giovedì 5 settembre 2024

IL CUORE DELL'UOMO

 




Il cuore dell'uomo - Jon K. Stefansson

Recensione di Miriam Donati

 

“La vita diventa più grande quando leggi, dice il ragazzo, diventa di più, dice, è come se possedessi qualcosa che nessuno ti potrà mai togliere, dice, si diventa più felici.”

 Ed è la letteratura il cardine che schiude in termini di possibilità di vivere una vita più piena in tutti e tre i romanzi di cui questo è l’ultimo.

Con la trilogia iniziata con Paradiso e inferno, La tristezza degli angeli e Il cuore dell’uomo l’autore affronta le grandi domande dell’uomo: la vita, l’amore, il senso ultimo dell’esistenza, il potere dell’arte e della letteratura in una visione epica e grandiosa.

È una ricerca affidata al racconto di vite semplici, sullo sfondo l’Islanda di fine Ottocento con personaggi che restano indelebili nella memoria del lettore. Difficile ricordarne i nomi per la loro impronunciabilità in italiano, ma i caratteri rimangono impressi pur se accennati con poche pennellate. Sono commoventi in sé stessi nella loro semplicità, spesso completamente fagocitati in una società rigida che li vincola e non permette loro cambiamenti, a volte, ormai arresi, hanno rinunciato a evolversi, a volte, ribelli e generosi coinvolgono gli altri nella novità, tutti toccati dallo sguardo trasparente del protagonista che smuove le coscienze.

Protagonista è “il ragazzo” che compie un viaggio epico di formazione: nel primo romanzo affronta il mare, nel secondo il gelo e nel terzo infine il suo cuore e, nella sua ingenuità, nella sua purezza, nelle domande che pone e si pone, smuove le coscienze e nessuno, dopo averlo conosciuto potrà restare lo stesso di prima. Il suo viaggio si trasforma nella ricerca del senso della vita e della scoperta dell’importanza delle parole.

Il tutto si svolge in un tempo dilatato che fluisce e rifluisce come nelle maree e che è accentuato dal ritmo della scrittura. Attraverso la parola, soprattutto quella scritta nelle lettere che il ragazzo invia e che riceve, si sconvolgono esistenze che cambiano, rischiano, si mettono in gioco, si assumono responsabilità. I poeti letti dal ragazzo e le loro citazioni lo accompagnano in un viaggio di crescita commovente. Commovente è anche il circolo di persone radunato dall’altra protagonista, quella Geirþrúđur che accoglie miserabili e spiantati e dà loro una seconda possibilità, una donna libera giudicata in modo malevolo dal resto degli abitanti.

È molto difficile commentare la trilogia e Il cuore dell’uomo in particolare perché, come indica Alessandro Zironi nella postfazione di quest’ultimo romanzo, Stefansson è un poeta e la mescolanza linguistica usata lascia disarmati; dare un giudizio usando le solite parole sembra quasi possa “sporcare” quanto letto. Si apprezza il libro non solo per la complessità della narrazione o per gli innumerevoli spunti di riflessione, ma per l’emozione spiazzante di cui si è preda durante la lettura.

C’è un coro di agenti esterni evanescenti che racconta il percorso del ragazzo e ci si chiede cosa siano: morti in mare, stelle, mare, tenebre, luce? Non importa, la loro voce, come un coro greco racconta la solitudine, la fatica, l’incertezza, la speranza, l’amicizia, l’amore, il potere della poesia che illumina.

“Vivere è un percorso lungo e complesso, vivere è fare domande.”

Il viaggio del ragazzo si rifà esplicitamente a Ulisse e a Milton e si conclude nel Paradiso perduto del proprio cuore. Alla fine il ragazzo si rende conto che libri e conoscenza, nonostante la premessa, non rendono felici, prima viene sempre la vita, che deve essere dignitosa e obbediente al proprio cuore altrimenti si diventa un’ombra grigia. 

“Non si può vivere solo perché non si è morti, è un tradimento. Bisogna vivere come le stelle, e splendere.”

“Che inferno avere braccia e nessuno da abbracciare”.

Il libro si può leggere indipendentemente dagli altri componenti la trilogia, ma non leggerli sarebbe veramente una perdita immensa.

 

Genere narrativa

Anno di pubblicazione 2011

In Italia 2014

 

 


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