giovedì 25 settembre 2025

LA MIA INGEBORG

 




La mia Ingeborg - Tore Renberg -

Recensione di Miriam Donati

 

“Appartengo al passato. Lungi da me l’idea di trovare il mio posto da qualsiasi altra parte”.

 Romanzo sui generis a partire dalla scrittura: una specie di monologo in prima persona tra flusso di coscienza e scarne, secche, pungenti battute con uno stile aspro e ruvido come la natura in cui è immerso il romanzo. Uno stile marcato da spazi bianchi tra le frasi, pause a sottolineare rabbia e solitudine.

Spesso gli incipit sono la summa dei romanzi e qui la descrizione della perdita di un molare da parte di Tollak, il protagonista, anticipa la natura dura e cruenta della storia.

I pensieri di Tollak su quanto gli accade nel presente si mischiano con i ricordi di una vita con un ritmo incalzante che crea suspense e, nonostante non sia un personaggio che si faccia amare, tutt’altro, è respingente fin da subito, tiene il lettore avvinto alla pagina.

Pagina dopo pagina si entra nella testa di Tollak che dà la propria versione dei fatti accadutigli e che, pur avendo commesso azioni abbiette, è convinto di non aver mai commesso alcun errore con giustificazioni per lui plausibili, soprattutto dettate dall’amore incondizionato che prova per la moglie Ingeborg. Mi ha fatto pensare all’amore tossico del professor Humbert che pensava di volere il bene di Lolita ignorando la sua colpa criminale.

Tollak è un uomo autoritario, irascibile, rimasto completamente e volontariamente estraneo ai cambiamenti della società, che ha messo una barriera nei rapporti con gli altri a eccezione dell’amata moglie, visualizza se stesso solo attraverso lei; anche i due figli si sono allontanati da lui appena possibile e anni dopo la scomparsa di Ingeborg li convoca per un incontro liberatorio, una specie di confessione finale per raccontare le verità nascoste.

Per il lettore è perturbante leggere i pensieri del protagonista perché è come affrontare un abisso che è anche dentro se stessi, la parte che non si ama, le reazioni che si hanno e che si nascondono, man mano si entra in empatia con lui e nello stesso tempo se ne ha orrore in un groviglio di sentimenti contrastanti.

L’autore con questa scelta è stato molto coraggioso optando per una strada difficile e anticonvenzionale per far capire cosa muove una persona a compiere determinate azioni.

La storia incentrata sul nucleo familiare di Tollak si sviluppa intorno ai contrasti generazionali con i due figli e con l’inserimento della figura di Oddo, di cui Tollak decide di prendersi cura, manifestando un’empatia insolita per il suo personaggio. Un legame rafforzato dall’impossibilità per entrambi di relazionarsi con gli altri, l’uno per il carattere, l’altro per problemi neurologici.

Tollak si definisce attraverso l’amore che ha provato per Ingeborg e ora che è vecchio, malato e amareggiato vive del ricordo di quell’amore che è stata la sola parte luminosa della sua vita: solo nel rapporto con lei cambiava e di questo non solo i figli, ma anche gli abitanti del paese vicino si erano resi conto. Il rapporto con i figli disgregato già nell’adolescenza, diventa nullo con il loro allontanamento e Tollak è incapace di recuperare un rapporto da sempre conflittuale soprattutto con la figlia in cui si rivede, mentre nel figlio rivede la moglie. Gli rimane solo Oddo che ha sempre protetto e amato.

Il ritorno a casa dei figli si rivela una resa dei conti con un ultimo dialogo tra un padre introverso e due figli che non gli permetteranno di avvicinarsi in alcun modo; non ci sarà alcun contatto fisico e men che meno affettivo.

Il rifugiarsi del protagonista nello stereotipo del maschio che non rivela i propri sentimenti evitando di comunicare ciò che ha provato e prova lo porterà inevitabilmente all’autodistruzione; attraverso la letteratura però si può ascoltare la sua confessione e discernere solitudine, disperazione e anche amorevolezza seppur travisata e malsana e benché abbia fatto prevalere alla fine l’oscurità alla luce.  

 

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione 2024



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