Oggi nello spazio interviste abbiamo il piacere di ospitare
l’autrice Elisa Mantovani. Benvenuta nel mio blog e grazie per avermi dedicato
un po’ del tuo tempo.
Prima di parlare diffusamente dei tuoi libri, e di tante
altre cose interessanti, ti faccio qualche domanda di carattere generale, per
conoscerti un po’ meglio. Sono le domande che io chiamo “necessarie”, forse un
po’ banali, ma alle quali non ci si può proprio sottrarre. Tu hai fatto tante
interviste ce ne sono diverse in giro per il web. Non sarà facile essere
originale ma ho qualche curiosità da togliermi e spero di riuscire a stupirti.
Per ora però partiamo con le domande di prassi. Pronta? Allora Elisa raccontaci
un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi
dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Innanzitutto ti ringrazio di cuore per questa intervista e
per le bellissime parole che hai dedicato al mio ultimo libro. Io sono nata a
Ferrara, dove vivo con i miei due figli e i miei due gatti. Ho un diploma in
ragioneria; il sogno di mio padre era di vedermi dietro lo sportello di una
banca o, magari, esserne il direttore. Purtroppo il suo desiderio è rimasto
inesaudito, poiché mi sono dedicata a tutt’altro tipo di lavoro. Un lavoro che comunque
mi piace, che mi permette di stare a contatto con la gente: lavoro infatti
nell’ospedale cittadino, ormai da 25 anni.
Ho iniziato a scrivere non per un’idea ma, credo, più per
necessità; sentivo il bisogno di mettere su carta tutto quello che mi passava
per la testa, di incanalare la mia fantasia in qualcosa di costruttivo. Credo
che per ogni autore sia così: è un bisogno quasi fisico a volte, che ci
permette di spaziare con la mente, di crearci una nicchia nel bel mezzo della
frastornante, stressante quotidianità. Ho letto molto e, a dire il vero
non ricordo in che momento preciso sia successo, ho iniziato a scrivere. Lo
facevo più che altro per me stessa poi, con l’avvento dei social network, ho
iniziato a condividere con altri le mie storie. Visto che come si dice, da cosa
nasce cosa, ho poi deciso di passare alla fase successiva, ovvero provare a
pubblicarle le mie storie. Tutto è nato grazie a chi ha sempre apprezzato ciò
che scrivevo, a chi mi ha incoraggiata nel tentare di rendere ancora più
visibili le mie “opere”.
Oltre a scrivere sei anche una lettrice? Hai un genere preferito? Preferisci
gli ebook o il libro cartaceo?
Sono una “divoratrice” di libri. Adoro leggere e i miei
generi preferiti sono i gialli, i thriller e naturalmente gli horror. Ho sempre
amato il formato cartaceo: l’odore della carta ha un potere altamente
rilassante (almeno su di me), però devo dire che apprezzo tantissimo anche il
formato ebook. All’inizio ero molto titubante essendo un’accanita sostenitrice
del cartaceo ma poi, una volta provata l’esperienza con il digitale, devo dire
che l’ho trovata davvero molto interessante. Ha due grandi vantaggi: lo spazio
(ormai non saprei più dove mettere i libri) e la comodità di poter leggere
ovunque e scegliere la grandezza dei caratteri (a una certa età diventa molto
importante!).
Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi
o sono esclusivamente di fantasia?
Le storie che scrivo sono per la maggior parte derivanti da
situazioni che vedo o leggo. A volte mi basta ascoltare un dialogo tra due
persone, oppure vedere un casolare abbandonato mentre me ne torno a casa dal
lavoro e scatta l’ispirazione. Non so, a volte penso sia come una sorta di
magia, che faccia sì che un viso, un articolo letto su di un giornale inneschi
quella che poi potrà trasformarsi in una storia. Non sempre accade infatti ma,
nel mio caso, sono più le volte che mi ritrovo a incasellare personaggi e
situazioni. Ho sempre avuto una fantasia molto fervida (per fortuna).
Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre
dalla narrazione?
Questa è una domanda che mi hanno fatto spesso e, quando
rispondo che no, non ho mai una scaletta, ho visto reazioni alquanto perplesse.
