Senza sangue - Alessandro Baricco -
recensione a cura di Francesca Tornabene
"E sentiva il proprio corpo raccolto, rigirato su se stesso come una conchiglia - questo le piaceva - era guscio e animale, riparo di se stessa, era tutto, era per sé stessa tutto, nulla avrebbe potuto farle male fino a quando fosse rimasta in quella posizione..."
Sono due racconti brevi con un unico filo conduttore che si
divorano in un giorno.
Usando le stesse parole incise tra le pagine di questo
libro, potrei dire che questa è una storia che si consuma "In un lungo
inferno identico a quello da cui veniamo. Ma d'improvviso clemente. E senza
sangue".
La scrittura è semplice, poetica, ispirata, ma soprattutto
diretta.
Ogni frase disegna i confini di una storia il cui scenario è
ben definito tanto da trascinarti dentro le pagine di questo libro, prima
ancora di capire che cosa stia realmente accandendo.
Nel titolo si cela la nostra chiave di lettura per
affrontare questo viaggio attraverso immagini evocative e contrapposte.
Quelle realistiche dell'inferno della guerra e quelle quasi
oniriche dell'ignoranza del male.
Attraverso questo viaggio si snodano il conflitto tra
carnefice e salvatore. E soprattutto, il desiderio dicotomico tra la vendetta e
il perdono.
Il passato ritorna sempre e quell'immagine quasi magica, di
una bambina che ormai è donna, rimane cucita addosso ai nostri ricordi,
attraversa la crudeltà della guerra fino allo scenario conclusivo della storia.
Ed è in quell'ultima immagine che il conflitto lascia il
posto al desiderio.
Mentre nel silenzio, il lettore rimane senza fiato.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2002
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