giovedì 15 ottobre 2020

INTERVISTA A ELISA MANTOVANI

 




Oggi nello spazio interviste abbiamo il piacere di ospitare l’autrice Elisa Mantovani. Benvenuta nel mio blog e grazie per avermi dedicato un po’ del tuo tempo. 

Prima di parlare diffusamente dei tuoi libri, e di tante altre cose interessanti, ti faccio qualche domanda di carattere generale, per conoscerti un po’ meglio. Sono le domande che io chiamo “necessarie”, forse un po’ banali, ma alle quali non ci si può proprio sottrarre. Tu hai fatto tante interviste ce ne sono diverse in giro per il web. Non sarà facile essere originale ma ho qualche curiosità da togliermi e spero di riuscire a stupirti. Per ora però partiamo con le domande di prassi. Pronta? Allora Elisa raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.

Innanzitutto ti ringrazio di cuore per questa intervista e per le bellissime parole che hai dedicato al mio ultimo libro. Io sono nata a Ferrara, dove vivo con i miei due figli e i miei due gatti. Ho un diploma in ragioneria; il sogno di mio padre era di vedermi dietro lo sportello di una banca o, magari, esserne il direttore. Purtroppo il suo desiderio è rimasto inesaudito, poiché mi sono dedicata a tutt’altro tipo di lavoro. Un lavoro che comunque mi piace, che mi permette di stare a contatto con la gente: lavoro infatti nell’ospedale cittadino, ormai da 25 anni.

Ho iniziato a scrivere non per un’idea ma, credo, più per necessità; sentivo il bisogno di mettere su carta tutto quello che mi passava per la testa, di incanalare la mia fantasia in qualcosa di costruttivo. Credo che per ogni autore sia così: è un bisogno quasi fisico a volte, che ci permette di spaziare con la mente, di crearci una nicchia nel bel mezzo della frastornante, stressante quotidianità.  Ho letto molto e, a dire il vero non ricordo in che momento preciso sia successo, ho iniziato a scrivere. Lo facevo più che altro per me stessa poi, con l’avvento dei social network, ho iniziato a condividere con altri le mie storie. Visto che come si dice, da cosa nasce cosa, ho poi deciso di passare alla fase successiva, ovvero provare a pubblicarle le mie storie. Tutto è nato grazie a chi ha sempre apprezzato ciò che scrivevo, a chi mi ha incoraggiata nel tentare di rendere ancora più visibili le mie “opere”. 


Oltre a scrivere sei anche una lettrice? Hai un genere preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo? 

Sono una “divoratrice” di libri. Adoro leggere e i miei generi preferiti sono i gialli, i thriller e naturalmente gli horror. Ho sempre amato il formato cartaceo: l’odore della carta ha un potere altamente rilassante (almeno su di me), però devo dire che apprezzo tantissimo anche il formato ebook. All’inizio ero molto titubante essendo un’accanita sostenitrice del cartaceo ma poi, una volta provata l’esperienza con il digitale, devo dire che l’ho trovata davvero molto interessante. Ha due grandi vantaggi: lo spazio (ormai non saprei più dove mettere i libri) e la comodità di poter leggere ovunque e scegliere la grandezza dei caratteri (a una certa età diventa molto importante!).

 

Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o sono esclusivamente di fantasia?

Le storie che scrivo sono per la maggior parte derivanti da situazioni che vedo o leggo. A volte mi basta ascoltare un dialogo tra due persone, oppure vedere un casolare abbandonato mentre me ne torno a casa dal lavoro e scatta l’ispirazione. Non so, a volte penso sia come una sorta di magia, che faccia sì che un viso, un articolo letto su di un giornale inneschi quella che poi potrà trasformarsi in una storia. Non sempre accade infatti ma, nel mio caso, sono più le volte che mi ritrovo a incasellare personaggi e situazioni. Ho sempre avuto una fantasia molto fervida (per fortuna).

 

Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre dalla narrazione?

