La
mia Ingeborg - Tore Renberg -
Recensione di Miriam Donati
“Appartengo
al passato. Lungi da me l’idea di trovare il mio posto da qualsiasi altra
parte”.
Spesso
gli incipit sono la summa dei romanzi e qui la descrizione della perdita di un
molare da parte di Tollak, il protagonista, anticipa la natura dura e cruenta
della storia.
I
pensieri di Tollak su quanto gli accade nel presente si mischiano con i ricordi
di una vita con un ritmo incalzante che crea suspense e, nonostante non sia un
personaggio che si faccia amare, tutt’altro, è respingente fin da subito, tiene
il lettore avvinto alla pagina.
Pagina
dopo pagina si entra nella testa di Tollak che dà la propria versione dei fatti
accadutigli e che, pur avendo commesso azioni abbiette, è convinto di non aver
mai commesso alcun errore con giustificazioni per lui plausibili, soprattutto
dettate dall’amore incondizionato che prova per la moglie Ingeborg. Mi ha fatto
pensare all’amore tossico del professor Humbert che pensava di volere il bene
di Lolita ignorando la sua colpa criminale.
Tollak
è un uomo autoritario, irascibile, rimasto completamente e volontariamente
estraneo ai cambiamenti della società, che ha messo una barriera nei rapporti
con gli altri a eccezione dell’amata moglie, visualizza se stesso solo
attraverso lei; anche i due figli si sono allontanati da lui appena possibile e
anni dopo la scomparsa di Ingeborg li convoca per un incontro liberatorio, una
specie di confessione finale per raccontare le verità nascoste.
Per
il lettore è perturbante leggere i pensieri del protagonista perché è come
affrontare un abisso che è anche dentro se stessi, la parte che non si ama, le
reazioni che si hanno e che si nascondono, man mano si entra in empatia con lui
e nello stesso tempo se ne ha orrore in un groviglio di sentimenti
contrastanti.
L’autore
con questa scelta è stato molto coraggioso optando per una strada difficile e
anticonvenzionale per far capire cosa muove una persona a compiere determinate
azioni.
La
storia incentrata sul nucleo familiare di Tollak si sviluppa intorno ai
contrasti generazionali con i due figli e con l’inserimento della figura di
Oddo, di cui Tollak decide di prendersi cura, manifestando un’empatia insolita
per il suo personaggio. Un legame rafforzato dall’impossibilità per entrambi di
relazionarsi con gli altri, l’uno per il carattere, l’altro per problemi
neurologici.
Tollak
si definisce attraverso l’amore che ha provato per Ingeborg e ora che è
vecchio, malato e amareggiato vive del ricordo di quell’amore che è stata la
sola parte luminosa della sua vita: solo nel rapporto con lei cambiava e di
questo non solo i figli, ma anche gli abitanti del paese vicino si erano resi
conto. Il rapporto con i figli disgregato già nell’adolescenza, diventa nullo
con il loro allontanamento e Tollak è incapace di recuperare un rapporto da
sempre conflittuale soprattutto con la figlia in cui si rivede, mentre nel
figlio rivede la moglie. Gli rimane solo Oddo che ha sempre protetto e amato.
Il
ritorno a casa dei figli si rivela una resa dei conti con un ultimo dialogo tra
un padre introverso e due figli che non gli permetteranno di avvicinarsi in
alcun modo; non ci sarà alcun contatto fisico e men che meno affettivo.
Il
rifugiarsi del protagonista nello stereotipo del maschio che non rivela i
propri sentimenti evitando di comunicare ciò che ha provato e prova lo porterà
inevitabilmente all’autodistruzione; attraverso la letteratura però si può
ascoltare la sua confessione e discernere solitudine, disperazione e anche
amorevolezza seppur travisata e malsana e benché abbia fatto prevalere alla
fine l’oscurità alla luce.
Genere:
Narrativa
Anno
di pubblicazione 2024

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