Giro di vento - Andrea De Carlo -
recensione a cura di Patrizia Zara
Volete passare qualche ora senza troppe riflessioni filosofiche ed
esistenziale, collocarvi nel mondo contemporaneo senza troppe pretese e nel
contempo assaggiare le innumerevoli contraddizioni? Bene.
Vi consiglio Andrea De Carlo.
Una scrittura energica e tutta d'un fiato dai periodi lunghi senza inciso senza
troppe virgole, punti e virgole, trattini, parentesi, punti.
Dialoghi isterici e nevrotici incentrati più su false certezze (quello dice,
quell'altro dice, quell'altro ancora dice) che da dubbi o domande: la solita
incomunicabilità.
Chi conosce l'autore sicuramente non riterrà "Giro di vento" il suo
capolavoro.
Così mi hanno detto con chi mi sono confrontata.
Ma essendo per me di prima lettura l'ho trovato esilarante, comico, sciolto,
dalla scrittura dinamica calata nel nostro tempo.
Quattro professionisti milanesi figli del progresso e del consumismo decidono
di acquistare delle case di campagna nella bella Umbria, terra del mitico
Francesco d'Assisi, per identificarsi nella natura e disintossicarsi dalla
frenesia della città.
Tuttavia per una serie di circostanze infelici si trovano a essere ospitati
proprio dai loro antagonisti cioè da chi rifiuta ogni forma di civiltà e ha
deciso di vivere in maniera estrema utilizzando soltanto ciò che ricava dalla
natura selvaggia. Provate a immaginare una vita senza cellulari, tv, macchine,
luce, gas, materassi ortopedici, guanciali anti cervicali, medicine,
abiti confezionati, scarpe dalle solette anti calli, cosmetici, shampoo e
bagnoschiuma, cibi preconfezionati, acqua gassata, acqua calda, acqua tiepida,
docce e vasche da bagno, frigoriferi e lavabiancheria, forno a microonde, a
gas, elettrico, aspirapolvere, aspira acari, aspiratutto e ancora
macchine, motori, biciclette, pedalò, barche, barchette, ago e filo, etc
etc...
Lo scontro fra chi è abituato al cosiddetto benessere con chi vive del
necessario è invitabile e metterà in dubbio, al momento perché dopo diventerà
certezza, ogni convinzione non solo individuale ma anche collettiva. In altre
parole la superficie del benessere si sfalda e ancora peggio finisce per la
pseudo amicizia fra i quattro che si disgrega brutalmente e vomita la lava
incandescente spazzando ogni forma di sublimazione.
I due estremi si urtano, non si amalgamano, danno vita a un vero e proprio
tsunami di recriminazioni, rancori, gelosie, insicurezze, insoddisfazioni e
tutto ciò che la nostra bella società produce di marcio.
Al di là della trama che per molti potrebbe risultare un pochino banale o
ripetitiva, mi è piaciuto il modo con cui De Carlo fa impantanare i belli,
ricchi e famosi professionisti che diventano il nulla senza la loro confort
zone.
E di contro frantuma l'idealizzazione del ritorno al primitivo.
Per quanto mi riguarda non rinnego il progresso. Non si può a questo punto
delle cose eliminare anni e anni di civilizzazione (sic!).
L'essere umano ha bisogno di andare avanti e il progresso, a mio avviso, è
necessario. Purtroppo strada facendo si è perso il vero significato della
parola che come sinonimi ha: avanzamento, evoluzione, miglioramento,
perfezionamento, rafforzamento, sviluppo. L'essere civilizzato, per così dire,
si è affossato nel proprio individuale torpore, schiavo delle cose materiali,
surrogati di felicità, divenute necessarie per apparire agli occhi degli altrui
capace di essersi conquistato il giusto e meritato benessere.
La parola benessere deriva da ben-essere cioè "stare bene" o
"esistere bene". E non mi sembra che tutti, ma proprio tutti vivano
bene nella storia di De Carlo.
Vabbè leggetelo e divertitevi. Io l'ho letto e mi sono divertita senza
schierarmi né dall'una e né dall'altra parte. Troppo estremismo.
Ho bisogno delle mie comodità ma a differenza dei protagonisti mi so adattare
magnificamente anche senza, almeno credo.
Equilibrio, signori e signore, manca sempre e costantemente l'equilibrio.
E ora mettete un like e applaudite altrimenti ci rimango male: della
sublimazione e idealizzazione dell'amicizia e dell'amore ne ho le scatole
piene.
Finale degno di figlia del suo tempo
"Che meraviglia - dice Enrico - Peccato che poi siate così schiavi della
vostra rinuncia. Dell'isolamento. Delle faide assurde in cui vi cacciate. Forse
un giorno scoprirete che non vale la pena di ammazzarsi per sostenere la parte
di chi vive di semi e erbe, e che è meglio accettare di far parte del mondo
contemporaneo"
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2004
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