Questa è una domanda che mi hanno fatto spesso e, quando rispondo che no, non ho mai una scaletta, ho visto reazioni alquanto perplesse. La storia la creo nella mia mente e le mani sul computer seguono le scene che immagino. Molto spesso mi succede di partire con un’idea ma poi, mentre la scrivo, cambia ed è la cosa che mi piace di più: non so nemmeno io come andrà a finire! Scherzi a parte mi lascio guidare sempre dalla narrazione, dagli stessi personaggi che creo e che, spesso, sembrano prendere loro in mano le redini della situazione. So che potrebbe sembrare una cosa da TSO, eppure è così, ed è bellissimo.

 

Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare della giornata?

Col lavoro che faccio purtroppo non sempre riesco a dedicarmi alla scrittura come vorrei. Quindi scrivo quando riesco, cercando di ritagliarmi i miei momenti “d’evasione” quando posso. Una volta mi avevano chiesto se scrivessi di notte, il classico cliché dell’autore con caffè e sigaretta accesa nel portacenere, e la mia risposta per l’ennesima volta ha destato un po’ di perplessità. Purtroppo già alle nove di sera mi ritrovo con pochi neuroni funzionanti, giusto quelli che mi permettono di lavarmi i denti e trovare la strada per la camera da letto: non riuscirei a scrivere nemmeno il titolo di un racconto, figuriamoci il resto. 

 

Ti è capitato certamente di presentare i tuoi libri in pubblico? Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciare far fare le domande direttamente al pubblico.

Tutte due le cose. Ho fatto diverse presentazioni e in quelle che mi sono piaciute di più c’era sì il moderatore, che mi poneva domande mirate ma, soprattutto, c’era il dialogo con il pubblico. Credo sia molto importante stabilire una connessione con chi ti legge: è bellissimo perché hai la possibilità di parlare direttamente con loro e viceversa. C’è stata una presentazione davvero originale, che ha permesso non solo a noi autori di esprimerci ma ha creato un’atmosfera particolare anche col pubblico: una presentazione doppia, in cui c’ero io e un altro autore (Marco Belli); un’esperienza divertente e interessante e colgo l’occasione, se mi permetti, di ringraziare il gruppo ferrarese di lettura: “Due pagine prima di dormire” gestito da Riccardo Vaccari e Silvia Cavicchi, un gruppo che s’impegna davvero tanto nel promuovere la lettura nella nostra città.

 

In questo spazio ho il piacere di chiacchierare con bravissimi autori. Quelli che passano di qua sono gli scrittori che io amo di più. Sono quelli che mi hanno veramente emozionato con le loro opere. Sono però, quasi esclusivamente, autori self publishing, perché io credo molto a questa soluzione per pubblicare un libro. E cerco nel mio piccolo di dargli più visibilità possibile. In questo campo il tuo è stato un percorso particolare. Hai iniziato con Delos digital poi sei passata alle Edizioni Drawup ed infine alla Faust edizioni. Ma per la tua ultima raccolta di racconti, uscita quest’anno, hai deciso di fare tutto da sola ed hai sposato il self publishing. Con ottimi risultati tra l’altro. Mi racconti se puoi questo percorso? Quanto è limitante avere solo un mercato on line?

La mia è stata inizialmente una sorta di prova, diciamo un esperimento anche se, alla base ci sono motivazioni ben precise a dire il vero. Diciamo che, per non rischiare denunce o similari, le esperienze che ho avuto con le case editrici non sono state proprio entusiasmanti anzi: a volte hanno rasentato una vera e propria Via Crucis. Mi piaceva l’idea di essere io a creare il mio libro: impaginazione, copertina e tutto il resto, di plasmarlo come più mi piaceva.  Per quanto riguarda il discorso della distribuzione in effetti l’unico problema è non vedere il proprio libro esposto nelle librerie. Per quanto mi riguarda certo mi spiace, ma cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno: non è nelle librerie? Allora cercherò di farmi conoscere comunque, ci possono essere altri mezzi per arrivare al pubblico e, se il pubblico ha voglia di leggere il tuo libro, sarà bene disposto ad accettarli. Spesso sento dire che scegliere il self publishing è una scorciatoia, un non volersi mettere davvero in gioco; credo sia l’opposto invece: chi si autopubblica si mette in gioco eccome, solo lo fa evitando di incappare in pseudo editori che nemmeno ti fanno l’editing, o che anziché aiutarti fanno di tutto per affossarti. Auto pubblicarsi è un’avventura, è una sfida con se stessi, l’importante è cercare sempre di dare il meglio e, soprattutto, stare con i piedi ben saldi a terra.

