mercoledì 16 settembre 2020

INTERVISTA A FABIO GIRELLI

 





Oggi nello spazio interviste ho il piacere di ospitare l’autore Fabio Girelli. Benvenuto nel mio blog e grazie per avermi dedicato un po’ del tuo tempo.

Prima se posso ti faccio volentieri qualche domanda di carattere generale, per conoscerti un po’ meglio. Sono le mie domande di rito, alle quali non ci si può proprio sottrarre. Diciamo pure che sono un male necessario, pronto? Allora Fabio raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.

Prima di tutto voglio ringraziarti per questa intervista e per il sostegno che, nel corso degli anni, mi hai sempre dimostrato: uno dei tanti tesori che il mondo della cultura e della letteratura deve custodire con cura sono proprio le persone appassionate come te. Quindi vado con le risposte: nasco a Biella, ho seguito studi umanistici, in particolare sono laureato e ho fatto ricerca nel campo della linguistica e dei dialetti ma poi sono finito a fare un lavoro che sembra essere l'opposto, infatti ora mi occupo di finanza e vivo a Torino, città che ormai sento come la mia vera casa. L'idea di scrivere non è mai davvero nata ma in qualche modo è da sempre stata viva in me. Forse nella mia mente non era verbalizzata come “dai, scrivi un libro” ma piuttosto come un'impellenza creativa che sin da bambino mi ha portato a esprimere ciò che ero e sono cercando le migliori parole per farlo. Da questo, negli anni, sono nate canzoni, poesie, racconti e sì, anche romanzi.

 

Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo?

Direi, piuttosto: oltre che leggere a volte scrivo! Sì, sono un grande lettore e penso che chiunque si voglia avvicinare alla scrittura debba prima di tutto amare la letteratura. Come sarebbe possibile, altrimenti, sentire la passione per le parole e la loro magia evocativa senza prima essersi nutrito da quella stessa fonte, assorbendo ciò che altri, prima e meglio, hanno saputo regalarci attraverso le meraviglie che costellano il firmamento della parola scritta? Faccio spesso l'esempio del falegname: può un falegname costruire un tavolo senza averne mai visto uno, dieci, cento? Ovviamente no. La scrittura, in tal senso, poco si discosta dall'artigianalità che nasce dalla passione, dall'osservazione attenta e dallo studio delle opere altrui.

Il mio genere preferito è senza dubbio quello che raggruppa i buoni libri. Qualunque romanzo, saggio o carteggio, se di qualità, merita di essere letto e non importa che parli di vampiri, storie famigliari o archeologia. Un buon libro è un buon libro. E poiché a me principalmente interessano le storie e non i contenitori delle storie ecco che non faccio grande attenzione al supporto: cartaceo o ebook per me non fa differenza, ciò che conta è quello che leggo, non come lo leggo.

 

Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o sono esclusivamente di fantasia?

Direi entrambe le cose, aggiungendo la fonte che dal mio punto di vista è fondamentale: la fascinazione e le suggestioni che altre letture fanno nascere in me. Non si tratta solo delle idee ma soprattutto dallo stile, dal riconoscere come un altro sia stato in grado di mettere in fila un certo numero di parole creando un'architettura portentosa, evocativa nei suoni e nei significati, non solo nella struttura. È come entrare alla Sagrada Familia e uscirne pensando: che cosa pazzesca ho visto, non ci ho capito nulla ma voglio provare a fare qualcosa di simile.

 

Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre dalla narrazione?

Sì, prima scrivo la fabula e poi costruisco l'intreccio. Che però lascio in parte fluido, di modo che, se per caso mi vengono idee interessanti nel frattempo, possa essere modellato in funzione delle stesse.

 

Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare della giornata?

Non sono uno di quelli che scrivono di notte, con la bottiglia di gin di fianco. Per scrivere (non per elaborare le idee, questa è un'altra faccenda) deve essere concentrato e tranquillo. Quindi niente musica, niente distrazioni. Solo io e le parole.

 

Ti è capitato di presentare un tuo libro in pubblico? Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciare far fare le domande direttamente al pubblico?

Nel corso degli anni ho fatto molte presentazioni in diverse sedi e in diverse modalità, non solo a Torino, non solo Italia. Quindi ho visto un po' tutto. Non ho preferenze, mi piace però parlare della scrittura e della mia passione, non dei miei libri. Questo lo trovo limitante. Vorrei che le presentazioni fossero un momento di condivisione e non uno spot pubblicitario in cui io debba dire quanto bello è il mio libro e compratelo, compratelo, compratelo. Anzi, spesso mi trovo a suggerire altri libri, piuttosto.

