Oggi nello spazio interviste ho l’onore di ospitare l’autrice
Loriana Lucciarini. Benvenuta nel blog Giallo e cucina e grazie per avermi
dedicato un po’ del tuo tempo.
Prima di parlare diffusamente dei tuoi libri, e di tante
altre cose interessanti, ti faccio qualche domanda di carattere generale, per
conoscerti un po’ meglio. Sono le domande che io chiamo “necessarie”, forse un
po’ banali, ma alle quali non ci si può proprio sottrarre. Tu hai fatto tante
altre interviste, ce ne sono diverse in giro per il web. Non sarà facile essere
originale ma ho qualche curiosità da togliermi e spero di riuscire a stupirti.
Per ora però partiamo con le domande di prassi. Pronta? Allora Loriana
raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo
lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Ciao Gino e ciao a voi del blog Giallo
e cucina! Qualcosa di me? Nasco a Roma ma ora vivo in provincia di Viterbo e faccio
la spola tra la capitale e la provincia per scappare dal caos cittadino e
ritagliarmi una vita più a mia misura. Lavoro come in un ufficio di segreteria
anche se ho un diploma di dirigente di comunità mai utilizzato, e per anni ho
svolto volontariato e mi batto per cause sociali. Scrivo romanzi e poesie
perché l’amore per la lettura mi ha trasmesso il desiderio di emozionare chi
legge, proprio come accade a me tra le pagine di un libro. Fin da piccola ho
sognato mondi immaginari e mi sono persa tra le parole di carta e inchiostro.
Inoltre, scrivere è il modo che più mi rappresenta.
Oltre a scrivere sei anche una lettrice? Hai un genere
preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo?
Sì, leggo tantissimo e di tutto. Se
una storia mi piace mi ci tuffo dentro, non importa il genere. Amo storie
plausibili e con trame coerenti, con personaggi vivi e tridimensionali (e anche
i libri di genere fantastico possono esserlo, se ben scritti). Prediligo
comunque i romanzi di formazione e le storie intimistiche.
Da dove nascono le tue storie? Elabori notizie che leggi
o sono esclusivamente di fantasia? I personaggi dei tuoi libri sono ispirati da
persone reali?
Tutto quello che vivo, realmente o
in modo onirico, finisce nel calderone della mia creatività per poi essere
rielaborato e impastato in storie. In genere però non faccio mai riferimento a
storie vere o personaggi esistenti, perché spesso sono le storie ad affidarsi a
me per essere raccontate e io devo solo dar loro la forma migliore,
rispettandole nel tema e nei contenuti. Altrimenti i personaggi vanno dove
vogliono…Quello che cerco di fare è dare spessore e personalità ai miei
protagonisti, per renderli il più possibili vividi e realistici, cercando di
definirne psicologia e caratteristiche in modo che il lettore possa immaginarlo
di averlo al suo fianco per tutta la durata della storia.
Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre
dalla narrazione?
Cerco di essere organizzata: faccio
prima ricerche, scalette, schede personaggio, suddivisione in capitoli della
trama e tutto quello che serve per iniziare con le idee chiare una storia. Poi però…
spesso cambio in corso d’opera! Vuoi perché un particolare mi ha dato idee per ulteriori
scene o epiloghi, vuoi perché facendo ricerche sull’ambientazione ho trovato
una notizia interessante da sfruttare, vuoi perché - appunto, come dicevo prima
– cerco di spingere i miei protagonisti a comportamenti o a situazioni che non
li rappresentano. Così, se sento che quello che ho scritto non vibra, non suona
per vero, tendo a cambiare. Questo è accaduto durante la stesura de «Un lungo
ritorno», il romanzo scritto con Laura Bassutti: Yuri, uno dei personaggi si è
imputato a non essere come lo descrivevo. La scelta migliore è stata permettergli
di esprimersi e lui si è trasformato in uno dei personaggi più belli e intensi
di tutto il romanzo, anche se questo ha comportato la riscrittura di metà del
testo. Il risultato, nettamente migliore, ci ha però dato ragione. Questo per
dire che c’è tanto lavoro dietro la stesura di un romanzo, soprattutto per chi,
come me, si lascia condurre un po’ dall’istinto e dall’ispirazione, cercando al
contempo di essere coerente e di realizzare un lavoro di buon livello, di cui
essere soddisfatta.
