Il passeggino bianco - Franco Sanfilippo -
recensione a cura Stefania Calà
"Qualunque parola possa essere trascritta per la narrazione della storia, non potrà mai avvicinarsi abbastanza a ciò che fu davvero la realtà durante quegli anni, in cui il male giocava una partita senza avversari e senza regole."
Baghdad, 2007. Una terribile esplosione scuote la città. Uomini, donne e bambini muoiono in maniera atroce, i loro corpi dilaniati per mano della follia di altri uomini. Il giovane Josshuf assiste e subisce inerme e "solo per uno scherzo del destino irriverente lui non era morto". A morire, invece, è la sua amata Hamida, mentre il passeggino in cui si trovava la loro figlioletta di due anni è stranamente vuoto. Inizia così il suo viaggio, il suo tormento, alla disperata ricerca della piccola, finita chissà dove.
E non solo. "Josshuf da quella notte in poi avrebbe dovuto fare i conti non soltanto con se stesso, ma, quanto e di più, con una forza interiore malvagia che sapeva di possedere e che non poteva, in alcun modo, né controllare, né tantomeno respingere." Si abbandona, quindi, alle forze maligne che coabitano in lui, si lascia pervadere dall'odio e dalla sete di vendetta, vende la sua anima al diavolo pur di riavere la sua bambina.
Il tormento e l'amore di questo padre sono il fil rouge di questo intenso e sofisticato romanzo, in cui la ricerca della figlia diventa, in realtà, ricerca di se stesso e di una pace interiore che non ha mai sperimentato.
Josshuf "avrebbe compreso come rinascere dalle sofferenze eterne lo avrebbe elevato nella parte più trascendente che avesse mai sperimentato: il centro del suo io, quello più intimo e vero." E, ancora, "doveva esistere, in qualche parte del mondo, un posto in cui avrebbe potuto riappacificarsi con la propria anima." In fondo, tutto quello che il ragazzo sognava era avere una vita "normale".
Baghdad si erge a sfondo di questa storia, ma anche a protagonista essa stessa, una città che, agli occhi di Josshuf, è "disgraziata e maledetta, seppure amatissima", in cui il tempo è scandito dal muezzin che richiama i fedeli alla preghiera.
"E pensare che in arabo il nome Baghdad voleva dire città della pace. Povera Baghdad." Era diventata, invece, una città in cui " tutti volevano mangiare al facile banchetto della corruzione e dell'immoralità."
L'incontro con Fatima, una donna dilaniata anche lei da un passato doloroso, si rivelerà decisivo nella tormentata vicenda di Josshuf.
"Erano due solitudini smarrite, erano due specchi rotti sistemati l'uno di fronte all'altro. Complici silenziosi in una solitudine ora condivisa."
Quello di Franco Sanfilippo è un racconto intenso e violento, dai contorni raccapriccianti, che scuote i cuori più sensibili e che, attraverso un linguaggio ricercato e quasi aulico, arricchito dalla indubbia capacità descrittiva dell'autore, trascina il lettore in un mondo fatto di abusi e prepotenze.
La scrittura stessa diventa, qui, contenitore ed elemento imprescindibile per consentire al lettore di immergersi in quella dimensione surreale e così lontana da noi.
Ma, soprattutto, siamo di fronte a una storia d'amore, quello di un padre nei confronti della sua creatura, e, ancora di più, siamo al cospetto di una storia che narra la ricerca della pace interiore per un uomo dominato, suo malgrado, dalla bestia.
Pazzia, odio, possessione, vendetta, rabbia lasceranno, infine, il posto a un cielo trapuntato di stelle, metafora della luce e della tanto agognata redenzione.
"Il passeggino bianco" è un romanzo non semplice, che non può e non deve leggersi a cuor leggero, ma che, se si ha la forza di proseguire, regala al lettore una appassionata, cruda, autentica e sincera fotografia di quei luoghi bellissimi e dannati.
Buona lettura
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2025
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