venerdì 24 aprile 2020

INTERVISTA A ROBERTO GRANIGLIA








INTERVISTA A ROBERTO GRANIGLIA

Oggi nello spazio interviste abbiamo il piacere di ospitare l’autore Roberto Graniglia. Grazie per averci dedicato un po’ del tuo tempo.
Prima se posso ti faccio volentieri qualche domanda di carattere generale per conoscerti un po’ meglio…no, non ti preoccupare nulla di personale. Solo domande riguardanti il nostro amato mondo dei libri.  Allora Roberto raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Ciao a tutti e grazie per l’invito ricevuto dal tuo blog di lettura!
Sono nato a Taranto, ma vivo a Firenze da più di vent’anni. Sono un ingegnere, con un dottorato in chimica ambientale e insegno matematica e fisica nelle scuole superiori. La passione per la scrittura nasce un po’ per caso, vista la mia formazione prettamente scientifica. Probabilmente deriva tutto da mia madre: mi ha passato lei l’amore per la letteratura e la lettura in generale. Mi sono ritrovato a scrivere il mio primo racconto (Il lungo Samhain) circa undici anni fa, quasi per gioco, come una specie di passatempo. Poi è stato pubblicato e – nel suo piccolo – ha riscosso e riscuote ancora oggi un discreto successo. Proprio grazie al mio primo romanzo mi è capitato di conoscere dal vivo il grande Giovanni Lombardo Radice (attore - di cinema e teatro - e sceneggiatore di grande talento) al quale il libro è piaciuto tanto e che mi ha proposto di creare con lui un treatment cinematografico basato sul mio racconto. La cosa mi ha spinto a continuare a scrivere e, come sai, adesso sono arrivato al settimo libro.

Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo? Consigliaci un libro di un tuo/a “collega”.
Sì, sono anche un lettore. Credo che per poter scrivere bene ci sia bisogno anche di leggere tanto. A dire il vero non ho una preferenza fra cartaceo ed ebook, anche se il cartaceo ha sempre il suo fascino. Ultimamente leggo molti libri in formato digitale anche per comodità (li ho sempre con me sul cellulare o sul tablet), ma in casa - e in cantina - ho anche tantissimi libri in formato cartaceo. Ho un genere preferito: amo leggere thriller/horror fin da quando sono piccolo. Ultimamente ho letto Barbara Baraldi: L’ultima notte di Aurora. Barbara è molto brava e scrive anche alcune storie per Dylan Dog. Consigliatissima!

Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o sono esclusivamente di fantasia?
Le storie nascono tutte dalla mia fantasia. Quando arriva l’ispirazione, per me è come vedere scorrere un film. Io sono lì con i personaggi e descrivo semplicemente quello che accade e tento di passare al lettore le sensazioni che provo mentre scrivo. In realtà, però, non è tutto così banale: dietro un libro c’è anche una lunga fase di studio, un momento nel quale – oltre a caratterizzare ogni personaggio e renderlo riconoscibile anche nei dialoghi – mi documento sui luoghi, ma anche su tanti altri particolari che rendono il libro più credibile e quindi più interessante da leggere.

 La tua scrittura si colloca in un genere preciso o ritieni non si possa classificare con precisione?
I miei libri sono stati classificati in diversi generi. I primi racconti erano prettamente horror di ambientazione quotidiana, poi ho virato più sul thriller psicologico e sui racconti del mistero e del sovrannaturale, mentre gli ultimi sono anche stati definiti come dei gialli polizieschi. In realtà io direi che i miei racconti possono tutti essere classificati nel genere thriller/horror, senza scomodare tante altre sottocategorie.

