Le anime morte - Nicolaj Gogol -
recensione a cura di Patrizia Zara
“L’equilibrato Puskin, il concreto Tolstoj, il misurato Cechov, hanno tutti
avuto i loro momenti di intuizione irrazionale che nello sfocare la frase
dischiudeva un senso segreto, degno dell’improvvisa virata focale. Ma in Gogol’
questa virata è la base stessa della produzione artistica, al punto che egli
perdeva ogni traccia di talento ogniqualvolta cercava di scrivere nella rotonda
calligrafia della tradizione letteraria…” Vladimir Nabokov
Geniale, straordinariamente brillante, incredibilmente ingegnoso,
favolosamente stravagante, insolito, bizzarro, eccezionale!
La bellezza della prosa intensa ricca di cadenze ritmiche ed effetti acustici,
l’inconfondibile e inimitabile linguaggio sempre smagliante e denso di qualità
pittoresche, fanno di questo poema un capolavoro che non ha eguali.
Una bomba atomica che scompagina equilibri, misure, linee, perimetri creando in
un gioco di specchi e di sdoppiamenti, personaggi grotteschi, caricature di
esseri un tempo umani che poco si armonizzano con l’incantevole descrizione del
vasto paesaggio dell’amata/odiata Russia. Questo, unica consolazione per il
nostro geniale autore. La natura si rigenera, si illumina dopo il grande sonno,
gli uomini no, rimangono pietrificati nelle loro debolezze, supini
nell’inerzia, spenti nel loro benessere e nella loro povertà e sempre più si
identificano con gli oggetti inanimati. Non sono più umani perché il loro
spirito è morto.
E in questo gioco ai limiti di una perversa scena carnevalesca Gogol' mette a
nudo, tra una risata e l’altra, la meschinità, la volgarità, l’assenza di
scopo, l’insensatezza della vita, tutti aspetti che avvolgono la vita
universale in un processo di necrosi del mondo.
In questo mondo corrotto, ipocrita, sventurato e viziato, avido e lussurioso,
dove regna la volgarità dell'avere e la vuotezza dell'essere, tra mucchi di
cose accumulate dove vi è sepolta una speranza ormai priva di luce, si aggira
il nostro picaresco eroe Čičikov, un simpatico briccone che ha deciso di
diventare possidente. Per tale idealistica ragione il nostro biricchino
imbastisce un piano particolarmente bizzarro e non proprio legale in quanto si
basa su una finzione giuridica: acquistare le anime morte, cioè i servi della
gleba deceduti ma ancora presenti giuridicamente e fiscalmente nei registri
amministrativi fino al prossimo censimento. Soltanto così, possedendo servi che
per lo Stato risultano ancora vivi, potrà ottenere, secondo una legge russa,
aiuti finanziari per acquistare le terre e diventare appunto possidente.
Sicché si reca con il suo sbilenco carrozzino, la famosa troika, guidata
dall’ubriacone cocchiere Selifan e il puzzolente servo Pretruska, nella
cittadina di NN per incontrare i più facoltosi possidenti con l’intento di
acquistare le anime morte che ancora gravano nei loro registri fiscali e per i
quali pagano ancora le tasse.
Una girandola di ilarità travolgerà i lettori nelle descrizioni di questi
personaggi, figure terribilmente spettrali di carne viva e di spirito morto.
Morti viventi che vendono anime morte. Grottesco sino all’inverosimile.
Čičikov sarà l’unico con la sua voglia di divenire a essere la parte viva di
tutto il poema perché, malgrado il suo ideale sia quello di diventare
possidente cioè di morire, di soffocare gli impeti della sua anima che, pur
tesi all’imbroglio, sono sempre impeti, segni di vitalità, in realtà rimarrà
sempre un’anima che nel suo errare conoscerà le genti, le tentazioni, pensieri
e parole e in tutto ciò sentirà, seppur inconsciamente, che il desiderare è
vivere. Un Don Chisciotte alla rovescia.
Nel progetto di Gogol' “Le anime morte” doveva essere un poema diviso in tre
parti: la prima equivalente all’inferno, la seconda e la terza
rispettivamente purgatorio e paradiso cioè un percorso dal basso all'alto,
verso la redenzione dell’umanità. Purtroppo tale progetto non si è concluso a
causa della sopraggiunta morte dell’autore. Infatti soltanto la prima parte,
che io ritengo eccezionale per la poetica istintiva e la ricchezza di
piacevolissimi "fuori onda" (digressioni dell'autore) risulta completa.
Della seconda parte ci sono giunti alcuni frammenti, ma dalla lettura di
questi, mio personale parere, si evince la scomparsa di quelle intuizioni
irrazionali a favore di una tecnica narrativa più logica che spegne
l’entusiasmo dell’assurdo, in poche parole: noiosetta.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 1842
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