Prima se posso ti faccio volentieri qualche domanda di
carattere generale, per conoscerti un po’ meglio. Sono le mie domande di rito,
alle quali non ci si può proprio sottrarre. Diciamo pure che sono un male
necessario, pronto? Allora Fabio raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la
tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere
romanzi.
Prima di tutto voglio ringraziarti per questa intervista e
per il sostegno che, nel corso degli anni, mi hai sempre dimostrato: uno dei
tanti tesori che il mondo della cultura e della letteratura deve custodire con
cura sono proprio le persone appassionate come te. Quindi vado con le risposte:
nasco a Biella, ho seguito studi umanistici, in particolare sono laureato e ho
fatto ricerca nel campo della linguistica e dei dialetti ma poi sono finito a
fare un lavoro che sembra essere l'opposto, infatti ora mi occupo di finanza e
vivo a Torino, città che ormai sento come la mia vera casa. L'idea di scrivere
non è mai davvero nata ma in qualche modo è da sempre stata viva in me. Forse
nella mia mente non era verbalizzata come “dai, scrivi un libro” ma piuttosto
come un'impellenza creativa che sin da bambino mi ha portato a esprimere ciò
che ero e sono cercando le migliori parole per farlo. Da questo, negli anni,
sono nate canzoni, poesie, racconti e sì, anche romanzi.
Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere
preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo?
Direi, piuttosto: oltre che leggere a volte scrivo! Sì, sono
un grande lettore e penso che chiunque si voglia avvicinare alla scrittura
debba prima di tutto amare la letteratura. Come sarebbe possibile, altrimenti,
sentire la passione per le parole e la loro magia evocativa senza prima essersi
nutrito da quella stessa fonte, assorbendo ciò che altri, prima e meglio, hanno
saputo regalarci attraverso le meraviglie che costellano il firmamento della
parola scritta? Faccio spesso l'esempio del falegname: può un falegname
costruire un tavolo senza averne mai visto uno, dieci, cento? Ovviamente no. La
scrittura, in tal senso, poco si discosta dall'artigianalità che nasce dalla
passione, dall'osservazione attenta e dallo studio delle opere altrui.
Il mio genere preferito è senza dubbio quello che raggruppa i
buoni libri. Qualunque romanzo, saggio o carteggio, se di qualità, merita di
essere letto e non importa che parli di vampiri, storie famigliari o
archeologia. Un buon libro è un buon libro. E poiché a me principalmente
interessano le storie e non i contenitori delle storie ecco che non faccio
grande attenzione al supporto: cartaceo o ebook per me non fa differenza, ciò
che conta è quello che leggo, non come lo leggo.
Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o
sono esclusivamente di fantasia?
Direi entrambe le cose, aggiungendo la fonte che dal mio
punto di vista è fondamentale: la fascinazione e le suggestioni che altre
letture fanno nascere in me. Non si tratta solo delle idee ma soprattutto dallo
stile, dal riconoscere come un altro sia stato in grado di mettere in fila un
certo numero di parole creando un'architettura portentosa, evocativa nei suoni
e nei significati, non solo nella struttura. È come entrare alla Sagrada
Familia e uscirne pensando: che cosa pazzesca ho visto, non ci ho capito nulla
ma voglio provare a fare qualcosa di simile.
Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre
dalla narrazione?
Sì, prima scrivo la fabula e poi costruisco l'intreccio. Che
però lascio in parte fluido, di modo che, se per caso mi vengono idee
interessanti nel frattempo, possa essere modellato in funzione delle stesse.
Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti
concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci
un momento particolare della giornata?
Non sono uno di quelli che scrivono di notte, con la
bottiglia di gin di fianco. Per scrivere (non per elaborare le idee, questa è
un'altra faccenda) deve essere concentrato e tranquillo. Quindi niente musica,
niente distrazioni. Solo io e le parole.
Ti è capitato di presentare un tuo libro in pubblico?
Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciare
far fare le domande direttamente al pubblico?
Nel corso degli anni ho fatto molte presentazioni in diverse
sedi e in diverse modalità, non solo a Torino, non solo Italia. Quindi ho visto
un po' tutto. Non ho preferenze, mi piace però parlare della scrittura e della
mia passione, non dei miei libri. Questo lo trovo limitante. Vorrei che le
presentazioni fossero un momento di condivisione e non uno spot pubblicitario
in cui io debba dire quanto bello è il mio libro e compratelo, compratelo,
compratelo. Anzi, spesso mi trovo a suggerire altri libri, piuttosto.
