LA TRACCIA DEL PESCATORE R. Castelli
La traccia del pescatore è il secondo libro scritto da
Roberta Castelli, classe ’78, torinese di nascita ma siciliana di adozione,
terra che ama profondamente. Globetrotter, non per turismo ma per scelta di
vita, ha girato un po’ l’Italia (Torino, Milano, Catania e Toscana) ed ora si è
stabilita in Austria (Vienna) dopo una capatina in Germania. Prima blogger ed
appassionata fotografa ed ora, spero, scrittrice a tempo pieno. Perché tutto
questo preambolo prima di parlare del libro? Semplicemente perché sento di
doverglielo. Perché vorrei che questo suo romanzo diventi “famoso”, e che lo
diventi anche lei (e con questo libro i presupposti ci sono tutti) ed allora
una piccola biografia e d’obbligo. Il romanzo prima di tutto. Il libro racconta
di una indagine seguita dal commissario Vanedda, siciliano doc, e dai suoi validi
ed esilaranti collaboratori, l’ispettore Vaccaro e l’agente Caruso. E’ stato
compiuto un omicidio in un B&B di Lachea. La vittima si chiamava Vincenzo
Consoli. Il commissario comincia ad indagare e con calma e perseveranza riesce
a dipanare la matassa (neppure troppo ingarbugliata per la verità) e ad
arrestare il colpevole. Il commissario Vanedda è un personaggio particolare:
cocciuto e determinato quanto leale e ironico. Convive con un uomo, Gerlando,
che avrebbe voluto lasciare la Sicilia e non perde occasione per ribadirglielo.
Lo avrebbe voluto fare a causa di un ambiente che considera pieno di
pregiudizi. Ma lui non ci pensa neppure,
ama la sua terra, un po’ meno quella parte dei suoi abitanti, bigotti e
retrogradi, che non vedono di buon occhio un uomo di giustizia con inclinazioni
omosessuali, ma non si arrende e trova dalla sua parte persone bellissime come
il suo ex professore di scuola, che lo sostiene e lo incoraggia. Non ha più la
mamma, ed ha un padre molto anziano a cui badare. Ora le mie considerazioni
personali. Il libro è stata una vera sorpresa. Mi ha conquistato dalle prime
pagine, una lettura che mia coinvolto e stregato. Personaggi che ti entrano nel
cuore, più di tutti ovviamente il commissario. Ironico e istrionico, sempre
pronto ad aiutare malgrado qualche volta appaia burbero e poco paziente. La
scrittura della Castelli è divertente e non annoia mai. Inserisce spesso parole
in dialetto ma non rendono la lettura più difficoltosa, anzi fanno da
contrappunto “necessario” per mantenere la storia sempre sull’onda della
leggerezza e della simpatia. Non appesantisce ma arricchisce i dialoghi e le scene.
Sono termini ormai comuni e comunque di facile comprensione. Sarà che io adoro
la parlata siciliana ma in questo libro obbiettivamente è utilizzato sempre a
proposito. Tutti i personaggi contribuiscono, a modo loro, alla soluzione del
caso e non ci sono personaggi, anche di contorno, fuori contesto o inutili tutti
hanno importanza e sono ben “utilizzati” dalla Castelli. Forse la trama gialla
è un po’ debole ma non credo che questo fosse l’obbiettivo principale
dell’autrice, cioè quello di scrivere un giallo con situazioni ad alta tensione
e suspence allo spasimo, ma piuttosto quello di scrivere un giallo che vira
alla commedia, divertente, ironico, scorrevole e con personaggi che si fanno
ricordare volentieri. Obbiettivo, a parer mio, ampiamente raggiunto. Oso dire
una cosa, che ribadisco, è un parere assolutamente personale: tra tanti
commissari che spacciano per essere il nuovo Montalbano, Vanedda è quello che
gli si avvicina di più. Ha delle peculiarità che lo differenziano in maniera
netta da Montalbano ma l’atmosfera che si respira, i collaboratori stralunati,
l’ironia nei dialoghi, e la naturale simpatia che suscita lo avvicinano molto.
Si badi non ho parlato di Camilleri che rimane unico e inimitabile ma ritengo
Vanedda il degno erede del commissario Montalbano. Complimenti all’autrice alla
quale auguro tanta fortuna e che spero di aver presto occasione di rileggere.
Con una nuova avventura di Vanedda, si intende.
valutazione: piu che buono
genere: 1giallo
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