Ho ancora una curiosità e riguarda la presentazione dei
tuoi libri in pubblico. Qual è la situazione che preferisci? Quella che prevede
la presenza di un moderatore che ti pone le domande “giuste” per farti
raccontare al meglio la tua opera o preferisci di più interagire direttamente
col pubblico e lasciar fare le domande direttamente da loro senza “filtri”?
Nel corso degli anni ho fatto
tantissime presentazioni in diversi contesti. Diciamo che rendo al meglio
quando ho la possibilità di parlare della mia passione e lasciarla trasparire
dalle mie parole, per coinvolgere il lettore. Ovviamente il contatto con il
pubblico è imprescindibile e sono sempre felice di rispondere alle domande dei
presenti perché denotano interesse verso ciò che racconto.
In questo spazio ho spesso il piacere di chiacchierare
con potenziali bravissimi autori. Spesso sono esordienti. Con te faccio un
deciso passo avanti, perché tu sei un’autrice ben nota a chi legge libri con
una certa frequenza. In ogni caso coloro con cui sento di più la necessità di
chiacchierare sono quelli che mi hanno veramente emozionato con le loro opere.
Tu sei una di questi. Ho molte cose da chiederti sulla tua scrittura, ma la
prima riguarda, come mio solito, le case editrici. Tu hai collaborato con tante
di esse. Piccole o più strutturate. Hai fatto ricorso molto spesso anche al
self publishing, io credo molto a questa soluzione per pubblicare un libro. Hai
avuto una collaborazione molto lunga con Le Mezzelane edizioni ma il tuo ultimo
romanzo Il sussurro del lago lo hai auto pubblicato. Ci puoi dire che importanza
dai a una casa editrice nella realizzazione di un libro?
Intanto Gino io ti ringrazio per la
stima che mi dimostri. Per un autore emergente riuscire a intercettare un
pubblico più ampio è di vitale importanza e l’opportunità che mi offri è
davvero apprezzata, in tal senso. Il mondo
editoriale italiano è complesso e bisogna conoscerlo bene per sapere come
muoversi al meglio. Solo l’esperienza sul campo permette a ogni autore di
trovare la propria strada, perché adesso si può anche percorrere la via del
self in modo più consapevole rispetto a qualche anno fa. Io ho iniziato con
l’autopubblicazione, riuscendo poi a dare casa ai lavori pubblicati in self. Ho
poi continuato ad affidare le mie storie alle case editrici, perché se da un
lato ho sempre creduto importante il riconoscimento che un marchio editoriale
dà ad un autore, c’è anche la cura con cui viene seguito il progetto editoriale
e l’affidarsi professionisti per editing, gestione della grafica, promozione. L’esperienza
con le case editrici è stata fondamentale per me. Ho potuto scoprire i punti di
forza ma anche le difficoltà della piccola e media editoria, capire molto del
settore editoriale, comprenderne i meccanismi. Ci sono state grandi
soddisfazioni e anche inevitabili delusioni. Ho trovato case editrici serie che
mettono la loro passione in quello che fanno e sono stata fortunata, perché
posso fare un bilancio abbastanza positivo del mio percorso. Purtroppo però il
settore ha tantissime ombre capaci di inghiottire entusiasmo e sogni: case
editrici a pagamento, promozione assente, cura del dettaglio mancante,
rendicontazioni false o mai effettuate, royalties mai riscosse… Ad ogni modo, dopo
quasi dieci anni e venti titoli alle spalle e una notevole esperienza nel
settore, ho deciso di prendere la strada di autrice indipendente (mi piace
definirmi proprio così, rispetto al self publishing che spesso include opere
prime pubblicate con ingenue mancanze di correzione bozze, editing e cura nei
dettagli) perché da questo momento ho intenzione di agire in totale libertà per
decidere i percorsi da far fare ai miei lavori, mantenendo alta la qualità del
mio lavoro con il supporto di professionisti del settore: editor, grafica e
quant’altro. Le dinamiche del mercato editoriale mi rappresentano sempre meno e
io, anche se ho deciso di starci dentro, voglio starci a modo mio, con
coerenza.