 

Terminate le domande di routine addentriamoci di più nei tuoi libri. Hai creato un personaggio, il vicequestore Castelli, che è il protagonista di quasi tutti i tuoi romanzi. Quindi a questa domanda potrei facilmente rispondermi da solo, ma magari in futuro, nei tuoi romanzi, ci potrebbe essere qualche sorpresa. Così ho lo scoop in anteprima. La domanda è: di norma preferisci scrivere libri stand alone che non danno origine a serie o il personaggio principale da te creato in una storia lo ritroviamo in tanti tuoi romanzi? E’ una casualità la presenza costante di Castelli nei tuoi romanzi o è una tua precisa scelta? 

Non è una casualità. Si tratta di affetto, ecco. A un certo punto Castelli e Georgine (la sua spalla narrativa) sono diventati abituali frequentatori della mia mente e richiedono spazio e attenzione. Finché hanno avuto qualcosa di interessante da dirmi ho lasciato che lo dicessero anche sulla pagina. Però non ho preferenza a riguardo: possono essere romanzi in serie o stand alone, dipende da cosa mi viene (veniva, dovrei dire) voglia di raccontare.

 

Tu sai che io apprezzo molto gli autori self, quelli che hanno “l’ardire” di auto pubblicarsi. Questo per una lunga serie di motivi, non ultima la possibilità di non dover sottostare alle prassi, spesso poco nitide, delle case editrici. Gli autori self in questo blog sono sempre i benvenuti. Tu per pubblicare i tuoi libri hai utilizzato tutte le possibilità. Self publishing, case editrici più grandi (Piemme) e più piccole (Golem) anche una casa editrice fortemente radicata nel territorio come le Edizioni del capricorno. Quale soluzione preferisci? Quale ritieni più vicina al tuo modo di concepire la promozione e la pubblicazione di un libro?

Questa è una domanda complessa che meriterebbe una risposta altrettanto esaustiva. Qui mi è difficile però essere completo, senza andare a toccare argomenti che potrebbero essere presi come spunti polemici. E non mi va di farlo. Diciamo che può andare bene ogni formula se intorno c'è un adeguato progetto.

 

Ti contattasse una piccola casa editrice con un progetto serio la prenderesti in considerazione o miri eventualmente al grande salto?

Accetterei, senza dubbio. L'ho già fatto e lo rifarei, magari facendo più attenzione a certi dettagli che ho imparato a riconoscere con l'esperienza.

 

Passiamo ad analizzare il tuo ultimo libro, La pelle del lupo, la cui pubblicazione risale ad un anno fa. Quando lo hai scritto e cosa ti ha ispirato?

Non ricordo di preciso quando lo scrissi, mi pare quattro anni fa, ormai. Mi ispirò principalmente un fatto di cronaca realmente avvenuto a Torino e che mi fu segnalato dal mio amico e scrittore Massimo Tallone: una mattina, non ricordo più in quale via del centro, comparve tra i rami di un ippocastano la pelle di un camoscio, da poco scuoiato, ancora grondante sangue. Nessuno aveva visto niente, nessuno sapeva niente, nessuno ci capiva niente. La faccenda mi affascinò.

 

Raccontaci la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi principali. Facci venir voglia di leggerlo….

Penso che non ci sia modo migliore che riportare la sinossi della quarta di copertina, dal momento che in teoria è scritta proprio per ingolosire il lettore:

“Il vicequestore Andrea Castelli è turbato. Affascinato, anche. Chi ha appeso quella pelle di camoscio in pieno centro a Torino, e perché? E che c'entra questa macabra messinscena, subito amplificata dai media, con la serie di cadaveri mutilati abbandonati nei boschi della collina torinese? Qual è il nesso tra l'affascinante fotografa Maria Celeste e una vecchia, maledetta storia finita malissimo, tanti anni prima, con la morte di una ragazza bellissima e misteriosa sulle montagne piemontesi? Castelli fiuta l'aria e indaga con la vaghezza e l'apparente assenza di metodo che fanno impazzire le donne e gli uomini della sua squadra. Tra Vipere, Vermi, Lupi e Camosci, come attraverso un bestiario medievale, Castelli verrà trascinato in una vicenda che da una cascina abbandonata sulle Alpi lo porterà fino al Vaticano, a frugare tra i misteri della più importante banca pontificia. La verità, in una storia in cui gli uomini si chiamano come gli animali e gli animali hanno sembianze umane, andrà cercata in un'antica leggenda alpina.”

 

Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti trattati o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?

Per ogni libro è necessario un approfondimento o uno studio. Mi vengono in mente un paio di ricerche che ho dovuto fare partendo zero, per scriverlo: ad esempio le tecniche di imbalsamazione, di cui non sapevo nulla, oppure le varie leggi che normano caccia al camoscio e molte altre. Ricordo anche una telefonata con un mio conoscente, capo della Scientifica (non dirò di quale città, per privacy), in cui gli chiedevo in che modo potevo far fuori un tizio facendo passare l'omicidio come suicidio. Aneddoti divertenti.