 

Sei giunta cosi alla decisione di autopubblicare le tue opere. La tua è una scelta definitiva oppure ambisci comunque a rientrare nel “giro” delle case editrici? Non deve essere facile doversi occupare di tutti gli aspetti di “contorno”: copertina, editing, impaginazione, stampa…Parlaci della tua esperienza. Ma in definitiva quali sono i motivi che ti potrebbero indurre a riconsiderare le case editrici? Un progetto serio pensato per te? Qual è l’aspetto che ti sta più a cuore nel rapporto con una casa editrice?

Per ora la scelta dell’autopubblicazione è l’unica che mi soddisfa. Rientrare ne giro di certe “case editrici”: per carità. Come si dice: “Chi si brucia con la minestra poi soffia anche sull’insalata”, e io mi sono bruciata non poco… Per cui adesso non ci penso, non rientra nelle mie priorità rientrare in certi giri. Creare Nictofobia è stato molto interessante, per nulla complicato (e se lo dico io che sono negata per la tecnologia in generale). Certo si devono seguire le linee guida che, peraltro, sono dettagliate e molto chiare ma ne vale eccome la pena. Pensavo fosse molto più difficile, invece mi sono ricreduta e se ce l’ho fatta io, lo può fare chiunque. Il sogno di ogni autore è quello di essere notato da una casa editrice, intendo una Casa Editrice seria e professionale, magari famosa (quando si sogna bisogna farlo in grande no?!) ed è anche il mio ma, come ho già scritto, bisogna rimanere sempre con i piedi ben saldati a terra. Magari succedesse, magari…Una casa editrice dovrebbe sostenere i propri autori, dovrebbe fornire supporto nella fase di editing e, cosa fondamentale, ci dovrebbe essere sempre la possibilità di interfacciarsi con chi ha in mano il tuo progetto. Rispetto e professionalità: ecco cosa mi sta a cuore.

 

Ma eventualmente ti contattasse una piccola casa editrice la prenderesti in considerazione o miri eventualmente al grande salto?

La prenderei in considerazione e valuterei ciò che mi offre, scandagliandola al microscopio. Certo il grande salto sarebbe la realizzazione del mio sogno, quello che faccio spesso e che, anche se so essere appunto un sogno, riesce sempre a scaldarmi il cuore.

 

Toglimi una curiosità. Tu praticamente esordisti con un romanzo. Si avevi scritto un racconto per la Delos digital (Dente per dente) ma il tuo battesimo del fuoco lo avesti col romanzo La strega della nebbia nell’ormai lontano 2016. Che, posso azzardare, andò bene e che gode, questo è certo, di buonissime recensioni. Poi però da allora hai scritto solo racconti. Anche in questo caso con ottimi riscontri. Vengo alla mia curiosità. In quale ambito preferisci cimentarti? Spero sia nei tuoi progetti un altro romanzo perché sarei molto curioso di leggerlo. Il primo (e unico) che hai scritto e di difficile reperibilità…

In effetti i racconti sono il genere che preferisco, anche come lettrice. Il mio primo e unico romanzo, “La Strega della Nebbia” ho iniziato a scriverlo per sfida: volevo capire se fossi stata in grado di scrivere appunto un romanzo, giallo. Devo dire che non mi sarei mai aspettata una risposta così positiva dal pubblico, è stata davvero una soddisfazione incommensurabile. Adesso ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo, giallo naturalmente, e vedremo… Intanto continuo con i racconti, di cui uno lungo che ho quasi finito.