Ti sentiresti finalmente realizzata se ti contattasse una
grande casa editrice per offrirti un progetto importante o preferiresti
comunque continuare come fatto fin ora con case editrici medio piccole, non
sentendoti legata strettamente a nessuna di loro?
Mi piacerebbe risponderti che sogno
di arrivare a una big, ma in realtà – conoscendo bene le dinamiche – so che non
sarebbe la cosa più giusta per me: io scrivo per passione, scrivo perché le
storie mi bussano nella testa e si aspettano che io le racconti, scrivo quando
arriva l’ispirazione, perché sento di dover dare gambe a un messaggio o a
un’emozione. Per le mie peculiarità ho bisogno di libertà d’azione. Tuttavia,
se una big volesse affidarmi un progetto importante, in cui credo e che mi
entusiasma, di certo ci penserei su. Intanto però percorro la mia strada.
Un’altra cosa che balza evidente leggendo la tua
bibliografia è la tua versatilità. Scrivi romanzi appartenenti a diversi generi
narrativi. Gialli, racconti, narrativa, romance, fantasy, poesie. E’ un tuo
intendimento preciso, quello di spaziare il più possibile fra i vari generi, o
non hai ancora deciso quale sia la tua strada ideale? Al momento in quale
ambito ti trovi meglio?
Diciamo che cerco di dare la forma
migliore e più efficace alla storia che arriva davanti alla porta di casa per
chiedermi di essere raccontata. Tra le tante forme letterarie, comunque, mi ritrovo
più nel racconto intimistico e nel thriller, anche se scrivere “Il Sussurro del
lago” è stato un lavorone!
Un’altra curiosità che ho, perdonami, è il fatto che tu
hai scritto tanti libri collaborando con altri autori: Vito Introna, Maria
Sabina Coluccia, Laura Bassutti sono solo alcuni dei tanti che hanno scritto
con te romanzi o racconti. Come mai questa scelta?
Lavorare a quattro mani offre
tantissime possibilità. Ci si mette alla prova nella versatilità, nel lavoro
comune, nel rispettare la penna e i tempi dell’altro, nel conciliare
ispirazioni e strutturare un lavoro che convinca entrambi. Non è facile, perché
bisogna anche affidarsi al proprio coautore, che ci legge nelle prime stesure
con tutti i pregi, i difetti e le imperfezioni. Comporta anche accettare le
critiche, ragionare su possibili modifiche. Ogni collaborazione ha sempre scatenato
bella sinergia e mi ha fatto crescere sotto tanti punti di vista. Consiglio di
farla, questa esperienza, è formativa!
A proposito di Vito Introna, con lui hai scritto (seconda
collaborazione) il romanzo Sulle tracce dei Lestrigoni (questo è il titolo) uscito
a giugno del 2021. Ultimo tuo lavoro in ordine di tempo. L’ennesimo romanzo
piuttosto originale, che parla di un popolo leggendario con uomini altissimi e alquanto
sanguinari. Non si può certo dire che ti accontenti di scrivere semplici
storie, ti piace stupire. Parola d’ordine: mai essere banali.
:-D Ahahah, vero: mai essere banali!
