Carne e sangue – Michael Cunningham -
recensione a cura di Lilli Luini
A prima vista è la solita saga
familiare, che contiene l’ancor più solito sogno americano.
Costantin Stassos ha 8 anni quando lo
incontriamo per la prima volta. Siamo in Grecia, nel 1935 e la sua è una
famiglia di agricoltori. Il padre gli ha dato da coltivare un metro quadrato di
terra sulla roccia che lui cura con diligenza, determinato a ottenere qualcosa
da mettere sulla tavola. Se ne andrà via da quella terra avara, verso l’America
che tanto promette. Lì sposerà Mary, immigrata con la famiglia dall’Italia e
non solo metterà su una splendida famiglia (tre figli, Susan, Ben e Zoe) ma
diventerà un imprenditore edile e costruirà la casa dei suoi sogni.
Tutto bene, quindi? No, perché questo è
un romanzo sulla felicità impossibile.
Cresciuto senza amore, Costantin non è
un uomo facile: è collerico, esagerato, pacchiano nei gusti. La sua vita è
fatta di obiettivi da raggiungere, di traguardi da tagliare e lo stesso
pretende dai figli. Spesso si rifugia nell’alcool e in tali condizioni si
avvicina troppo alla figlia più amata, Susan, pur senza arrivare all’incesto.
La moglie è legatissima a Ben, l’unico maschio, che non cresce come l’uomo
forte e virile che suo padre vorrebbe. Ne conseguono discussioni che sfociano
spesso nella violenza non solo verbale. Poi, uno dopo l’altro, i figli se ne
vanno. Susan si sposa, Ben si trasferisce a Boston, Zoe a New York.
Se ne va anche Mary, stanca dei
tradimenti di Constantin e così la famiglia perfetta si disgrega.
C’è tutta la normalità e la banalità
quotidiana nelle pagine che seguono il lento declino del sogno di felicità.
Leggendo si ha la netta impressione di vedere la vita com’è, i personaggi che
si muovono come ci muoviamo noi, spesso perché portati dal vento, senza aver
deciso nulla, per pura casualità.
E ancora non è finita, perché le persone
invecchiano ma non cambiano: e così ritroviamo Constantin nonno disprezzare
Jam, figlio di Zoe, intelligente e alternativo come la madre e ad adorare Ben,
il rampollo di Susan, che si sforza in ogni modo di essere il nipote perfetto
che il nonno desidera, fino a implodere.
La scrittura di Cunningham è eccelsa:
riesce a mostrare in maniera precisa gli scoppi di rabbia di Constantin, i
silenzi di Mary, la staticità inconsapevole dell’agonia di Zoe fino all’ultima
scena del giovane Ben, dove arriva a descrivere l’indescrivibile.
Un libro complesso, molto doloroso, ma
secondo me da non perdere.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2011
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