LA FINESTRA SBAGLIATA
Eppure ho visto anche zingari felici
Invisibili
Ci siamo fatti dividere in ogni modo in cui era possibile
essere divisi: fascisti e antifascisti, italiani ed extracomunitari, uomini e
donne, “no vax” e “sì vax”. E così via.
Scelte personali, inclinazioni, visioni, immolate all’altare
di una omologazione feroce, ben nascosta dietro mille maschere.
Dedicarci ad odiare il nostro nemico: un gioco perverso e
quotidiano con cui proteggere la nostra identità di “persone per bene”: un bene
reale ma che perde il contatto con il tutto.
Scevre di questa carica di odio, tutte le istanze sono
corrette: spesso ciò che si critica del nemico non è il contenuto (voler
difendere l’uomo, la donna...) ma ciò che noi avvertiamo quella posizione possa
sottendere (violenza sulle donne, negazione dei torti subiti dagli uomini...).
La nostra mente sembra sempre più incapace di contemplare
una visione di insieme che includa gli opposti, contagiata dal linguaggio
pervasivo di media e politica che tende a ridurre tutte le possibilità in
campo: se dici questo odi le donne, odi gli uomini, e così via, all’infinito.
Il cosiddetto metodo del contagio usato anche a scopo
propagandistico, fa il resto. Persone radicalmente diverse sono descritte in
modo semplificato mettendone in risalto un unico tratto. Riunendo, infatti,
nemici differenti in una unica categoria (no vax, astensionisti, maschilisti,
eccetera) è possibile eliminare dallo scenario tutte quelle persone che
adducendo istanze per il bene reale rovinerebbero il gioco. La battaglia si fa
sempre tra eccessi opposti. Divide et impera!
Immersi in questa guerra psicologica che rende fortemente
menomata la nostra comprensione delle ragioni dell’altro, risulta impossibile
giudicare (ius+decere; “colui che dice/pronuncia il diritto”).
Quali sono le categorie maggiormente prese di mira? Posso
dirvi quelle che la mia sensibilità mi fa rilevare, ma se ne percepite altre
ditemi: c’è spazio per tutti.
Non ci spaventano malvagità e corruzione, fondamenti su cui
sappiano da sempre si regge la nostra società. Non ci spaventa neppure la
diversità come la intendevamo anche solo fino a due decenni fa: lo straniero,
l’omosessuale, il disabile; tutto ha delle parole, una collocazione economica e
politica precisa.
Oggi ci spaventano gli invisibili, categorie prive di valore
economico e di rappresentanza politica e mediatica, cancellate dal nostro
immaginario.
Nel regno dell’invisibile c’è la virgola fuori posto, colui
che grida “Il re è nudo”: la famiglia che rinuncia alle nostre certezze ma è
felice; quel padre che vuole solo fare il padre senza odiare le donne,
eccetera. Dinanzi ad un diverso così diverso la coscienza collettiva va in
crash. Così lo riconduce a categorie più comprensibili: il maschilista maligno,
la famiglia fuori di testa. Ecco, finalmente è possibile tornare a fare la
propria quotidiana guerra psicologica.
La mia ossessione è quella di far uscire dal regno
dell’invisibile chiunque vi finisca dentro, perché sono convinta che quel
rimosso ci racconti tantissimo di noi.
Nel libro 𝘈𝘯𝘤𝘩𝘦
𝘭𝘦
𝘱𝘢𝘳𝘰𝘭𝘦
𝘴𝘰𝘯𝘰
𝘯𝘰𝘮𝘢𝘥𝘪
di Fabrizio De André leggiamo: «Chiunque coltivi le proprie diversità con
dignità e coraggio, attraversando i disagi dell’emarginazione con l’unico
intento di rassomigliare a sé stesso, è già di per sé un vincente».
Una frase che ci piace leggere in un libro, ascoltare in una
canzone, ma nella realtà ci spaventa, la vediamo in antitesi al concetto oggi
centrale di 𝘤𝘰𝘮𝘶𝘯𝘪𝘵à,
di 𝘴𝘰𝘤𝘪𝘢𝘭𝘪𝘵à.
Ci troviamo immersi in un paradosso non da poco: dilaniati
da guerre psicologiche perpetue, e sempre ammassati in gruppi reali o virtuali.
Ma è davvero possibile qualsiasi forma di alterità senza il rispetto della
unicità?
Un legame fondato sul rispetto delle particolarità
individuali, la consapevolezza delle manipolazioni giornaliere, la curiosità
verso l’altro che avevamo da bambini, sono passaggi essenziali per la
guarigione di un tessuto sociale completamente disfatto, per trovare modi 𝘢𝘭𝘵𝘳𝘪
di parlare basati sulla gioia, sulla creatività, sul rispetto delle minoranze,
anche quando non le comprendiamo. Sulla follia!
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