La terza (e ultima) vita di Aiace Pardon - Alessandra Selmi -
recensione a cura di Elisa Caccavale
La terza (e ultima) vita di Aiace Pardon,
romanzo d’esordio di Alessandra Selmi pubblicato da Baldini & Castoldi nel
2015 (237 pagine), è una lettura piacevole e scorrevole che mescola il mistero
a una riflessione sociale sul margine e sull’invisibilità delle vite comuni. La
storia ruota attorno a Aiace Pardon, un senzatetto milanese che vive nei pressi
della stazione Centrale e che un giorno comincia a ricevere misteriose
donazioni di denaro, sempre più consistenti, fino a scomparire improvvisamente
lasciando dietro di sé una scia di interrogativi. L’indagine sulla sua
sparizione conduce il lettore nei meandri di una città spenta e malinconica,
popolata da personaggi fragili e realistici, rivelando un intreccio umano più
che poliziesco. Indagano sulla sparizione un’altra senzatetto, amica di Aiace,
che si rivela essere donna colta e misteriosa, e il poliziotto Alex Lotoro: una
coppia stramba che, però, con il tempo si lega proprio come fanno i poli
opposti di una calamita.
La terza (e ultima) vita di Aiace Pardon
è un romanzo piacevole e scorrevole, che sa mescolare l’indagine poliziesca con
elementi sociali, umani e drammatici. La vicenda ha un suo potenziale
d’attrazione: l’idea dell’uomo “invisibile” che, attraverso piccoli gesti
anonimi, richiama l’attenzione e poi sparisce, è stimolante e offre spazio ad
interrogativi morali. Selmi non rinuncia a mostrare le pieghe dure della realtà
— l’indifferenza urbana, il degrado, le fragilità personali — e costruisce
un’atmosfera di tensione sommessa che regge il ritmo narrativo.
Tuttavia, per chi conosce l’autrice attraverso i
suoi romanzi successivi, in particolar modo il bellissimo (a parere di chi
scrive) “Al di qua del fiume” non può non notare la differenza stilistica e di
spessore tra questo romanzo e altri della Selmi. Nel confronto con Al
di qua del fiume, che mostra una voce più compiuta, Aiace
Pardon appare più ingenuo e meno ambizioso. Manca quella
“lucentezza” stilistica che caratterizza le migliori pagine di Selmi nei
romanzi successivi: lì la costruzione dell’ambientazione storica e la gestione
dei personaggi avvolgenti e stratificati emergono con maggior forza, mentre in
questo romanzo d’esordio la tecnica sembra ancora alla ricerca del proprio
spazio.
La terza (e ultima) vita di Aiace Pardon
è un esordio che si lascia leggere con piacere, che offre temi autentici e una
trama con un lieve mistero da svelare. Non è però un’opera che sorprende dal
punto di vista formale: lo stile è discreto, senza slanci memorabili, e non
sempre all’altezza di quello che l’autrice raggiungerà in seguito. Per chi ama
seguire l’evoluzione di uno scrittore, questo romanzo ha interesse come tappa
iniziale, ma non sostituisce, né trascende, le sue opere migliori. Il romanzo
resta comunque un esordio dignitoso, con un’idea narrativa originale e un tono
umano che accompagna il lettore fino alla fine, ma è evidente che l’Alessandra
Selmi più intensa e compiuta arriverà solo in seguito, quando lo stile si farà
più sicuro, più profondo e capace di restituire quella densità emotiva che in
questo primo romanzo resta solo accennata.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2015

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