Aggiustare l’universo – Raffaella Romagnolo -
recensione a cura di Lilli Luini
Per scrivere un libro così, ci vuole una grande capacità di
raccontare ma l’autrice ne aveva già dato prova nei precedenti romanzi, primo
tra tutti quello d’esordio, il bellissimo La masnà, storia di donne nella
civiltà contadina.
Qui la vicenda comincia nell’ottobre del 1945. A Borgo di
Dentro (nome inventato sotto cui si cela il borgo di Ovada, nel basso Piemonte)
sta cominciando il primo anno scolastico dopo la guerra. Gilla è una
giovanissima maestra, sfollata da Genova insieme alla famiglia. Il direttore
della scuola le chiede di assumere l’incarico e lei accetta, lasciando che i
genitori ritornino a Genova senza di lei. Ha bisogno di tempo e di ritrovare la
serenità, dopo la morte del fidanzato Michele, partigiano trucidato dalle SS.
In classe incontra Francesca, una bambina che lei intuisce subito essere molto
più avanti nella preparazione delle sue coetanee, ma che non dice una parola.
Scoprire chi è Francesca e le ragioni del suo mutismo diventano per Gilla una
priorità, così come aggiustare un modellino di universo di ferro e cartapesta
che ha trovato tra le rovine rimaste nella scuola e a cui si dedica alla sera,
con la precisione e la pazienza apprese dal padre orologiaio.
C’è un altro filone nel romanzo, capitoli che ci portano
indietro nel 1938, a Casale Monferrato dove la famiglia Sacerdoti vive in un
discreto benessere, con il padre proprietario di un negozio e i figli
professionisti laureati. L’autrice ricostruisce l’epoca e ci fa vivere in
diretta quello che le leggi razziali spazzano via: non solo il benessere, ma
ogni certezza presente e ogni spiraglio sul futuro.
Il legame tra le due vicende è evidente fin da subito, non
credo fosse intento dell’autrice nascondere al lettore chi sia in realtà quella
bambina all’apparenza muta: quello che conta è vederla prima e dopo,
comprendere ciò che può fare la Storia alle vite degli innocenti e seguire
l’appassionato cammino di Gilla verso il suo intento, cioè aggiustare
l’universo, non solo l’oggetto che ha sul tavolo ma il male fatto a una
bambina, simbolo di tutta una generazione.
La metafora del titolo è potente, ma lo è tutto il romanzo
pur nella sua semplicità. C’è una dolcezza, un pudore nella scrittura della
Romagnolo che però non deve trarre in inganno, perché quelle pagine inchiodano
il lettore alla sedia non dandogli altra possibilità che girarle, una dopo
l’altra, e andare avanti. Grande pregio
è anche aver scelto di far narrare la vicenda a più voci, ciascuna delle quali
ci offre un momento, un episodio, uno spaccato di quel mondo. Vista già la complessità della trama e i due
diversi piani temporali, poteva derivarne qualche confusione. Invece la
Romagnolo conduce la narrazione in maniera impeccabile, in cui ogni voce va a
integrare la vicenda mandandola avanti con i fili che piano piano si
intrecciano.
In conclusione, un gran bel romanzo italiano.
genere: narrativa
anno di pubblicazione. 2023
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