Il breve mestiere di vivere - Adriano Morosetti -
recensione a cura di Patrizia Zara
“Il gioco si fa duro e non si può dormire.
E non sappiamo più decidere se ripartire
E batte forte il cuore che per lo stupore
Di non capire l’orizzonte che colore ha…
…Cosa ci prende cosa si fa quanto si muore davvero
Il mistero di vivere è il solo mistero che c’è
(dalla canzone “Mistero” di Enrico Ruggeri)
Non amo particolarmente i gialli. Il genere di solito mi annoia.
Tuttavia quando mi capita di imbattermi in un libro che mi attrae per i colori
della copertina o mi affascina per la breve sinossi di quarta, intuisco che del
“giallo” ha soltanto lo sfondo per raccontare una vita travagliata e
simpaticamente smaliziata.
Arturo Ferretti, il disincantato protagonista di “Il breve mestiere di vivere”,
prende tutta la scena con la pungente ironia di chi della vita non si aspetta
più nulla, coinvolgendo disinteressatamente i lettori nel suo percorso di morte
e rinascita.
“Il mestiere di vivere” è un giallo scritto con un linguaggio disincantato,
canzonatorio e, a tratti, baldanzoso tanto da renderlo alquanto spassoso,
sebbene le parole fallimento, vuoto, solitudine aleggiano nell’aria viziata di
un mondo fittizio.
Arturo Ferretti è un giornalista di trentotto anni che, dopo una forzata
assenza di otto anni, ritorna nella sua Sanremo, terra natia, proprio mentre la
città si prepara ad accogliere il famoso festival della canzone italiana. Siamo
nell’anno 1983.
L’illusorio luccichio, fittizio agli occhi del nostro cinico personaggio, eroe
futuro suo malgrado, brucia come una lamina conficcata nella schiena.
“Non tutto quello che luccica è oro”
Il nostro Ferretti sa che dietro i lustrini da circo si nasconde beatamente e
indisturbato il degrado sociale.
E così, tra le note di una canzone e l’altra, tra un’intervista preparata a
tavolino e un’altra, nonostante la sua apatia esistenziale, si troverà
immischiato in una faccenda illegale.
Per amore, soltanto per amore e, anche, per amicizia, si trasformerà da
giornalista di terz’ordine a un impavido supereroe, detective senza macchia e
senza paura.
Il romanzo è scritto bene, scorre che è una meraviglia. I dialoghi sono tosti,
a volte violenti e grossolani, disturbanti, che cozzano con l’ipocrita mondo
del conformismo e del “politically correct” che impone la tv di Stato.
Sono questi, proprio i dialoghi disturbanti, che reggono la trama e impediscono
che questa si sfaldi nell’immaginazione cinematografica dei cliché e dei luoghi
comuni
Arturo Ferretti conquisterà i lettori con il suo volto scavato, la barba e i
capelli lunghi alla William Dafoe ne “L’ultima tentazione di Cristo”.
E poco importa se nelle 275 pagine almeno per la metà è imbottito di alcool di
ogni genere (per me, che sono totalmente astemia, è stato un supplizio),
l’inconscio desiderio e i fatti casuali sono più forti del male di vivere e lo
riporteranno a far pace con il suo doloroso passato e con la sua incantevole
città, Sanremo la città dei fiori e della canzone italiana.
genere: giallo
anno di pubblicazione: 2024
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