Il nuovo venuto - Marco Vichi -
recensione a cura di Edoardo Todaro
Dicembre 1965, Firenze, il commissario Bordelli ed
ovviamente un omicidio sul quale indagare. Bordelli ed il brigadiere Barbagli
con le sue antipatie verso il fascismo, il suo odio verso i papponi; gentile
anche con chi arresta ed amato anche dalle prostitute. L’omicidio di un
usuraio, il nuovo venuto, un uomo violento, agente immobiliare per coprire i
suoi traffici, ucciso in modo decisamente macabro: un paio di forbici nel
collo, con una faccia antipatica …. anche da morto. Ovviamente, anche in questo
romanzo, non mancano quei personaggi che
hanno accompagnato nei precedenti, Bordelli, come ad esempio Botta,
l’amico/scassinatore di porte, artista del furto, ottimo cuoco ed allo stesso
tempo ricettatore negato; Cesare, anzi “
da Cesare “ la trattoria privilegiata per le sue pause pranzo, visto che non mangia mai allo
spaccio della questura, che è un po’ come essere in famiglia e Piras, il fedele
di/a Bordelli, ora in convalescenza in Sardegna amante di Simenon e del suo
Maigret, e l’immancabile Diotivede, il dottore che con le sue autopsie non può
mancare visti i casi di omicidio che si susseguono, ed ovviamente Rosa che
grazie alla legge Merlin ha abbandonato il mestiere;il cane Blisk ereditato
dalla guerra; Bordelli che ancora non si è abituato all’odore, dolciastro,
della morte, che ha saputo resistere ai nazisti ed affronta una nuova,
personale, resistenza: alle sigarette; che non riesce ad accettare l’idea di
invecchiare, perché di invecchiare non ne ha proprio voglia e quindi alla
spasmodica ricerca di un casolare dove poterla vivere nel miglior modo
possibile, appagando così il desiderio di avere il suo olio. Indispettito dal
fatto che a breve l’uomo andrà sulla luna nonostante sulla terra ci siano
ancora gli usurai. Un usuraio con tanto di libro contabile nel quale annotare i nominativi dei debitori, le
cambiali, interessi e scadenze ecc … Bordelli con una contraddizione: trovare
chi ha eliminato l’usuraio ed odiare gli usurai, comunque ha un obiettivo ben
più importante: restituire le cambiali, non solo deve far fronte anche con un
vero e proprio tifo di coloro che sperano che chi ha ammazzato lo strozzino non
sia individuato. Un commissario che vive un’altra contraddizione: mantenere
relazioni amichevoli con il mondo illegale. Un Bordelli filosofo: “ non si deve
cercare di essere quello che non siamo “; che di fronte alla morte di un amico
si pone la domanda esistenziale: “ cosa si vive a fare? “. Un romanzo che si
svolge in un panorama politico e culturale in movimento: l’Algeria in rivolta,la
guerra in Viet-nam, la musica che
proviene dal mondo anglosassone, il senso di libertà respirato e diffuso
dovunque, con il boom economico che si fa avanti in Italia dove si moltiplica
il traffico ma anche i soldi, un paese con l’attenzione rivolta alle gesta dei
banditi di Orgosolo, Mesina in testa. Ma Bordelli si arrovella con le domande
relative alla guerra ed al comportamento tenuto dal popolo italiano nel
trasformare una sconfitta in vittoria, con i fascisti riabilitati e di nuovo
nei posti che contano, con una pacificazione imposta che tutto rimette al suo
posto. Anche in questo caso non potevano mancare i racconti che si dipanano con
la cena di Natale, a proposito: il Natale più bello resta quello del ’45. Il
finale a sorpresa non riguarda tanto gli sviluppi dell’indagine, bensì il
ritrovarsi con “ Il quaderno di ricette “ e cioè “ il vangelo secondo Ennio “ (
Botta ). E quindi non resta che dire buon appettito.
genere: giallo
anno di pubblicazione: 2013
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