giovedì 19 settembre 2024

CARNE E SANGUE





 

Carne e sangue – Michael Cunningham -

recensione a cura di Lilli Luini

 

A prima vista è la solita saga familiare, che contiene l’ancor più solito sogno americano.

Costantin Stassos ha 8 anni quando lo incontriamo per la prima volta. Siamo in Grecia, nel 1935 e la sua è una famiglia di agricoltori. Il padre gli ha dato da coltivare un metro quadrato di terra sulla roccia che lui cura con diligenza, determinato a ottenere qualcosa da mettere sulla tavola. Se ne andrà via da quella terra avara, verso l’America che tanto promette. Lì sposerà Mary, immigrata con la famiglia dall’Italia e non solo metterà su una splendida famiglia (tre figli, Susan, Ben e Zoe) ma diventerà un imprenditore edile e costruirà la casa dei suoi sogni.

Tutto bene, quindi? No, perché questo è un romanzo sulla felicità impossibile.

Cresciuto senza amore, Costantin non è un uomo facile: è collerico, esagerato, pacchiano nei gusti. La sua vita è fatta di obiettivi da raggiungere, di traguardi da tagliare e lo stesso pretende dai figli. Spesso si rifugia nell’alcool e in tali condizioni si avvicina troppo alla figlia più amata, Susan, pur senza arrivare all’incesto. La moglie è legatissima a Ben, l’unico maschio, che non cresce come l’uomo forte e virile che suo padre vorrebbe. Ne conseguono discussioni che sfociano spesso nella violenza non solo verbale. Poi, uno dopo l’altro, i figli se ne vanno. Susan si sposa, Ben si trasferisce a Boston, Zoe a New York.

Se ne va anche Mary, stanca dei tradimenti di Constantin e così la famiglia perfetta si disgrega.

C’è tutta la normalità e la banalità quotidiana nelle pagine che seguono il lento declino del sogno di felicità. Leggendo si ha la netta impressione di vedere la vita com’è, i personaggi che si muovono come ci muoviamo noi, spesso perché portati dal vento, senza aver deciso nulla, per pura casualità.

E ancora non è finita, perché le persone invecchiano ma non cambiano: e così ritroviamo Constantin nonno disprezzare Jam, figlio di Zoe, intelligente e alternativo come la madre e ad adorare Ben, il rampollo di Susan, che si sforza in ogni modo di essere il nipote perfetto che il nonno desidera, fino a implodere.

La scrittura di Cunningham è eccelsa: riesce a mostrare in maniera precisa gli scoppi di rabbia di Constantin, i silenzi di Mary, la staticità inconsapevole dell’agonia di Zoe fino all’ultima scena del giovane Ben, dove arriva a descrivere l’indescrivibile.

Un libro complesso, molto doloroso, ma secondo me da non perdere.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2011

 

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