Penso infatti che la storia che si va a raccontare debba avere necessariamente elementi
di novità, altrimenti trovo inutile scriverla. Il romanzo scritto con Vito
Introna è intenso e anche ruvido, fotografa situazioni criminali in modo netto
e con luci e ombre. Sono molto soddisfatta di questo lavoro che ci ha tenuti
impegnati per oltre un anno e mezzo tra stesura e revisione. Le vicende del maresciallo
Guarna hanno già altri titoli pubblicati, ma qui a dare una mano c’è anche il
mio commissario Diamanti, che ritroviamo ne “Il Sussurro del lago”.
Passiamo ad analizzare l’ultimo romanzo che ti vede come
autrice unica. Romanzo il cui titolo è Il sussurro del lago. Per scriverlo sei
stata ispirata da qualche evento in particolare? La protagonista si chiama Anna
Lorenzi, una criminologa. E’ un romanzo molto coinvolgente ed avvincente fin
dall’inizio. Ed a me personalmente è piaciuto molto. Dicci qualcosa in più
raccontaci la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi principali. Facci
venir voglia di leggerlo….
C’è Anna, una donna che ha scelto la
strada più semplice per evitare i suoi fantasmi. C’è Chiara, una ragazza che si
porta dietro mille interrogativi e che trova la morte in modo misterioso. C’è Vanessa,
una giornalista determinata e coraggiosa, che vuole scoprire la verità. Tre
donne, diverse e all’apparenza molto distanti, unite da un legame forte: il
coraggio di non fermarsi di fronte alle apparenze, di ascoltare e ascoltarsi,
di dare voce a chi voce non ha più. Oltre a un Commissario ombroso e complesso,
di cui non si comprendono gli intenti…Il romanzo è perlopiù ambientato nella
suggestiva Tuscia, tra faggete e sponde lacustri, tra vento umido e nebbia
avvolgente, anche se qualche passaggio lo facciamo a Bologna, città dove vive
Anna Lorenzi. La vicenda è articolata su più livelli ed è legata alle
problematiche del territorio. La narrazione alterna scene investigative ai
sussurri di Chiara, la ragazza morta in circostanze poco chiare, che tenta di
offrire rivelazioni a chi sa coglierle. Il romanzo è un cold case di tipo
deduttivo, con un finale che spero vi lascerà a bocca aperta per la sorpresa.
Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti
trattati o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?
L’ispirazione è arrivata
all’improvviso, mentre percorrevo in auto la via Cimina. Come accade sempre, le
idee arrivano in forma di sequenza cinematografica, in genere è il finale della
storia e poi il titolo. Questa volta ho visualizzato anche l’inizio e, nel
mezzo - tra il punto A e il punto B - ci ho messo del mio! È stato un lavoro
complesso, anche per la struttura narrativa particolare, che mi ha tenuta
impegnata per oltre tre anni tra alti e bassi. I momenti di scoramento sono
stati tanti, non mi sentivo soddisfatta, non ero certa che la storia
funzionasse, c’erano particolari che non mi convincevano. «Ma chi me lo fa
fare?» mi ripetevo e pensavo di archiviare tutto e mollarlo lì. E invece Chiara
continuava a parlarmi e mi rimbombavano nella testa le sue parole. Questa
storia andava scritta! Così, buttato il cuore oltre l’ostacolo, mi sono gettata
a capofitto in questa avventura. Dopo tanto lavoro sono soddisfatta, so di aver
dato il massimo per questo romanzo. Le ricerche sono state notevoli. Ciò che mi
ha colpito è che dopo aver ultimato la scrittura di questo romanzo, ho poi
trovato situazioni accadute realmente e molto simili a quelle ipotizzate da me.
Come ad esempio trovare un articolo di cronaca locale che riporta la dinamica
pressoché identica al ritrovamento del corpo di Chiara, nello stesso luogo e
nell’anno in cui ho deciso di ambientare la mia storia. Cose da pelle d’oca.
Preferisci di più i finali accomodanti (col lieto fine),
o preferisci lasciare qualcosa di non concluso o poco definito? Ti piacciono i
finali spiazzanti ed un po’ cinici o preferisci il vissero tutti felici e contenti?
