"Il mondo di Sofia" di Jostein Gaarder
reensione a cura di Patrizia Zara
Si è molto parlato di questo libro per la sua struttura semplice, per l'originalità delle storie surreali calate all'interno di temi filosofici e storici, temi perlopiù confinati nell'area didattica.
"Il mondo di Sofia" è un libro che per incanto prende il lettore per mano e lo guida a ritroso alla scoperta del suo passato, il tempo di ogni cosa, rendendolo consapevole della sua "storia" sino all'umana, attuale conclusione che ogni cosa, vivente e non, è polvere di stelle: polvere ancora avvolta nel mistero giacché "niente può essere creato dal niente"
Ma non voglio prolungarmi sul romanzo in sé, sull'aspetto tridimensionale della trama, nell'alternarsi fra sogno e realtà, voglio raccontarvi le mie sensazioni.
Durante la lettura più volte il mio cervello mi ha riportato al nostro Luciano De Crescenzo, i suoi scritti, il suo modo così ironico di porsi nei confronti della vita.
E mi sono trovata a paragonarlo a Gaarden.
Mi sono collegata a Google e ho messo a confronto le foto dei due in questione, non avendo avuto il piacere di conoscerli personalmente.
Vi sembrerà strano ma ho trovato somiglianze non tanto nei tratti somatici ma nell'espressione degli occhi e nella linea del sorriso.
Pur essendo personaggi diversi, De Crescenzo, nato il 20 agosto, uomo dall'indole mediterranea, dotato di un'ironia godereccia, Gaarden, nato l'8 agosto, uomo del nord avvolto dalla nebbia e dalla magica di gnomi e folletti, i due hanno un denominatore comune ( e lo stesso mese di nascita. Ahi, ahi l'influenza degli astri!)che li ha resi simili nell'approccio alla vita: l'amore per la sapienza.
Entrambi hanno saputo cogliere nella storia e nella filosolofia l'arte di vivere, e lo sguardo biricchino, limpido in entrambi (fateci caso), sembra trasmettere scintille simili all'universo in continua espansione.
Il loro sorriso appare saggio di chi sa che il non sapere è in fondo una forma di sapere.
I due hanno guardato, osservato, studiato, sperimentato il fuori nel tempo e nello spazio trovando dentro di loro il "vero sapere", ossia la grandiosità di tutto ciò che li circonda e la contezza che l'uomo è la parte infinitesimale, la più preziosa, che riflette la luce di ogni cosa.
Ambedue, dal nord al sud, fanno da guida, con le loro storie, lungo il percorso di un remoto, fantastico viaggio che ha inizio moltissimi anni fa, fanno conoscere gli avi e le loro menti, spiegano che la cultura non ha senso se lasciata a se stessa e inducono con pacatezza a non guardare spauriti ma, al contrario, illuminati, quel fantastico mistero che è la vita, giacché questa continua ancora, e che l'unica cosa di cui ha bisogno l'essere umano è la capacità di stupirsi.
E per ultimo non a caso, "soltanto in questo modo eviterai di fluttuare nel vuoto..."
"Quando si incontrava De Crescenzo in giro (fin quando è stato bene lo si incontrava spesso anche per strada) dava sempre l’impressione di godersi la vita che si era costruito. Con un’impronta e una capacità davvero da filosofo greco. Con lo spirito epicureo e il riso di un cinico, sembrava saper mettere in pratica quanto spiegava: un disincanto mai rassegnato, un’allegria placida senza le bizze dell’euforia. E la coincidenza tra il suo modo di esporre, tra quanto scriveva o raccontava e come pareva vivere realmente ha sempre creato un rapporto speciale tra lui e il suo pubblico di lettori. Quella corrispondenza tra scritto e vita reale, tra personaggio pubblico e privato è sempre stata la sua cifra". (art. su Luciano De Crescenzo"
"A me piace camminare, fare lunghe passeggiate in montagna, nei boschi, in città e mentre passeggio muovo sia il corpo che i pensieri, non riesco a raccogliere pensieri seduto davanti al computer… diciamo che adesso sono nella fase del ‘camminatore’" (intervista a Jostein Gaarden)
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2024
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