Ciao Andrea, benvenuto nello spazio interviste del blog
Giallo e cucina. Grazie per aver accettato il nostro invito. Sono contento di
poter fare un po’ di chiacchiere insieme a te. Hai scritto un romanzo originale
divertente e che offre tanti spunti di riflessione. A me è piaciuto molto.
Parleremo quindi del tuo libro ma anche un po’ di te per conoscerti meglio.
Inizierei con la domanda più ovvia, quella della
presentazione. Quando sei nato e dove vivi, cosa fai nella vita oltre a
scrivere? Dicci un po’ di te.
Sono nato a Napoli nel 1981 e dopo gli studi tecnici mi sono
occupato di informatica e grafica digitale, ho tenuto corsi di formazione
professionale sempre in ambito informatico. Attualmente lavoro in una azienda
commerciale specializzata in elettronica di largo consumo. Questa esperienza,
che dura ormai da oltre quindici anni, mi ha dato la possibilità di stare a
contatto con il pubblico e di conoscere tante persone. Sono di origini
napoletane ma la carriera professionale mi ha portato a sportarmi in un'altra
regione. Sposato, una figlia di nove anni.
Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere
preferito?
Non ho un genere preferito, spazio dai libri gialli ai
romanzi di fantascienza a quelli umoristici. Amo le biografie, amo le vite
degli altri, mi interessano da sempre le storie di vita vissuta, i racconti di
chi ha vissuto una lunga esistenza piena di esperienze.
Da dove nascono le tue storie? Elabori notizie che leggi
o sono esclusivamente di fantasia? I personaggi del tuo libro sono stati
ispirati da persone reali?
I personaggi sono di pura fantasia ma non troppo. Le vicende
del protagonista del mio libro sono spesso ispirate a fatti reali, ad aneddoti
divertenti che riguardano la mia famiglia. Sono quelle storie più o meno vere
che si tramandano di generazione in generazione, uno scrigno magico da cui amo
attingere per scrivere i miei testi.
Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre
dalla narrazione?
Lavoro in questo modo : Comincio a scrivere dei raccontini,
senza una precisa collocazione spazio temporale, scrivo prima le parti
divertenti, quelle che mi fanno ridere a crepapelle, poi comincio mi dedico ai
punti più profondi, quelli dove il protagonista parla con se stesso e descrive,
attraverso il suo personale punto di vista, il mondo che lo circonda, lo stato
d’animo del momento. Alla fine, come per un ricamo, ripasso il testo da cima a
fondo e unisco i pezzi attraverso collegamenti logici che hanno lo scopo di
mettere ordine e collocare tutti gli elementi al posto giusto.
Giunge a questo punto la mia classica domanda, quella che
non manca mai quando intervisto un autore. Mi riferisco alla domanda sulle case
editrici. Domanda forse un po’ scomoda per voi scrittori ma che ha me
incuriosisce sempre molto. Devi sapere che nelle mie letture hanno una corsia
preferenziale gli autori emergenti, o quelli che vorrebbero esserlo, e gli
autori self. Tu per l’appunto hai pubblicato il tuo romanzo in proprio. Mi
spieghi un po’ se è stata una decisione voluta o la hai dovuta prendere in
considerazione dopo esserti scontrato col “complicato” mondo degli editori? E’
una scelta che pensi di rifare anche coi prossimi libri o in futuro cercherai
in ogni modo di affidarti ad una casa editrice?
Devo ammettere che l’idea originale era quella di rivolgermi
esclusivamente ad una casa editrice. Ricordo di aver inviato a decine di CE il
mio testo, ricordo anche il mio stupore nel leggere sempre le stesse risposte,
spesso superficialmente negative oppure fintamente positive. Mi riferisco
all’attività preferita delle attuali CE, quella di spillare soldi al povero
autore. Ormai è un mercato drogato, ci sono migliaia e migliaia di aspiranti
scrittori con un libro nel cassetto e sempre meno lettori. Ormai il business è
esclusivamente quello di vendere servizi (editing correzione di bozze etc.) Se
ci pensiamo bene il rischio imprenditoriale di una moderna CE è pari a zero! Se
va bene ed il libro vende ( spese di promozione tutte a carico dell’autore) ha
guadagnato due volte, se va male ha comunque venduto i propri servizi. Il
mercato del self è ancora agli inizi, tuttavia credo fortemente possa essere
una valida alternativa, emergere dal nulla è faticoso, autopromuoversi è un
grosso dispendio di energie ma la sensazione di essere riusciti a imporre le proprie
idee, aver fatto conoscere il proprio libro, senza l'aiuto di nessuno e senza
aver speso nemmeno un euro, è impagabile.
Iniziamo a parlare finalmente del tuo libro, La teoria
degli equilibri. Come mai hai deciso di scrivere un romanzo di questo tipo?
Scusa se te lo chiedo ma tu sei un po’ come Pietro o hai dovuto lavorarci
parecchio per farlo cosi…scontroso? Leggendo il libro mi sembra che le battute
di Pietro siano molto spontanee e coerenti, senza forzature. Sarcasmo, ironia,
cinismo fanno parte del tuo carattere? Della tua filosofia di vita?
Io non sono Pietro Santini ma Pietro ha qualcosa di me, è
come se fosse un mio riflesso, uno dei frammenti della mia personalità. È
venuto da fuori da solo, forse era dentro di me da molti anni. Pietro è il lato
oscuro che ho sempre represso. In ognuno di noi alberga un vecchietto
rompicoglioni e dispotico. Pietro ha la risposta spicciola quando serve,
possiede il vaffanculo facile, quello che vorresti dedicare al prepotente di
turno, al collega, alla moglie pedante. Pietro Santini è uno spirito libero
che, ormai vecchissimo, si guarda indietro ed è fiero della vita che ha
condotto. Senza responsabilità, senza impegni. Nella sua vita ha detto molti
no, questo gli ha giovato. È invecchiato fuori ma si sente giovane dentro.
