La fattoria delle Magre Consolazioni - Stella Gibbons
recensione a cura di Patrizia Zara
La mia professoressa d'inglese, nell'ultimo anno di liceo, mi diceva sempre che
per parlare bene la lingua anglosassone è importante pensare in inglese.
Ecco come bisogna approcciarsi alla lettura del libro di Stella Gibbons.
Soltanto se si vestono i panni dell'inglesissima protagonista, Flora
Poste, i lettori possono cogliere il raffinato divertimento nei vari passaggi.
Del resto sappiamo tutti che l'humor inglese è famoso proprio perché di
difficile interpretazione soprattutto per gente mediterranea abituata a
gesticolare e a esternare le proprie emozioni.
Detto ciò il romanzo de quo, visto in questa prospettiva, risulta delizioso,
raffinato ed eccessivamente gotico.
I protagonisti tutti, dalla noblesse - Flora, educata in modo eccellente,
Mrs Smiling, fanatica collezionista di reggiseni, Mr Cymice,
l'intellettualoide, Charles...- alla moltitudine dei grezzi e primitivi
personaggi, dall'indole selvaggia e dalla voce strascicata, che popolano la
decadente fattoria, sono a dir poco bizzarri. Fra tutti zia Ada Funesta, la
vecchia matriarca fuori di testa, reclusa da vent'anni nella sua stanza perché
ha visto " qualcosa di orribile nella legnaia", è l'apice
dell'inverosimile.
E a tal proposito questo bislacco personaggio mi ha riportato in mente Miss
Havisham, la ricca signora di mezza età, mentalmente instabile a causa di un
trauma subito, che vive nella sua lussuosa dimora in rovina con la figlia
adottiva, Estella, personaggio letterario del romanzo "Grandi
speranze" di Charles Dickens (anche lui, scrittore inglese).
Ma ritorniamo alla fattoria.
Anche gli animali che popolano la desolante masseria sono tutti un programma a
partire dai nomi che rispecchiamo lo stato delle cose: Rozza, Senza scopo,
Inetta e Superflua, le mucche, Grande Affare, il toro relegato al buio nella
stalla.
La trama di per sé non è un granché, una favoletta, Flora si prefigge
l'obiettivo di ripulire i selvaggi parenti, abitanti della sgangherata tenuta,
riportandoli alla ordinaria normalità ("Sette Spose per Sette
Fratelli" ? Film del 1954 di Stanley Donen), ma la descrizione dei
paesaggi, della natura e dei sentimenti, risulta originale e si propone
dissacrante nell'eliminare ogni forma di testimonianza di lotte spirituali
sullo sfondo degli scenari selvatici della brughiera, delle paludi e delle
montagne, sfondo tanto caro ai letterati dell'epoca.
Una parodia ai grandi classici vittoriani.
Nondimeno la lettura risulta piacevole e non vi nascondo che, per quanto
l'autrice abbia voluto distruggere ogni forma di leggiadra poesia, io ho
trovato alcune atmosfere di estrema bellezza.
Un consiglio.
Non vi scoraggiate se nella comprensione dei dialoghi vi potreste trovare, a me
è successo, in un cul-de-sac, la traduzione in italiano penalizza, a mio
avviso, alcune espressioni e modi di dire esclusivamente anglosassoni e
per tale motivo intraducibili. Andate avanti e vi assicuro che trascorrerete
qualche ora di divertimento senza troppo lambiccarvi il cervello, con elucubrazioni
mistiche, e il cuore, con struggenti storie d'amore.
"C'era qualcosa di simbolico nella sua solitudine. Lei era il centro, la
matrice, il punto focale della casa...ed era, come tutti i centri,
completamente sola. Non si è mai sentito dire che una cosa abbia due centri,
non è vero? Eppure le onde vaganti dei desideri, delle passioni, delle gelosie,
delle bramosie che pulsavano attraverso la casa convergevano, come una
ragnatela, verso il centro della solitudine. Sentiva di essere soltanto un
centro...e interamente, irrevocabilmente sola"
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2010
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