Sei un autore che auto pubblica i suoi libri. La tua è una scelta voluta oppure ambisci prima o poi a scrivere per una casa editrice ma ancora non ne hai avuto l’opportunità? Non deve essere facile dover occuparsi di tutti gli aspetti di “contorno”: copertina, editing, impaginazione, stampa…Parlaci della tua esperienza.
Bella domanda... La risposta sarebbe molto complessa, ma proverò a riassumere. Mi piacerebbe tanto scrivere per una grande casa editrice: credo sia la massima aspirazione per ogni scrittore. Ma sono anni che invio in giro le mie opere per una valutazione e nessuna di queste ha mai risposto. Intendo dire che moltissime non hanno proprio risposto nulla! Nell’editoria vige il silenzio diniego. Una piccola percentuale invece ha semplicemente risposto che non gli interessava il mio lavoro perché avevano già troppe proposte e/o troppi libri già pubblicati per l’anno in corso. Insomma, non so se sono mai stato davvero “valutato” e poi eventualmente scartato da una delle case editrici, oppure se mi sono fermato direttamente alla porta d’ingresso, diciamo alla prima maglia del filtro. Resterò con il dubbio. Sulle piccole case editrici ho qualche remora, perché so di colleghi che sono rimasti “scottati” a causa di una scarsa attenzione nei loro confronti e di problemi più o meno grossi nel pagamento dei diritti d’autore. Chiaramente non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma diciamo che molti di quelli che ho sentito non sono assolutamente rimasti soddisfatti delle loro esperienze. Quindi attualmente il self-publishing è la mia unica opportunità per essere visibile, per poter essere letto da qualcuno ed evitare che i miei libri restino solo nel mio computer. Certo – come giustamente hai fatto notare – non è assolutamente facile gestire da soli tutti gli aspetti di contorno. L’editing di un libro non è semplicissimo, è un lavoro lungo e certosino che dovrebbe essere fatto da qualcuno che fa solo quello di mestiere. Anche banalmente organizzare l’impaginazione, rileggere la storia in cerca di refusi, oppure capire se e come invertire dei capitoli, non sono assolutamente compiti semplici da fare da soli. Per fortuna per le copertine mi aiuta un amico, l’arch Lorenzo Breschi. E poi c’è anche qualche amico o collega che legge la prima versione del racconto in cerca di errori. Insomma, non faccio proprio tutto da solo. Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che mi hanno sempre dato una mano in questi anni.  Purtroppo - e di questo mi scuso con i miei lettori - qualche refuso resta sempre anche nelle versioni finali e per me è come trovare un graffio sulla fiancata dell’auto... Per fortuna succede anche ai “grandi” e ai graffi sulla carrozzeria col passare del tempo ci si abitua, anche se l’occhio cade sempre lì. Ma alla fin fine l’importante è che l’auto viaggi!

Ma eventualmente ti contattasse una piccola casa editrice la prenderesti in considerazione o miri proprio al grande salto?
Come ho già detto, attendo (e spero) di fare direttamente il grande salto. Anche pubblicando con le piccole case editrici non credo che qualcuno riuscirebbe a essere sugli scaffali di tutte le librerie nel periodo di Natale. Non so se lo sapete, ma è anche così che si arriva tra i primi dieci in classifica: con molta pubblicità, un bel cartellone a grandezza naturale e una distribuzione capillare, anche se scrivi cento pagine senza alcun contenuto vero. Non credo ci sia bisogno di ricordare alcuni dei libri più venduti l’anno scorso... Tu di certo sai di cosa sto parlando e credo che la pensi come me.

Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare della giornata?
Dipende molto dallo stato d’animo che ho durante la scrittura. A volte ho bisogno di stare in silenzio assoluto, altre volte invece mi faccio dare una mano da una buona colonna sonora rock. Di solito scrivo quando ho tempo e quindi spesso la sera, oppure nei week-end o nei periodi di vacanza. Mi è capitato di scrivere anche di notte: per La casa diroccata (un racconto che parla di incubi e paralisi del sonno) spesso sognavo tutte le scene e mi svegliavo di soprassalto per andare a scrivere qualche capitolo. Quando arriva l’ispirazione bisogna sempre sfruttarla, anche nel bel mezzo della notte.