 

Ancora una cosa, anzi due; poi passiamo a parlare di Nictofobia. Ma esiste Gotico ferrarese e Gotico italiano? Sono due raccolte di racconti distinte? Hanno la stessa copertina…Donne nelle tenebre è una ulteriore raccolta di racconti a cui hai partecipato, Un progetto piuttosto singolare del 2018 che però non ha lasciato molte tracce. Ci puoi dire qualcosa?

La racconta di racconti “Gotico ferrarese” è nata così, con questo titolo. L’editore poi, su suggerimento del distributore, mi ha proposto di cambiargli il titolo in “Gotico Italiano”, per dargli probabilmente maggiore visibilità al di fuori delle mura estensi. I racconti sono gli stessi, identici, ho solo tolto nel secondo tutti i riferimenti a Ferrara. “Donne nelle tenebre” invece è nato dopo il corso di scrittura tenuto da Cinzia Tani a cui avevo partecipato. L’idea fu sua, ovvero ognuna delle partecipanti al corso eravamo in otto avrebbe dovuto scrivere un racconto di massimo 10.000 battute per poi inserirlo in questa piccola antologia. “L’Orchessa”, il racconto che apre Nictofobia, è quello che scrissi io. Scusami questa piccola parentesi da megalomane ma, durante una presentazione indetta dall’ordine dei giornalisti per presentare Donne nelle tenebre, il mio racconto venne letto sottolineando come la mia fosse una scrittura “cinematografica”. Ci sono state altre presentazioni, a cura della Carmelina edizioni di Ferrara (editore dell’antologia suddetta) e devo dire che sono state sempre occasioni piacevolissime. Poi, come tutte le cose belle, anche questa è passata. Comunque è stata un’esperienza molto interessante.

 

Passiamo ad analizzare il tuo ultimo libro. Una raccolta di racconti, ben 27. Uno più bello dell’altro. Parlo a ragion veduta, l’ho letto e mi ha colpito molto favorevolmente. Quando lo hai scritto e cosa ti ha ispirato? Raccontaci qualche curiosità e qualcuno dei racconti che ritieni più rappresentativi. Facci venir voglia di leggerlo.

Ti ringrazio per l’apprezzamento! I racconti li ho scritti in diverse occasioni; alcuni li avevo pubblicati su Facebook, altri languivano nella cartella del pc. Quando ho deciso di pubblicare il libro li ho scelti, rileggendomeli tutti e cercando quelli che, secondo me, erano più adatti. Il filo conduttore di ogni racconto è comunque il mistero che può celarsi dietro ogni cosa, anche la più banale e scontata. Se dovessi raccontarti tutte le curiosità che ci sono dietro i 27 racconti non finirei più di scrivere! Certi, come “Babysitting” o “Begonie” mi sono venuti in mente mentre osservavo persone e captavo ciò che si dicevano. Una bambina capricciosa che iniziava a fare strane smorfie, una donna dall’aria stanca che si lamentava del marito che non faceva nulla in casa… Per me sono tutti rappresentativi, sono tutti piccoli frammenti di un puzzle che si incastrano tra di loro, mostrando a poco a poco un disegno che potrebbe rivelarsi alquanto inquietante. In ogni racconto ho messo ciò che più mi spaventa: il male celato sotto strati di normalità. Per chiunque ami essere sorpreso e, perché no, scosso da situazioni che sembrano dover andare in un certo modo ma che riservano invece tutt’altre cose di sicuro apprezzerà certe mie storie.

 

Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti trattati o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?

Per il romanzo ho dovuto fare delle ricerche, soprattutto per quanto concerneva gli aspetti legali. Anche per certi racconti a volte devo informarmi, onde evitare di scrivere castronerie. Un altro aspetto che trovo molto bello della scrittura: non si finisce mai d’imparare!

 

Secondo te c’è un pubblico specifico per questo libro? 

Dopo avere sentito diversi pareri, credo che il mio libro sia adatto a chi ami le emozioni forti, che ami il thriller e l’horror. 

