Le stanze dello scirocco - Cristina Cassar Scalia -
recensione a cura di Patrizia Zara
Una storia d'amore ambientata nella Sicilia del 1968 tra benestanti e nobili
decaduti, tra palazzi liberty e tenute di campagna, tra bellezze naturali
mozzafiato e macerie post belliche.
Lei, Vittoria detta Vichy, studentessa universitaria, bellissima, determinata e
votata al progresso, la ragazza che arriva dal continente.
“Era arrivata lì preoccupata, contrariata, prevenuta, e in più orgogliosamente
libera da legami amorosi. Aveva temuto ciò che invece adesso le sembrava di
poter gestire benissimo, in fondo anche divertendosi. Si era innamorata di un
uomo che più siciliano non poteva essere, e di una terra che, una volta
conosciuta, l’aveva avvolta nelle sue sensuali spire senza più lasciarla
andare.”
Lui, Diego Ranieri, uomo del sud, possidente, tanto tenebroso quanto dotato di
un fascino irresistibile, un Alain Delon nostrano, restio ai sentimenti e alla
vita sociale.
“Ma nella stanza dello scirocco, a quell’ora quasi in penombra, ogni forma di
cautela venne meno”
E poi c'è la storia di zia Rosetta con il suo Peppino.
Con una scrittura senza sbavature, logicamente costruita per una trama
prevedibile dalle forti tinte rosa, Cristina Cassar Scalia ci permette di
vivere una fiaba siciliana senza alcun sforzo di profondità e ci fa sognare a
occhi aperti, mentre l'esistenza del reale si scontra con la crudeltà e
l’insensatezza delle storie vere.
Coerente con i soliti cliché del romanzo sentimentale, l'autrice sembra non
ingannare i suoi lettori, proponendo un romanzo che affronta con elasticità
melodrammatica temi abbastanza forti, stemperandoli con i piacevoli dialoghi in
un dialetto siciliano elegante e colto.
Tra l'odore di zagara e il profumo di salsedine la trama scorre liscia,
saltando con agilità letteraria gli ostacoli, i muri a secco, le barriere,
oltrepassa i confini grazie alla forza di quell'amore che soltanto i libri
sanno raccontare. La cornice ambientale edulcorata dalla capacità dell’autrice
che ha saputo cogliere il bello e il fantastico di una terra spesso amara e
restia al cambiamento, ha regalato un tocco di magia mediterranea a tutta la
storia dal titolo suggestivo e coinvolgente.
Fa bene ogni tanto affidare a queste storie pulite, lineari, fresche il proprio
tempo perché sono letture senza pretese che hanno il solo scopo di alleggerire
il cuore e dove i drammi, anche quelli violenti, estremamente dolorosi, vengono
raccontati con la leggerezza di una ingenuità disarmante che soltanto una brava
scrittrice è capace di narrare senza scadere nell’insipida banalità dei ruoli
dei protagonisti.
N.B.
“Le Camere dello Scirocco” sono vere e proprie stanze interrate scavate nella
roccia al di sotto dei palazzi nobiliari oppure nei giardini delle ville,
utilizzate come luogo di rifugio e di protezione dalla calura estiva. La
definizione di "camera dello scirocco" è presente per la prima volta
in un documento notarile del 5 agosto 1691, in riferimento alla stanza
sotterranea presente nella Villa delle Quattro Camere del duca di Terranova, ma
la loro origine è certamente anteriore a questa data.
Il funzionamento di una Camera dello Scirocco è al tempo stesso semplice e
geniale. Il loro scopo primario è quello di assicurare agli ospiti della villa
un clima gradevole anche durante le afose estati siciliane, e per farlo
utilizzano tre elementi: una grotta, una corrente d'aria, l'acqua. La loro
struttura di base è una grotta artificiale scavata nella roccia calcarea-arenitica
di cui è composto il sottosuolo palermitano, un tipo di roccia al tempo stesso
molto stabile e facile da lavorare utilizzata fin dalla preistoria. Una
"Camera dello Scirocco", dunque, è in primo luogo una grotta
artificiale, ambiente già di per sé in grado di fornire protezione dalla calura
estiva esterna che i nobili abbellivano con tendaggi, divani e fontane.
anno di pubblicazione: 2016
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