 

Preferisci i finali accomodanti (col lieto fine), dove tutti i cerchi vengono chiusi o preferisci lasciare qualcosa di non concluso o poco definito? Ti piacciono i finali spiazzanti ed un po’ cinici dove anche qualche protagonista importante incorre in qualche… “incidente”? O preferisci il vissero tutti felici e contenti?

Un libro deve essere equilibrato, come una composizione musicale. Non si può finire con la nota sbagliata, altrimenti lo spettatore (il lettore) si ricorderà soltanto quella stonatura. Quindi non ho un “finale preferito” bensì penso che ogni storia abbia il finale adatto. Se penso a Murakami, ad esempio, adoro i suoi finali diciamo aperti e liquidi: per il suo stile sono perfetti. Se penso alla Vargas ecco che invece i suoi finali diventano l'ingranaggio perfetto per far girare tutto il meccanismo narrativo. Ho voluto far due esempi molto differenti proprio per dire che, come sempre, dipende...

 

Tu hai scritto diversi romanzi. So per certo che non è facile conciliare lavoro, famiglia ed impegni vari con la passione per la scrittura. Soprattutto quando questa attività non è il proprio impegno esclusivo, fortuna che hanno in pochi, in effetti. Però, e te lo dico da fans, hai degli “obblighi” verso di noi, avendo scritto per di più degli ottimi romanzi. Non puoi sottrarti ai tuoi “doveri” di scrittore. Noi aspettiamo speranzosi un tuo nuovo libro appena finito di leggere quello che hai appena pubblicato. Non volevo dirtelo ma io attendo da un anno. Dacci qualche speranza. Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già hai dettagli? Facci anche un piccolo excursus nella tua bibliografia.

Ti ringrazio Gino, ho già detto prima quanto io apprezzi la tua passione e quanto mi abbiano sempre fatto piacere le tue parole di stima nei miei confronti. Ho da poco terminato un romanzo biografico: la storia di un infermiere di terapia intensiva durante il lockdown. Certo, non è il mio genere abituale ma è una storia che mi è capitata tra le mani e ho sentito di dover scrivere. Per il resto, temo, mio malgrado, che non scriverò più gialli e probabilmente non scriverò più in generale. Non saprei dire perché, mi è semplicemente passata la voglia.

 

Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Secondo me molti scrittori non hanno la considerazione che meriterebbero. Che il loro talento pretenderebbe. Io nel mio piccolo ne ho conosciuti (letti) tanti, che meriterebbero molto più successo di quello che hanno. Tu, per me, sei uno di questi. Se non si entra nelle grazie di qualche grande casa editrice che, bontà sua, decide che il tuo romanzo “debba” avere successo, diventa davvero difficile “diventare famosi” ed avere un po’ di gloria scrivendo libri. Deve essere frustrante sapere di avere grandi capacità, esprimerlo anche con ottimi romanzi, ma non riuscire a “far passare” l’informazione. Non riuscire a far capire al lettore che oltre ai soliti noti c’è molto altro. Cosa ne pensi?

Penso che prima di tutto si debba scrivere per amore e passione, e perché si ha qualcosa di importante da dire. Non ricordo quante decine di migliaia di libri vengano pubblicati ogni anno in Italia ma sono molte, troppe. È normale che la gran parte di essi finisca nell'ombra. Ed è normale che in quella stessa ombra possano annidarsi piccoli tesori. Ma credo che sia comunque un fatto piuttosto raro. Il problema, dal mio punto di vista, è che si pubblica troppo, si scrive troppo e la qualità si diluisce a favore di un mercato che viaggia su regole e approcci forse buoni per il secolo scorso. L'industria dell'editoria vede ogni anno assottigliarsi il numero dei clienti e dei lettori. Penso sarebbe necessaria una rivoluzione in tal senso, partendo dall'alto, trovando nuove strade e linguaggi per attrarre altro pubblico. Tutti vogliono storie, tutti vogliono immaginare, è un bisogno essenziale dell'uomo. Se ora l'editoria non riesce più a farlo è perché parte da presupposti e strategie a mio modo sbagliate. Forse, quando si modificherà questa attitudine ormai sclerotizzata e inefficace, anche quei piccoli tesori nell'ombra troveranno più spazio per emergere.

 

Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché sei veramente bravo/a. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai lettori….

Sono io a ringraziare te e tutti i lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare fino a questo punto!

Un caro saluto.

 

Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.

 

Consenso trattamento dati personali

Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista viene dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e sui social ad esso legati.


Nessun commento:

Posta un commento