La mennulara - Simonetta Agnello Hornby -
recensione a cura di Patrizia Zara
La Sicilia raccontata ha un fascino indescrivibile. L'ho sempre pensato.
La realtà così particolare e a se stante di questa terra e dei suoi abitanti
addolcita dalla scrittura, ingentilita dal suono delle parole, appare di un
fascino impenetrabile e carismatico, fonte inesauribile di racconti.
La realtà va a braccetto con l'immaginazione superandola poiché la Sicilia è la
terra che contraddice se stessa, che affiora nei pettegolezzi in quell'omertà
rispettosa di una verità riportata negli sguardi e nei gesti. Tutti sanno pur
non sapendo nulla. Tutti sentono sebbene siano sordi. Tutti vedono malgrado lo
sguardo sia altrove. Sicilia, fonte inesauribile di storie cantate nel
girovagare dei cantastorie.
"La Mennulara" attinge la sua storia nelle radici di un paesino
immaginario, Roccacolomba, ma non irreale. Si nutre di pettegolezzi e di mezze
parole.
La trama risulta avvincente, la scrittura aggraziata colora il grigio dei volti
baciati dal sole, allunga le figure tozze dei contadini, ripittura il tetro,
ingigantisce gli spazi, esulta il peccato languido e sensuale, ironizza sulla
vergogna, donandoci una Sicilia internazionale: il mistero diventa un
mezzo thriller, la mennulara si innalza a donna dalle capacità eccezionali
capace di essere presente anche dopo la morte.
E il linguaggio forbito, fluido e lineare spruzzato qua e là di sicilianità
arricchisce i personaggi in modo da farli uscire dai loro ristretti confini.
Simonetta Agnello Hornby è stata bravissima a velare il "brutto" con
quell'alone di umorismo all'inglese. Ha utilizzato la concezione del tempo
isolano, lento e languido, riportandolo a parametri anglosassoni tanto da
affinare il malaffare: l'alterigia della nobiltà, i pettegolezzi nell'ora del
tè (o caffè) il disprezzo per la povertà, la visione apparentemente imparziale
della religione, gli intrighi di sottobanco...
Ha reso tutto più interessante, più bello, più leggibile, più leggero centrando
il bersaglio dell'interesse.
"La mennulara" è una storia siciliana, ma del senso più profondo di
sicilianità ha poco e nulla: è questa la fortuna del romanzo.
Anche la struttura conferisce al narrato una comprensione più che leggibile,
richiamando sottovoce lo stile alla Agatha Christie
Lettura piacevole e divertente.
Sotto l'ombrellone di un giorno di calura estiva è perfetta.
"Mia madre mi insegnava che siamo tutti uguali, io, lei e la regina, solo
che lei fa il prete, la regina fa la regina nel suo palazzo, e io faccio
la "criata" a casa Alfallipe. Se facciamo il nostro dovere, ci
guadagniamo il rispetto degli altri. Dio ha il suo dovere, come tutti. Deve
pensare a noi, aiutare i buoni e punire i cattivi. A me Dio non piace, il suo
dovere era di non far mancare il pane e le medicine ai miei genitori, che sono
morti, e a mia sorella Addoloratina, che è ancora malata, e non l'ha fatto. Non
è stato giusto con me, e le ingiustizie si pagano prima o poi. Se non fa il suo
dovere da me preghiere non se ne merita"
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2013
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