Prima se posso ti faccio volentieri qualche domanda di
carattere generale per conoscerti un po’ meglio. Allora Andrea raccontaci
un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi
dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Sono nato a Verona il tre aprile del 1965, sotto il segno
dell’Ariete che incarno perfettamente, quindi, ahimè, ho spento le
cinquantacinque candeline in uno dei più brutti periodi che abbiamo vissuto noi
tutti, e vivo a San Martino Buon Albergo, un paese a pochi chilometri dalla
città con la mia famiglia. Con un diploma di Ragioneria, nella vita ha
privilegiato principalmente i numeri (contabilità e fisco), quindi una materia
distante anni luce dalla scrittura, ma da alcuni anni ho scoperto il fascino
delle parole. Tutto è nato per gioco, quasi per una sfida con me stesso. Dopo
aver letto centinaia di romanzi, soprattutto thriller, mi sono chiesto: “Perché
non provarci?” A quel punto, eravamo nel 2013, mi si sono affacciate alla
mente un sacco di ragioni, tra tutte l’inesperienza; poi mi sono ricordato di
aver sentito una frase, una di quelle che la gente di solito ama ricopiarsi sui
post-it da attaccare al frigorifero: “Una conquista senza rischio, è un trionfo
senza gloria”, e tutto ha avuto inizio.
Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere
preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo?
Sono soprattutto un lettore, più che uno scrittore, e questo
mi ha aiutato molto quando ho deciso di “saltare la staccionata”. Come ho già
detto, e questo lo ritengo un po’ un limite, leggo quasi esclusivamente gialli
e thriller e, ovviamente in formato cartaceo, l’ebook lo tengo solo per quando
vado in vacanza per non “appesantire” la valigia. Amo, come penso molti altri
lettori, sfogliarne le pagine, sentirne l’odore, o anche solo tenerlo in mano.
Oserei dire che questo semplice gesto mi da come l’idea di potermi addentrare
ancor più nella storia che viene raccontata
Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi
o sono esclusivamente di fantasia?
Visto il genere, thriller appunto, gli spunti purtroppo non
mancano. Ogni giorno la cronaca ci inonda di notizie che spesso superano, per
violenza e crudeltà, la più sfrenata fantasia di qualsiasi scrittore. Poi
ovviamente questi input vengono rielaborati per dare un filo logico e inserirsi
correttamente nella storia.
La tua scrittura si colloca in un genere preciso?
Pur essendo uno “scrittore” italiano in molti mi hanno detto
che i miei libri somigliano a quelli degli scrittori americani. Probabilmente è
vero e visto che, come lettore, sono nato principalmente con i vecchi libri di
Deaver, Patterson e altri scrittori americani, devono aver traferito nel mio
inconscio quel loro modo di scrivere.
Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti
concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci
un momento particolare della giornata?
Deve esserci assoluto silenzio, al massimo un breve
sottofondo musicale. Il momento che preferisco è la mattina presto, soprattutto
nel week-end quando, al contrario di mia moglie, amo svegliarmi all’alba e
avere tutta la casa per me. Ecco quello è il momento ideale per veder fluire
tutte le idee.
Di norma preferisci scrivere libri autoconclusivi che non
danno origine a serie o il personaggio principale da te creato in una storia lo
ritroviamo in tanti tuoi romanzi?
I libri sono tutti autoconclusivi perché ogni indagine ha un
inizio e una fine, ma allo stesso tempo il mio protagonista, l’ispettore
Veloso, appare in tutti i libri che finora ho scritto, quindi la sua storia
personale continua ed evolve in ognuno di loro. Nell’ultimo libro, anche per
evitare di “bloccarmi” troppo sul suo personaggio, ho voluto inserire un nuovo
protagonista, l’investigatore privato Marco Salvi, amico fraterno di Veloso e
se dovesse esserci un quinto libro, vorrei provare a far nascere un personaggio
femminile di spicco, cosa assai difficile per un uomo ben lontano dalla
sensibilità e dal modo di pensare femminile, però potrebbe essere una nuova
sfida che lancerei a me stesso e la cosa mi intriga molto.
Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre
dalla narrazione?
Quando inizio a scrive, la storia solitamente è tutta nella
mia testa, elaborata e cambiata centinaia di volte nei mesi precedenti in cui
ho pensato all’argomento da trattare. C’è poi la parte relativa a ricerche e
approfondimenti e infine arriva il momento fatidico: “sporcare” il foglio
bianco. E lì arrivano le sorprese perché mano a mano che il racconto prende
forma, spesso arrivano altre idee che ritengo migliori o più adatte, e quindi
spesso l’evolversi dell’indagine inizia a mutare, mantenendo comunque l’idea
originale.
