Day
– Michael Cunningham –
recensione a cura di Lilli Luini
Si
tratta del romanzo più recente dello scrittore americano, premio Pulitzer per
il celebratissimo Le ore, divenuto anche un successo cinematografico. Ancora
una volta il suo sguardo è rivolto alla famiglia, all’amore, all’esistenza
stessa che a volte prende strade inaspettate. Lo definirei un romanzo
minimalista, dove si narra la vita quotidiana e nella fattispecie una vita
quotidiana insoddisfacente, con protagonisti che vorrebbero qualcosa che però
neppure cercano. Tremendamente realistici, quindi.
L’autore
sceglie un registro particolare: racconta la loro vicenda in tre parti, anzi in
tre giorni, sempre il 5 aprile del 2019, 2020 e 2021.
Quando
li conosciamo, i coniugi Isabel e Dan vivono a New York con i loro due bambini,
in un appartamento con tanto di mansarda dove abita Robbie, il fratello gay di
Isabel, a cui sorella, cognato e nipoti sono talmente affezionati da renderlo
il perno del loro equilibrio.
Isabel
ha un buon lavoro come fotografa in una rivista sull’orlo della chiusura. Mal
sopporta il marito e la sua fissazione di riprendere la carriera di rocker
fallito e pure i due ragazzini la stressano. Nathan, alle soglie della pubertà,
che chiuso in camera guarda e riguarda lo
stesso film e la piccola Violet, timorosa che “se dovesse assentarsi
troppo a lungo da una stanza qualsiasi, da un avvenimento qualsiasi, il mondo
finisca per dimenticarsi di lei.”
Tutto
questo fa sì che la donna, centrale nella narrazione, passi il suo tempo libero
seduta sul gradino mediano della scala che va in mansarda. Incapace di salire
né di scendere.
Ora
Robbie sta cercando un appartamento tutto suo e forse lo ha trovato.
Accanto
a loro, solo altri tre personaggi: Garth, il fratello di Dan, scultore di
scarso successo e la sua amica Chess, che non vuole uomini nella sua vita ma
che, volendo un figlio, ha chiesto a Garth di farlo con lei e così è nato Odin.
Anche il loro rapporto sta a metà scala, né carne né pesce, con intenzioni
profondamente diverse.
Un
anno dopo li troviamo in piena pandemia, privati di Robbie, del lavoro e della
libertà di movimento e con la trama mi fermo qui.
Tutto
il romanzo è pervaso da uno spleen malinconico. Si ha la sensazione di uno
spreco di giorni e di vite, di una continua fuga dalla realtà verso un mondo
immaginario ben rappresentato anche dal profilo Instagram creato da Robbie e
condiviso da Isabel, abitato da
Wolfe,
giovane uomo realizzato che posta paesaggi fiabeschi, seguito da migliaia di
followers.
Lo
scenario è quello della quotidianità, ma lo scrittore racconta con un lessico
straordinario, ricchissimo, andando in fondo ai pensieri e lasciandoli caotici
come sono nella realtà. Riesce in tal modo a renderci manifesta la difficoltà
dei rapporti familiari ma anche a mostrarcene la forza. Sentimenti, fragilità,
frustrazione per una vita che non è quella che vorrebbero eppure non ne sanno
immaginare un’altra: tutto questo è il nocciolo di questo romanzo. Sul quale
cala l’ombra della pandemia, inattesa, mai nemmeno immaginata, che costringe
gli attori sulla scena a perdere o restare.
A
pare mio, un bellissimo libro, dal quale si esce a fatica, tanto che per giorni
ci si interroga su quel che faranno e vivranno i personaggi, prima di rendersi
conto, con una certa malinconia, che sono soltano immaginari.
genere: narativa
anno di pubblicazione: 2024

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