuore di Marta, è stato molto complesso da scrivere e ha un posto particolare nel mio cuore... L’argomento – come ben sai – è molto forte; inoltre è ambientato nel “mio” sud Italia e ti confesso che avevo un grosso magone addosso mentre scrivevo delle vicende di Francesco, il protagonista. Sono legatissimo anche a La casa diroccata – una storia claustrofobica tra incubi e realtà – perché è il primo mio libro a essere stato proposto da Amazon nella sezione Prime Reading e che è stato per diverse settimane al primo posto tra i thriller in quella selezione di opere. Insomma, ognuno dei miei libri ha dentro qualcosa di me, un piccolo pezzetto personale, una parte di me che ho provato a mettere su carta, insieme a tutte le emozioni che avevo addosso mentre descrivevo quelle storie. Sono tutti piccoli frammenti, sparsi qua e là, e a tutti i miei racconti sono legato in maniera particolare, anche per le soddisfazioni personali che ognuno di questi è riuscito a donarmi. Non posso dirti quindi a quale libro sono più legato, ma posso anticiparti che il più lungo e il più complesso sarà quello che sto finendo di scrivere adesso.

Il tuo ultimo romanzo si intitola L’oscuro incantatore. Raccontaci un po’ la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi principali. Quando lo hai scritto e cosa ti ha ispirato. Facci venir voglia di leggerlo… incuriosiscici.
L’oscuro incantatore – come ho già detto – è il seguito del mio primo racconto. Riprende la storia di Frank Williams, ormai diventato un professore universitario, che ha avuto un’adolescenza molto complessa (e raccontata nel Lungo Samhain) e dalla quale tenta di scappare, trasferendosi con la sua compagna in Vermont, in una città chiamata Antonsville. Frank da anni sente strane voci nella sua testa. Ci sono delle oscure presenze che affollano la sua mente; nella sua nuova città cercherà una svolta per la sua carriera, ma scoprirà che il suo ingombrante passato sta tornando a fargli visita. Infatti una serie di strani avvenimenti colpirà Antonsville. La polizia del posto non è preparata per indagini così complesse e brancola nel buio. Da Antonsville avranno quindi bisogno di chiedere l’aiuto a Robert Crane della polizia di New York per sbrogliare l’intricata matassa e per proteggere Frank e la sua compagna. Crane, infatti, conosce il ragazzo e sa bene quello che gli è successo quando era solo un adolescente. Malanthan – un oscuro incantatore di anime, come lo definisce Robert Crane – forse è il leader occulto della setta coinvolta negli avvenimenti che stanno sconvolgendo la città; Crane lo cerca da anni e andrà lì per acciuffarlo, ma Malanthan pare essere inafferrabile e – quel che è peggio – per qualche motivo sembra cercare proprio Frank e non si arrenderà così facilmente. Devi sapere che ho deciso di scrivere questo romanzo perché tantissima gente in questi anni mi contattava anche per chiedermi di dare un seguito al Lungo Samhain e in fondo anche io ne sentivo il bisogno.

Per scrivere i tuoi libri studi, per affrontare meglio gli argomenti trattati, o li ambientati in luoghi e descrivi pratiche che conosci bene potendo così evitare questa incombenza?
Sì, per scrivere i miei libri mi documento molto, anche per descrivere meglio quello che succede o per spiegare in modo minuzioso come si svolge un’indagine o per rappresentare al meglio la psicologia (o la psicopatologia...) dei miei personaggi. Altrettanto spesso studio anche la storia dei luoghi e delle città che descrivo nei miei racconti. Qualcuno di questi posti è del tutto inventato, ma devo comunque crearmi “mentalmente” una mappa dei luoghi in cui i personaggi si muovono, per rendere tutto più credibile. Altre volte, invece, descrivo luoghi che conosco bene, ma che chiamo con un altro nome per non renderli riconoscibili.

Senza ovviamente fare spoiler, preferisci i finali accomodanti dove tutti i cerchi vengono chiusi con somma gioia o spesso lasci qualcosa di non concluso o poco definito o qualche….cadavere eccellente?
Come ben sai, mi piace sempre lasciare aperto uno spiraglio per la libera interpretazione del lettore. Spesso lascio volutamente un piccolo particolare non spiegato, qualche cosa che non quadra e che possa far dubitare il lettore. In generale, comunque, non mi piaccioni i finali dolci, quelli in cui il bene trionfa sempre e il poliziotto buono taglia il filo rosso un secondo prima che la bomba esploda... Il male a volte vince. E questo ogni tanto accade nei miei racconti e purtroppo anche nella vita reale.

