La sorella - Sandor Marai
Recensione di Miriam Donati
Difficile
descrivere le sensazioni suscitate dalla lettura, sensazioni che sovrastano
all’inizio il giudizio estetico-letterario per cui occorre una lunga
decantazione per prenderne le distanze.
Come
sempre è la scrittura che aiuta a dipanare in parte le emozioni, soprattutto inquietudine
e turbamento suscitati da un autore che mai tranquillizza o fa restare
indifferenti, disturba e commuove con le sue sollecitazioni.
La
sua scrittura è allo stesso tempo pungente e fastosa perché le sue frecce
colpiscono dritte il lettore insinuandosi nelle sue fragilità, ma lo fa con
descrizioni sontuose ed elaborate, non risparmia gli aggettivi che non sono
tuttavia eccessivi perché centellinano l’essenza di ogni rapporto umano.
Parla
di amore e morte, di menzogna, di passione, di malattia, cura e guarigione, di
musica e arte, di dolore fisico che si alterna a dolore psichico.
Il
protagonista, Z, è un famoso pianista che ha sublimato l’amore per la musica
sia composta, sia suonata attraverso la perfezione dell’esecuzione e ha
idealizzato l’amore verso E con un rapporto sui generis che non prevede
carnalità.
“Forse
ci sarà chi leggerà questa storia come l’ultima composizione di un musicista,
in cui la melodia è più importante persino del testo. La melodia non ha mai
‘senso’. Eppure esprime cose che a parole non si è capaci di esprimere.”
A
proposito della musica c’è un passaggio del libro che racconta i momenti
intensi prima di un concerto quando l’artista è perfettamente consapevole di sé
stesso e della propria bravura e del potere che gli ascoltatori gli
attribuiscono che, da solo, vale tutto il libro.
All’improvviso
Z passa dal suo ambiente esclusivo a quello piatto e spersonalizzante
dell’ospedale perché, durante una trasferta a Firenze per un concerto, è
assalito da dolori improvvisi e da una malattia altamente invalidante che non
verrà mai nominata.
Marais
esplora il significato del dolore, racconta con grande efficacia ed enorme
sensibilità le sofferenze del corpo e le trasformazioni interiori. Indaga la
consapevolezza dei propri limiti e le risorse per superare non solo la malattia
ma anche un amore impossibile. Il tempo sospeso dell’ospedale diventa ricerca e
conoscenza di sé.
La
malattia è un argomento scomodo che dà ansia, angoscia e tristezza ma Marai
riesce nell’impresa di raccontarlo con delicatezza inconsueta sia dalla parte
del paziente, rispettandone la dignità, pur non tralasciando alcun particolare
indiscreto, sia dalla parte di chi lo assiste. Inoltre evidenzia che la
malattia non è solo fisica, ma anche conseguenza di un vissuto non appropriato,
di passioni represse, frustrazioni e mancanza di armonia. Analizzando il
proprio passato è possibile scoprire le cause consce e forse inconsapevoli di squilibrio
e trovare risposte sorprendenti e imprevedibili vista la complessità umana.
La
sorella del titolo appare verso la fine del libro come personaggio veramente
importante per le sorti del paziente rimanendo avvolta in un alone di mistero,
ma decisiva per la sua guarigione.
Z
guarisce ma non suonerà più, non solo per la paralisi di due dita, retaggio
lasciatogli dalla malattia, ma per scelta e non comporrà altra musica. Il suo
racconto è affidato a un manoscritto che, alla sua morte, viene recapitato a un
suo vecchio conoscente che funge anche da secondo narratore e che ha introdotto
all’inizio del libro il protagonista e ha permesso al lettore di conoscerne la storia.
Genere
Narrativa
Anno
di pubblicazione 1946
In
Italia 2006
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