La storia la creo nella mia mente e le mani sul computer seguono le scene che
immagino. Molto spesso mi succede di partire con un’idea ma poi, mentre la
scrivo, cambia ed è la cosa che mi piace di più: non so nemmeno io come andrà a
finire! Scherzi a parte mi lascio guidare sempre dalla narrazione, dagli stessi
personaggi che creo e che, spesso, sembrano prendere loro in mano le redini
della situazione. So che potrebbe sembrare una cosa da TSO, eppure è così, ed è
bellissimo.
Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare
della giornata?
Col lavoro che faccio purtroppo non sempre riesco a
dedicarmi alla scrittura come vorrei. Quindi scrivo quando riesco, cercando di
ritagliarmi i miei momenti “d’evasione” quando posso. Una volta mi avevano
chiesto se scrivessi di notte, il classico cliché dell’autore con caffè e
sigaretta accesa nel portacenere, e la mia risposta per l’ennesima volta ha
destato un po’ di perplessità. Purtroppo già alle nove di sera mi ritrovo con
pochi neuroni funzionanti, giusto quelli che mi permettono di lavarmi i denti e
trovare la strada per la camera da letto: non riuscirei a scrivere nemmeno il
titolo di un racconto, figuriamoci il resto.
Ti è capitato certamente di presentare i tuoi libri in
pubblico? Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci
lasciare far fare le domande direttamente al pubblico.
Tutte due le cose. Ho fatto diverse presentazioni e in
quelle che mi sono piaciute di più c’era sì il moderatore, che mi poneva
domande mirate ma, soprattutto, c’era il dialogo con il pubblico. Credo sia
molto importante stabilire una connessione con chi ti legge: è bellissimo
perché hai la possibilità di parlare direttamente con loro e viceversa. C’è
stata una presentazione davvero originale, che ha permesso non solo a noi
autori di esprimerci ma ha creato un’atmosfera particolare anche col pubblico:
una presentazione doppia, in cui c’ero io e un altro autore (Marco Belli);
un’esperienza divertente e interessante e colgo l’occasione, se mi permetti, di
ringraziare il gruppo ferrarese di lettura: “Due pagine prima di dormire”
gestito da Riccardo Vaccari e Silvia Cavicchi, un gruppo che s’impegna davvero
tanto nel promuovere la lettura nella nostra città.
In questo spazio ho il piacere di chiacchierare con
bravissimi autori. Quelli che passano di qua sono gli scrittori che io amo di
più. Sono quelli che mi hanno veramente emozionato con le loro opere. Sono
però, quasi esclusivamente, autori self publishing, perché io credo molto a
questa soluzione per pubblicare un libro. E cerco nel mio piccolo di dargli più
visibilità possibile. In questo campo il tuo è stato un percorso particolare.
Hai iniziato con Delos digital poi sei passata alle Edizioni Drawup ed infine
alla Faust edizioni. Ma per la tua ultima raccolta di racconti, uscita
quest’anno, hai deciso di fare tutto da sola ed hai sposato il self publishing.
Con ottimi risultati tra l’altro. Mi racconti se puoi questo percorso? Quanto è
limitante avere solo un mercato on line?
La mia è stata inizialmente una sorta di prova, diciamo un
esperimento anche se, alla base ci sono motivazioni ben precise a dire il vero.
Diciamo che, per non rischiare denunce o similari, le esperienze che ho avuto con
le case editrici non sono state proprio entusiasmanti anzi: a volte hanno
rasentato una vera e propria Via Crucis. Mi piaceva l’idea di essere io a creare
il mio libro: impaginazione, copertina e tutto il resto, di plasmarlo come più
mi piaceva. Per quanto riguarda il discorso della distribuzione in
effetti l’unico problema è non vedere il proprio libro esposto nelle librerie.