Sei un autore che auto pubblica i suoi libri. La tua è
una scelta definitiva oppure ambisci prima o poi a scrivere per una casa
editrice ma ancora non ne hai avuto l’opportunità? Non deve essere facile dover
occuparsi di tutti gli aspetti di “contorno”: copertina, editing,
impaginazione, stampa…Parlaci della tua esperienza.
Diciamo che all’inizio, quando nemmeno io pensavo di
riuscire a mettere la parola fine al primo libro, la scelta dell’auto
pubblicazione era quasi scontata per veder apparire in fretta la mia opera. In
effetti non è semplice curare tutto ciò che ruota attorno a un libro, ma devo
dire che per alcuni passaggi, come editing e copertina in primis, ho dei validi
aiutanti in alcuni amici esperti della materia che però si limitano a seguire
le mie idee senza volerle stravolgere o cambiare.
Ma eventualmente ti contattasse una piccola casa editrice
la prenderesti in considerazione o miri eventualmente al grande salto?
In questi anni sono stato contattato da più di una casa
editrice, la maggior parte piccole, ma una anche un po’ più importante e
conosciuta al grande pubblico, però alla fine ho sempre deciso di continuare
così per vari motivi, anche ma non solo economici. Non mi pento della scelta,
soprattutto perché in questo modo sono “il padrone” di me stesso e non devo
cercare compromessi con altri o, peggio ancora, sottostare alle idee
dell’editore. Poi, quando arriva una bella recensione, sai che è tutto merito
tuo e quindi… vale doppio. Certo che se domani mattina Mondadori o Rizzoli,
giusto per citarne un paio di importanti, bussassero alla porta… Chissà.
Ti è capitato di presentare un tuo libro in pubblico?
Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciare
far fare le domande direttamente al pubblico?
Non ho preferenze in tal senso. Nelle varie presentazioni
sono capitate entrambe le cose, anche se devo dire che quando “senti” la
partecipazione del pubblico con domande che poi magari innescano confronti,
significa che quanto hai raccontato è arrivato ai tuoi lettori. La sola cosa
che evito di sapere, quando c’è un moderatore, è conoscere le domande che mi
verranno poste in anticipo per evitare, anche inconsciamente, di prepararmi
mentalmente le risposte. Preferisco rischiare di dimenticarmi qualcosa piuttosto
che dare l’impressione di una cosa preparata e studiata a tavolino. D’altronde,
passami la battuta, il libro l’ho scritto io e quindi dovrei già essere
preparato.
Passiamo ad analizzare il tuo ultimo libro. Quando lo hai
scritto e cosa ti ha ispirato?
L’ho iniziato a giugno del 2018 ed è uscito a novembre dello
scorso anno. Purtroppo quanto accaduto in questi ultimi mesi non mi ha permesso
di presentarlo adeguatamente nei vari circoli letterari, biblioteche e
manifestazioni varie, e quindi ti ringrazio per questa intervista che mi da
l’opportunità di farlo conoscere a chi ancora non lo ha letto. L’ispirazione mi
è arrivata da un articolo di un giornale edito dai ragazzi di San Patrignano, e
infatti uno dei temi affrontati è la droga perché da qualche anno ho come
l’impressione che ci siamo un po’ dimenticati di questo flagello.
Dicci il titolo e raccontaci un po’ la trama, dove è
ambientato, i suoi personaggi principali. Facci venir voglia di leggerlo…
Il titolo è Creature in gabbia, e già questo a mio parere
da, insieme alla copertina, un’idea dell’argomento. Questa è una cosa a cui
pongo molta attenzione, il lettore a mio parere grazie alla copertina e al
titolo dovrebbe capire subito di cosa stiamo parlando. E’ ambientato a Verona,
così come i precedenti, e in parte nella provincia di Rovigo. I personaggi
principali, oltre all’investigatore Marco Salvi, sono i componenti della
famiglia Malfatti, padre e due figlie, ognuno con la sua storia, con il suo
passato, con i suoi pensieri, che hanno portato a vivere un presente traumatico
in seguito al rapimento di Clotilde, la più giovane delle due. Il racconto
dell’indagine è intervallato dalle riflessioni di questi tre personaggi, oltre
a quello di una compagna di scuola di Clotilde, e ognuno di loro porterà un
personale contributo alla storia per far capire come siamo giunti all’evento
drammatico e per la risoluzione finale. Clotilde, infatti, malgrado la giovane
età, si rivela una donna forte e coraggiosa pronta a lottare con tutte le sue
forze per sopravvivere. Sembrerà strano visto il genere thriller, ma oltre al
problema droga, l’altro argomento trattato è quello dell’amore. Ovviamente non
solo quello bello e candido che noi tutti amiamo, ma soprattutto le varie
sfaccettature che troviamo raccontate ogni giorno dalla cronaca. Quegli amori,
o presunti tali, che poi sfociano in gesti che di amorevole hanno ben poco,
soprattutto a danno delle donne. Potremmo chiamarli… Amori malati. A tal
proposito, il libro inizia con una frase “rubata” a Jo Nesbø che dice: “Prima
l’amore fulgido,
quello che fa bene. Poi quello oscuro, quello che fa male.”
Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti
trattati o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?
Scrivendo dei thriller che, oltre all’indagine, portano
all’attenzione dei miei lettori anche argomenti più o meno importanti, la parte
relativa alla ricerca è uno degli elementi fondamentali e quindi, anche in
quest’ultimo, mi sono informato sulle droghe sintetiche in modo che quanto
scritto risultasse credibile e corretto. Per quanto riguarda l’ambientazione
invece, sono avvantaggiato perché conosco discretamente Verona, la mia città
natale, anche se devo dire che grazie a questa nuova passione per la scrittura,
ho scoperto luoghi e aneddoti che mi erano sconosciuti prima.
Secondo te c’è un pubblico specifico per questo libro o
anche chi non è appassionato al genere a cui appartiene può trovarlo
interessante?
Diciamo che in primis si rivolge ai lettori di
gialli/thriller, ma visto i temi trattati che spaziano dai collezionisti di
sabbia all’alzheimer, dal business profughi alla pedofilia, e dalla droga alla
violenza sulle donne, potrebbero essere apprezzati anche da altri.
Preferisci i finali accomodanti (con lieto fine), dove
tutti i cerchi vengono chiusi o spesso lasci qualcosa di non concluso o poco
definito? Ti piacciono i finali spiazzanti ed un po’ cinici dove anche qualche
protagonista importante incorre in qualche “incidente”? O preferisci il vissero
tutti felici e contenti?
Solitamente il finale è a lieto fine perché preferisco
lasciare il lettore con un messaggio di speranza che tutto si possa risolvere,
ma diciamo che non tutto termina positivamente e alcuni dei personaggi apparsi…
potrebbero scomparire accidentalmente.
Facci un piccolo excursus nella tua bibliografia. Hai
pubblicato altri romanzi precedentemente a questo. A quale genere appartengono?
Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già hai dettagli?
Questo è il mio quarto libro, i precedenti sono “Granelli di
sabbia”, “Oscura memoria” e “Anime mute”. Ovviamente tutti thriller con
protagonista l’ispettore Luca Veloso e i suoi compagni d’avventura che, come
detto prima, ogni tanto mutano per qualche…”incidente”.
Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te
un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Secondo me gli scrittori self sono
considerati autori meno capaci rispetto a quelli che scrivono per le case
editrici. Sono io che vedo le cose in maniera distorta o la pensi anche tu
cosi? C’è una ragione plausibile per cui un libro autoprodotto non possa essere
presente sugli scaffali di una libreria? La scelta di auto pubblicarsi non
dovrebbe essere penalizzante già in partenza, come invece avviene. Posso dire
tranquillamente, per averne letti tanti, che tra gli autori self ci sono grandi
talenti. Qual è la tua opinione?
Sono d’accordo con te, tra il self si nascondono dei veri e
propri talenti, ma ho come l’impressione che le case editrici facciano un po’
fatica, diciamo così, a puntare su personaggi nuovi, preferendo invece
continuare a pubblicare scrittori conosciuti con il rischio che a volte il
prodotto non sia all’altezza dei precedenti. Mi è capitato di leggere libri di
scrittori “famosi” che non mi hanno lasciato dentro nulla o che non sono
riuscito a portare a termine, trovando pure refusi o errori anche gravi che se
in parte puoi accettare da un self, non dovrebbero esserci invece in quelli
editi da famose case editrici. Però questa è la situazione oggigiorno, quindi
rimbocchiamoci le maniche e continuiamo a lottare.
Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta
fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché
sei veramente bravo. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni
importante far sapere ai lettori….
Innanzitutto ti ringrazio per l’opportunità e i complimenti,
poi volevo informare chi fosse interessato a leggermi che i miei libri si
trovano in formato ebook su tutti gli store di vendita online (Amazon, I.B.S.
ecc.), mentre il cartaceo lo spedisco direttamente io, ovviamente con dedica.
Mi trovate facilmente su facebook mi lasciate un messaggio e io provvedo a tutto.
Per concludere questa bella chiacchierata, vorrei lasciarvi con un mio mantra
personale sulla scrittura:
“Provateci anche voi. Veder apparire su un foglio ciò che la
vostra mente ha pensato, non ha prezzo!”
Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.
Consenso trattamento dati personali
Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista
viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e
sui social ad esso legati.
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