Uno, nessuno e centomila – Luigi Pirandello -
“Uno nessuno e centomila” è l’ultimo romanzo di Luigi
Pirandello, pubblicato nel 1926, dallo stile divertente e dal lessico molto
ricercato, tipico dello scrittore.
Il libro narra le vicende di Vitangelo Moscarda, detto
Gengè, uomo comune, dalla vita agiata, al quale il padre ha lasciato la
gestione di una banca.
Un giorno sua moglie gli fa notare che il suo naso pende
verso destra e, non solo, anche altri piccoli difetti fisici, dei quali lui,
fino ad allora, ignorava l'esistenza.
Da questo, all’apparenza banale, episodio scaturisce in lui
una profonda crisi esistenziale, che lo porterà a gesti folli ed inspiegabili
agli occhi della famiglia, soprattutto della moglie, che, alla fine, deciderà
di lasciarlo.
Gengè inizia a porsi domande sulle molteplici identità di un
individuo: lui, che aveva sempre pensato di essere UNO soltanto, si accorge che
ognuna delle persone con cui interagisce lo considera un alter ego di sè
stesso e non lo percepisce come lui è in realtà e che quindi esistono altri
CENTOMILA Vitangelo Moscarda.
La sensazione di solitudine, quando si accorge che nessuno,
tranne lui, lo vede per quello che è realmente, lo porterà ad annientare le
proprie certezze ed a intense riflessioni sul continuo mutamento dell’essere e
sulla disgregazione del se.
Arriva quindi alla conclusione che, l'unico modo per trovare
la serenità è annullare la sua esistenza distruggendo i CENTOMILA alter ego,
costruiti dai vari punti di vista della gente, rinunciando a tutto, ai suoi
beni e persino al suo nome, diventando così NESSUNO.
Troverà allora la pace, donando tutti i suoi averi per
la costruzione di un ospizio per poveri, dove lui stesso andrà a vivere,
trovando serenità nella spiritualità e la libertà solo quando si sarà disfatto
di tutte le maschere che la società gli aveva affibbiato.
Pirandello, influenzato dalla filosofia
di Schopenhauer (che considera l’esistenza umana un’illusione e illustra
la sua teoria attraverso il “Velo di Maya”, nel suo celebre scritto “Il mondo
come volontà e rappresentazione”) crede che il disagio dell'uomo sia dovuto
dall'impossibilità di trovare un'unica verità e dal dualismo dell'esistenza:
meglio essere sè stessi ed essere ritenuti folli oppure indossare una maschera
e rinunciare al proprio io per essere accettati dalla società?
Ho amato questo romanzo, denso di riflessioni
sull’esistenza umana, le stesse sulle quali ogni giorno mi pongo interrogativi
anche io.
Mi sono impersonificata con il protagonista, avendo
vissuto in prima persona un avvenimento simile al suo: da ragazzina, una mia
compagna di scuola mi fece notare che la mia bocca era più piccola dei normali
parametri; io, che fino a quel momento non ci avevo mai fatto caso, cominciai a
vedere il mio viso sproporzionato; devo dire, in tutta onestà, che da
quell'episodio di molti anni fa, iniziai a guardarmi allo specchio con occhio
molto critico e a domandarmi se l'immagine che io vedevo riflessa allo specchio
era la stessa immagine che avevano gli altri di me.
Ai tempi ero ignara che Pirandello, prima di me, si era
posto un quesito identico al mio!
“Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso”
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 1926
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