Per quanto mi riguarda certo mi spiace, ma cerco sempre di vedere il bicchiere
mezzo pieno: non è nelle librerie? Allora cercherò di farmi conoscere comunque,
ci possono essere altri mezzi per arrivare al pubblico e, se il pubblico ha
voglia di leggere il tuo libro, sarà bene disposto ad accettarli. Spesso sento
dire che scegliere il self publishing è una scorciatoia, un non volersi mettere
davvero in gioco; credo sia l’opposto invece: chi si autopubblica si mette in
gioco eccome, solo lo fa evitando di incappare in pseudo editori che nemmeno ti
fanno l’editing, o che anziché aiutarti fanno di tutto per affossarti. Auto
pubblicarsi è un’avventura, è una sfida con se stessi, l’importante è cercare
sempre di dare il meglio e, soprattutto, stare con i piedi ben saldi a terra.
Sei giunta cosi alla decisione di autopubblicare le tue
opere. La tua è una scelta definitiva oppure ambisci comunque a rientrare nel
“giro” delle case editrici? Non deve essere facile doversi occupare di tutti
gli aspetti di “contorno”: copertina, editing, impaginazione, stampa…Parlaci
della tua esperienza. Ma in definitiva quali sono i motivi che ti potrebbero
indurre a riconsiderare le case editrici? Un progetto serio pensato per te?
Qual è l’aspetto che ti sta più a cuore nel rapporto con una casa editrice?
Per ora la scelta dell’autopubblicazione è l’unica che mi
soddisfa. Rientrare ne giro di certe “case editrici”: per carità. Come si dice:
“Chi si brucia con la minestra poi soffia anche sull’insalata”, e io mi sono
bruciata non poco… Per cui adesso non ci penso, non rientra nelle mie priorità
rientrare in certi giri. Creare Nictofobia è stato molto interessante, per
nulla complicato (e se lo dico io che sono negata per la tecnologia in
generale). Certo si devono seguire le linee guida che, peraltro, sono dettagliate
e molto chiare ma ne vale eccome la pena. Pensavo fosse molto più difficile,
invece mi sono ricreduta e se ce l’ho fatta io, lo può fare chiunque. Il sogno
di ogni autore è quello di essere notato da una casa editrice, intendo una Casa
Editrice seria e professionale, magari famosa (quando si sogna bisogna farlo in
grande no?!) ed è anche il mio ma, come ho già scritto, bisogna rimanere sempre
con i piedi ben saldati a terra. Magari succedesse, magari…Una casa editrice
dovrebbe sostenere i propri autori, dovrebbe fornire supporto nella fase di
editing e, cosa fondamentale, ci dovrebbe essere sempre la possibilità di
interfacciarsi con chi ha in mano il tuo progetto. Rispetto e
professionalità: ecco cosa mi sta a cuore.
Ma eventualmente ti contattasse una piccola casa editrice
la prenderesti in considerazione o miri eventualmente al grande salto?
La prenderei in considerazione e valuterei ciò che mi offre,
scandagliandola al microscopio. Certo il grande salto sarebbe la realizzazione
del mio sogno, quello che faccio spesso e che, anche se so essere appunto un
sogno, riesce sempre a scaldarmi il cuore.
Toglimi una curiosità. Tu praticamente esordisti con un
romanzo. Si avevi scritto un racconto per la Delos digital (Dente per dente) ma
il tuo battesimo del fuoco lo avesti col romanzo La strega della nebbia
nell’ormai lontano 2016. Che, posso azzardare, andò bene e che gode, questo è
certo, di buonissime recensioni. Poi però da allora hai scritto solo racconti.
Anche in questo caso con ottimi riscontri. Vengo alla mia curiosità. In quale
ambito preferisci cimentarti? Spero sia nei tuoi progetti un altro romanzo
perché sarei molto curioso di leggerlo. Il primo (e unico) che hai scritto e di
difficile reperibilità…
In effetti i racconti sono il genere che preferisco, anche
come lettrice. Il mio primo e unico romanzo, “La Strega della Nebbia” ho
iniziato a scriverlo per sfida: volevo capire se fossi stata in grado di
scrivere appunto un romanzo, giallo. Devo dire che non mi sarei mai aspettata
una risposta così positiva dal pubblico, è stata davvero una soddisfazione
incommensurabile. Adesso ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo, giallo
naturalmente, e vedremo… Intanto continuo con i racconti, di cui uno lungo che
ho quasi finito.
