L’estate alla fine del secolo – Fabio Geda –
recensione a cura di Lilli Luini
Zeno ha 12 anni, vive in Sicilia con la mamma, il papà e i
nonni paterni. La scuola è finita, inizia l’estate, il ragazzo si aspetta
giornate lunghe in libertà. Ma tutto cambia un mattino: uscito a pesca con il
padre, costui si sente male. È l’avvisaglia di una grave malattia che costringe
i genitori a spostarsi a Genova, in ospedale. Per tenere il figlio vicino, la
madre Agata lo affida al proprio padre che vive isolato in un paesino dell’entroterra.
C’è un problema: Zeno non ha mai sentito parlare del nonno, credeva fosse morto.
L’incontro tra i due è difficile, per giorni i nonno Simone
si occuperà solo di nutrirlo. Poi, piano piano, le parole trovano la via per
uscire, come pure le loro somiglianze che li condurranno a disegnare insieme.
Quell’estate del 1999 sarà cruciale per Zeno. Gli incontri che farà, in quel
microscopico paesino, avranno influenza sul resto della sua vita.
Il romanzo si dipana su due filoni, divisi nei capitoli. In
uno Zeno racconta quell’estate, nell’altro è nonno Simone a raccontarsi in un
diario. Ebreo, nato il giorno della promulgazione delle leggi razziali,
seguiremo la sua famiglia in quegli anni di peregrinazioni che li segneranno a
fondo. Conosceremo i genitori, la moglie Elena, nonna di Zeno. Ci sfuggirà
Agata, come è sempre sfuggita al padre, due esseri incapaci di comunicare e che
hanno finito per perdersi.
Un romanzo bellissimo, popolato di personaggi
indimenticabili, coinvolgente e delicato al tempo stesso, che all’epoca della
sua uscita subì qualche stroncatura dai critici perché puntava su cose “facili”:
nonno e nipote, Shoah, malattie… Certo, la storia della letteratura è
costellata di questi argomenti, ma a mio parere non esiste nulla che non sia
già stato scritto. E allora quel che conta è il come è scritto e qui non ci
sono dubbi di sorta. La storia di Simone e Zeno è di quelle che ci restano
dentro per giorni, dopo aver voltato l’ultima pagina.
genere: narrativa
anno di pubbblicazione: 2011
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