Stai già scrivendo qualcosa di nuovo? Oppure in questo periodo molto complicato che stiamo vivendo anche l’ispirazione fatica a manifestarsi?
Sì. Oltre al seguito dell’ Oscuro incantatore, in questo periodo sto scrivendo due racconti brevi, una dozzina di pagine ciascuno, che vorrei presentare in altrettanti concorsi letterari che dovrebbero partire a settembre. Incrociamo le dita...

Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Come ritieni che le istituzioni si comportino riguardo l’editoria? Secondo te coloro che propongono cultura in Italia sono sufficientemente tutelati dalle leggi vigenti? Dovrebbero avere maggiore visibilità? Penso alla pittura, al teatro, ai musei ed anche ai libri…
Anche questa domanda prevede una risposta non così banale. Cominciamo dal fatto che purtroppo, stando alle statistiche, in Italia si legge pochissimo. In Europa siamo sempre tra gli ultimi posti. Partendo da questo triste presupposto, l’editoria non se la passa certo bene già da anni: la crisi economica di dodici anni fa ha spazzato via quasi tutte le piccole case editrici e il brutto periodo che stiamo subendo in questi giorni credo che purtroppo metterà in ginocchio anche quelle di medie dimensioni, senza considerare le librerie che già prima faticavano e che si sono dovute reinventare nel corso degli anni per poter restare aperte. Le istituzioni in tutto questo marasma sono intervenute solo in parte (vedi Bonus Cultura per gli adolescenti, ingressi scontati al cinema/teatro o ingressi gratuiti nei musei le prime domeniche del mese), ma senza riuscire davvero a dare maggiore stimolo alla lettura e purtroppo nemmeno alla cultura in generale... Quando parlo di cultura parlo anche – come hai giustamente fatto notare anche tu – di pittura, musica, teatro, cinema, musei. Insomma, di ARTE in generale. Se ci pensi, come avremmo gestito tutti questi giorni chiusi in casa se non avessimo avuto dei bei libri da leggere, dei film o degli spettacoli da vedere in TV, della fantastica musica da ascoltare o dei musei da esplorare anche solo digitalmente? Senza l’arte avremmo certamente passato molto peggio questi giorni di reclusione. L’arte ci permette di evadere! Da sempre. Io sono sicuro che l’Italia debba ripartire proprio da questo: se abbiamo in casa nostra il 50% del partimonio artistico mondiale ci sarà pure un motivo. Siamo un popolo ricco di storia e di inventiva, pieno di scienziati (senza i quali il numero delle vittime sarebbe stato drammaticamente più alto!) e di artisti di ogni genere; camminando nelle nostre città (in tutte, da nord a sud) possiamo respirare la cultura che ci circonda e che probabilmente tendiamo a non notare nemmeno più. Dobbiamo solo credere in noi stessi e sperare di avere alle spalle dei politici che incentivino – anche con risorse economiche adeguate - la scienza e la cultura in tutte le sue accezioni e che capiscano che la riapertura, dopo questo orrendo periodo, dovrà partire proprio da questi elementi. La normalità ripartirà dalle piccole grandi cose che davamo per scontate; dalle scuole, ad esempio, dove si pongono le basi per lo studio della scienza e dove si semina la cultura in tutte le sue forme. Non avremo un futuro roseo se non punteremo fin da subito su questi elementi, a mio giudizio fondamentali per una società “sana” sotto tutti i punti di vista.

Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché sei veramente bravo. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai lettori…
Sono io a ringraziarti per l’intervista e per le belle parole che hai sempre avuto nei riguardi dei miei racconti. I commenti lusinghieri – ottenuti soprattutto da gente del settore come te e che legge tanti libri ogni anno – sono davvero importanti per andare avanti e continuare ancora a scrivere. È grazie a gente come te se noi piccoli e sconosciuti autori riusciamo a proporci al grande pubblico; viviamo grazie al vostro passaparola e grazie ai commenti che ci lasciate online e che ci rendono più visibili.
Noi non saremmo niente senza i nostri lettori. Grazie a tutti voi.

Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.

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Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e sui social ad esso legati.