Il tailleur grigio - Andrea Camilleri -
recensione a cura di Patrizia Zara
Cercavo un libro che, in poche pagine, racchiudesse una storia intensa e autentica — siciliana, per intenderci — da portare con me nel weekend. Qualcosa che non mi impedisse di godermi le meraviglie di Giardini Naxos: le sue spiagge dorate, le stradine medievali che sembrano sussurrare storie antiche, i palazzi nobiliari che resistono al tempo, le chiese che profumano d’incenso e pietra, e il maestoso Teatro Greco di Taormina, dove il mito e la bellezza si fondono in un abbraccio eterno.
Ho scelto un Camilleri degli esordi, e non ho sbagliato.
"Il Tailleur grigio" è una novella che si legge tutta d’un fiato, ma
lascia il retrogusto di qualcosa di più profondo. Il protagonista — senza nome,
ma non senza identità — sembra anticipare il celebre Commissario Montalbano,
con quella miscela di introspezione, ironia e senso della giustizia che
diventerà il marchio di fabbrica dell’autore. La lingua è un impasto saporito
di italiano e dialetto siciliano, come una granita al limone con un pizzico di
sale: rinfrescante, ma con carattere.
Camilleri gioca con il mistero, con l’ambiguità, con il confine sottile tra
verità e apparenza. Il tailleur grigio, simbolo di eleganza e anonimato,
diventa il filo conduttore di una storia che parla di desiderio, potere, e
forse anche redenzione.
Consigliato per chi cerca una lettura leggera ma non banale, perfetta da
infilare in valigia tra un costume e un paio di occhiali da sole.
“Dicono che i gatti abbiano sette vite, ma l’uomo… quante ne può avere?”
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2008