Caos Calmo - Sandro Veronesi -
recensione a cura di Patrizia Zara
Ho sempre sospettato che la vita si regga su una trama invisibile di
coincidenze. Forse non sempre – l’eccezione è parte della regola, dopotutto –
ma col passare degli anni questa idea si è fatta più nitida. Perché la vita è
davvero così. Oppure, più verosimilmente, perché io ho imparato a guardarla con
occhi diversi, più attenti, più affilati. L’età, si sa, è un faro impietoso che
rivela connessioni prima ignorate, e il disincanto spesso si veste d’ironia.
Per questo, trovare "Caos Calmo" sul comodino di una camera
d’albergo mi ha provocato un sussurro interiore: “Guarda che coincidenza!”.
Curioso, perché quel titolo mi era familiare, eppure non avevo mai sentito il
desiderio di leggerlo. Anzi, l’avevo accuratamente evitato, per ragioni che a
ben vedere tanto misteriose non sono. Il sospetto ha un nome e un volto: Nanni
Moretti.
Avranno anche detto che è un ottimo attore, ma a me – confesso – provoca
un’irritazione epidermica, soprattutto per quell’intonazione sempre un po’ affettata
da intellettuale incartapecorito.
Dunque, leggere "Caos Calmo" significava rischiare una lettura
“inquinata” da quel fantasma cinematografico. Non il miglior punto di partenza.
Eppure, come dicevo, la vita è fatta di conti da regolare. E il libro, con il
suo titolo ossimorico, era lì. Ho iniziato a leggerlo.
E qualcosa è successo.
Sin dalle prime pagine, sono stata catturata dallo stile: un monologo interiore
che si riversa fluido, come un ruscello imprevisto, tra memoria involontaria e
associazioni spontanee. E così, finalmente, ho incontrato Pietro Paladini. Non
l’ombra cinematografica, ma l’uomo, nudo e disarmante, sulla pagina.
Pietro, manager di successo, si trova a salvare una donna in mare proprio
nell’istante in cui sua moglie muore. Da lì, si spalanca il caos. Ma è un caos
silenzioso, vischioso, inespresso. Un cortocircuito tra logica e inconscio che
lo porta a ritirarsi dal mondo, ufficialmente per proteggere la figlia,
Claudia. In realtà – lo capiamo presto – per assecondare un senso di colpa che
lo immobilizza.
“Ormai è il mondo, stellina, a non essere normale...”
È forse questa la chiave più lucida del romanzo: Pietro costruisce attorno a sé
una bolla, un microcosmo statico, fermo accanto alla scuola della figlia, dove
trascorrerà mesi. Un eremo urbano in cui il dolore non esplode – "è"
la bolla stessa.
Attende, osserva, si sottrae. E nel farlo, ci mostra le vite degli altri,
satelliti inconsapevoli che gravitano intorno al suo silenzio. Uomini potenti,
donne aggressive, tutti in fuga dalle loro ombre. E nell’orbita di Pietro,
tutto si riduce, perde volume, si smaterializza.
Claudia – limpida, concreta, sorprendente – è l’unica voce capace di dirci la
verità senza ferirci. Perché i bambini sanno, e non hanno bisogno di parole
complicate per mostrarcelo.
"Caos Calmo" è un romanzo che disarma, non con la trama, ma con lo
sguardo. È una riflessione ininterrotta sul dolore che non grida, sulla
sospensione delle responsabilità come atto radicale e sul tentativo, fragile ma
tenace, di ricucire il senso nelle crepe della quotidianità.
Buona lettura.
P.S. Ora mi tuffo in "Il colibrì". Sperando non voli via troppo in
fretta.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2020
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