Legami – Eshkol Nevo -
recensione a cura di Lilli Luini
Non leggo molto spesso libri di
racconti. L’ho comprato perché compro tutto di Eshkol Nebvo, ma credendolo un
romanzo. Quando l’ho aperto e ho capito, sono rimasta delusa, ma alle prime tre
righe la delusione si era già trasformata in innamoramento.
Il titolo originale di questa
raccolta di racconti è Lev Raev, cuore affamato, e rimanda alla canzone Hungry
Heart di Bruce Springsteen. Ed è proprio un concerto della rock star
l’ambientazione del primo, struggente racconto. Un padre malato terminale ha un
rimpianto: non aveva mai visto Springsteen dal vivo. Il figlio cerca dove sarà
il prossimo concerto, ed è Parigi. Prendono un aereo e partono. Sono pagine
straordinarie, tra presente e passato, che culminano proprio con la canzone del
titolo, quando… “Trecentomila persone gridano il loro cuore affamato. Grida
anche lui. Insieme a suo padre. Che durante la seconda strofa gli posa la mano
sulla spalla, metà abbracciandolo, metà cercando sostegno.”.
Il titolo italiano, è comunque
azzeccato, sia che lo leggi con l’accento sulla a che con l’accento sulla e,
nel senso di stringimi, stammi vicino, perché tutti i racconti parlano proprio
di relazioni, o della ricerca di stabilirne. La madre che incontra il figlio
dopo quindici anni di lontananza, la sposa che appare per qualche secondo su un
campo da tennis, i due coniugi che si siedono su file diverse al cinema per
presunta incompatibilità di abitudini, la moglie violenta, i due amici che si
sono persi di vista… Sono vento racconti straordinari, scritti tra il 2010 e il
2023, terminati prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre.
Ma il perenne stato di guerra in
cui vive il suo paese è presente in sottofondo. Tutti i rapporti interpersonali
di cui narra celano un conflitto e la scenografia è il conflitto tra Israele e
la Palestina. C’è un passaggio, nel racconto Ogni cosa è fragile, ambientato in
un ospedale psichiatrico sorto dove nel 1948 c’era un villaggio arabo. Venne
completamente distrutto dai combattenti sionisti, più di cento morti. Eshkol
Nevo fa narrare l’episodio a uno dei suoi personaggi, ma è chiara la sua
volontà di autore di non dimenticare ciò che è accaduto e che è fondamentale
per capire la situazione di oggi e schierarsi. Per dovere di cronaca, aggiungo
che lo scrittore è nettamente schierato contro l’attuale governo e favorevole
da sempre ai due Stati (dal 7 ottobre 2023 tiene uno straordinario diario sul
Corriere della Sera).
Proseguendo nella lettura, sono
molti i temi toccati: la crisi economica, la convivenza con la disabilità, la
pandemia, il terrorismo., le manifestazioni di piazza. Ci sono racconti
sospesi, il cui finale è tutto da scrivere, proprio come la vita stessa, e chi
legge non lo sente come un difetto ma come un valore aggiunto. C’è molta
fisicità nei personaggi di Nevo, il corpo riveste un’importanza fondamentale
sia nell’amore che nella malattia, nella presenza come nell’assenza. E su tutto
scorre il tempo, a volte declinato lungo una vita intera, a volte contenuto,
che sempre porta al cambiamento. Quello che sorprende, e che si declina al
meglio nell’ultimo racconto (tra l’altro ambientato a Torino) è la capacità di
Nevo di elevare il dolore e aprire una strada alla speranza. Come ho detto, il
libro è stato pubblicato in Israele prima del 7 ottobre ed era stato definito
pieno di dolore. Dopo quello che è accaduto, i racconti sono stati visti come
salvifici, come sempre è l’amore rispetto alla violenza, alla guerra, alla
morte.
Scrittura straordinaria, che
avvince per la sua raffinatezza così naturale, priva di forzatura.
Imperdibile.
genere: narativa
anno di pubblicazione. 2024
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