Ancora una cosa, anzi due; poi passiamo a parlare di
Nictofobia. Ma esiste Gotico ferrarese e Gotico italiano? Sono due raccolte di
racconti distinte? Hanno la stessa copertina…Donne nelle tenebre è una
ulteriore raccolta di racconti a cui hai partecipato, Un progetto piuttosto singolare
del 2018 che però non ha lasciato molte tracce. Ci puoi dire qualcosa?
La racconta di racconti “Gotico ferrarese” è nata così, con
questo titolo. L’editore poi, su suggerimento del distributore, mi ha proposto
di cambiargli il titolo in “Gotico Italiano”, per dargli probabilmente maggiore
visibilità al di fuori delle mura estensi. I racconti sono gli stessi,
identici, ho solo tolto nel secondo tutti i riferimenti a Ferrara. “Donne nelle
tenebre” invece è nato dopo il corso di scrittura tenuto da Cinzia Tani a cui
avevo partecipato. L’idea fu sua, ovvero ognuna delle partecipanti al corso
eravamo in otto avrebbe dovuto scrivere un racconto di massimo 10.000 battute
per poi inserirlo in questa piccola antologia. “L’Orchessa”, il racconto che
apre Nictofobia, è quello che scrissi io. Scusami questa piccola parentesi da
megalomane ma, durante una presentazione indetta dall’ordine dei giornalisti
per presentare Donne nelle tenebre, il mio racconto venne letto sottolineando
come la mia fosse una scrittura “cinematografica”. Ci sono state altre
presentazioni, a cura della Carmelina edizioni di Ferrara (editore
dell’antologia suddetta) e devo dire che sono state sempre occasioni
piacevolissime. Poi, come tutte le cose belle, anche questa è passata. Comunque
è stata un’esperienza molto interessante.
Passiamo ad analizzare il tuo ultimo libro. Una raccolta
di racconti, ben 27. Uno più bello dell’altro. Parlo a ragion veduta, l’ho
letto e mi ha colpito molto favorevolmente. Quando lo hai scritto e cosa ti ha
ispirato? Raccontaci qualche curiosità e qualcuno dei racconti che ritieni più
rappresentativi. Facci venir voglia di leggerlo.
Ti ringrazio per l’apprezzamento! I racconti li ho scritti
in diverse occasioni; alcuni li avevo pubblicati su Facebook, altri languivano
nella cartella del pc. Quando ho deciso di pubblicare il libro li ho scelti,
rileggendomeli tutti e cercando quelli che, secondo me, erano più adatti. Il
filo conduttore di ogni racconto è comunque il mistero che può celarsi dietro
ogni cosa, anche la più banale e scontata. Se dovessi raccontarti tutte le
curiosità che ci sono dietro i 27 racconti non finirei più di scrivere! Certi,
come “Babysitting” o “Begonie” mi sono venuti in mente mentre osservavo persone
e captavo ciò che si dicevano. Una bambina capricciosa che iniziava a fare
strane smorfie, una donna dall’aria stanca che si lamentava del marito che non
faceva nulla in casa… Per me sono tutti rappresentativi, sono tutti piccoli
frammenti di un puzzle che si incastrano tra di loro, mostrando a poco a poco
un disegno che potrebbe rivelarsi alquanto inquietante. In ogni racconto
ho messo ciò che più mi spaventa: il male celato sotto strati di normalità. Per
chiunque ami essere sorpreso e, perché no, scosso da situazioni che sembrano
dover andare in un certo modo ma che riservano invece tutt’altre cose di sicuro
apprezzerà certe mie storie.
Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti
trattati o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?
Per il romanzo ho dovuto fare delle ricerche, soprattutto
per quanto concerneva gli aspetti legali. Anche per certi racconti a volte devo
informarmi, onde evitare di scrivere castronerie. Un altro aspetto che trovo
molto bello della scrittura: non si finisce mai d’imparare!
Secondo te c’è un pubblico specifico per questo
libro?
Dopo avere sentito diversi pareri, credo che il mio libro
sia adatto a chi ami le emozioni forti, che ami il thriller e l’horror.