Ti è capitato di presentare un tuoi libri in pubblico? Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciare far fare le domande direttamente al pubblico?
Sì, mi capita spesso di presentare i miei racconti nelle librerie. Ormai ho delle librerie “di fiducia” che mi chiamano immediatamente dopo l’uscita dell’ultimo racconto. Con qualcuna di queste si è creato anche un bel rapporto di stima reciproca. La presentazione del libro, a mio parere, è fondamentale per un autore.  È una parte fantastica del lavoro di uno scrittore, inoltre permette alla gente di avere un autografo sul suo libro e fa sì che il pubblico possa davvero chiederti quello che vuole. È imbarazzante a volte, ma allo stesso tempo molto emozionante. Quando presento i miei libri c’è sempre almeno un moderatore che mi pone le domande. Ritengo sia difficile presentarsi da soli e mettersi a fare una specie di monologo, senza che qualcuno ti indirizzi con i suoi quesiti. Presentando senza un moderatore mi sembrerebbe di essere in piazza a vendere il mio libro, fermando chi passa davanti al mio banchino. Non è decisamente nelle mie corde... Preferisco qualcuno che sia lì con me, che mi ponga delle domande (a volte anche scomode) e che possa stuzzicare l’interesse e la curiosità del pubblico.

Di norma preferisci scrivere libri autoconclusivi che non danno origine a serie o il personaggio principale da te creato in una storia lo ritroviamo in tanti tuoi romanzi?
Ultimamente sto lavorando al seguito del mio ultimo racconto (L’oscuro incantatore). Anche questo sarà ambientato in America e anche qui ci saranno alcuni dei miei personaggi ricorrenti (come il capitano Crane) che hanno dato ormai origine a una serie che parte dal mio primo racconto. Non tutti gli altri miei libri fanno però parte di questa “saga”. Alcuni romanzi infatti sono ambientati in Italia e sono autoconclusivi. E in mezzo a questi c’è anche un libro di cinque racconti brevi che traggono spunto da fatti misteriosi e macabri relamente accaduti. Anche questi racconti sono tutti autoconclusivi.

Libri ne hai scritti molti. Tutti molto belli, se posso esprimere un parere personale, quello che preferisco, tu lo sai bene, è Il cuore di Marta. Parlaci brevemente di quelli che più ti rappresentano, quelli a cui sei più legato.
Ti ringrazio per i complimenti. Wow... è difficile rispondere. Me lo chiedono spesso nelle presentazioni, ma ti assicuro che non è così semplice sceglierne uno, perché sono davvero legato a tutti in qualche modo. Il lungo Samhain – ad esempio – è un racconto semplice e “acerbo” e quando mi capita di rileggerlo mi fa quasi tenerezza, ma è stato il primo, mi ha permesso di farmi conoscere e da lì poi è andata avanti la mia passione. Certamente anche il tuo preferito, Il cuore di Marta, è stato molto complesso da scrivere e ha un posto particolare nel mio cuore... L’argomento – come ben sai – è molto forte; inoltre è ambientato nel “mio” sud Italia e ti confesso che avevo un grosso magone addosso mentre scrivevo delle vicende di Francesco, il protagonista. Sono legatissimo anche a La casa diroccata – una storia claustrofobica tra incubi e realtà – perché è il primo mio libro a essere stato proposto da Amazon nella sezione Prime Reading e che è stato per diverse settimane al primo posto tra i thriller in quella selezione di opere. Insomma, ognuno dei miei libri ha dentro qualcosa di me, un piccolo pezzetto personale, una parte di me che ho provato a mettere su carta, insieme a tutte le emozioni che avevo addosso mentre descrivevo quelle storie. Sono tutti piccoli frammenti, sparsi qua e là, e a tutti i miei racconti sono legato in maniera particolare, anche per le soddisfazioni personali che ognuno di questi è riuscito a donarmi. Non posso dirti quindi a quale libro sono più legato, ma posso anticiparti che il più lungo e il più complesso sarà quello che sto finendo di scrivere adesso.

