Per il secondo appuntamento di Spazio self publishing ho il piacere di illustrare le opere di un’autrice che
io ho letto la prima volta quasi per caso ma che mi ha immediatamente
conquistato. Il libro che voglio consigliare oggi si intitola Lacryma è stato
scritto da Domenica Lupia.
Tre motivi per leggerlo:
E’ un libro coraggioso e scomodo, per le tematiche che
affronta, per la storia che racconta.
Un racconto estremo, un romanzo di certo non per tutti ma
che racconta ciò che le nostre città nascondono, nel loro ventre malato, più
spesso di quanto crediamo. Queste vicende se non sfociano in tragedia (spesso
anche se avviene la tragedia) vengono velocemente affrontate dai telegiornali
che li relegano nelle notizie di cronaca, senza approfondimenti. Un libro come
questo, per quanto scomodo, ti permette di riflettere e dare importanza anche a
un tipo di disagio che si sottovaluta.
Mette nero su bianco sotto i nostri occhi (diventando un
monito silenzioso) ciò che la dipendenza patologica verso un altro individuo
può portare a fare a sé stessi ed agli altri. Non si è più padroni della
propria vita ma si diventa succubi della volontà altrui. Spesso questi comportamenti
portano a delitti quasi inconsapevoli.
Intervista a Domenica Lupia:
Ciao Domenica come va? Innanzitutto grazie per aver
accettato l’invito, sono contento di incontrarti. E’ la prima volta che ho la
possibilità di farti qualche domanda sui tuoi libri e sulla tua attività di
scrittrice (e non solo). L’attesa è stata lunga ma se le notizie che ho sono
corrette credo che questa intervista capiti nel momento più opportuno, ma
andiamo con ordine. Tu scrivi romanzi ma sei anche una ottima illustratrice
avendo disegnato molte copertine di altrettanti libri. Cos’è che viene prima la
scrittrice o l’illustratrice?
Ciao Gino. Grazie a te! Precisazione: sono un grafico. Ho
realizzato anche delle illustrazioni ma per lo più mi occupo di grafica e di
arte. Cosa viene prima? Questa domanda è davvero tosta e credo che la risposta
sia “nessuna delle due”. Si tratta di due forme d’arte diverse ma con un simile
scopo: raccontare una storia. Con un determinato linguaggio, una certa
leggerezza o crudeltà. Ma l’obiettivo finale è lo stesso. Camminano di pari
passo soprattutto perché ciò che scrivo è già “disegnato” nella mia mente.
Lacryma è il tuo secondo romanzo ma il primo edito
attraverso il self publishing. Prima di questo c’era stato Pelle-oltre il
limite che però era stato pubblicato da una casa editrice. Curo con molto
piacere questa rubrica che promuove gli scrittori che pubblicano in self
publishing. Lo sai, io ne sono da sempre un sostenitore. Per la tua esperienza
si possono fare buoni “prodotti” anche senza l’ausilio di una casa editrice?
Come te la cavi con editing, illustrazione, impaginazione ecc.? Per te
l’autopubblicazione è stata una scelta voluta o “necessaria”? Sei una convinta
self publisher o cederesti volentieri alle lusinghe di una casa editrice?
Direi di cavarmela alquanto bene, sai? Lacryma è stato
curato nel dettaglio. Editing, correzione di bozze, non manca nulla. Tutto
eseguito da professionisti. Persino la grafica ma quella l’ho curata io… Al
momento l’autopubblicazione è una scelta. Lacryma era sotto contratto con una
casa editrice ma ho richiesto indietro i diritti prima della pubblicazione per
pubblicare in self. Al momento mi trovo molto bene così ma non disdegno
assolutamente la strada della pubblicazione tramite CE, certo, ne deve valere
la pena. Parlavi di lusinghe, ecco, quali e quanto realistiche e oneste? Ti ho
risposto con una domanda, lo so, non si fa, ma che ci vuoi fare…
Parliamo del romanzo. Lacryma racconta una storia
disturbante, estrema ma anche più comune di quanto si possa pensare. Cosa ti ha
indotto a scrivere un libro come questo? A me è piaciuto moltissimo
(eufemismo), ho cercato qualcosa di simile nelle mie letture successive
(Lacryma è del 2021) ma non ho trovato nulla di avvicinabile. Un altro libro
che adoro, è arcinoto, è Il kamikaze di cellophane di F. Salamino. Sono libri
con tematiche difficili da raccontare e difficili da digerire per il lettore.
Ma molto più “normali” e frequenti di quanto si pensi. Qual è la causa per cui
ci sono cosi pochi i libri con questo “taglio” narrativo? Sono bloccati dalle
case editrici? Chi scrive non è abbastanza coraggioso?
