Zorba il greco - Nikos Kazantzakis
recensione a cura di Patrizia Zara
Consentitemi di confessarvi una cosa: poche sono state sino
a oggi le letture che hanno fatto vibrare il campanellino della mia anima.
È pur vero che la lettura di un testo ben scritto colma
sempre la tazza del sapere e/o il vuoto dell'anima: ciò è innegabile.
Tuttavia soltanto "Zorba il greco" ha fatto
tintinnare ripetutamente tutte quelle sonerie nascoste nel più profondo delle
mie viscere.
Mi rammarico, ora come ora, soltanto di non averlo scoperto
prima, molto prima. Avrei affrontato l'esistenza diversamente. Chissà.
Ma tutto non avviene per caso, a quanto pare, ed è certo che
dovevo approdare su questa "isola" ora, soltanto ora per apprezzarne
la sua travolgente bellezza e soprattutto comprenderla nella sua pienezza.
"Zorba" è una fiaba greca, calda e febbrile, che
affonda le sue radici nella terra, terra che ha dato i natali alle menti più
prestigiose, una terra sorgente di una civiltà universale, di pensatori e di
filosofi che hanno fatto la storia dell'uomo.
Comprenderlo prima, lo confesso, sarebbe stato impossibile.
Bisogna avere rasentato l'abisso per capire certe cose.
E vi confesso anche che mi viene molto difficile recensire
questo capolavoro assoluto perché in ogni parola, lettera, virgola, punto c'è
il tutto: la lotta fra il corpo umano, carnale e materiale (corpo definito da
Zorba. somarello della anima) e l'anima leggera e libera. L' imperituro
dualismo inconciliabile tra piacere fisico e aspirazione mistica, certezza e
vuoto, salvezza e perdizione, ambizione e umiltà, egoismo e altruismo, bontà e
cattiveria, perdono e vendetta, coraggio e codardia, cultura e ignoranza,
miseria e nobiltà.
Tutto - i dialoghi limpidi e illuminanti, le descrizioni del
selvaggio quanto incantevole paesaggio dell'isola di Creta, le bassezze umane
in ogni forma e colore - mi ha fatto vibrare la pelle ed emozionato
profondamente. E alla fine mi ha strappato anche qualche lacrimuccia. Non è da
poco!
Conoscere Zorba è stato veramente un piacere naturale e
genuino, una rivelazione proprio come lo è stata per l'autore, impegolato da
tanti anni tra carte e inchiostri, ingrigito topo di biblioteca, capra
mangiatrice di carta in uno sterile gioco intellettuale.
Zorba con la sua primitiva semplicità inconsapevolmente ha
cancellato ogni dubbio e ogni perché nell'inconfutabile certezza di non avere
alcuna certezza e con il suo largo sorriso ha trasmesso la serenità nel non
avere timore. Ha trasformato la sventura, l’amarezza e l’incertezza in
orgoglio, in amore per vita – effimera, passeggera, transitoria - e a non
temere la morte.
Congiunge anima e corpo in una sola e unica forma concreta:
amare la vita malgrado tutto.
“...guardavo Zorba al chiaro di luna e ammiravo la
gagliardia e la semplicità con cui si armonizzava felicemente con la sua carne
e diventava Zorba. Non avevo mai visto un accordo cosi armonioso tra uomo e
l’universo...
...Tutti i problemi che io lottavo per sciogliere, un nodo
dopo l'altro, in solitudine, inchiodato sulla mia sedia, quest'uomo li aveva
sciolti sui monti, all'aria aperta, con la spada"
Il mondo è semplice non c'è alcun bisogno di complicarlo. La
vita non va sprecata.
Questo principe senza corona cresciuto dalla terra, con la
terra, nella terra, con le sue grandi mani callose ha spazzato ogni
contaminazione, ha frantumato tutte le barriere - morale, religione, patria -
che "le persone sventurate e impaurite erigono per sfangarsela senza
troppi danni nella propria misera vita" e ha aperto le porte alla libertà,
ha sprangato le finestre dai cardini arrugginiti per respirare l'ossigeno ad
ampi polmoni e berciare l'inno alla vita, questa unica e sola.
Conoscere Zorba ha il significato di affrontare a viso
aperto i demoni della paura e della morte e accettare senza remore il vivere
ora e adesso.
Zorba, il principe rude, rozzo che non ha mai letto un
libro, ha saputo leggere le pagine dell'esistenza, ha saputo cogliere il senso
della natura, ha saputo afferrare l'attimo è renderlo immortale.
Zorba, goffo e impacciato come un bambino appena nato, che
si affaccia al mondo ogni giorno per la prima volta e ammira estaticamente il
miracolo che si compie nei colori dell'aurora, dell’alba, nel tramonto, nella
sera e contempla il corso degli astri immaginando di ruotare con loro".
Zorba che ha amato ed è stato amato perché in ogni donna,
bella o brutta, magra o grassa, giovane o vecchia, egli ha visto il volto e le
sembianze della dea Afrodite (tenerissima e indimenticabile la figura di Madame
Hortense alias Burbulina, la vecchia chanteuse).
Zorba ha amato l'amore.
Il suo amore è trascinante e illuminante per ogni forma, per
ogni cosa perché è un amore primordiale e non contiene offesa, menzogna,
illusioni.
"Provo compassione per tutti, mi strazia le viscere
quando vedo una persona, anche se faccio finta che non m’importi niente. Ecco
mi dico, anche questo poveretto mangia, beve, ama, ha paura anche lui ha il suo
dio e il suo diavolo, anche lui tirerà le cuoia, anche lui finirà lungo disteso
sottoterra, lo mangeranno i vermi...Eh, poveretto! Siamo tutti fratelli...carne
per i vermi".
"Zorba il greco" è un libro bellissimo che profuma
di salsedine, mirto e salvia.
"Zorba il greco" è sentire la melodia della vita,
il suono del salterio, danzare il ballo del sirtaki nel vorticoso mulinare
della sabbia sollevata dal caldo vento del libeccio per esorcizzare il dolore,
le sconfitte, i fallimenti, le paure, la morte e risorgere ogni secondo,
minuto, ora giorno, mese e anno.
Scritto con la dolcezza lirica di una civiltà lontana
"Zorba il greco" è una fiaba dolce e crudele dove non ci sono né
vinti né vincitori, né dèi né diavoli ma soltanto anime vaganti avvolte nei
loro lenzuoli luridi di sangue in nome di un dio sordo ed indifferente che si
aggirano con le catene delle loro illusioni. E in tutto questo letame che ruota
in un vortice dantesco, Zorba il greco - accecante diamante grezzo in una
miniera buia, fiore selvaggio nella terra arida, sangue vivo che sgorga dalle
numerose cicatrici - si erge fiero nella sua genuina carnalità donando
immortalità alle anime nascoste. Perché
Zorba è l’angelo ribelle.
Perché Zorba ridà onore alla vita, iniqua e ingiusta, nella
sua eterna e inconfutabile unicità.
“Hai presente certe vele con mille rattoppi, rossi, gialli,
neri, cuciti con spago grosso, che ormai resistono ai peggiori temporali? Il
mio cuore è così. Ha mille buchi e mille rattoppi, è invincibile”
N.B. Ho rivisto il film con uno spettacolare Anthony Quinn. Ho riletto la biografia di Nikos Kazantzakis. Rileggerò "L'ultima tentazione di Cristo".
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 1946
Nessun commento:
Posta un commento