L’amore mio non muore – Roberto Saviano -
recensione a cura di Lilli Luini
Rossella Casini, la protagonista di questo
romanzo-documento, è una vittima della ‘ndrangheta. Venne sequestrata,
torturata e uccisa nel febbraio 1981. Il suo corpo smembrato fu gettato nella
tonnara di Palmi, almeno secondo la testimonianza di un collaboratore di
giustizia. Quel che è certo è che di lei si è persa ogni traccia.
Nel febbraio 1981 era in corso la sanguinosa faida di Palmi,
che tra il 1977 e il 1990 provocò decine di omicidi. Rossella non è di Palmi, è
una studentessa di Firenze che per sua disgrazia si è perdutamente innamorata
di uno studente fuorisede, Francesco Frisina, il cui padre è vicino a una delle
parti in conflitto. Lei lo scopre durante la prima estate che passa da lui e si
allontana tornando a casa. Ma l’amore è troppo forte e Francesco la segue, così
i due finiranno in Calabria, lui invischiato nella faida, lei impegnata a
convincerlo a collaborare con il magistrato. Questo alla fine le costerà la vita, a quanto
pare decretata proprio dalla famiglia Frisina.
Come ho detto all’inizio, il libro si tiene in equilibrio
tra il documento e il romanzo. La storia è molto forte, ovviamente, molto
emotiva. Ma la forma scelta per narrarla mi ha convinta a metà. Del resto non
credo che Saviano avesse molte scelte: così come la foto in copertina è l’unica
che sembra esistere di Rossella, anche i documenti che parlano di lei sono di
certo scarsi, per non parlare dei testimoni: era figlia unica e i suoi genitori
sono entrambi morti.
La scrittura di Saviano la conosciamo, è come la sua
parlata: calma, profonda, segue tutti i rigagnoli in digressioni che in cui a
volte ci si perde un po’. Molto efficace nel portarci dentro la faida, nel
mostrarcela in tutta la sua assurdità (e crudeltà), lo è meno nel portarci
dentro il sentimento dei due ragazzi. Che sia fortissimo, qualcosa che entrambi
non hanno mai provato prima, l’ho letto nelle parole ma non l’ho mai sentito
nella psiche dei due personaggi, non ne ho avvertito l’urgenza, nemmeno la
ragione del loro avvicinamento. Che non è immediato o repentino, ma le loro
affinità, quelle che li spingono uno verso l’altro in una maniera così totale,
mi sono rimaste oscure. E questo mi ha portato a non capire Rossella, quel suo
ritorno a Palmi anche dopo che Francesco ha ritrattato la confessione ed è
finito in carcere, ritorno che le costerà la vita. Non avrà mai giustizia, il
processo durò anni ma i magistrati non riuscirono a provare nulla.
Detto tutto questo, si tratta di una storia che andava
raccontata e che va letta, perché Rossella non va dimenticata. Credeva nella
legge e nella giustizia e ha cercato di tirar fuori l’uomo che amava dalla
melma in cui era nato. Coraggio? Sì, certo, ma io ci vedo anche un monito e mi
viene in mente una canzone di Mia Martini. “Gli uomini non cambiano”, tantomeno
se crescono respirando e nutrendosi di quel tipo di violenza. Sono andata a
cercarmi che fine ha fatto Francesco Frisina. Le ultime notizie sono del 2014,
quando una maxi operazione dell’Antimafia confiscò i beni del clan a Roma e lui
venne rinviato a giudizio insieme alla moglie e ad altri. E così si è aggiunta
anche l’amarezza per questa stupenda ragazza morta invano.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2025

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