Cosa sognano i lupi? - Yasmina Khadra -
Recensione a cura di Miriam Donati
“Cosa sognano i lupi?” tratta di estremismo e delle
condizioni che favoriscono il relativo prendere piede in una società.
Dal punto di vista della sostanza, il romanzo è una
tragedia nel senso più antico e assoluto del termine. Lasciando sbocciare tra
le pagine una violenza parossistica e insopportabile questo romanzo racconta la
lenta discesa agli inferi di un giovane qualunque, il cui destino sacrificato è
annunciato nelle prime righe del testo, un incipit che si pone come una
profezia destinata a compiersi inesorabilmente. E il doloroso viaggio di questo
eroe, che non è un eroe, si rivela legato, o addirittura incarnato, alla storia
di un'Algeria alla deriva i cui figli non sanno più a quali valori identitari
aggrapparsi.
Attraverso questo romanzo, Yasmina Khadra racconta la storia del suo paese
ferito, dipinge la sua realtà dove la morte è sempre a portata di mano, dove le
speranze, i sogni e le aspirazioni di una società si sgretolano al ritmo dei
drammi e delle sofferenze quotidiane.  
La
società algerina degli anni novanta presentata è corrotta, povera, colma di
disparità e di ingiustizie sociali - ricorda l’attualità di molti paesi - le
quali rappresentano condizioni fertili per gli estremismi. I periodi di
corruzione e di disoccupazione, di flessione economica e di malcontento infatti
sono spesso quelli che storicamente precedono l’avvento delle dittature o i
picchi di popolarità dei movimenti estremisti che promettono rivoluzioni e
rigore, in un clima di esaltazione e spesso di miopia intellettiva, in cui ci
si aggredisce a vicenda e si promuove l’oltranzismo becero di vedute ristrette
di qualunque tipo senza margini di dialogo. Un esempio del passato è l’avvento
del nazifascismo che ha trovato fertile terreno nelle difficoltà e miseria di
molte famiglie dopo un lento declino economico e sociale. Una società che
soffre e che è sempre più povera e senza speranza dove le differenze sociali si
fanno sempre più nette e insuperabili pare ogni giorno diventare più ingiusta,
più prevaricatrice.
La
violenza del terrorismo di natura ideologica o di natura religiosa nasce sempre
da un conflitto sociale, da un’inadeguatezza della società democratica, da un
rigetto verso le istituzioni corrotte, da uno scontento comune.  
“Cosa sognano i lupi?” è anche la tragica caduta di un
uomo che finisce per trasformarsi in qualcosa di ben peggiore rispetto al
modello di corruzione e violenza che voleva combattere, trovando nel nuovo
movimento al quale aderisce la stessa corruzione e le stesse dinamiche di
potere che voleva eliminare.
In
quello che descrive con brutale chiarezza Yasmina Khadra c’è una sorta di
destino che spinge Nafa Walid, aspirante attore mancato a diventare quello
che diventa: fame, degrado, umiliazioni sono all'ordine del giorno, per
lavorare bisogna rinunciare alla dignità e mettersi al totale servizio dei
pochi ricchi che, pieni di boria e di presunzione, trattano i dipendenti come
zerbini. 
Arrabbiato
con sé stesso e con chi lo circonda, deluso dal suo paese, in contrasto con la
sua famiglia, senza alcuna chance di migliorare la sua condizione, Nafa, dopo
essere stato costretto alla copertura di un crimine terribile e disumano che
rimane impunito, diventa facile preda di fanatici fondamentalisti che arruolano
i loro adepti proprio tra i tanti ragazzi che si trascinano tra rabbia,
frustrazione ed impotenza. Se l'ambientazione ci riporta agli anni novanta, fin
troppo attuale resta il tema di fondo: la triste facilità con cui ragazzi,
delusi e pieni di rabbia per la loro condizione, si ritrovano ad imbracciare le
armi votandosi a una causa che maschera dietro ipocrite motivazioni obiettivi,
metodi e ragioni che con la religione non hanno niente a che fare. Con la sua
esperienza di ufficiale dell'esercito che ha combattuto i
gruppi terroristici che cercavano di rovesciare il governo algerino e stabilire uno
Stato islamico e
la sua capacità di entrare nella mente dei personaggi Yasmina Khadra non si
limita a condannare il terrorismo, ma cerca di immedesimarsi in chi ci è
invischiato e prova a comprenderne le pur ingiustificabili ragioni. La condanna
si estende però anche a chi governa, a chi permette ai ricchi di prevaricare le
leggi e di usarle a proprio piacimento, a chi non fa nulla per contrastare le
differenze sociali e per combattere il degrado, la disoccupazione, la
frustrazione dei deboli. Perché nella lotta al terrorismo le armi servono
soltanto ad aggiungere violenza ad altra violenza, e il vero sistema per
contrastare fanatici e fondamentalisti è dare alla gente lavoro, dignità e
speranza.
La
scrittura privilegia ritmo e atmosfera, con un continuo di accelerate e
successive frenate, azioni cariche della realtà su cui si innestano immagini rappresentative dell'animalità come quella dei
lupi che compaiono nel titolo del romanzo e che designano alcune
categorie della società algerina come i ricchi. il popolo dell'AIS
e infine Nafa e gli uomini della sua katiba.  
L’animalità
fa il paio con la poesia rappresentata dal poeta dell'opera,
Sid Ali, un martire che si oppone all'oscurantismo trionfante anche nella
morte.
“Prima di morire, Sid Ali aveva chiesto di essere dato alle fiamme.
- Per quale motivo? Ha chiesto Abu Mariem.
- Per mettere un po' di luce nella tua notte."
Oltre alla poesia l’autore sembra sentire il bisogno
di affiancare alla sua storia la narrazione di una favola destinata a
illustrare una morale. La
favola è raccontata da Yahia, il musicista, a Nafa: "Sid Ali mi
raccontò la storia di una foglia ribelle e arrogante che faceva fatica a
digerire il fatto di essere scaricata dal suo ramo semplicemente perché stava
arrivando l'autunno. La natura la trasformò allora in una mantide religiosa.”
Descrive il percorso seguito dal movimento fondamentalista: inebriato dalla sua
forza e dal suo potere nel cuore degli anni novanta, ha commesso atti
irreversibili, cioè atti che erano dell'ordine dell'animalità e della barbarie.
La favola illustra anche la storia di Nafa e della sua ascesa nella gerarchia
di comando dei gruppi armati fino a diventare uno dei capi.
Yasmina Khadra (in arabo letteralmente "gelsomino
verde") è lo pseudonimo dello scrittore algerino Mohammed Moulessehoul, un
ufficiale dell'esercito algerino, che ha adottato il nome della moglie per
evitare la censura militare. Nonostante la pubblicazione di molti romanzi di
successo in Algeria, Moulessehoul ha rivelato la sua vera identità solo nel
2001 dopo aver lasciato l'esercito ed essere andato in esilio e in isolamento
in Francia. L'anonimato era l'unico modo per lui di sopravvivere ed evitare la
censura durante la guerra civile algerina. 
Genere:
Narrativa
Anno di pubblicazione: 2001
iedo, se è possibile, di controllare la sezione spam perchè li finiscono tutti imiei post che condivido. Purtroppo capita anche nel mio gruppo. Facebook come sempre riesce a creare problemi anche dove non c'erano. Grazie: Buona giornata

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