Guarda gli altri con disprezzo e conduce una vita in estrema solitudine. Sul
lato ironico invece mi somiglia tantissimo, io amo ridere e far ridere,
posseggo una sottile ironia che mi ha anche aiutato a superare momenti
difficili.
Raccontaci un po’ la trama del romanzo facci venir voglia
di leggerlo. Poi raccontaci anche cosa sono questi equilibri in cui si trova a
vivere Pietro. In quale genere potrebbe essere inquadrato La teoria degli
equilibri?
Osservando il mondo di oggi viene da chiedersi : Ma vale la
pena correre tanto? È proprio così necessario sbattersi per arrivare primi? Se
ci accomuna un destino finale a cosa è servito correre?
Pietro ha costruito la sua
personale teoria, la sua filosofia di vita, su questo concetto. Non ha
mai corso in vita sua, ha sempre rallentato il passo mandando gli altri avanti.
Ora è arrivato al capolinea e comincia tirare le somme della sua strana
esistenza. Attraverso continui flashback ripercorre la sua vita. È un uomo
finemente ironico, che usa l’arma del cinismo contro ogni cosa. Essere Pietro
Santini vuol dire non avere preconcetti, non essere ipocriti e vivere la vita
che si vuole senza pressioni senza condizionamenti.
Immaginate di vivere tutti in un equilibrio precario,
immaginate di camminare su di un lago ghiacciato e scricchiolante. Tutte le
sicurezze che ci siamo costruiti non contano, siamo tutti a rischio, il fato,
il destino è sopra di noi. Non siamo gli artefici del nostro domani ma siamo
solo tanti treni che percorrono binari diversi ma che raggiungono la stessa
meta. Ogni volta che un equilibrio si rompe si rischia di cadere e tocca
ricominciare daccapo, nessuno può sapere se il nuovo assetto, il nuovo
equilibrio appunto, sarà bello o brutto, se sarà lungo o corto o se magari non
c’è ne saranno altri. Per questo motivo Pietro vive un’esistenza ai margini
della società. È un misantropo convinto, aspetta solo di morire ma intanto si
gode il presente sempre in punta di piedi, sempre in attesa del prossimo
equilibrio.
Pietro Santini, parole sue (cioè tue), è un vecchio
bastardo impertinente cinico e opportunista. Io mi sono divertito un sacco a
leggere le sue imprese. Sono anche sicuro che gente cosi esista veramente,
certo a pensarci avere a che fare con un tipo simile deve essere alquanto problematico.
Nel finale però questa sua vena sarcastica e cinica si perde un po’ per
lasciare spazio ad una linea più morbida (sto nel vago per non spoilerare).
Perché questo cambio di rotta? Io personalmente preferivo il Pietro misantropo
e irriverente.
Perché in ognuno di noi, perfino in un bastardo impertinente
come Pietro, si nasconde il bene. Ogni uomo è un abisso, l’animo umano è molto
più profondo di quello che pensiamo. Anche un personaggio odioso, come il
protagonista del libro, scopre un lato del proprio essere a lui sconosciuto. Un
turbinio di eventi metterá scompiglio nella sua vita. In una sola settimana
sará costretto a rivedere tutto, un vecchio equilibrio si sgretola e il vecchio
Pietro si ritrova al punto di partenza.
Progetti futuri? Stai già lavorando a qualcosa o ti stai
godendo il momento? Ci sarà ancora Pietro Santini protagonista in una delle tue
prossime opere?
Ho pensato alla Teoria degli equilibri come ad una saga.
Sarà composta da tre volumi. Il secondo è già in lavorazione. Avevo troppe cose
da dire e un solo libro non mi sarebbe bastato. Spero di bissare il successo
del primo, spero anzi di migliorare e di perfezionare sempre di più la tecnica
narrativa.
Ultime due domande. Quelle che nelle interviste qui a
giallo e cucina non possono mai mancare. La prima: per fare onore alla seconda
parte del nome del blog ti chiedo quale potrebbe essere il piatto preferito di
Pietro Santini? Lui mangia, da quando è rimasto solo, unicamente cibo
preconfezionato che ha bisogno solo di un rapido passaggio al microonde. Ma
conosce bene il buon cibo, prima la nonna poi Ramona lo hanno viziato non poco.
Tu cosa pensi possa preferire?
Penso ad uno spaghetto aglio olio e peperoncino. Si tratta
di un piatto semplice, facile da preparare, a prova di Pietro, ma buonissimo.
La seconda: consiglia un libro, due, tre, che noi lettori
secondo te non possiamo proprio lasciarci sfuggire.
Ho amato moltissimo un libro di Erri De Luca. Si chiama
Montedidio , si tratta di un libro fantastico, ironico, ambientato in una
Napoli ricca di folklore e di tradizioni. Saper scrivere come Erri De Luca
sarebbe il mio sogno, spero un giorno di arrivare ad avere un decimo delle sue
capacità.
Ti ringrazio della bella chiacchierata. Se vuoi puoi
aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai lettori….
Senza sembrare troppo autoreferenziale vi dico di acquistare
il mio libro. C’è tanto bisogno di ridere, specie in questi giorni tristi che
l’umanitá sta vivendo. Io non ho la soluzione ma posso farvi trascorrere
qualche ora in allegria, non mi sembra poco vi pare?
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