lunedì 29 settembre 2025

L'ELEGANZA DEL RICCIO

 





L'eleganza del riccio - Muriel Barbery -

recensione a cura di Patrizia Zara


Recensire un romanzo su cui si è già detto tutto non è impresa semplice. Per questo eviterò di soffermarmi su trama e stile, e mi concentrerò su alcune considerazioni personali, non prive di contraddizioni.

A prima vista, il romanzo appare incongruente, persino insensato, se lo si analizza con occhio pratico: che senso ha possedere una cultura sterminata se questa non ti solleva dalla tua condizione sociale? A cosa serve un'intelligenza brillante se ti conduce a contemplare il suicidio? Ecco il nodo che non riesco a sciogliere.

La portinaia resta portinaia: chiusa nel suo mondo grigio, inacidita, si prende gioco di una società ottusa e incapace di riconoscere la bellezza. La ragazzina, invece, finge mediocrità mentre è geniale, lucidissima. Ma davvero può essere così lucida a dodici anni? Se pensa al suicidio, non è forse il segno più evidente di una fragilità ancora acerba?

Che la società si nutra di stereotipi è cosa nota. Che si abbeveri alla coppa dell’ipocrisia, lo sappiamo da Pirandello in poi. Ma queste due “meravigliose” creature, cosa fanno se non rinchiudersi nel loro guscio, sottolineando proprio lo stereotipo che vorrebbero rifiutare? Non finiscono forse per alimentare quella stessa ipocrisia sociale che le soffoca?

Il dilemma filosofico: essere o apparire

Il romanzo si muove sul crinale dell’eterno conflitto tra ciò che si è e ciò che si mostra. Appaio come la società mi impone: una portinaia rozza e ignorante, una ragazzina disturbata dalle classiche turbe adolescenziali. Ma il mio “essere” è altro, altrove.

E non sono solo loro a non essere comprese. Tutti i personaggi, incastrati nella loro cornice sociale, sembrano inadeguati, incapaci di comunicare, di evolvere. Da qui la mia conclusione: il romanzo, per quanto raffinato, non risolve nulla. Ti lascia con un senso di frustrazione, un sapore amaro in bocca. Ti fa arrabbiare per il suo squallore, tanto pratico quanto filosofico. Eppure ha un pregio: ti sbatte in faccia la certezza che il divario tra essere e apparire è destinato ad allargarsi, con tutto il carico di disagio e incomprensione che ne deriva.

Ma c’è un “ma” – ed è positivo

In una società che sembra condannata a crescere in mediocrità e ristrettezza, i due protagonisti, a differenza degli altri, riescono a costruirsi una dimensione parallela. Un rifugio che li soddisfa, che consente loro di sopravvivere nel deserto sociale che li circonda.

Ed è lì, in quell’angolo nascosto, che avviene l’incontro: anime affini che creano mondi alternativi, dove vivere diventa finalmente possibile. Non so dirvi altro.


genere: narrativa

anno di pubbblicazione: 2007

 


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