Terminate le domande di routine addentriamoci di più nei
tuoi libri. Hai creato un personaggio, il vicequestore Castelli, che è il
protagonista di quasi tutti i tuoi romanzi. Quindi a questa domanda potrei
facilmente rispondermi da solo, ma magari in futuro, nei tuoi romanzi, ci
potrebbe essere qualche sorpresa. Così ho lo scoop in anteprima. La domanda è:
di norma preferisci scrivere libri stand alone che non danno origine a serie o
il personaggio principale da te creato in una storia lo ritroviamo in tanti
tuoi romanzi? E’ una casualità la presenza costante di Castelli nei tuoi
romanzi o è una tua precisa scelta?
Non è una casualità. Si tratta di affetto, ecco. A un certo
punto Castelli e Georgine (la sua spalla narrativa) sono diventati abituali
frequentatori della mia mente e richiedono spazio e attenzione. Finché hanno
avuto qualcosa di interessante da dirmi ho lasciato che lo dicessero anche
sulla pagina. Però non ho preferenza a riguardo: possono essere romanzi in
serie o stand alone, dipende da cosa mi viene (veniva, dovrei dire) voglia di
raccontare.
Tu sai che io apprezzo molto gli autori self, quelli che
hanno “l’ardire” di auto pubblicarsi. Questo per una lunga serie di motivi, non
ultima la possibilità di non dover sottostare alle prassi, spesso poco nitide,
delle case editrici. Gli autori self in questo blog sono sempre i benvenuti. Tu
per pubblicare i tuoi libri hai utilizzato tutte le possibilità. Self publishing,
case editrici più grandi (Piemme) e più piccole (Golem) anche una casa editrice
fortemente radicata nel territorio come le Edizioni del capricorno. Quale
soluzione preferisci? Quale ritieni più vicina al tuo modo di concepire la
promozione e la pubblicazione di un libro?
Questa è una domanda complessa che meriterebbe una risposta
altrettanto esaustiva. Qui mi è difficile però essere completo, senza andare a
toccare argomenti che potrebbero essere presi come spunti polemici. E non mi va
di farlo. Diciamo che può andare bene ogni formula se intorno c'è un adeguato
progetto.
Ti contattasse una piccola casa editrice con un progetto
serio la prenderesti in considerazione o miri eventualmente al grande salto?
Accetterei, senza dubbio. L'ho già fatto e lo rifarei, magari
facendo più attenzione a certi dettagli che ho imparato a riconoscere con
l'esperienza.
Passiamo ad analizzare il tuo ultimo libro, La pelle del
lupo, la cui pubblicazione risale ad un anno fa. Quando lo hai scritto e cosa
ti ha ispirato?
Non ricordo di preciso quando lo scrissi, mi pare quattro
anni fa, ormai. Mi ispirò principalmente un fatto di cronaca realmente avvenuto
a Torino e che mi fu segnalato dal mio amico e scrittore Massimo Tallone: una
mattina, non ricordo più in quale via del centro, comparve tra i rami di un
ippocastano la pelle di un camoscio, da poco scuoiato, ancora grondante sangue.
Nessuno aveva visto niente, nessuno sapeva niente, nessuno ci capiva niente. La
faccenda mi affascinò.
Raccontaci la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi
principali. Facci venir voglia di leggerlo….
Penso che non ci sia modo migliore che riportare la sinossi
della quarta di copertina, dal momento che in teoria è scritta proprio per
ingolosire il lettore:
“Il vicequestore Andrea Castelli è turbato. Affascinato,
anche. Chi ha appeso quella pelle di camoscio in pieno centro a Torino, e
perché? E che c'entra questa macabra messinscena, subito amplificata dai media,
con la serie di cadaveri mutilati abbandonati nei boschi della collina torinese?
Qual è il nesso tra l'affascinante fotografa Maria Celeste e una vecchia,
maledetta storia finita malissimo, tanti anni prima, con la morte di una
ragazza bellissima e misteriosa sulle montagne piemontesi? Castelli fiuta
l'aria e indaga con la vaghezza e l'apparente assenza di metodo che fanno
impazzire le donne e gli uomini della sua squadra. Tra Vipere, Vermi, Lupi e
Camosci, come attraverso un bestiario medievale, Castelli verrà trascinato in
una vicenda che da una cascina abbandonata sulle Alpi lo porterà fino al
Vaticano, a frugare tra i misteri della più importante banca pontificia. La
verità, in una storia in cui gli uomini si chiamano come gli animali e gli
animali hanno sembianze umane, andrà cercata in un'antica leggenda alpina.”
Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti
trattati o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?
Per ogni libro è necessario un approfondimento o uno studio.
Mi vengono in mente un paio di ricerche che ho dovuto fare partendo zero, per scriverlo:
ad esempio le tecniche di imbalsamazione, di cui non sapevo nulla, oppure le
varie leggi che normano caccia al camoscio e molte altre. Ricordo anche una
telefonata con un mio conoscente, capo della Scientifica (non dirò di quale
città, per privacy), in cui gli chiedevo in che modo potevo far fuori un tizio
facendo passare l'omicidio come suicidio. Aneddoti divertenti.