 

Preferisci di più i finali accomodanti (col lieto fine), o preferisci lasciare qualcosa di non concluso o poco definito? Ti piacciono i finali spiazzanti ed un po’ cinici dove anche qualche protagonista importante incorre in qualche…“incidente”? O preferisci il vissero tutti felici e contenti?

Sarò cinica ma proprio non sopporto i finali accomodanti, tantomeno “e vissero tutti felici e contenti”. Mi piacciono i finali spiazzanti, li adoro. D’altronde in un giallo/thriller il finale deve esserlo, spiazzante.

 

Facci un piccolo excursus nella tua bibliografia. Hai pubblicato altri libri precedentemente a questo. A quale genere appartengono? Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già hai dettagli? 

Nel 2015 ho pubblicato con Delos Digital “Dente per Dente””, un racconto lungo solo in formato digitale, poi ripreso nella raccolta di “Gotico italiano”;

Nel 2016 ho pubblicato il romanzo “La Strega della Nebbia” con DrawUp edizioni;

Nel 2017 “Gotico ferrarese” (poi diventato “Gotico italiano), una raccolta di racconti con Faust Edizioni;

Ho partecipato a diversi contest organizzati da Letteraturahorror.it, e miei racconti sono stati inclusi in 4 antologie;

Un mio racconto è presente nell’antologia “Donne nelle tenebre”, uscito nel 2018 (racconto presente in Nictofobia);

Un altro mio racconto è tra i vincitori del “Premio Giallo Indipendente 2020” e altro mio racconto è stato selezionato e incluso in un’antologia dal titolo “Fantascientifico” nel contest indetto da “Idrovolante Edizioni”.

Tutti i miei racconti virano sul genere giallo/thriller/horror, a parte quello con cui ho partecipato al contest della casa editrice Idrovolante, che è più fantasy (sempre nel mio stile però eheheheheh).

Come ho già accennato prima, sto cercando di scrivere il mio secondo romanzo; sono all’inizio ma vedrò di “darci dentro”!

 

Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Secondo me molti scrittori non hanno la considerazione che meriterebbero. Che il loro talento pretenderebbe. Io nel mio piccolo ne ho conosciuti (letti) tanti, che meriterebbero molto più successo di quello che hanno.  Se non si entra nelle grazie di qualche grande casa editrice che, bontà sua, decide che il tuo romanzo “debba” avere successo, diventa davvero difficile “diventare famosi” ed avere un po’ di gloria scrivendo libri. Deve essere frustrante sapere di avere grandi capacità, esprimerlo anche con ottimi romanzi, ma non riuscire a “far passare” l’informazione. Non riuscire a far capire al lettore che oltre ai soliti noti c’è molto altro. Cosa ne pensi? Pregiudizialmente gli scrittori self sono considerati autori meno capaci rispetto a quelli che scrivono per le case editrici. Sono io che vedo le cose in maniera distorta o la pensi anche tu cosi?

La penso esattamente come te. Purtroppo il campo dell’editoria è davvero ostico, altro che giungla! Io nel mio piccolo sono comunque soddisfatta, non sai quanto mi risollevi il morale sentire un lettore che mi dica quanto abbia apprezzato il mio lavoro. Certo, sarebbe bello potere aspirare a qualcosa di più. Non c’è nulla di distorto in ciò che vedi, è la verità. Io continuo a sognare, sperando sempre di riuscire a emozionare chi mi leggerà poi… Poi continuerò a scrivere, a emozionarmi e sognare!

 

Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché sei veramente brava. Se vuoi puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai lettori….

Sono io che ti ringrazio!

La scrittura è la mia oasi di salvezza, per cui credo che non smetterò mai di pigiare su questi tasti.

Vorrei dire ai lettori che sono loro la linfa vitale per chi scrive, sono loro che con il passaparola, le critiche costruttive ci fanno crescere e continuare a sognare.

Questo volevo dir loro: grazie, e non è ruffianeria, è la verità!

 

Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.

 

Consenso trattamento dati personali

Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e sui social ad esso legati.

 


Nessun commento:

Posta un commento