Innanzitutto, grazie. Non so se l’ho già detto ma le tue
parole mi riempiono sempre di orgoglio. Direi che le cause per cui storie come
Lacryma, che sono più reali di quanto si pensa, siano così poco raccontate
dipenda da tantissimi fattori. Da un lato ci sono scrittori che puntano
esclusivamente alla vendita, Lacryma non è un libro che acchiappa le masse (per
ora :p). Dall’altro forse non rientra fra i generi più in voga o “preferiti” e
spesso gli autori scrivono ciò che vorrebbero leggere. In ultimo credo che
molte persone vogliano distaccarsi, far finta che certe realtà non esistano,
fingere che sia tutto okay. Della serie, sai, “se non ne parlo non è successo”.
Il coraggio non credo faccia differenze in questo caso, penso che ci siano
gusti preponderanti. Voglio dire, ho notato tantissimo coraggio in determinati
generi da impressionarmi un po’.
Vik Michele e Bea sono solo frutto della tua fantasia o
sei stata ispirata da persone e fatti reali?
Allora, qui si mette male. Ma ecco la risposta onesta e
priva di orpelli. In realtà Vik, Bea e Michele sono un’unica medaglia a tre
facce. Tre aspetti di un unico essere. Partiamo da due soltanto, di cui uno si
divide: Vik è il carnefice, Bea e Michele le vittime, sono due perché anche se
entrambi vittime, lo sono in modo diverso per motivi diversi: una è mossa dalla
paura, uno dall’amore cieco per Vik. E non siamo forse tutti noi vittime e
carnefici di noi stessi? A conti fatti ti direi che loro tre sono io, per certi
versi. Lacryma c’est moi.
Lacryma non ha un finale accomodante (ma anche durante il
racconto i pugni allo stomaco sono parecchi) e non lasciava aperte molte porte
per un eventuale seguito. Tuttavia a Lacryma hai fatto seguire la recentemente
pubblicazione di Cicatrici (sempre in self publishing) dove ritroviamo un
Michele frastornato ed ancora fortemente provato dalle avventure passate con
Vik. Possiamo accennare la trama anche di questo breve romanzo?
Certo che sì. L’idea era di tirar fuori Michele dal baratro,
di fargli concepire che c’è ancora vita anche senza “il suo amore”. Ma Michele
cade, inciampa nuovamente e, come si confà a una mania del genere, la sua vita
appena ricostruita fuori dalla clinica si sgretola poco a poco. Incontra una
ragazza dal viso stranamente familiare che però non riesce a riconoscere, fa
parte del suo passato, c’era quando c’era anche Vik, quando c’era Bea. Ma in
che modo? E c’è una bambina che cammina fra le pagine, una bambina che porta in
se qualcosa di importantissimo: un segreto. Michele si lascia tentare da tutto
questo e al contempo da un personaggio nascosto dietro lo schermo di un
computer che lo tenta. Ma chi è mai? Michele si lascia cadere e appartenere
nuovamente senza remore fino allo stordimento totale, fin quasi all’insania
data dalla necessità di essere di nuovo parte di quel qualcuno. Ma il velo può
sollevarsi, la catena può spezzarsi, perché la catena, non è sui polsi, è nella
mente.
Adesso veniamo alla domanda che scaturisce dalla
“soffiata” che ho ricevuto. Hai praticamente finito un nuovo romanzo la cui
pubblicazione potrebbe essere molto vicina. Ho informazioni corrette? Ci puoi
anticipare qualcosa? Sarà ancora in self publishing?
Sei in possesso di informazioni corrette. Esatto. C’è una
nuova storia in arrivo. Non ho ancora date certe. Le certezze riguardano senza
dubbio la “pesantezza” della storia, e come potevo fare altrimenti? Anche in
questo caso il centro focale è nella mente dei personaggi. Ci sono antieroi,
falliti, umiliati e combattenti del bene ma il male si muove come un virus…
Se vuoi aggiungi pure altre informazioni. Tutto ciò che
ritieni importante per affrontare al meglio i tuoi romanzi…
Per affrontare meglio i miei romanzi? Ti dirò, ho ricevuto
bellissime parole da lettori che hanno espressamente detto che non
rileggerebbero mai Lacryma perché troppo doloroso. Credo quindi che per
affrontare queste pagine sia necessario fare un patto col dolore, dar lui un
nome, ricordarsi che sono pagine ma è realtà, che tutto accade intorno a noi e
molto più vicino di quanto pensiamo.
Ti ringrazio per la disponibilità, a presto.
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