IL PIU’ GRANDE UOMO SCIMMIA DEL PLEISTOCENE - Roy Lewis –
"Desidero un libro divertente ma non stupido."
Con queste parole mi sono rivolta alla graziosa signorina
della Feltrinelli.
Questa, mi ha guardata sorniona e senza dire nulla si è voltata,
da un grande scaffale alle sue spalle ha estratto dalla massa il libro che mi
appresto a recensire.
- Ecco una lettura simpatica che la farà sorridere - mi
disse con un simpatico sorriso.
E siccome io vado a braccetto con la simpatia, sorella
minore dell'empatia, l'ho acquistato senza se e senza ma. Non me ne sono
pentita.
"Il più grande uomo scimmia del Pleistocene" è il
libro più volutamente anacronistico che io abbia mai letto.
I personaggi rimarcano le caratteristiche di una classica
famiglia inglese (modi e abitudini, linguaggio e comportamenti, humor e ironia)
con la sostanziale differenza che le loro esistenze sono ambientate nella
lontanissima era del Pleistocene, lì lì vicino all’arrivo del famoso Homo
Sapiens.
E si cari amici, i nostri eroi sono i nostri primissimi
antenati.
Scesi dagli alberi, cominciamo ad assumere la posizione
eretta, cacciare selvaggina con le lance di selce, arricchire la propria dieta
con la carne e abitare caverne.
Ma non solo.
Imparano ad accendere e spegnere il fuoco. Si evolvono...
Scritto con un linguaggio dinamico e, malgrado il tema
primitivo dominante, con forme eleganti sia nei dialoghi, colti e premonitori,
sia nella descrizione di una natura primordiale e selvaggia, e per questo
abbastanza cruenta, il romanzo di Roy Lewis è un libro divertentissimo.
Il narratore, Ernest, è anche uno dei protagonisti -
l'autore adotta la tecnica della narrazione omodiegetica - essendo uno dei
tanti figli della grande scimmia, Edward, proiettata al progresso e alla
scoperta.
Immaginatevi questi uomini estremamente primitivi alle prese
con la scoperta del fuoco, le caverne, la pittura sulle rocce, le lance con la
selce grezzamente lavorata e successivamente arroventata, discutere del futuro
e del progresso. E filosofare sull’ombra che appare nei sogni: l'equivalente
alla nostra anima.
Calatevi nelle loro paure e nelle loro reticenze, mettetevi
nei panni dello spassosissimo zio Vania, descritto come un classico conservatore
inglese, retrivo e passatista contrario a ogni forma di innovazione; ma anche
nelle vesti dell’innovatore e progressista fratello Edward che con le
sorprendenti scoperte e invenzioni dà vita a meccanismi sempre più elaborati
che accelerano lo sviluppo, il benessere e la conoscenza del mondo circostante.
"Ogni scoperta, come ogni invenzione, porta con sé
rischi e paure. Tuttavia contenendo i rischi con lo studio e la pianificazione
e superando le paure in forza di una idea utile alla comunità, si arriva al
progresso".
Con intelligenza acuta, ironia e molto "english
style" Roy Lewis ha scritto un piccolo capolavoro letterario - forse più
che capolavoro un libro cult - che ci trascina lontano, lontano, spazzando
Adamo e Eva e il frutto proibito.
Devo dire che ho molto apprezzato sia l'idea della
storia originale, sia la struttura che riesce a reggere l'estremo
anacronismo delle vicende con l’inconfondibile e inimitabile humor inglese, e
anche la velata denuncia alla moderna società speculatrice che tende a
spacciare l’interesse individuale come interesse della collettività
Una fiaba moderna ambientata nel remotissimo passato dove il
dominio (e la speculazione) dell'uomo ha avuto inizio.
Ma chi ha creato il mondo intero? L'enigma rimane ancora.
Una nota: superate il primo capitolo che risulta poco
"orecchiabile", poi è tutto un divenire comprensibile.
Alla fine rileggete il primo capitolo e la storia è fatta.
"Miei cari" ci esortava, "fate che il vostro motto sia di lasciare il mondo un po' migliore di come l'avete trovato, e dare ai vostri figli condizioni di partenza un po' migliori di quelle che avete avuto voi. Non contate sugli altri. Vivete come l'intero futuro dell’umanità dipendesse dal vostro impegno; in fondo, potrebbe anche darsi! Sono tempi critici, questi, molto critici"
genere: narrativa
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