I giorni di vetro – Nicoletta Verna -
recensione a cura di Lilli Luini
Le vicende di questo romanzo sono
ambientate tra il 1924 e il 1945: lo dico subito per coloro che non amano
immergersi in questi anni della nostra storia. La prima voce narrante nasce
infatti nel 1924, nel giorno in cui viene ritrovato il cadavere di Giacomo
Matteotti. Vale a dire il giorno in cui nasce effettivamente il regime
fascista.
Redenta nasce a Castrocaro, nella
Romagna terra natale del duce e dove spesso torna per le cure termali. Nasce
dopo tre fratelli morti alla nascita e il padre le mette quel nome perché,
dice, ci starà sulla lapide al cimitero. E invece sarà Redenta sopravvive,
anche se non piange e non parlerà a lungo. Tanto che lo stesso medico dice di
lei che ha la scarogna addosso. Non è un’idea peregrina, alla “purina”
(poverina in dialetto romagnolo, ne capitano tante ma lei, così fragile, così
dimessa, resiste a tutto. L’autrice tratteggia un mondo di violenza e soprusi,
non usa certo la penna leggera e sono pagine necessarie, che ci pongono dinanzi
a una verità storica che oggi più che mai dobbiamo ricordare. Lei stessa scrive
che in questo romanzo non c’è niente di vero eppure niente è falso.
Redenta si innamora di uno degli
orfani che sua nonna ospita in casa, Bruno, protettore dei bambini più deboli.
Crescono insieme poi lui scompare dalla sua vita e il padre, fascista convinto,
la fa sposare a un suo ex compagno d’armi il terribile gerarca Vetro, così
detto perché in Abissinia ha perso un occhio. Vetro è uno dei personaggi più
violenti di cui mi sia capitato di leggere, ma non è un orco, è un uomo
bellissimo e Redenta si sente orgoglioso di essere stata scelta. Ovviamente la
vita matrimoniale è un inferno che lei subisce resistendo.
Ma c’è una seconda voce narrante,
quella della giovane Iris, figli di una maestra ragazza madre che l’ha
cresciuta insegnandole il valore della libertà. Quando dal paesino natale va a
vivere a Forlì, a servizio dei marchesi, scopre la politica e dopo l’8
settembre salirà in montagna con un altro dipendente dei marchesi, che
diventerà un comandante partigiano.
Il romanzo coinvolge
emotivamente, sia per la vicenda e per la profondità dei personaggi, ma anche
per una scrittura bellissima che mi ha conquistata subito, fin dalle primissime
pagine.
È una storia di resistenza
femminile e va detto, per onestà di cronaca, che gli uomini non ci fanno una
gran bella figura, eccezione fatta per alcuni personaggi minori ( i Verità,
padre e figlio, il marchese, il partigiano Socrate) che testimoniano come l’individuo
possa, se vuole, distaccarsi da una cultura di violenza e sopraffazione ed
essere uomo nel pieno senso del termine.
Insomma, un gran bel libo che mi
ha lasciato un segno profondo e un’autrice da seguire.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2024
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