Preferisci di più i finali accomodanti (col lieto fine),
o preferisci lasciare qualcosa di non concluso o poco definito? Ti piacciono i
finali spiazzanti ed un po’ cinici dove anche qualche protagonista importante
incorre in qualche…“incidente”? O preferisci il vissero tutti felici e
contenti?
Sarò cinica ma proprio non sopporto i finali accomodanti,
tantomeno “e vissero tutti felici e contenti”. Mi piacciono i finali
spiazzanti, li adoro. D’altronde in un giallo/thriller il finale deve esserlo,
spiazzante.
Facci un piccolo excursus nella tua bibliografia. Hai
pubblicato altri libri precedentemente a questo. A quale genere appartengono?
Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già hai dettagli?
Nel 2015 ho pubblicato con Delos Digital “Dente per Dente””,
un racconto lungo solo in formato digitale, poi ripreso nella raccolta di
“Gotico italiano”;
Nel 2016 ho pubblicato il romanzo “La Strega della Nebbia”
con DrawUp edizioni;
Nel 2017 “Gotico ferrarese” (poi diventato “Gotico
italiano), una raccolta di racconti con Faust Edizioni;
Ho partecipato a diversi contest organizzati da Letteraturahorror.it,
e miei racconti sono stati inclusi in 4 antologie;
Un mio racconto è presente nell’antologia “Donne nelle
tenebre”, uscito nel 2018 (racconto presente in Nictofobia);
Un altro mio racconto è tra i vincitori del “Premio Giallo
Indipendente 2020” e altro mio racconto è stato selezionato e incluso in
un’antologia dal titolo “Fantascientifico” nel contest indetto da “Idrovolante
Edizioni”.
Tutti i miei racconti virano sul genere
giallo/thriller/horror, a parte quello con cui ho partecipato al contest della
casa editrice Idrovolante, che è più fantasy (sempre nel mio stile però
eheheheheh).
Come ho già accennato prima, sto cercando di scrivere il mio
secondo romanzo; sono all’inizio ma vedrò di “darci dentro”!
Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te
un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Secondo me molti scrittori non hanno
la considerazione che meriterebbero. Che il loro talento pretenderebbe. Io nel
mio piccolo ne ho conosciuti (letti) tanti, che meriterebbero molto più successo
di quello che hanno. Se non si entra nelle grazie di qualche grande casa
editrice che, bontà sua, decide che il tuo romanzo “debba” avere successo,
diventa davvero difficile “diventare famosi” ed avere un po’ di gloria
scrivendo libri. Deve essere frustrante sapere di avere grandi capacità,
esprimerlo anche con ottimi romanzi, ma non riuscire a “far passare”
l’informazione. Non riuscire a far capire al lettore che oltre ai soliti noti
c’è molto altro. Cosa ne pensi? Pregiudizialmente gli scrittori self sono
considerati autori meno capaci rispetto a quelli che scrivono per le case
editrici. Sono io che vedo le cose in maniera distorta o la pensi anche tu
cosi?
La penso esattamente come te. Purtroppo il campo
dell’editoria è davvero ostico, altro che giungla! Io nel mio piccolo sono
comunque soddisfatta, non sai quanto mi risollevi il morale sentire un lettore
che mi dica quanto abbia apprezzato il mio lavoro. Certo, sarebbe bello potere
aspirare a qualcosa di più. Non c’è nulla di distorto in ciò che vedi, è la
verità. Io continuo a sognare, sperando sempre di riuscire a emozionare chi mi
leggerà poi… Poi continuerò a scrivere, a emozionarmi e sognare!
Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta
fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché
sei veramente brava. Se vuoi puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni
importante far sapere ai lettori….
Sono io che ti ringrazio!
La scrittura è la mia oasi di salvezza, per cui credo che
non smetterò mai di pigiare su questi tasti.
Vorrei dire ai lettori che sono loro la linfa vitale per chi
scrive, sono loro che con il passaparola, le critiche costruttive ci fanno
crescere e continuare a sognare.
Questo volevo dir loro: grazie, e non è ruffianeria, è la
verità!
Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.
Consenso trattamento dati personali
Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista
viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e
sui social ad esso legati.
Nessun commento:
Posta un commento