Male dentro – Jo Burnette -
recensione a cura di Alice Bassoli
Da qualche tempo ho finito Male dentro di
Jo Burnette e ancora adesso ne porto addosso l’inquietudine. Quel tipo di
inquietudine che si incolla alla pelle e rimane lì, anche quando chiudi il
libro, spegni la luce, e pensi di aver lasciato tutto alle spalle.
La sensazione è simile a quella che ho provato la prima
volta che ho visto Donnie Darko. Un film che è diventato per me un
punto di riferimento emotivo, un faro nel buio quando si tratta di storie che
sanno scavare nella mente, nel tempo, nella colpa, nei paradossi interiori e
temporali. Ecco, Male dentro mi ha dato la stessa vertigine.
La stessa sensazione di trovarmi sospesa tra ciò che è reale e ciò che potrebbe
non esserlo. Tra un presente fragile e un passato che torna a reclamare tutto.
O forse un passato che non è mai stato, ma che avrebbe potuto essere, se solo.
Jo Burnette costruisce un mondo cupo, elettrico, teso come
una corda tirata al limite. Berlino Est, 1979. L’aria pesante di una centrale
esplosa, le emanazioni tossiche che si insinuano silenziose e invisibili in un
corpo innocente. L’inizio sembra quasi scientifico, distaccato. Ma poi comincia
la discesa. E non c’è più nulla di razionale, o meglio: ogni razionalità viene
riscritta secondo una nuova grammatica, quella del paranormale, della psiche
deviata, del legame fraterno che diventa gabbia, incubo, specchio deformante.
E in mezzo a tutto questo, c’è l’adolescenza. Quel periodo
instabile, amplificato, dove ogni dolore si moltiplica per mille. Dove la colpa
non è mai piccola. Dove i pensieri sono schegge. E Burnette riesce a dare voce
proprio a questo: al rumore bianco della mente di un ragazzo che comincia a
sentire che qualcosa, dentro di lui, si è spezzato. Forse da sempre. Forse per
colpa di qualcun altro. Forse per una maledizione scritta nel sangue, nel DNA,
nel destino.
La sua prosa è un pugno. Lirica, tagliente, coraggiosa.
Totalmente distante da tutto quello che gira nel panorama mainstream. Male
dentro è un romanzo che ha il coraggio di osare: nella struttura,
nella lingua, nel messaggio. E non fa sconti. Non cerca di spiegare tutto. Non
ti prende per mano: ti butta dentro e ti lascia lì. Sta a te decidere se
affondare o galleggiare.
L’ho amato perché mi ha disturbata. Perché mi ha riportata
in quel territorio emotivo che conosco bene: quello in cui sogno e realtà si
confondono, in cui il dolore si fa lucido, e le immagini ti restano impresse
come cicatrici.
genere: horror
anno di pubblicazione: 2024
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