L'eredita di Eszter - Sandor Marai -
recensone a cura di Carmen Nolasco
In questo romanzo, Sándor Márai ci
racconta un personaggio, Lajos, attraverso la voce narrante di Eszter, e lo fa
in una maniera incredibilmente realista e con un ritmo incalzante che cede il
passo anche a toni divertiti. L’analisi della personalità di Lajos è così nitida
e credibile che ci pare di conoscerlo davvero.
Del resto, chi non ha incontrato un Lajos nella propria vita?
Un incantatore “il cui fascino esercitava un effetto immediato, come i
sortilegi maligni praticati nei baracconi delle fiere”. Un mascalzone, in altre parole, un
mistificatore o, diremmo forse oggi, un narcisista che tutto muove e manipola
per il proprio tornaconto.
Il bello è che lo sanno tutti i personaggi della storia, a
cui Lajos ha portato via qualcosa o chiesto denaro in prestito e mai
restituito, e lo sa soprattutto Eszter che lo ha amato nei suoi vent’anni e
sicuramente lo ama ancora adesso che di anni ne ha quarantacinque. Ma Lajos,
che le aveva giurato amore eterno, ha poi sposato la sorella Vilma. Così,
d’emblèe. “Forse perché lei era più graziosa, perché quel giorno tirava la
tramontana, o perché Vilma aveva voluto così”.
Alla morte prematura di Vilma, che fa in tempo a dargli due
figli, Lajos scompare per tornare dopo vent’anni a
stupire ancora tutti con quel suo flusso magnetico che ammalia “tutto e tutti,
anche le bestie e gli oggetti inanimati”.
In realtà, e questo Eszter lo sa bene, Lajos torna solo per
sottrarle l’unica cosa che non le ha ancora portato via. Eszter lo sa bene
perché lui “mente come urla il vento, con una specie di forza primordiale” e
“in modo incredibilmente pittoresco”.
Ciò che stupisce il lettore è l’analisi spietata e divertita
di Eszter e anche la sua resa grottesca. Forse perché “gli amori infelici non
finiscono mai”.
Solo alla fine del romanzo, dopo abbiamo conosciuto molto
bene Lajos attraverso la voce inequivocabile e a tratti canzonatoria di Eszter,
ecco che Márai gli concede uno spazio affinché lui seduca e conquisti anche noi
lettori con quella sua abilità di raccontare con tale forza espressiva che
tutto prende vita in maniera straordinariamente persuasiva.
Ma nulla di ciò che dice Lajos è vero, o meglio: “tutto è
vero ma in un altro senso, in una dimensione diversa”.
Cristallino e tragicomico forse, ma al contempo così reale e
avvincente, leggeremo questo romanzo aspettando di incontrare Lajos per farci poi
affascinare, come faremmo nella vita vera, dalla sua teatrale esibizione e da
“quel senso di allarme continuo” che per Eszter è stato, in fondo, l’unico vero
significato della sua vita.
Sándor Márai, nato l’11 aprile del 1900 e scomparso a 89
anni, è stato uno scrittore e giornalista ungherese naturalizzato statunitense.
La sua fama è legata in particolare al romanzo Le braci del 1942,
anch’esso di una bellezza raffinata e straordinaria.
genere: narrativa
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