Dipende dalle storie e dal messaggio
che voglio lasciare al lettore. Però, scrivendo per trasmettere luce, in genere
i miei finali portano proprio questa fiamma di rinascita. In genere i miei
finali portano a chiudere il cerchio, ma restano volutamente evocativi per
lasciare al lettore lo spazio per proprie riflessioni.
Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te
un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Secondo me molti scrittori non hanno
la considerazione che meriterebbero. Io nel mio piccolo ne ho conosciuti
(letti) tanti. Tu cosa ci puoi dire in proposito? Tu senti di aver ottenuto
tutto quello che avresti meritato?
Il mare dell’editoria italiana è
popolato da milioni di specie. Noi autori siamo piccoli pesciolini in mezzo
alla moltitudine ed è difficilissimo essere notati. Spesso chi raggiunge il
successo si lascia dietro colleghi e colleghe, altrettanto bravi e talentuosi
che rimangono al palo. E, spesso, un autore raggiunge la notorietà perché ha
con sé un mix speciale, che aggiunge al talento anche la bravura, la competenza,
la giusta dinamica nell’ambito professionale, la capacità di promozione social.
Sì, il rammarico c’è quando si scrivono belle storie e si realizzano progetti
editoriali importanti che però fanno fatica a decollare e a raggiungere il
grande pubblico. Non conosco il segreto del successo. A volte c’è anche bisogno
di tanta fortuna ma anche di essere capaci e preparati per restare sulla
breccia dell’onda, altrimenti poi si viene travolti e si ritorna a fare i
pesciolini sperduti.
Sei ospite del blog Giallo e cucina e qui le interviste
terminano sempre con due domande obbligatorie: la prima non è proprio una
domanda ma un pensiero gentile. Consiglia, oltre al tuo libro, altri due
romanzi che ti hanno colpito, o a cui sei particolarmente legata, e che
vorresti che tutti leggessero.
Scelgo di parlarvi di due emergenti!
Il primo è un romanzo mainstream che
affronta una storia ambientata nel territorio dei dimenticati, degli ultimi:
«Il Trolley rosa» di Paola Brighenti (edizioni Arpeggio Libero) affronta temi
importanti con sensibilità e una penna, incisiva e netta, capace di momenti di
pieno lirismo e di colpi allo stomaco. Consigliatissima! Invece l’altro è un romanzo-inchiesta
scritto da Serena Maiorana, dal titolo «Quello che resta» (edizioni Villaggio
Maori) ed è la storia di Stefania Noce, attivista per i diritti delle donne e
vittima di femminicidio. La sua storia e il suo tragico epilogo, ci vengono
raccontati dall’autrice con capacità narrativa e un’attenzione a non scivolare
nel pietismo. Un’ottima lettura, per approfondire dinamiche e sensibilizzare
rispetto al tema della violenza sulle donne. Faccio uno strappo e ne aggiungo
un terzo, forse il più attinente agli interessi di questo blog: «La ragazza
nella nebbia» di Carrisi che mi ha suggerito le immagini giuste per il mio
Sussurro…
La seconda è: qual è il piatto o la pietanza che
preferisci, alla quale non sai proprio resistere e perché (se c’è)?
Mi piacciono i gusti decisi,
soprattutto a base di pomodoro. Quindi direi che lo spezzatino cotto al sugo,
tipo Gulasch o il Peposo fiorentino, sia perfetto per me!
Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta
fortuna. Avrei molte altre cose da chiederti ma me le riservo per una prossima
volta, che spero possa esserci presto. Se vuoi puoi aggiungere qualcosa che
magari ritieni importante far sapere ai lettori….
Anche io spero di stare di nuovo con
voi presto! Ai lettori voglio chiedere di darmi fiducia e affidarsi alle mie
storie. Io, scrivendole, ho dato loro gambe di carta e inchiostro affinché
possano raggiungere chi ha la voglia di scoprile per lasciarsi emozionare.
Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.
Consenso trattamento dati personali
Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista
viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Giallo e cucina e sui
social ad esso legati.
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