Il tuo ultimo romanzo si intitola L’oscuro incantatore. Raccontaci un po’ la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi principali. Quando lo hai scritto e cosa ti ha ispirato. Facci venir voglia di leggerlo… incuriosiscici.
L’oscuro incantatore – come ho già detto – è il seguito del mio primo racconto. Riprende la storia di Frank Williams, ormai diventato un professore universitario, che ha avuto un’adolescenza molto complessa (e raccontata nel Lungo Samhain) e dalla quale tenta di scappare, trasferendosi con la sua compagna in Vermont, in una città chiamata Antonsville. Frank da anni sente strane voci nella sua testa. Ci sono delle oscure presenze che affollano la sua mente; nella sua nuova città cercherà una svolta per la sua carriera, ma scoprirà che il suo ingombrante passato sta tornando a fargli visita. Infatti una serie di strani avvenimenti colpirà Antonsville. La polizia del posto non è preparata per indagini così complesse e brancola nel buio. Da Antonsville avranno quindi bisogno di chiedere l’aiuto a Robert Crane della polizia di New York per sbrogliare l’intricata matassa e per proteggere Frank e la sua compagna. Crane, infatti, conosce il ragazzo e sa bene quello che gli è successo quando era solo un adolescente. Malanthan – un oscuro incantatore di anime, come lo definisce Robert Crane – forse è il leader occulto della setta coinvolta negli avvenimenti che stanno sconvolgendo la città; Crane lo cerca da anni e andrà lì per acciuffarlo, ma Malanthan pare essere inafferrabile e – quel che è peggio – per qualche motivo sembra cercare proprio Frank e non si arrenderà così facilmente. Devi sapere che ho deciso di scrivere questo romanzo perché tantissima gente in questi anni mi contattava anche per chiedermi di dare un seguito al Lungo Samhain e in fondo anche io ne sentivo il bisogno.

Per scrivere i tuoi libri studi, per affrontare meglio gli argomenti trattati, o li ambientati in luoghi e descrivi pratiche che conosci bene potendo così evitare questa incombenza?
Sì, per scrivere i miei libri mi documento molto, anche per descrivere meglio quello che succede o per spiegare in modo minuzioso come si svolge un’indagine o per rappresentare al meglio la psicologia (o la psicopatologia...) dei miei personaggi. Altrettanto spesso studio anche la storia dei luoghi e delle città che descrivo nei miei racconti. Qualcuno di questi posti è del tutto inventato, ma devo comunque crearmi “mentalmente” una mappa dei luoghi in cui i personaggi si muovono, per rendere tutto più credibile. Altre volte, invece, descrivo luoghi che conosco bene, ma che chiamo con un altro nome per non renderli riconoscibili.

Senza ovviamente fare spoiler, preferisci i finali accomodanti dove tutti i cerchi vengono chiusi con somma gioia o spesso lasci qualcosa di non concluso o poco definito o qualche….cadavere eccellente?
Come ben sai, mi piace sempre lasciare aperto uno spiraglio per la libera interpretazione del lettore. Spesso lascio volutamente un piccolo particolare non spiegato, qualche cosa che non quadra e che possa far dubitare il lettore. In generale, comunque, non mi piaccioni i finali dolci, quelli in cui il bene trionfa sempre e il poliziotto buono taglia il filo rosso un secondo prima che la bomba esploda... Il male a volte vince. E questo ogni tanto accade nei miei racconti e purtroppo anche nella vita reale.

Stai già scrivendo qualcosa di nuovo? Oppure in questo periodo molto complicato che stiamo vivendo anche l’ispirazione fatica a manifestarsi?
Sì. Oltre al seguito dell’ Oscuro incantatore, in questo periodo sto scrivendo due racconti brevi, una dozzina di pagine ciascuno, che vorrei presentare in altrettanti concorsi letterari che dovrebbero partire a settembre. Incrociamo le dita...

Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Come ritieni che le istituzioni si comportino riguardo l’editoria? Secondo te coloro che propongono cultura in Italia sono sufficientemente tutelati dalle leggi vigenti? Dovrebbero avere maggiore visibilità? Penso alla pittura, al teatro, ai musei ed anche ai libri…
Anche questa domanda prevede una risposta non così banale. Cominciamo dal fatto che purtroppo, stando alle statistiche, in Italia si legge pochissimo. In Europa siamo sempre tra gli ultimi posti. Partendo da questo triste presupposto, l’editoria non se la passa certo bene già da anni: la crisi economica di dodici anni fa ha spazzato via quasi tutte le piccole case editrici e il brutto periodo che stiamo subendo in questi giorni credo che purtroppo metterà in ginocchio anche quelle di medie dimensioni, senza considerare le librerie che già prima faticavano e che si sono dovute reinventare nel corso degli anni per poter restare aperte. Le istituzioni in tutto questo marasma sono intervenute solo in parte (vedi Bonus Cultura per gli adolescenti, ingressi scontati al cinema/teatro o ingressi gratuiti nei musei le prime domeniche del mese), ma senza riuscire davvero a dare maggiore stimolo alla lettura e purtroppo nemmeno alla cultura in generale... Quando parlo di cultura parlo anche – come hai giustamente fatto notare anche tu – di pittura, musica, teatro, cinema, musei. Insomma, di ARTE in generale. Se ci pensi, come avremmo gestito tutti questi giorni chiusi in casa se non avessimo avuto dei bei libri da leggere, dei film o degli spettacoli da vedere in TV, della fantastica musica da ascoltare o dei musei da esplorare anche solo digitalmente? Senza l’arte avremmo certamente passato molto peggio questi giorni di reclusione. L’arte ci permette di evadere! Da sempre. Io sono sicuro che l’Italia debba ripartire proprio da questo: se abbiamo in casa nostra il 50% del partimonio artistico mondiale ci sarà pure un motivo. Siamo un popolo ricco di storia e di inventiva, pieno di scienziati (senza i quali il numero delle vittime sarebbe stato drammaticamente più alto!) e di artisti di ogni genere; camminando nelle nostre città (in tutte, da nord a sud) possiamo respirare la cultura che ci circonda e che probabilmente tendiamo a non notare nemmeno più. Dobbiamo solo credere in noi stessi e sperare di avere alle spalle dei politici che incentivino – anche con risorse economiche adeguate - la scienza e la cultura in tutte le sue accezioni e che capiscano che la riapertura, dopo questo orrendo periodo, dovrà partire proprio da questi elementi. La normalità ripartirà dalle piccole grandi cose che davamo per scontate; dalle scuole, ad esempio, dove si pongono le basi per lo studio della scienza e dove si semina la cultura in tutte le sue forme. Non avremo un futuro roseo se non punteremo fin da subito su questi elementi, a mio giudizio fondamentali per una società “sana” sotto tutti i punti di vista.

Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché sei veramente bravo. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai lettori…
Sono io a ringraziarti per l’intervista e per le belle parole che hai sempre avuto nei riguardi dei miei racconti. I commenti lusinghieri – ottenuti soprattutto da gente del settore come te e che legge tanti libri ogni anno – sono davvero importanti per andare avanti e continuare ancora a scrivere. È grazie a gente come te se noi piccoli e sconosciuti autori riusciamo a proporci al grande pubblico; viviamo grazie al vostro passaparola e grazie ai commenti che ci lasciate online e che ci rendono più visibili.
Noi non saremmo niente senza i nostri lettori. Grazie a tutti voi.

Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.

Consenso trattamento dati personali
Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e sui social ad esso legati.


2 commenti:

  1. È stato piacevole stare in tua compagnia leggendo l'intervista che hai rilasciato.Ti abbraccio

    RispondiElimina
  2. Ho sentito a lungo parlare di te. Confesso, non ti ho mai letto. Ancora.
    È stato bello conoscerti attraverso l'intervista, immerso nel presente e propositivo nei riguardi dei più e meno giovani. Senza cultura e quindi senza lettura non c'è spirito critico. A presto Prof!

    RispondiElimina