venerdì 6 settembre 2024

MAGNIFICO E TREMENDO STAVA L'AMORE

 



Magnifico e tremendo stava l'amore - M. G. Calandrone -

recensione a cura di Carmen Nolasco


Quante volte si è detto che non è importante solo la storia contenuta in un romanzo, ma come questa storia viene narrata: è l’impronta stilistica che fa la differenza e che, a parità di trama, renderà indimenticabile o da archiviare un libro.

Prendiamo un delitto. Un caso di cronaca che ha riempito le pagine dei giornali.

Prendiamo un’autrice, Maria Grazia Calandrone, che con le parole in prosa ci sa fare, eccome, ma ci sa fare anche con i versi e con una certa lirica toccante.

Prendiamo un punto di vista, quello di Luciana Cristallo – personaggio del libro e persona del mondo reale - che uccide l’ex marito Domenico con dodici feroci coltellate, a cavalcioni sul corpo di lui. E poi viene assolta.

Prendiamo anche un contesto storico e sociale, l’Italia che va dagli anni Ottanta al tragico evento di cronaca nera del 2004. Un contesto di salienti fatti politici e successi musicali che fanno da cornice alla relazione tra Luciana e Domenico.

Quello che otteniamo è un romanzo superlativo dove la Calandrone non si adagia nella banalità di una letteratura sulla violenza di genere, che abbisogna certamente di provvedimenti giudiziari e di giurisprudenza attenta, ma è qualcosa di più: l’emancipazione verso le ragioni dell’amore e della violenza, senza mai veramente schierarsi.

Protagonista indiscusso del romanzo è proprio l’amore nella pluralità delle sue dimensioni e sfaccettature, non solo quello di Luciana per Domenico e quello di Domenico per Luciana, ma l’amore tutto intero, quello di una madre (di Domenico) per il suo unico figlio, l’amore negato, quello disfunzionale, l’amore sofferto, geloso, sbagliato, l’amore impotente dei figli di Luciana, l’amore, insomma, in tutti quei suoi risvolti magnifici e tremendi:

Quando l’amore ci lascia esposti, come prede col ventre semplice e bianco, distratte da una traiettoria erbosa nel secco ruvido della savana.

La lettura, nella prima parte del libro, non scivola benissimo per via di un divagare continuo, dello spostarsi dalla vicenda narrata e avventurarsi in digressioni storiche e sociali, e invece il lettore è inchiodato al fatto, vuole sapere: E poi? E poi… da un certo momento in avanti, è un tornado inarrestabile di prosa e poesia e di tutta quanta la suspense propria del thriller. Geniale. Avanti, dunque, fino al delitto, cruento, inimmaginabile, imprevedibile e duro come un pugno:

Le mie mani pisciavano il tuo sangue. A garganella, a fontanella, a fiotti… La mia mano si leva impetuosa. È senza freni. Come un rumore freddo con brandelli. Sangue sulla camicia. Il tuo interno dilaga dove non deve. Amore, inferno mio.

Amore. L’amore che guarda gli amanti e conosce le loro ragioni, ma non immagina quello che accadrà durante un invito a cena, quando Domenico porta a Luciana fiori e dolce. In quella cucina che poco dopo diventerà la scena del crimine.

L’amore, dietro la colonna della cucina, sta lì (perché c’è ancora, c’è sempre stato) li guarda e non sa. Non sa quello che accadrà tra i due fino a quando non lo vedrà accadere:

Magnifico e tremendo stava l'amore

puro e lacero come un orfano

stava l'amore

con loro in quella stanza

per l'ultima volta insieme

accovacciato dietro la colonna

col volto fra le mani.

 Maria Grazia Calandrone aveva già pubblicato, per Einaudi, nel 2022, Dove non mi hai portata. Nel 2021 ha pubblicato Splendi come vita, per Ponte alle Grazie. Entrambi rispettivamente nella dozzina e nella cinquina del Premio Strega.


genere: narrativa

anno di pubblicazione: 2024

 


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