Preferisci i finali accomodanti (col lieto fine), dove
tutti i cerchi vengono chiusi o preferisci lasciare qualcosa di non concluso o
poco definito? Ti piacciono i finali spiazzanti ed un po’ cinici dove anche
qualche protagonista importante incorre in qualche… “incidente”? O preferisci
il vissero tutti felici e contenti?
Un libro deve essere equilibrato, come una composizione musicale.
Non si può finire con la nota sbagliata, altrimenti lo spettatore (il lettore)
si ricorderà soltanto quella stonatura. Quindi non ho un “finale preferito”
bensì penso che ogni storia abbia il finale adatto. Se penso a Murakami, ad
esempio, adoro i suoi finali diciamo aperti e liquidi: per il suo stile sono
perfetti. Se penso alla Vargas ecco che invece i suoi finali diventano
l'ingranaggio perfetto per far girare tutto il meccanismo narrativo. Ho voluto
far due esempi molto differenti proprio per dire che, come sempre, dipende...
Tu hai scritto diversi romanzi. So per certo che non è
facile conciliare lavoro, famiglia ed impegni vari con la passione per la
scrittura. Soprattutto quando questa attività non è il proprio impegno
esclusivo, fortuna che hanno in pochi, in effetti. Però, e te lo dico da fans,
hai degli “obblighi” verso di noi, avendo scritto per di più degli ottimi
romanzi. Non puoi sottrarti ai tuoi “doveri” di scrittore. Noi aspettiamo
speranzosi un tuo nuovo libro appena finito di leggere quello che hai appena
pubblicato. Non volevo dirtelo ma io attendo da un anno. Dacci qualche
speranza. Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già hai
dettagli? Facci anche un piccolo excursus nella tua bibliografia.
Ti ringrazio Gino, ho già detto prima quanto io apprezzi la
tua passione e quanto mi abbiano sempre fatto piacere le tue parole di stima
nei miei confronti. Ho da poco terminato un romanzo biografico: la storia di un
infermiere di terapia intensiva durante il lockdown. Certo, non è il mio genere
abituale ma è una storia che mi è capitata tra le mani e ho sentito di dover
scrivere. Per il resto, temo, mio malgrado, che non scriverò più gialli e
probabilmente non scriverò più in generale. Non saprei dire perché, mi è
semplicemente passata la voglia.
Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te
un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Secondo me molti scrittori non hanno
la considerazione che meriterebbero. Che il loro talento pretenderebbe. Io nel
mio piccolo ne ho conosciuti (letti) tanti, che meriterebbero molto più
successo di quello che hanno. Tu, per me, sei uno di questi. Se non si entra
nelle grazie di qualche grande casa editrice che, bontà sua, decide che il tuo
romanzo “debba” avere successo, diventa davvero difficile “diventare famosi” ed
avere un po’ di gloria scrivendo libri. Deve essere frustrante sapere di avere
grandi capacità, esprimerlo anche con ottimi romanzi, ma non riuscire a “far
passare” l’informazione. Non riuscire a far capire al lettore che oltre ai
soliti noti c’è molto altro. Cosa ne pensi?
Penso che prima di tutto si debba scrivere per amore e
passione, e perché si ha qualcosa di importante da dire. Non ricordo quante
decine di migliaia di libri vengano pubblicati ogni anno in Italia ma sono
molte, troppe. È normale che la gran parte di essi finisca nell'ombra. Ed è
normale che in quella stessa ombra possano annidarsi piccoli tesori. Ma credo
che sia comunque un fatto piuttosto raro. Il problema, dal mio punto di vista,
è che si pubblica troppo, si scrive troppo e la qualità si diluisce a favore di
un mercato che viaggia su regole e approcci forse buoni per il secolo scorso.
L'industria dell'editoria vede ogni anno assottigliarsi il numero dei clienti e
dei lettori. Penso sarebbe necessaria una rivoluzione in tal senso, partendo
dall'alto, trovando nuove strade e linguaggi per attrarre altro pubblico. Tutti
vogliono storie, tutti vogliono immaginare, è un bisogno essenziale dell'uomo.
Se ora l'editoria non riesce più a farlo è perché parte da presupposti e
strategie a mio modo sbagliate. Forse, quando si modificherà questa attitudine
ormai sclerotizzata e inefficace, anche quei piccoli tesori nell'ombra
troveranno più spazio per emergere.
Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta
fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché
sei veramente bravo/a. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni
importante far sapere ai lettori….
Sono io a ringraziare te e tutti i lettori che hanno avuto la
pazienza di arrivare fino a questo punto!
Un caro saluto.
Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.
Consenso trattamento dati personali
Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista
viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e
sui social ad esso legati.
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