La casa sul fiume - Lena Manta -
recensione a cura di Patrizia Zara
Premesso che difficilmente scelgo di leggere saghe familiari che di solito
(almeno quelle che ho letto finora), se non scritte da una mano talentuosa
scadono in un rosa più che sbadito, e romanzi etichettati come "narrativa
femminile" proprio per lo stesso motivo del rosa déjà-vu.
Più leggo e più mi rendo conto che preferisco romanzi che non hanno etichette
di genere e toccano aspetti più ampi, che scavano nel profondo.
Ma è estate, c'è caldo e il cervello con i suoi ingranaggi fa fatica ed è bene
non sforzarlo più del dovuto.
Per tale ragione mi sono convinta che è meglio lasciarsi trascinare da una
storia senza troppe riflessioni, enigmi, considerazioni.
Ecco perché, pur sapendo di trovarmi di fronte a un romanzo esclusivamente
romantico e passionale, ho intrapreso la lettura de "La casa sul
fiume" della scrittrice greca Lena Manta (questo mi ha incuriosita -
vediamo come scrivono le scrittrici greche).
Il romanzo praticamente è diviso in tre parti ideali: un antefatto, un corpo
centrale suddiviso in cinque capitoli e quello finale. Nell'antefatto troviamo
l’intesa storia d’amore della coriacea Teodora e la nascita delle sue cinque
figlie. Le ragazze nascono e crescono, fino all’età da marito, in un villaggio
greco piccolo e senza prospettive alle pendici del monte Olimpo, dimora degli
dei, e attraversato da un fiume dove, secondo un'antica leggenda, la dea
dell'amore, Afrodite, faceva il bagno. La loro casa è proprio sul quel fiume.
Le cinque ragazze crescono belle e forti e possiedono tutte un fascino
irresistibile e ammaliante proprio come la loro mitica antenata ma sono anche
capricciose e inquiete perché desiderose di conoscere la vita oltre il piccolo
villaggio. Piccole anime affette da bovarismo.
A questo punto, dopo che una dopo l'altra conquista il cuore del forestiero di
turno giunto per caso nel loro piccolo villaggio, intraprendono ognuna il
proprio percorso così come avevano sognato. Diventano ricchissime e coltissime
e anche famose.
E così ognuno di loro avrà il suo capitolo: Melissanthi, Iulìa, Aspasìa,
Polixeni, Magdalini, fino a giungere all'ultimo paragrafo "Il
ritorno".
L'inizio risulta piacevole di alte prospettive e si lascia leggere con molta
facilità e con una certa trascinante curiosità sebbene pieno di luoghi comuni e
cliché. Sorvoliamo.
Purtroppo dopo qualche capitolo il tutto comincia a scadere in una forma
ripetitiva fino al limite del banale.
L’epilogo è illeggibile, inverosimile, ridicolo.
Peccato. Peccato perché lo stile non è per nulla scipito, anzi a volte è molto
articolato per il genere trattato. Bastava non esagerare con le ripetizioni,
con gli aspetti rutilanti di passione e rendere il ritorno più credibile senza
scadere in una favoletta quasi al limite dell'offensivo. Una Sveva Casati
Modignani greca!
Mi sa che lo regalerò a qualcuna che ama il genere.
Periodicamente ci casco che vi devo dire anch'io ho un animo femminile che
cerca disperatamente di immergersi nei sogni, quelli improbabili che al
risveglio lasciano inevitabilmente l’amaro in bocca
Alla prossima caduta libera.
Lo consiglio? Non lo so. Se ha venduto 2/milioni di copie (così dicono)
fortunatamente non siamo tutti uguali.
"Perché anche se vai lontano, ci sarà sempre qualche posto ancora più
lontano. Se ti arrampichi in cima a una montagna, vedrai che accanto ce n’è una
ancora più alta. Così a un certo punto si sente il bisogno di mettere radici da
qualche parte"
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2020
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